Un giorno, durante una intervista rilasciata a una radio norvegese, Marianne Ihlen raccontò il suo incontro con Leonard Cohen sull’isola greca di Hydra, dove il cantautore canadese si era fermato nei primi anni Sessanta a vivere in una casetta per 14 dollari al mese; niente auto, solo muli, retsina, pesce alla griglia, poesie e un romanzo scritti su una Lettera 22 Olivetti, e amori intensi nella notte: un giorno di primavera lei era con il suo bebè in un negozietto di alimentari con servizio bar; «Ero in piedi nel negozio con il mio cesto della spesa, in attesa che mi servissero una bottiglia d’acqua e del latte; lui era sulla porta, in piedi, con il sole che lo inondava; mi invitò fuori nel suo gruppo di amici. Aveva pantaloncini kaki, scarpe da ginnastica, una t-shirt, un cappellino. Mi sentii irradiata da una enorme compassione per me, e per mio figlio. Fui completamente presa da lui.
Lo sentii attraverso il mio corpo. Una luminosità si era posata sopra di me».
Marianne è stata una delle donne più amate da Cohen.
Una delle poche tra le tante donne da lui amate che siano rimaste per sempre una sua musa.
Nel luglio scorso Cohen aveva ricevuto una e-mail da un caro amico di Marianne, che lo informava che Marianne stava morendo di cancro. Cohen scrisse subito una lettera meravigliosa, che nei suoi ultimi mesi di vita permise fosse pubblicata, perché «non c’era nulla da nascondere»:
«Beh, Marianne, è venuto il tempo in cui siamo veramente vecchi, e i nostri corpi ci abbandonano. Credo che io ti seguirò molto presto. Sappi che ti sono vicino, così vicino che se stringessi la tua mano potrei crederla mia. Tu sai che ti ho sempre amato per la tua bellezza e per la tua saggezza, ma non ho bisogno di dire altro perché tu sai tutto. Ma adesso voglio solo augurarti un bellissimo viaggio. Addio vecchia amica. Amore senza fine, ci vediamo giù in strada».
Due giorni dopo Marianne era morta. E l’amico norvegese scrisse a Cohen:
«Marianne ha potuto ascoltare ancora lucida, sorridendo, la tua lettera,
e ne ha ricevuta immensa pace, e gratitudine per l’augurio di bel viaggio.
Mentre si spegneva le abbiamo intonato delicatamente Bird on the Wire».
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