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giovedì 23 febbraio 2012

Ci vorrebbe più delicatezza nei confronti di quello che è importante per gli altri. Invece la gente di solito misura tutto sul proprio metro: quello che non fa male a me non fa male a nessuno. Quello che non è importante per me non è importante per nessuno. Ci vorrebbe più tenerezza, più cura, per ciò che non è nostro



Ci vorrebbe più delicatezza nei confronti di quello che è importante per gli altri.
Invece la gente di solito misura tutto sul proprio metro: 
quello che non fa male a me non fa male a nessuno. 
Quello che non è importante per me non è importante per nessuno. 
Ci vorrebbe più tenerezza, più cura, per ciò che non è nostro
Millimetrica, "Utopie"

sabato 11 febbraio 2012

Piergiorgio Odifreddi. Il "fenomeno Lourdes", un fenomeno che ha portato in centocinquant' anni nella cittadina dei Pirenei un numero imprecisato, ma vicino ai trecento milioni, di fedeli (perché diversamente da quella di Fatima, la mmadonna di Lourdes non sembra fare servizio a domicilio). Di questi, almeno una ventina di milioni erano malati di varia gravità, ma soltanto 66 hanno ufficialmente ottenuto il miracolo della guarigione: dunque, una percentuale di uno su 300.000, nettamente inferiore a quella delle remissioni spontanee delle malattie croniche, cancro compreso, che è di circa di uno su 10.000. Detto altrimenti, i malati guariscono miracolosamente, cioè inspiegabilmente, trenta volte di più se stanno a casa che se vanno a Lourdes!

Io non sono vissuto e non potrei vivere un solo giorno senza religione, ma per tutta la vita ho potuto fare a meno della Chiesa.
Hermann Hesse

La religione è nulla. Vivere religiosamente è tutto.
Erich Fromm


Il "fenomeno Lourdes", un fenomeno che ha portato in centocinquant' anni nella cittadina dei Pirenei un numero imprecisato, ma vicino ai trecento milioni, di fedeli (perché diversamente da quella di Fatima, la mmadonna di Lourdes non sembra fare servizio a domicilio).
Di questi, almeno una ventina di milioni erano malati di varia gravità, ma soltanto 66 hanno ufficialmente ottenuto il miracolo della guarigione: dunque, una percentuale di uno su 300.000, nettamente inferiore a quella delle remissioni spontanee delle malattie croniche, cancro compreso, che è di circa di uno su 10.000.
Detto altrimenti, i malati guariscono miracolosamente, cioè inspiegabilmente, trenta volte di più se stanno a casa che se vanno a Lourdes!
Piergiorgio Odifreddi


«Come dice il Dalai Lama nella sua autobiografia Libertà in esilio, le religioni sono medicine, e ciascuna è adatta a un particolare tipo di malattia spirituale. E, come aggiunge Jung in Psicoterapia e cura d'anime, le religioni sono sistemi di guarigione per i mali della psiche. Dal che deriva il naturale corollario che chi è spiritualmente sano non ha bisogno di religioni».
Piergiorgio Odifreddi, Il Vangelo secondo la Scienza: le religioni alla prova del nove, 1999.


