lunedì 7 novembre 2016

Albert Camus. Lo straniero. Fedor Dostojewski sosteneva che “Se non ci fosse Dio, tutto sarebbe permesso”. Per Albert Camus, ricorda lo scrittore Raffaele La Capria nel corso di questa intervista, Dio non esiste e l’uomo che si trova da solo di fronte all’universo vive senza alcuna legge morale, secondo i limiti che egli stesso si impone. Ne Lo straniero (1942), il protagonista Meursault è un piccolo uomo comune, estraneo al mondo e alle sue leggi, è l’uomo che vive la vita come una serie di piccole esperienze equivalenti, senza riconoscere alcun senso di ordine trascendentale e divino. L’indifferenza con cui il protagonista della storia di Camus compie le sue azioni discende dalla consapevolezza della sua estraneità al mondo e alla natura, che si traduce, nella vita di tutti i giorni, in gesti meccanici, privi di senso, e, anche se estremi come un assassinio

Fedor Dostojewski sosteneva che 
Se non ci fosse Dio, tutto sarebbe permesso”. 
Per Albert Camus, ricorda lo scrittore Raffaele La Capria nel corso di questa intervista, 
Dio non esiste e l’uomo che si trova da solo di fronte all’universo vive senza alcuna legge morale, secondo i limiti che egli stesso si impone
Ne Lo straniero (1942), il protagonista Meursault è un piccolo uomo comune, estraneo al mondo e alle sue leggi, è l’uomo che vive la vita come una serie di piccole esperienze equivalenti, senza riconoscere alcun senso di ordine trascendentale e divino
L’indifferenza con cui il protagonista della storia di Camus compie le sue azioni discende dalla consapevolezza della sua estraneità al mondo e alla natura, che si traduce, nella vita di tutti i giorni, in gesti meccanici, privi di senso, e, anche se estremi come un assassinio, equivalenti. Nella prima parte del breve romanzo, Camus riesce a rendere perfettamente questa condizione esistenziale del protagonista con uno stile fatto di frasi concise, che restituiscono l’immediatezza degli atti compiuti. Il lettore comprende appieno ciò che è realmente avvenuto solo nella seconda parte del romanzo, dove si racconta del processo che Meursault affronta e dove Camus, nel ripercorrere tutti gli episodi già narrati, cambia non solo il giudizio su quei fatti, vissuti innocentemente dal protagonista, ma anche la scrittura, che assume uno stile più descrittivo e complesso.
http://www.letteratura.rai.it/articoli/lo-straniero-di-camus-secondo-raffaele-la-capria/1032/default.aspx


Ho riassunto Lo straniero, molto tempo fa, con una frase che riconosco essere molto paradossale: "Nella nostra società qualsiasi uomo che non pianga alla sepoltura della propria madre rischia di essere condannato a morte". Volevo dire soltanto che l'eroe del libro è condannato perché si sottrae ad ogni gioco. In questo senso, è straniero alla società dove egli vive, erra, emarginato, nei suburbi di una vita privata, isolata, sessuale. Ed è per questo che dei lettori sono stati tentati di considerarlo come un relitto. Meursault non sta al gioco. La risposta è semplice: rifiuta di mentire (...)
Albert Camus



Un momento dopo, mi ha domandato se l’amavo. Le ho risposto che era una cosa che non significava nulla, ma che mi pareva di no. Lei ha avuto l’aria un po’ triste. Ma mentre preparava da mangiare, e per una sciocchezza, ha ancora riso in un tal modo che l’ho baciata.
Albert Camus, Lo straniero



