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lunedì 24 febbraio 2014

Buco Nero. Un'idea interessante è che il seme di un universo possa essere simile al seme di una pianta: un granello di materiale essenziale, ben compresso, nascosto all'interno di un guscio protettivo. E questo descrive esattamente ciò che viene creato all'interno di un buco nero. I buchi neri sono i cadaveri di stelle giganti. Quando una stella esaurisce il combustibile, il suo nucleo collassa verso l'interno. La gravità attira tutto in una morsa sempre più spietata. Le temperature raggiungono i 100 miliardi di gradi. Gli atomi vanno in pezzi. Gli elettroni vengono triturati. I residui vengono ulteriormente sgualciti. La stella, a questo punto, si è trasformata in un buco nero

..E SE VIVESSIMO AL DI LA' DI UN BUCO NERO ?

Ogni buco nero è una porta verso un altro universo, e il nostro universo si è formato all'interno di un buco nero presente in un universo più grande. Uno sguardo alla teoria affascinante (e per ora indimostrabile) del fisico Nikodem Poplawski.
Mettiamo indietro le lancette dell'orologio. Prima che gli esseri umani esistessero, prima che la Terra si fosse formata, prima che il Sole si fosse acceso, prima della nascita delle galassie, prima ancora che la luce potesse persino brillare, c'era il Big Bang. Questo avvenne 13, 8 miliardi anni fa. E prima di questo?
Molti fisici sostengono che non ci sia un prima. Il tempo ha iniziato il suo ticchettio, insistono, nel momento stesso del Big Bang, e credono che qualsiasi cosa avvenuta in precedenza non sia nel regno della scienza. Non riusciremo mai a capire come apparisse la realtà pre-Big Bang, o di che fosse formata o perché sia esplosa per creare il nostro universo. Tali nozioni sono al di là della comprensione umana.

Ma alcuni scienziati meno ortodossi non sono d'accordo. Questi fisici teorizzano che, un attimo prima del Big Bang, tutta la massa e l'energia dell'universo nascente sia stata compattata in un incredibilmente denso - ma finito - granello. Chiamiamolo pure il seme di un nuovo universo.
Si pensa che questo seme fosse inimmaginabilmente piccolo, forse migliaia di miliardi di volte più piccolo di ogni particella che gli esseri umani sono mai stati in grado di osservare. Eppure si tratta di una particella che può innescare la produzione di ogni altra particella, per non parlare di ogni galassia, sistema solare, pianeta e persona.
Se davvero si vuole chiamare qualcosa "la particella di Dio", questa sembra essere la candidata più adatta. Ma come è stato creato un tale seme? Un'idea, sbandierata da diversi anni - in particolare da Nikodem Poplawski della University of New Haven - è che il seme del nostro universo sia stato forgiato in quello che è il forno definitivo, probabilmente l'ambiente più estremo in tutta la natura: all'interno di un buco nero.

I multiversi si moltiplicano
È importante sapere, prima di andare oltre, che negli ultimi due decenni molti fisici teorici sono giunti a credere che il nostro universo non sia l'unico. Potremmo infatti essere parte di un multiverso, un'immensa serie di universi separati, ognuno con la sua sfera brillante di cielo notturno.

Come e se un universo possa essere effettivamente collegato a un altro è fonte di molte discussioni, tutte altamente speculative e, finora, completamente indimostrabili. Ma un'idea interessante è che il seme di un universo possa essere simile al seme di una pianta: un granello di materiale essenziale, ben compresso, nascosto all'interno di un guscio protettivo.
E questo descrive esattamente ciò che viene creato all'interno di un buco nero. I buchi neri sono i cadaveri di stelle giganti. Quando una stella esaurisce il combustibile, il suo nucleo collassa verso l'interno. La gravità attira tutto in una morsa sempre più spietata. Le temperature raggiungono i 100 miliardi di gradi. Gli atomi vanno in pezzi. Gli elettroni vengono triturati. I residui vengono ulteriormente sgualciti.
La stella, a questo punto, si è trasformata in un buco nero, il che significa che la sua attrazione gravitazionale è così forte che nemmeno un fascio di luce può sfuggirle. Il confine tra l'interno e l'esterno di un buco nero è chiamato orizzonte degli eventi. Buchi neri enormi, alcuni dei quali milioni di volte più massicci del Sole, sono stati scoperti al centro di quasi tutte le galassie, compresa la nostra Via Lattea.