Aldebaran Pulsar 

Se leggete il libro di Odifreddi "Perchè non possiamo essere cristiani" ci si renderà conto della rozzezza dell'analisi che questo personaggio fa dei testi religiosi cristiani. In poche parole letteralizza tutta la dimensione simbolica (ecco cosa è scritto sulla copertina: "Se la Bibbia fosse un'opera ispirata da un Dio, non dovrebbe essere corretta, coerente, veritiera, intelligente, giusta e bella? E come mai trabocca invece di assurdità scientifiche, contraddizioni logiche, falsità storiche, sciocchezze umane, perversioni etiche e bruttezze letterarie?). Invece è proprio la "dimensione simbolica" che si occupano le religioni (che poi ci riescano è un altro discorso). Odifreddi è un matematico e un logico (ecco una sua altre frase "La vera religione è la matematica, il resto è superstizione. O, detto altrimenti, la religione è la matematica dei poveri di spirito") e quindi il criterio che applica alla lettura dei fenomeni è quello di un esasperato razionalismo. Forse bisognerebbe ricordargli che "Il mondo è una foresta di simboli" (Baudelaire) e l'uomo abita il e nel mondo. [...] Al di là di ciò che sostiene questo personaggio sono piuttosto concorde nel ritenere che la religione (NON la spiritualità) funga in buona parte da "contenitore" per dare alla psiche una trama di senso. Quello di cui non si parla però è la dimensione spirituale. Una religione fondata metafisicamente dovrebbe essere in grado di guidare gli individui che ne vivono il senso, verso lo Spirito. Ognuno di noi in base alla propria volontà, temprata sull'esperienza, ha la possibilità di raggiungere le sfere più alte dell'essere. In questo modo la religione sì che dà (dovrebbe dare) senso, ma non un senso soltanto esistenziale, bensì legato alla natura essenziale del cosmo (questo, almeno, secondo una logica Tradizionale pura, che guarda al di là di ciò che la storia é stata o meno).
Per quanto mi riguarda, io credo che la religione qui in occidente abbia invece avuto una dimensione quasi esclusivamente psichica: è il singolo individuo, semmai, a ritrovarvi l'idea di Spirito. Ma questo può accadere in qualsiasi epoca, anche la più buia.




[...] la invito rileggere queste pagine di "Le menzogne di Ulisse", la numero 25 "La contrapposizione fra vero e falso si ritrova personificata anche nel Cristianesimo, nel quale Gesù e il Diavolo costituiscono gli analoghi non solo di Apollo ed Hermes ,ma anche della luce e delle tenebre" e compararla con la pagina 260 di "Tentativi di Fondare la Matematica" di Giangiacomo Gerla. "ha senso dire che un'asserzione è vera solo dopo avere fissato una interpretazione del linguaggio".