Il prete mi ha guardato con un po' di tristezza.
Ero completamente addossato al muro e il giorno mi colava sulla fronte.
Ha detto qualche parola che non ho sentito e mi ha chiesto molto in fretta se gli permettevo di abbracciarmi: "No", gli ho risposto. Si è voltato ed è andato verso il muro su cui ha passato lentamente la mano: "Ami dunque questa terra a tal punto?" ha mormorato. Io non ho risposto nulla. E' rimasto abbastanza a lungo girato così. La sua presenza mi pesava e mi dava fastidio. Stavo per dirgli di andarsene, di lasciarmi, quando di colpo si è messo a gridare, con una specie di enfasi, voltandosi verso di me: "No, non posso crederti. Sono sicuro che ti è avvenuto di desiderare un'altra vita". Gli ho risposto che naturalmente mi era avvenuto, ma ciò non aveva maggiore importanza che il desiderare di essere ricco, di nuotare molto veloce o di avere una bocca meglio fatta. Erano desideri dello stesso ordine, ma lui mi ha interrotto e voleva sapere come vedevo quest'altra vita. Allora gli ho urlato: "Una vita in cui possa ricordarmi di questa", e subito dopo gli ho detto che ne avevo abbastanza. Voleva ancora parlarmi di Dio, ma mi sono avvicinato a lui e ho cercato di spiegargli un'ultima volta che ormai mi restava poco tempo da vivere. E non volevo sprecarlo con Dio...
Albert Camus, Lo straniero


«”Tu ti inganni, figlio mio”, mi ha detto. “Ti si potrebbe domandare di più. 
Te lo domanderanno, forse”. 
“E che cosa mai?”. 
“Ti potrebbe esser chiesto di vedere”. 
“Vedere cosa?” [...] 
“Tutte queste pietre sudano il dolore, lo so. 
Non l'ho mai guardate senza angoscia.
 Ma dal fondo del mio cuore so che i più miserabili di voi 
hanno visto sorgere dalla loro oscurità un volto divino. 
è questo volto che vi si chiede di vedere”. 
Mi sono animato un po'. 
Ho detto che erano mesi che guardavo quei muri. 
Non c'era nulla né alcuna persona al mondo che conoscessi meglio. 
Forse, già molto tempo prima vi avevo cercato un volto. 
Ma quel volto aveva il colore del sole 
e la fiamma del desiderio: era quello di Maria».
Albert Camus, Lo Straniero




Quando Camus ci insegnò che siamo noi lo straniero
di ROBERTO SAVIANO [...]
Albert Camus ha misurato palmo a palmo il territorio in cui si muove un narratore, il suo limite doloroso e la sua grazia, ovvero le parole. Parole che non sconfiggeranno la fame, che non salveranno vite, che non uccideranno virus, ma lo scrittore non "lavora", non "agisce" sul potere, piuttosto sulla responsabilità. Camus sa che tutto ruota intorno a questo: responsabilità e ragionamento. Sarà impossibile migliorare il mondo  -  è la razionale presa d'atto  -  ma si potranno migliorare le vite delle persone che entrano in contatto con noi, e quindi quell'impossibilità come postulato può cadere.
La vita di Albert Camus è un romanzo che è possibile leggere in tutte le sue opere, vere e proprie tessere di un prezioso mosaico. Francese nato in Algeria. Francese che vive tra francesi d'oltremare. Francese che vive tra arabi. Francese che vive tra arabi che percepiscono le sue origini europee come un privilegio; eppure francese che proviene da una famiglia umile, di lavoratori. Camus nella sua vita si sentirà straniero sempre e per tutti. Straniero in Algeria perché privilegiato, straniero tra francesi. Ma straniero anche e soprattutto per la sua condizione di uomo; quindi, in definitiva, straniero tra stranieri. Si oppose alla Guerra d'Algeria, alla pena di morte per gli indipendentisti, ma non sopportò mai l'ideologia del Fln (Front de libération nationale) algerino che vedeva nella Francia il nemico, in una Francia generica, come categoria in sé, rivolgendo la propria ira verso i francesi più prossimi, quelli fisicamente presenti in Algeria. Il bene e il male è difficile che stiano unilateralmente da una sola parte e le divisioni manichee in bianco e nero, buono e cattivo, giusto e ingiusto, vittima e carnefice tanto semplici da digerire, spesso sono altrettanto false e non spiegano in alcun modo la complessità della vita.