Domande senza fondo
Se si utilizzano le teorie di Einstein per descrivere ciò che avviene sul fondo di un buco nero, troviamo un posto che è infinitamente denso e infinitamente piccolo: un concetto ipotetico chiamato singolarità. Ma gli infiniti in genere non si trovano in natura. Le teorie di Einstein, che prevedono meravigliosi calcoli per la maggior parte del cosmo, non funzionano più di fronte alle forze enormi, come quelle all'interno di un buco nero o quelle presenti alla nascita del nostro universo.
I fisici come il dottor Poplawski dicono che la materia all'interno di un buco nero raggiunge un punto in cui non può essere compattata oltre. Questo "seme" potrebbe essere incredibilmente piccolo, ma avere il peso di miliardi di Soli. A differenza di una singolarità, però, è reale.
Il processo si ferma, secondo il dottor Poplawski, perché i buchi neri girano. Essi ruotano molto rapidamente, probabilmente vicino alla velocità della luce. E questa rotazione conferisce al seme compattato una quantità enorme di torsione. Non è solo piccolo e pesante, è anche attorcigliato e compresso, come uno di quei serpenti a molla dentro le lattine. Che può improvvisamente esplodere, con un botto. Come in un Big Bang, o come il dottor Poplawski preferisce chiamarlo, un Big Bounce, un "grande rimbalzo".
È possibile, in altre parole, che un buco nero sia un condotto, una "porta a senso unico", dice il Dott. Poplawski, tra due universi. Ciò significa che se vi trovaste a cadere nel buco nero al centro della Via Lattea, è possibile che voi (o almeno le particelle triturate che una volta eravate voi) finirete in un altro universo. Questo altro universo non è dentro il nostro, aggiunge il dottor Poplawski, perché il buco è solo il link, come una radice comune che collega due alberi di pioppo.

E che dire di tutti noi, qui nel nostro universo? Potremmo essere il prodotto di un altro universo più anziano. Chiamatelo pure il nostro universo madre. Il seme di questo universo madre, forgiato all'interno di un buco nero, può aver avuto il suo Big Bounce 13, 8 miliardi anni fa, e anche se il nostro universo è in rapida espansione da allora, potremmo ugualmente essere ancora nascosti dietro l'orizzonte degli eventi di un qualche buco nero.


Spaventoso Video di una Supercella di Tempesta
Ecco uno scenario da apocalisse! Si tratta della ripresa in timelapse della formazione di grandi tempeste detta a "supercella" sopra i cieli vicino a Booker, nel Texas, USA. Una supercella è un cumulonembo che si sviluppa all'interno di un mesociclone, ossia di una bassa pressione ampia dai 10 ai 100 km. 
Fotografia di Mike Olbinski.

https://www.facebook.com/photo.php?v=674958242568398&set=vb.512471868817037&type=2&theater


su piccola scala il principio fisico che ha dato vita al sistema solare...



In realtà, il principio fisico è totalmente diverso; spiacente di deluderti!



mercoledì 24 ottobre 2012

Amanda Davis. Mi chiedo quando ti mancherò. "Sai perché gli indiani preferiscono le costruzioni circolari, gli edifici rotondi?” “Perché?” “Non ci sono ombre in una stanza rotonda. Non ci sono angoli dove gli spiriti possano nascondersi.”

MI CHIEDO QUANDO TI MANCHERÒ
Recensione di Chicca Gagliardo

Amanda Davis mi mancava anche se non lo sapevo, come quando incontri una persona e capisci che è un tassello mancante al puzzle della vita. Amanda Davis è una voce che riempie il vuoto. Una vertigine.
Mi chiedo quando ti mancherò è la storia di Faith che a 16 anni scappa di casa per fuggire dal passato, Faith che ha un alter ego fantastico (una invisibile, sarcastica cicciona), Faith che diventa Annabelle, si unisce a un circo e spicca il volo. È la storia di un’anima infelice che vince la forza di gravità esistenziale che la schiaccia. È la storia di una pietra pesantissima che diventa leggera come l’aria.
Il volo e la paura di cadere sono temi disseminati ovunque – con una costanza impressionante – anche nel primo libro, la raccolta di racconti intitolata Faith. Amanda non è riuscita a captare soltanto gli enigmi della vita interiore, ma anche l’eco della sua morte: a trentadue anni è precipitata con un aereo. Chi sia stata la “sorprendente”, “generosa”, “eccentrica” Amanda Davis lo potete leggere nei ricordi dei suoi amici pubblicati alla fine (Michael Chabon, Dave Eggers, Vendela Vida, Jonathan Lethem). E tra le righe che Amanda ha lasciato proprio nella pagina finale del romanzo: Volerò, farò capriole e volteggerò in aria, dissi. E sai una cosa? Se cado, ci sarà qualcuno a prendermi.
http://www.satisfiction.me/mi-chiedo-quando-ti-manchero/