Piergiorgio Odifreddi
Pitagora, Euclide e la nascita del pensiero scientifico

“Duemilacinquecento anni fa, nell'Italia meridionale, in quella che oggi è la Calabria, e più in particolare nella città di Crotone, un personaggio, forse mitologico, ma forse realmente esistito, di nome Pitagora si trovò a fare la scoperta costitutiva di quella che oggi noi chiamiamo «scienza». Ce lo racconta Giamblico, nella sua Vita di Pitagora, dicendoci appunto che questi si era trasferito a Crotone da Samo insieme alla sua scuola.
Un giorno Pitagora passeggiava nella città seguito dai suoi accoliti. E, MENTRE SI TROVAVANO A PASSARE DI FRONTE ALLA BOTTEGA DI UN FABBRO FERRAIO, UDIRONO DALLE FINESTRE I SUONI DEI MARTELLI CHE BATTEVANO SULLE INCUDINI. PITAGORA SI ACCORSE CHE ALCUNI DI QUESTI SUONI STAVANO BENE INSIEME (OGGI LI CHIAMEREMMO «CONSONANTI»), ALTRI INVECE STRIDEVANO FRA LORO (E LI CHIAMEREMMO «DISSONANTI»). Volendo capire il perché di questa differenza, Pitagora entrò nella bottega del fabbro ferraio e fece alcuni esperimenti.
Innanzitutto PRESE DUE MARTELLI DELLO STESSO PESO, LI BATTÉ SULL'INCUDINE E SI RESE CONTO CHE OVVIAMENTE PRODUCEVANO LO STESSO SUONO. Ma quando prese altri due martelli, di cui il primo pesava il doppio del secondo, e il secondo dunque la metà del primo, e li batté sull'incudine, scoprì che la nota prodotta era sempre la stessa, però a due altezze diverse: precisamente, a una distanza che oggi i musicisti chiamano di un'ottava, come per esempio due do consecutivi sul pianoforte.
Questa è un'osservazione interessante, e Pitagora si disse: «Chissà che cosa c'è sotto, proviamo a fare ancora qualche altro esperimento». Questa volta prese due martelli, uno dei quali pesava una volta e mezzo l'altro, quindi con un rapporto dei pesi di tre a due, e li batté sull'incudine. I suoni che i martelli fecero furono differenti, però l'intervallo corrispondente a questi suoni era ancora riconoscibile dai musicisti: si trattava di quello che oggi noi chiamiamo l'intervallo di quinta, per esempio fra un do e il sol successivo.
Pitagora disse: «La prima volta era forse semplicemente un caso, e la seconda una coincidenza. Vediamo se c'è anche una premeditazione: cioè, se continuando a fare esperimenti di questo genere si continua a scoprire qualcosa di interessante». I numeri che sono stati usati finora sono 1, 2 e 3, perché i primi due martelli avevano un rapporto di 2:1 (uno era doppio dell'altro), e i secondi due avevano un rapporto di 3:2 (uno era una volta e mezzo l'altro). Allora il prossimo numero da usare è ovviamente il 4.
Pitagora prese dunque due martelli i cui pesi erano in rapporto di 4:3, li batté sull'incudine e di nuovo si udirono due note differenti: questa volta, a un intervallo che oggi è chiamato di quarta, come fra un do e il fa successivo. Ed ecco che a questo punto si comincia a delineare nella mente di Pitagora un'idea. DA UNA PARTE ABBIAMO IL MONDO FISICO, IL MONDO DELLA NATURA, IL MONDO DEI MARTELLI, DEI PESI, DELLE INCUDINI. DALL'ALTRA PARTE C'È UN MONDO COMPLETAMENTE DIVERSO, IL MONDO DELLE ARTI, IL MONDO DELLA MUSICA. Ricordiamo, tra l'altro, che per i greci musiké era tutto ciò che le muse proteggevano, quello che per l'appunto noi chiamiamo «arti».
E questi due mondi così diversi, il mondo oggettivo della natura al di fuori di noi, e il mondo soggettivo dell'arte che proviene da dentro di noi, erano messi in comunicazione da un ponte. E questo ponte era la matematica, le frazioni. Infatti le frazioni più banali - 2 su 1, 3 su 2, 4 su 3 - riuscivano da una parte a descrivere i rapporti fisici tra i pesi dei martelli, tra le lunghezze delle corde e così via, e dall'altra parte potevano descrivere i rapporti armonici, gli intervalli musicali.
Pitagora capì che la matematica era un linguaggio universale che poteva appunto servire sia alla scienza, come la chiameremmo oggi noi, sia alle arti, e su questo costruì la sua filosofìa. Il suo motto divenne: «Tutto è numero». Ma poiché i numeri che abbiamo usato finora sono rapporti fra numeri interi, che oggi noi chiamiamo numeri razionali, о frazioni, il motto di Pitagora diventa: «Tutto è numero razionale» . Oppure, se lasciamo cadere la parolina «numero»: «Tutto è razionale».
La «ragione» riesce dunque a descrivere la natura da una parte, e le arti dall'altra. E questo è il mito costitutivo della scienza e del suo linguaggio, che è il linguaggio della matematica. Ed è anche il punto di inizio della nostra storia. Una storia che risale a due millenni e mezzo fa, quando, in un luogo preciso della Terra, l'antica Grecia (ma non solo, perché poi vedremo che anche in altri luoghi contemporaneamente, о quasi, gli uomini pensarono idee simili) inizia l’avventura della storia della scienza e della matematica, che ora cercheremo di raccontare […]
pagg. 1-12 



dimostrare, perché tra il dire e il fare c'è naturalmente di mezzo il mare (Egeo).