A Stoccolma, nel 1957, in occasione della consegna del premio Nobel, Camus partecipò a un incontro con giovani studenti. In quell'occasione uno studente algerino lo aggredì verbalmente e lui pronunciò, in risposta, una frase per cui la stampa francese di sinistra letteralmente lo crocifisse: "Amo mia madre e la giustizia, ma fra mia madre e la giustizia scelgo mia madre". Quello che Camus voleva dire era: se credete sia ingiusto che mia madre, perché francese ma da sempre modesta e lavoratrice, viva laddove ha sputato sangue e sudore, allora io sto con mia madre e contro la vostra giustizia.
Camus è straniero a tutto. La sua estraneità lo rende cittadino della riflessione continua. E quando nel '42 pubblica Lo straniero decide di fissare in volto il più complesso dei temi: l'estraneità dell'uomo alla società, all'universo intero. L'incolmabile e insanabile solitudine dell'uomo. Insomma, quando leggi Lo straniero, quando leggi del suo protagonista che per puro caso ammazza un arabo, quando leggi come tutto avvenga per fatalità, ti accorgi che Camus è riuscito in un'impresa impossibile: quella di descrivere l'esistenza come qualcosa che accade. E l'ha fatto non da uomo rinchiuso nei suoi demoni, non da uomo separato dal suo mondo, ma da uomo che vive pienamente la sua vita, e nonostante ciò ha compreso che la vita in fondo capita, senza ragione, senza colpa, semplicemente capita. Ne Lo straniero Meursault non è Camus, ma è un uomo senza mappa e senza coordinate: non immorale ma perduto proprio come lo scrittore immagina l'uomo del suo tempo. Non ci piace Meursault, è apatico. Poi in un caldo pomeriggio avviene la nostra separazione definitiva dal personaggio, mentre cammina sulla spiaggia, sole negli occhi, ha uno scontro con un arabo e nella colluttazione gli spara, uccidendolo. Meursault viene arrestato e non cerca giustificazioni. Viene condannato a morte e non cerca conforto nella religione. Meursault infastidisce chi si aspetta  -  la quasi totalità dei lettori  -  una progressione della sua psicologia nel romanzo, chi vorrebbe che a un certo punto si svegliasse e urlasse al mondo il suo pentimento, che spiegasse le sue ragioni, che si giustificasse, che si difendesse. Invece Meursault quella condanna a morte tutto sommato se l'aspetta, ma non per coscienza: come non ha potuto decidere della sua nascita, allo stesso modo non potrà decidere della sua morte.

Lo straniero l'ho letto da adolescente e sin da allora ho fatto una riflessione che ha accompagnato il ricordo di quella lettura. Ho creduto che nell'estraneità che Meursault  -  che l'uomo  -  prova verso se stesso, verso l'umanità, verso l'universo, ci sia anche di che essere, di che sentirsi sollevati. Ho creduto di scorgere, e ancora vedo, nel sentirsi straniero, l'impossibilità di sentire fino in fondo il peso della responsabilità, perché la responsabilità è possibile sentirla solo quando si ha piena percezione, piena consapevolezza di ogni gesto, di ogni decisione. Ma se, invece, ciò che ti capita in gran parte avviene e basta, lo subisci, se non sei agente, ma sempre e solo agito, allora potrai andare al patibolo e le urla d'odio potranno fare da gradita compagnia. È la solitudine la gabbia in cui tutte le riflessioni di Albert Camus avvengono. Quella solitudine che è forse la vera carta universale di appartenenza al genere umano.  [...]
nella Peste esiste una risposta a Lo straniero, una risposta che chi ama Camus voleva, si aspettava. Una risposta che non consola ma spiega. Puoi fermare la malattia, ma non risolvi il problema. Nel mondo si muore lo stesso, si soffrirà lo stesso. Ma chi lavora e agisce per salvare, per pulire, per guarire forse non costruirà un mondo migliore, ma migliorerà il mondo in cui vive.  [...]

Dall'introduzione a Lo Straniero Copyright © 2-015, Roberto Saviano © 2-015 Bompiani / R-CS Libri S. p. A.

Lo straniero di Albert Camus ( Bompiani, trad. di S. C.
Perroni, pagg. 160, euro 12).
http://www.repubblica.it/cultura/2015/02/07/news/quando_camus_c_insegn_che_siamo_noi_lo_straniero-106740218/?ref=HRER2-1

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