"Se avessi fatto l'inventario della mia vita, cosa avrei trovato?"
"Non sapevo cosa stesse pensando Wilma, ma mi chiesi fino a che punto ci si potesse tenere tutto dentro. Di quante cose silenziose ci si potesse riempire prima di straripare. O soffocare."
"-Vivi una vita rotonda e non avrai un posto dove nasconderti nè niente da cui scappare.- 
-Io ho degli angoli-, dissi.
-Già,- rispose lui, -lo so-." [...]
“Sai perché gli indiani preferiscono le costruzioni circolari, gli edifici rotondi?”
“Perché?”
Non ci sono ombre in una stanza rotonda. 
Non ci sono angoli dove gli spiriti possano nascondersi.”

Aspettai di sentire dell’altro, e invece niente. 
Continuò a fissare il cielo e poi chiuse gli occhi 
e rimase in silenzio tanto a lungo che pensai si fosse addormentato.

“Vivi una vita rotonda”, disse alla fine, piano, con gli occhi chiusi.
“Vivi una vita rotonda e non avrai un posto dove nasconderti né niente da cui scappare”.
Amanda Davis, Mi chiedo quando ti mancherò



"A Berrybrook, il dottor Mocciolone diceva, Faith, perché non mi racconti cosa è successo. Dev'essere successo qualcosa che ti fa sentire come se non valga la pena di vivere.
No, pensai. Non era una cosa soltanto. Era un insieme, un accumulo di vuoto e umiliazione. Un senso generale di inutilità che mi corrodeva.”
Amanda Davis, Mi chiedo quando ti mancherò



Dove era la parte di me che era arrabbiata? 
Quella parte che mi faceva venire voglia di prendere il cielo a unghiate?” 
 “Sono qui – disse la cicciona. Faith, sono qui.”
Mi cinse con un braccio e mi tirò a sé, sussurrandomi tutta una serie di cose. 
“Vedrai che ce ne andremo”, diceva. “Tesoro, ho fiducia in te. 
Vedrai che sopravvivremo e ci divertiremo. Vedrai. Aspetta e vedrai se non ho ragione.”
Amanda Davis, Mi chiedo quando ti mancherò





La stessa storia e raccontata da un magnate giapponese che ha fatto una casa tutta rotonda perché la suocera aveva detto "ci sara ben un angolo anche per me in casa vostra"



Ci sono molti tipi di rabbia... Solo che alcuni sono più utili di altri.” 
Faith Duckle ha 16 anni e un solo desiderio: dimenticare la festa degli ex alunni, cancellare per sempre quella maledetta sera “quando ero ancora enorme”, tutto quel punch, i ragazzi del terzo anno e le battute sempre più pesanti: “Sai cosa dicono delle ciccione, vero? Le ciccione hanno sempre fame”.
Violentata da alcuni compagni, Faith cerca di farla finita con un cocktail di pillole colorate. Dopo il ricovero in ospedale torna a scuola visibilmente dimagrita, ma per tutti resta “la cicciona della festa degli ex alunni”.
Con il suo petulante alter ego alle calcagna - una ragazza grassa che soltanto lei riesce a vedere - matura la vendetta, sfregia uno degli assalitori e scappa alla ricerca dell’amico Charlie, in viaggio con il piccolo Circo Fartlesworth. E proprio qui, nel mondo magico e colorato dei freak per eccellenza, tra “Godzukia” e il “Digestivoro”, Faith troverà una nuova vita e il giusto riscatto.

Amanda Davis (1971-2003) ha esordito con la raccolta di racconti Circling the drain. Docente di scrittura creativa al Mills College di Oakland in California, nella primavera del 1999 aveva viaggiato con il Bindlestiff Family Cirkus. In Italia, due suoi racconti sono stati pubblicati nelle antologie Burned children of America e The best of McSweeney’s vol. 1 (entrambe minimum fax).
Traduzione di Giovanna Scocchera
Della stessa autrice, la raccolta di racconti Faith
http://store.terre.it/catalogo/categoria/2/prodotto/25/Mi-chiedo-quando-ti-mancher%C3%B2


 Arianna Purple ha scritto:
Una ragazzina cicciona, schernita e denigrata dai compagni del college, abusata. Il disagio mentale,la solitudine, la vendetta.Meccanismi di autodifesa. La sua discesa agli inferi e il tentativo di trovare una via d'uscita ai propri fantasmi unendosi al mondo circense.
Dal sudore e dalla merda all'utopia del cielo e del volteggio.