Che cosa dice il teorema di Pitagora? Anzitutto ha a che fare con i triangoli rettangoli. Quali sono i triangoli rettangoli? Sono quelli in cui uno degli angoli è un angolo retto, di 90 gradi. Sono gli stessi con cui lavorava Talete, quando faceva le sue misure con le ombre. Quindi, sono i triangoli con cui è nata la geometria, ed è ovvio che a forza di pensare, a forza di lavorare con essi, si cominciarono a scoprire proprietà che a prima vista non erano così evidenti.
Si scoprì, per esempio, che se si prende una corda e la si tende intorno a tre paletti in modo che la proporzione tra i lati sia 3:4:5, essa forma un triangolo rettangolo. Questa è probabilmente una scoperta empirica, ma poi qualcuno osservò che questi numeri avevano delle proprietà strane. Perché se uno prende 3 e lo eleva al quadrato, cioè lo moltiplica per se stesso (3 • 3 = 9), e fa lo stesso con 4 (4 • 4 = 16), la somma di 9 e 16 fa 25. Che, guarda caso, è proprio il quadrato di 5 (5 • 5 = 25).
Il mito associa al nome di Pitagora l'intuizione, sempre vera nei triangoli rettangoli, secondo la quale il quadrato dei due lati perpendicolari fra loro è uguale al quadrato di quel lato storto che i greci chiamavano hypoteinusa (ipotenusa), che significa «sottesa», perché se si disegna il triangolo con l'angolo retto in alto, il lato che veniva teso sotto era, per l'appunto, «sotteso».
Questo è il primo grande teorema della storia della matematica. E associato al nome di Pitagora, ma in realtà è stato scoperto più volte nel corso della storia. Lo conoscevano i babilonesi. Lo conoscevano in parte gli egizi, che usavano il trucco della corda con i lati 3:4:5. Lo conoscevano i cinesi, che ne diedero delle dimostrazioni estremamente intuitive, semplicemente scomponendo i quadrati costruiti sui cateti, e ricomponendoli in modo da formare il quadrato costruito sull'ipotenusa.
Notate che abbiamo parlato finora di quadrati nel senso di numeri (3 • 3, 4 • 4, 5 • 5), ma per i greci i «quadrati» erano letteralmente dei quadrati. Cioè, il teorema di Pitagora veniva considerato in maniera puramente geometrica, prendendo un triangolo rettangolo, disegnando sui suoi lati e sull'ipotenusa dei quadrati, e scoprendo che il quadrato costruito sull'ipotenusa è uguale, nel senso dell'area, alla somma dei quadrati, cioè delle aree, costruiti sui cateti.
Questo è un teorema fondamentale, che i matematici usano quotidianamente ancora al giorno d'oggi, ma non è l'unica scoperta che viene attribuita a Pitagora nell'ambito della geometria. Abbiamo parlato degli antichi egizi, se ricordate, dicendo che avevano scoperto due solidi regolari: il tetraedro, con quattro facce triangolari, e il cubo, con sei facce quadrate. Ebbene, Pitagora ne scoprì altri due: uno con dodici facce pentagonali, chiamato dodecaedro, e l'altro con venti facce triangolari, chiamato icosaedro. Sono due solidi in qualche modo imparentati, poiché si possono scambiare fra loro i vertici e i lati e ottenerne uno dall'altro, e viceversa.
Un dodecaedro è fatto mettendo insieme dodici pentagoni, ma come si costruisce un pentagono? Non è affatto banale, e la sua costruzione fu veramente una grande scoperta, perché è necessario un passaggio attraverso quello che in matematica si chiama «sezione aurea». Ci torneremo parlando di Euclide, perché è lui che per la prima volta riporta la costruzione attraverso riga e compasso di un pentagono regolare, e del dodecaedro che è costruito attraverso dodici pentagoni regolari.
Pag. 24 e Pag. 25


La scoperta dell'irrazionale
Il nome di Pitagora non è soltanto legato alla geometria, ma anche all'aritmetica. Era un grande matematico, un grande scienziato della sua epoca, e quindi è immaginabile che abbia lasciato le sue tracce non soltanto in uno dei due grandi campi della matematica antica, bensì in entrambi.
Pitagora era quello che oggi chiameremmo un numerologo, oltre che un aritmetico. Giocava con i numeri, e fu lui che cominciò a dar loro significati metafisici, per esempio alla contrapposizione fra numeri pari e numeri dispari. E diede il nome a grandezze come quadrati, cubi e così via, che erano grandezze aritmetiche che in qualche modo ricordavano le rispettive figure geometriche. I quadrati sono appunto i numeri che corrispondono geometricamente ai quadrati, i cubi i numeri che corrispondono ai cubi geometrici ecc.
E che cosa scoprì nel campo dell'aritmetica Pitagora? Scoprì che il suo motto, il motto che sosteneva che «tutto è numero», «tutto è numero razionale», «tutto è razionale», in realtà non era corretto! C'erano infatti degli esempi, o meglio dei controesempi, molto banali, a uno dei quali abbiamo già accennato.
Ricordiamoci del dialogo platonico del Menone, quando lo schiavo cerca di capire come si fa a raddoppiare l'area di un quadrato, e si accorge che deve prendere la diagonale. Il fatto che un quadrato di area doppia di un altro abbia un lato lungo come la diagonale del primo, fa sì che la diagonale sia praticamente quello che oggi chiameremmo la radice di 2 (ponendo uguale a 1 il lato del quadrato più piccolo).

Pag. 26

Pitagora scoprì che la diagonale è incommensurabile col lato, nel senso che questi due segmenti non possono essere misurati dalla stessa unità di misura. Cosa significa tutto ciò? Significa che, se prendiamo un'unità di misura che sta un numero intero di volte dentro a un lato, essa non starà un numero intero di volte dentro la diagonale: sarà o un po' più lunga o un po' più corta del necessario. E se prendiamo un'unità di misura che sta un numero intero di volte dentro la diagonale, e cerchiamo di misurare con quell'unità di misura il lato, ci scontriamo con lo stesso problema. Questa impossibilità di misurare con una stessa unità di misura il lato e la diagonale del quadrato è una forma primordiale del famoso principio di indeterminazione di Heisenberg.
Si racconta che questa scoperta fu così traumatica per Pitagora e per i pitagorici, che essi decisero di non divulgarla, di conservarne il segreto all'interno della confraternita, senza farla conoscere al mondo esterno. Ma ci fu qualcuno, di nome Ippaso di Metaponto, che secondo la leggenda rivelò la notizia della scoperta. I pitagorici si seccarono moltissimo e chiesero a Zeus di far perire il traditore. Sembra che, addirittura, gli abbiano costruito una tomba quand'egli era ancora vivo, tanto per fargli capire come sarebbe finito.
Leggende a parte, in questo modo crollò la filosofia pitagorica: cioè, la speranza di poter descrivere tutte le grandezze fisiche e le grandezze scientifiche solo attraverso i numeri interi e i loro rapporti. In realtà ci sono grandezze, come appunto la diagonale e il lato del quadrato, il cui rapporto non è descrivibile mediante un rapporto di numeri interi. E questo è il grande lascito di Pitagora nel campo dell'aritmetica.

Pag. 27


Pitagora, Euclide e la nascita del pensiero scientifico
Piergiorgio Odifireddi racconta






lunedì 12 dicembre 2011

Γνῶθι σαυτόν, gnôthi sautón, conosci te stesso "Ti avverto, chiunque tu sia. Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura, se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi non potrai trovarlo nemmeno fuori. Se ignori le meraviglie della tua casa, come pretendi di trovare altre meraviglie? In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. Oh! Uomo conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei" Oracolo di Delphi

‎ Γνῶθι σαυτόν, gnôthi sautón, conosci te stesso

Γνῶθι σαυτόν, gnôthi sautón, conosci te stesso 
"Ti avverto, chiunque tu sia. 
Oh tu che desideri sondare gli Arcani della Natura, 
se non riuscirai a trovare dentro te stesso ciò che cerchi
non potrai trovarlo nemmeno fuori. 
Se ignori le meraviglie della tua casa, 
come pretendi di trovare altre meraviglie? 
In te si trova occulto il Tesoro degli Dei. 
Oh! Uomo conosci te stesso 
e conoscerai l’Universo e gli Dei
Oracolo di Delphi 