Poetic Justice ha scritto:
Un romanzo a 2 voci.
Un libro scritto molto bene in modo originale perchè narra 2 voci che si intrecciano e alla fine si fondono diventando una sola.
Purtroppo questo è il primo e unico romanzo di quest'autrice scomparsa molto giovane insieme a suo padre e a sua madre in un incidente aereo proprio mentre era in tour per la promozione di questo libro.



Andrea Sartorati ha scritto:
Rimane in ogni caso una solida storia di adolescenza difficile, questa volta declinata al femminile. Faith/Annabelle si conquista, tra mille difficoltà, una seconda occasione, andando a conquistarsi la tanto agognata normalità in un ambiente invece apparentemente esotico e ricco di fantasia come quello circense con i suoi fenomeni da baraccone.
I demoni della protagonista, ben rappresentati dal suo alter ego immaginario (nelle sembianze di lei cicciona), sono raccontati con ritmo incalzante.



Nick Molise ha scritto:
amanda davis [...] era una scrittrice coraggiosa: esordire con un romanzo di oltre 300 pagine in cui si parla di: schizofrenia, stupro, alcolismo, vendetta, vagabondaggio, omosessualità, scambismo, tossicodipendenza, morte, filtrando tutto attraverso lo sguardo di una ragazzina, non è certo da tutti.


  

Laura ha scritto:
Il rapporto tra Faith e la sua “alter ego”, la cicciona, è descritto magistralmente: 
questo personaggio, che esiste solo nella mente della ragazza diventa ingombrante come un protagonista, fa arrabbiare, intenerire, a volte viene voglia di picchiarla, altre volte ci si vorrebbe congratulare con lei. La protagonista Faith entra immediatamente nel cuore, per il suo coraggio, la sua disarmante sofferenza e per la sua innocenza, nonostante le sue azioni. La parte finale, in cui si descrive il mondo del circo che, finalmente, accoglierà la ragazza, è magica.




annie ha scritto:
Amanda Davis, ma perché sei morta? Io di libri così ne avrei voluti leggere altri cento.
La prima parte, per chi si riconosce in Faith, è crudelissima, e fa malissimo. È un continuo di frasi e situazioni che sembrano frecce appuntite dritte al cuore, la seconda metà è un po' più una discesa, ma anche una risalita personale, Faith diventa Annabelle, più coraggiosa (in parte), più sicura (in parte), e passo dopo passo sboccia, trova l'amore, quello puro e pulito, costruisce le fondamenta per il futuro, fino a diventare la persona che avrebbe sempre voluto essere, abbandonando la cicciona per riappropriarsi della sua vita.




#Gil D. ha scritto:
Il romanzo della cicciona redenta. Opera rimasta unica perchè l'autrice è morta giovanissima in aereo mentre si spostava in aereo con i suoi genitori per presentare il libro, che poi ha avuto un grande successo. E lo merita. Per per lo stile, per la sincerità, per il i personaggi, così vivi e a tratti sorprendenti. Scoperto per caso. Da ricordare con affetto.




 Kalinka ha scritto:
E’ possibile crescere, senza andare avanti, ma ricominciando daccapo? 
Forse si, se si ha il coraggio di bruciare davvero il passato
Faith, la Faith che il lettore trova nelle prime pagine, è una scommessa
Un personaggio che sembra già predestinato, o meglio condannato, dal suo vissuto. 
Un “caso clinico” in piena regola: sedici anni, senza padre, una madre incapace di affrontare i silenzi e lo sguardo di quella figlia grigia e obesa. Ma questo non è che un prologo…Faith infatti subirà uno stupro da parte di alcuni compagni di scuola (si, gli stessi che la chiamavano “Cicciona”) e tenterà il suicidio. Fin qui ci sarebbero elementi sufficienti per far dire al lettore “Niente di nuovo”. 
Non si tratta di cinismo: il dolore ormai non commuove più, casomai incuriosisce quando si tratta di cronaca nera, mentre per quanto riguarda l’arte si può dire che “fa scuola”. Negli ultimi anni si è assistito, nella letteratura, a un proliferare di casi umani, autobiografici o meno, talvolta trasgressivi, crudi, raramente a lieto fine. Quasi mai originali. Mi chiedo quando ti mancherò, invece, ha l’astuzia di cambiare tono all’improvviso, regalando al lettore, già calatosi nel darkness narrativo, un bello scossone. Scacco matto. Faith, tornata a sopravvivere, sembra svegliarsi dall’inerzia dei suoi giorni per raggiungere uno scopo ben preciso: vendicarsi di chi l’ha violentata e far scomparire per sempre la vecchia Faith, un fantasma grasso che la perseguita fino a trasformarsi da ricordo ad alter ego. Faith nutre con odio e lucidità il suo disegno di giustizia, ma anche questo presto si rivela non un fine, ma un transito. Non sarà la vendetta a rivelarsi la bacchetta magica capace di far scomparire il passato e il dolore. Il vero riscatto arriva solo quando Faith scopre che dovrà ricominciare. E ricominciare senza guardarsi alle spalle, perché l’unica possibilità è quella di una nuova Faith, non di un “recupero” di un fantasma. Così la ragazza diventa davvero protagonista, non solo del libro ma della sua vita.