‎Dall'avvento della meccanica quantistica, gli scienziati ci hanno detto che POCHE COSE SONO COME SEMBRANO E NULLA È CERTO. PENSA ALLE POSSIBILITÀ STRAORDINARIE CHE QUESTO COMPORTA: QUANDO NULLA È CERTO, TUTTO È POSSIBILE.
Paul Wilson

OGNI COSA CHE PUOI IMMAGINARE, LA NATURA L'HA GIÀ CREATA."
Albert Einstein

NON CERCATE LE REGOLE NELLE VOSTRE COSIDDETTE SACRE SCRITTURE, perché LA LEGGE È VITA PULSANTE, MENTRE LE SCRITTURE SONO MORTE. La legge la trovate nell’erba, tra gli alberi, nel fiume, tra gli uccelli che volano nel cielo, tra i pesci che nuotano nel mare, ma soprattutto in voi stessi. E’ lì che sta depositata la verità. Ritiratevi, digiunate e riflettete, usando l’angelo dell’aria, del sole, dell’acqua e della terra. Onorate il Padre Creatore e la Madre Terra. Rispettate i loro comandamenti, se ambite a giorni lunghi e sereni.
Vangelo Esseno della Pace

TAO - COSMO
‎Non c'è la morte. Solo un cambiamento di mondi.
There is no death. Only a change of worlds.
Tashunka Witko
Cavallo Pazzo (Crazy Horse)

Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma.
Antoine-Laurent de Lavoisier

Siamo intrappolati all'interno della bolla di percezione e quello di cui siamo testimoni è un riflesso della nostra visione del mondo, la nostra descrizione. Arrestando il dialogo interiore, sfondiamo la barriera che ci separa da noi stessi.
Carlos Castaneda

C'è un'apertura tra i due mondi: il mondo degli stregoni e quello degli uomini viventi. C'è un luogo dove i due mondi si incontrano:  l'apertura è lì. Si apre e si chiude come una porta al vento...
Carlos Castaneda

Non esistono due mondi separati, due realtà diverse, un mondo normale e uno paranormale...
Esiste un mondo unico, che si può 'guardare' o 'vedere'.
Carlos Castaneda

La legge dell'uomo cambia con la sua comprensione dell'uomo.
Soltanto le leggi dello spirito rimangono sempre le stesse.
Crow Native Indians

L'amor che move il sole e l'altre stelle.
Dante - (Paradiso XXXIII, 145) 



Se tutto è davvero una danza di atomi nel vuoto, allora ogni vicenda umana deve rinunciare alla sua pretesa di senso e risibili debbono apparire le preoccupazioni e le cure degli uomini che non sanno adeguare le proprie passioni a ciò che la ragione del mondo ci insegna 
Democrito


Tu odi quest'armonia che è formata da ineguali intervalli calcolati secondo proporzioni perfette, e riprodotti dai movimenti delle sfere. I suoni bassi si uniscono a quelli acuti in accordi sempre mutevoli, perché queste colossali rivoluzioni planetarie non saprebbero compiersi nel silenzio, e la natura esige che suoni chiari echeggino ad un estremo e suoni cupi rispondano dall'altro.
Così il mondo degli astri che ha moto più rapido rotea con un precipitoso trillo argentino, mentre il corso lunare che gli sottosta emette un suono lento cavernoso.
Così le sfere producono sette toni distinti, e il numero settenario e il nucleo di tutto quello che esiste. E gli uomini che sanno imitare sulla lira il concerto dei cieli hanno ritrovato il cammino che adduce a questo regno sublime, nella stessa maniera con cui altri si sono innalzati col genio alla conoscenza delle cose divine.
Le orecchie degli uomini, riempite da tale suono, sono diventate sorde. Nessun organo di senso, in voi mortali, è più debole: allo stesso modo là dove il Nilo, da monti altissimi, si getta a precipizio nella regione chiamata Catadupa, abita un popolo che, per l'intensità del rumore, manca dell'uditoIl suono, per la rotazione vorticosa di tutto l'universo, è talmente forte, che le orecchie umane non hanno la capacità di coglierlo, allo stesso modo in cui non potete fissare il sole, perché la vostra percezione visiva è vinta dai suoi raggi.”
Dal Somnium Scipionis. Cicerone, "De re publica" - vv. 18 - 19


Non nuoce al mistero svelarne una piccola parte. Perchè la verità è molto più grandiosa di quanto qualunque artista del passato abbia potuto immaginare. Perchè i poeti di oggi non ne parlano? Che uomini sono i poeti che possono parlare di Giove rappresentandolo come un uomo ma che quando scoprono che è un'immensa sfera ruotante di ammoniaca e metano, tacciono?


Discendiamo tutti da un brodino sciapo che occupava gran parte della superficie terrestre, e che puzzava leggermente di ammoniaca.  Complimenti allo chef.
Luca Novelli

Alfredo Bregni:
Lo chef era il brodo.  Pensa un pò...


Veniamo da un uovo più piccolo di una testa di spillo, e viviamo su una pietra che gira intorno a una stella nana e che, contro questa stella, prima o poi, si scontrerà. Tuttavia, siamo stati fatti di luce, oltre che di carbonio, ossigeno, merda, morte e altre cose e, in fin dei conti, siamo qui da quando la bellezza dell'universo ha avuto bisogno di essere vista da qualcuno.
Eduardo Galeano

Avete mai pensato che forse Adamo ed Eva non erano altro che gli animaletti domestici di Dio, cacciati di casa perché non avevano imparato a farla nella sabbietta? Forse gli esseri umani sono solo cuccioli di coccodrillo che Dio ha buttato nel cesso.
Chuck Palahniuk, Ninna nanna, 2002


Ascoltami bene, Hoshino. Ogni oggetto è immerso in un movimento costante. La terra, il tempo, le idee, l'amore, la vita, la fede, la giustizia, il male, tutto possiede un'esistenza liquida e transeunte. Niente si ferma nello stesso posto e con la stessa forma in eterno. Lo stesso universo non è altro che una gigantesca ditta di spedizioni.
Murakami Haruki

In un angolo remoto dell’universo scintillante e diffuso attraverso infiniti sistemi solari c’era una volta un astro, su cui animali intelligenti scoprirono la conoscenza. Fu il minuto più tracotante e più menzognero della storia del mondo: ma tutto durò soltanto un minuto. Dopo pochi respiri della natura, la stella si irrigidì e gli animali intelligenti dovettero morire. Quando tutto sarà finito, non sarà avvenuto nulla di notevole
Friedrich Wilhelm Nietzsche


La vita è un viaggio sperimentale fatto involontariamente. E' un viaggio dello spirito attraverso la materia, e poiché e' lo spirito che viaggia, è in esso che noi viviamo. Viaggiare? Per viaggiare basta esistere. Passo di giorno in giorno come di stazione in stazione, nel treno del mio corpo...Se immagino, vedo. Che altro faccio se viaggio? Soltanto l'estrema debolezza dell'immaginazione giustifica che ci si debba muovere per sentire. Qualsiasi strada ti porterà in capo al mondo.Ma il capo del mondo, da quando il mondo si è consumato girandogli intorno, e' lo stesso da dove si e' partiti. E' in noi che i paesaggi hanno paesaggio. Perciò se li immagino li creo, se li creo esistono, se esistono li vedo come vedo gli altri...La vita e' ciò che facciamo di essa. I viaggi sono i viaggiatori. Ciò che vediamo non e' ciò' che vediamo, ma ciò che siamo".
Fernando Pessoa.  Il libro dell'inquietudine 






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