Evangeline ha scritto:
Questo romanzo, che è la prosecuzione del racconto Faith contenuto nella raccolta Circling the drain, narra appunto la storia di Faith, una ragazza di sedici anni grassa e timida che subisce violenza da parte di un gruppo di ragazzi che frequentano la sua stessa scuola. Da quel momento Faith, che è stata minacciata di non dire niente, inizia a collezionare pillole in un barattolo e in un giorno come tanti le ingoia tutte tentando il suicidio. Ricoverata dalla madre in un istituto psichiatrico, ne uscirà sei mesi dopo liberata dal suo peso di carne, ma non da quello della violenza subita. Abitata dal dolore e dalla rabbia, additata da tutti come ragazza instabile, Faith comincia a parlare con la cicciona, suo alter ego ingombrante e ferito, ora affettuosa, ora aggressiva, che la spinge prima alla vendetta e poi alla fuga alla ricerca di un posto nel mondo e nella propria pelle. Prima di leggere il romanzo avevo letto il racconto e lo avevo trovato molto bello, certo triste ma caratterizzato da uno stile al quale la componente surreale e il ripiegamento intimistico donavano una grande malìa. Come il racconto si trasforma in romanzo, anche Faith si trasforma trovando nel continuo dialogo e conflitto con la cicciona e nelle prove che le offre la sua nuova vita nel circo Fartlesworth dove infine approda, la spinta per lasciarsi andare e sentire finalmente nello slancio del suo primo volo da trapezista il corpo senza peso e la forza per affrontare la paura. La parte che ho trovato più bella è l’on the road con la cicciona, sia perché l’informe alter ego di Faith è forse la figura più riuscita del romanzo per il suo lato pulsionale e comico insieme, sia perché la narrazione mette addosso un’ incredibile voglia di scappare, cambiare, essere liberi. Dal libro:

Dove era la parte di me che era arrabbiata? 
Quella parte che mi faceva venire voglia di prendere il cielo a unghiate?” 
 “Sono qui – disse la cicciona. Faith, sono qui.”
Mi cinse con un braccio e mi tirò a sé, sussurrandomi tutta una serie di cose. 
“Vedrai che ce ne andremo”, diceva. “Tesoro, ho fiducia in te. 
Vedrai che sopravvivremo e ci divertiremo. Vedrai. Aspetta e vedrai se non ho ragione.”


Marella ha scritto:
E' un libro che ti travolge e sconvolge. 
Io sono stata trascinata da Faith e la Cicciona attraverso i corridoi di una scuola, nella camera asettica di un ospedale, sulle strade all'inseguimento di un circo e poi ho sofferto e gioito giornate intere accanto ad Annabelle spalando merda di elefante e sperando in un giorno migliore
Dolce e forte come un buon caffè zuccherato...un vero piacere.


Elena Orlandi ha scritto:
30 pagine all'inizio e tutto sappiamo di quello che è successo a Faith: una cicciona sedicenne che subisce violenza di gruppo da alcuni suoi compagni di scuola, tenta il suicidio e viene mandata in una clinica per le malattie mentali dove resta un anno. Ora è tornata in classe e anche se è dimagrita di 26 chili, la cicciona continua a farle visita e comunque niente è a posto. 
E' una formazione lunga 340 pagine che inizia per Faith, alla ricerca della vera amicizia, di una vera famiglia e di quello che davvero vuole fare nella vita.

  
RedRum ha scritto:
La solita storia della ragazza cicciona, presa in giro, derisa, umiliata dai compagni di scuola, perfino stuprata, ma descritta con un'intensità e una concretezza da commuovere. Qui non siamo a Hollywood, la grassona non risolve tutto dimagrendo e cambiando stile. La grassona, quella ti rincorre e ti trova dappertutto, ricordandoti chi eri e chi sarai sempre agli occhi di tutti. Lei non vuole fare innamorare di se il classico bullo della scuola, lei vuole una vendetta sanguinosa, e l'avrà
Ma alla fine una possibilità è data anche lei, nel mondo del circo trova il modo di ricominciare e di essere accettata per quello che è.
Un pizzico di speranza e un finale rassicurante in fondo non guastano mai, anche se non siamo a Hollywood.


Amy ha scritto:
Uno dei libri più belli che ho letto quest'anno...
Faith alla ricerca di una vita rotonda senza un posto in cui nascondersi nè niente da cui scappare perchè in una vita rotonda non ci sono ombre, non ci sono angoli dove gli spiriti possano nascondersi. Faith che prima era la cicciona e che ora dopo un tentativo di suicidio, uno stupro, si prende la sua rivincita e poi scappa dai sui fantasmi accompagnata dal suo alter ego, la cicciona, che smangiucchiando sempre dispensa consigli; è talmente tratteggiato bene il personaggio della cicciona che ti convinci anche tu che esiste, la vedi come la vede Faith.
Bella anche l'ambientazione, il mondo del circo, popolato da artisti e freak, il digestivoro, l'uomo più alto del mondo, la donna con tre gambe... 
Alla fine del libro poi ci sono gli interventi di eggers, chabon, lethem e altri che ricordano amanda davis, e non ti dispiace solo che il libro sia finito, ma anche che della davis ci sia poco da leggere.


pipe ha scritto:
E' scritto davvero bene. Amanda Davis, con un linguaggio diretto ed efficace, ci descrive la trasformazione di Faith, dalla cupa rabbia e disperazione dello stupro, del tentativo di suicidio e della sanguinosa vendetta all'entusiasmo per i colori, i rumori, la straordinarietà del circo. Indimenticabile il personaggio della Cicciona, alter ego di Faith, saggia e disincantata, sincera fino alla crudezza. Tenacemente presente nei momenti difficili - anche quando Faith la caccia in malo modo-, ma anche consolatoria, si allontana solo a metamorfosi ultimata.


Valentina Di Martino ha scritto:
Cambiare vita. Cambiare nome. Cambiare aspetto. Essere una persona diversa. Questo, il centro del libro. Questo e la rabbia, la vendetta. Faith non è contenta di se'. Non è contenta di quel che ha vissuto. Faith e la sua 'amica' immaginaria ribaltano tutto e ci fanno conoscere un mondo colorato da attrazioni da circo e freak.


http://www.anobii.com/books/Mi_chiedo_quando_ti_mancher%C3%B2/9788889385388/0122459c32736fe96d










venerdì 31 agosto 2012

Territorio Bateson. LA SEMPLIFICAZIONE È UN'OPERAZIONE DEL TUTTO NATURALE E SPONTANEA, che HA PROBABILMENTE UN FORTE VALORE DI SOPRAVVIVENZA. DI FRONTE ALLA COMPLESSITÀ DISARMANTE E ALLARMANTE DEL MONDO, NON SOLO LO SCIENZIATO MA TUTTI GLI ESSERI UMANI NE TENTANO UNA SEMPLIFICAZIONE, ANZI UNA RICOSTRUZIONE. CHE COSA FANNO L'ARTISTA, IL RITRATTISTA, IL COMPOSITORE, IL NARRATORE, LO SCIENZIATO, IL TECNICO SE NON TENTARE DI RICOSTRUIRE IL MONDO SECONDO REGOLE E PROCEDIMENTI DIVERSI MA TUTTI ESSENZIALMENTE VOLTI A FORNIRNE UN MODELLO PIÙ SEMPLICE NEL QUALE SCOPRIRE LA "VERITÀ" O ADDIRITTURA VIVERE MEGLIO?


Territorio Bateson. a cura di Anna Cotugno e Giovanni Di Cesare

Epistemologia della differenza.

 Giuseppe O. Longo

1. Contesto e riduzionismo

Ho scelto questo titolo perché richiama e riassume quella grande svolta epistemologica del Novecento che è legata all'informazione, al significato, alla ridondanza, all'ordine e alla struttura, e di cui GREGORY BATESON è stato uno dei protagonisti.
Bateson cominciò ad esplorare questo territorio sulla scoria di un aforisma di Alfred Korzybski: "LA MAPPA NON È IL TERRITORIO"; enunciato che a tutta prima può sembrare ovvio se non banale, ma che permise a Bateson di por mano alla costruzione di UN'EPISTEMOLOGIA NUOVA, CHE SI CONTRAPPONE IN MODO RADICALE A QUELLA DELLE SCIENZE DELLA NATURA, IN PARTICOLARE DELLA FISICA.
Quali sono le differenze tra queste due epistemologie, quella CLASSICA, che risale più o meno a Galilei e che forse è ancora dominante, e quella nuova, ormai robusta ma non ancora compiutamente sviluppata?
In primo luogo, mentre LA FISICA RAGGIUNGE I PROPRI RISULTATI GRAZIE A UNA SEMPLIFICAZIONE che consiste nel SOPPRIMERE IL CONTESTO E NEL CONSIDERARE SOLO SISTEMI E FENOMENI ISOLATI, NELL'EPISTEMOLOGIA INFORMAZIONALE(1) IL CONTESTO È FONDAMENTALE: NON VI SONO FENOMENI, EVENTI, COMUNICAZIONI, ACCADIMENTI, TRASFORMAZIONI CHE NON SIANO ESSENZIALMENTE INSERITI IN UN CONTESTO, nel senso che SOLO DAL CONTESTO ESSI RICEVONO IL LORO SIGNIFICATO E SOLO IN BASE AD ESSO POSSONO ESSERE DESCRITTI E SPIEGATI.
In altre parole; MENTRE LA FISICA HA OTTENUTO E IN BUONA PARTE ANCORA OTTIENE I SUOI COSPICUI RISULTATI ATTRAVERSO LA PRATICA DEL RIDUZIONISMO(2), cioè grazie all'ELIMINAZIONE DI TUTTI I LEGAMI CHE A PRIORI CONNETTONO IL FENOMENO O IL SISTEMA CONSIDERATO AL CONTESTO PIÙ AMPIO; NEL CAMPO DELL'INFORMAZIONE E DELLA COMUNICAZIONE QUESTI NESSI NON POSSONO ESSERE RECISI PERCHÉ COSTITUISCONO LE RELAZIONI CHE DEFINISCONO IL FENOMENO PER QUELLO CHE È.
Che nell'ambito della comunicazione il contesto sia importante, anzi ineliminabile, e peraltro noto a tutti dalla COMUNE ESPERIENZA DELLA LETTURA: OGNI LETTERA È INSERITA IN UNA SILLABA, OGNI SILLABA IN UNA PAROLA, OGNI PAROLA IN UNA FRASE, E COSÌ VIA; e ciascun elemento riceve il proprio significato da tutti i contesti più ampi, cioè dagli elementi di livello superiore di cui è parte. Come si vede, in genere ESISTONO PIÙ CONTESTI, DI AMPIEZZA DIVERSA, CONTENUTI L'UNO NELL'ALTRO. Inoltre si osservi che se LA PAROLA RICEVE IL SUO SIGNIFICATO DALLA FRASE, LA FRASE A SUA VOLTA LO RICEVE DALLE PAROLE CHE LA COMPONGONO: LA NOZIONE DI SIGNIFICATO CONTESTUALE NON È LINEARE O UNIDIREZIONALE, BENSÌ CIRCOLARE(3).

2. Linearità e complessità
LA SCOPERTA DI QUESTA CIRCOLARITÀ È DI ENORME IMPORTANZA, perché storicamente la prima impressione che l'uomo ha avuto nei confronti del mondo è che esso funzioni in base a CATENE CAUSALI LINEARI, che hanno origine in un certo punto (spesso ARBITRARIO, o meglio scelto in base a finalità pratiche) e finiscono chissà dove nella vastità dei fenomeni. Per contro, LA DESCRIZIONE O SPIEGAZIONE CONTESTUALE, imperniata sul concetto d'INFORMAZIONE, si basa su CIRCOLI O ANELLI DI RETROAZIONE (O FEEDBACK).
BATESON CONSIDERÒ SEMPRE MOLTO IMPORTANTE LA NOZIONE DI RETROAZIONE, che aveva dapprima intuito nel suo lavoro iniziale di antropologo senza riuscire a formularla chiaramente" (4), e che poi aveva incontrato nel suo ambito di scoperta ufficiale, l'ingegneria dei sistemi e delle regolazioni. In seguito, con grande perspicuità, la vide all'opera in molti contesti comunicativi (sociali, psicologici, psicopatologici, culturali, politici, ecologici), e nei grandi fenomeni dell'evoluzione e dell'apprendimento, fenomeni che potremmo chiamare grandi tautologie e che sono appunto contraddistinti dalla presenza di anelli o di circuiti di retroazione ancora più complicati.
Certo, PENSARE CHE IL MONDO SIA LINEARE E MOLTO COMODO. Questa APPARENTE LINEARITÀ, CHE LA FISICA MATEMATICA HA EREDITATO DAL SENSO COMUNE e che fino a ieri ha tentato di erigere a modello esplicativo generale, NELLA NUOVA EPISTEMOLOGIA VIENE SOSTITUITA DALLA CIRCOLARITÀ, una strutturazione molto più complicata, che NON SI LASCIA FACILMENTE RIDURRE E CHE ANZI COSTITUISCE UNO DEGLI INGREDIENTI ESSENZIALI DELLA COMPLESSITÀ. Dopo la scoperta della circolarità, o della retroazione o più in generale della complessità, NON POSSIAMO PIÙ PERMETTERCI DI SEMPLIFICARE LA REALTÀ. DOBBIAMO RASSEGNARCI A VIVERE IN UN MONDO COMPLESSO, anche a costo di rinunciare a quegli splendidi risultati che la fisica classica ha conseguito grazie alla linearizzazione (5).
LA SPIEGAZIONE CIBERNETICA evita amputazioni riduttive e resezioni atomistiche di questo tipo, ma AFFRONTANDO I PROBLEMI IN TUTTA LA LORO COMPLESSITÀ NON GARANTISCE AFFATTO DI POTERLI RISOLVERE. Poiché LA MATEMATICA CHE ABBIAMO COSTRUITO FINORA È ADATTA AI PROBLEMI LINEARI, MA NON A QUELLI CIRCOLARI E PIÙ COMPLESSI, la vera questione è; SAREMO IN GRADO DI COSTRUIRE UNA MATEMATICA NUOVA, CHE POSSA DESCRIVERE LA COMPLESSITÀ e che allo stesso tempo sia trattabile con gli strumenti che possediamo? Questa domanda per il momento non ha risposta.
D'altra parte LA SEMPLIFICAZIONE È UN'OPERAZIONE DEL TUTTO NATURALE E SPONTANEA, che HA PROBABILMENTE UN FORTE VALORE DI SOPRAVVIVENZA. DI FRONTE ALLA COMPLESSITÀ DISARMANTE E ALLARMANTE DEL MONDO, NON SOLO LO SCIENZIATO MA TUTTI GLI ESSERI UMANI NE TENTANO UNA SEMPLIFICAZIONE, ANZI UNA RICOSTRUZIONE. CHE COSA FANNO L'ARTISTA, IL RITRATTISTA, IL COMPOSITORE, IL NARRATORE, LO SCIENZIATO, IL TECNICO SE NON TENTARE DI RICOSTRUIRE IL MONDO SECONDO REGOLE E PROCEDIMENTI DIVERSI MA TUTTI ESSENZIALMENTE VOLTI A FORNIRNE UN MODELLO PIÙ SEMPLICE NEL QUALE SCOPRIRE LA "VERITÀ" O ADDIRITTURA VIVERE MEGLIO?
IN UN MONDO TROPPO COMPLESSO NON ABBIAMO PARAMETRI E LEGGI CHE CI AIUTINO A PRENDERE DECISIONI COMPATIBILI CON LA NOSTRA SOPRAVVIVENZA, QUINDI DOBBIAMO SEMPLIFICARE IL MONDO "DATO", SOSTITUENDOGLI UN MODELLO, UN'IMMAGINE. Anche LA PERCEZIONE, che potrebbe sembrare un RISPECCHIAMENTO PASSIVO DEL MONDO NEI SENSI E NELLA MENTE, È AL CONTRARIO BASATA SU UN'ELABORAZIONE RAFFINATISSIMA, di cui NON SIAMO CONSAPEVOLI e di cui scorgiamo le tracce solo in casi particolari, ad esempio quando SIAMO SOGGETTI ALLE COSIDDETTE ILLUSIONI OTTICHE.
Resta la domanda PERCHÉ L'UOMO TENDA IN PRIMA ISTANZA A DARE DEL MONDO UNA RAPPRESENTAZIONE LINEARE. Io azzardo una risposta che può sembrare BIZZARRA, ma che comunque mette conto esaminare: ritengo che questa propensione sia basata sulla circostanza, contingente ma inoppugnabile, che ABBIAMO UNA SOLA BOCCA E QUINDI SIAMO COSTRETTI A PARLARE IN MODO SEQUENZIALE. QUESTA LIMITAZIONE FISIOLOGICA, peraltro, HA EVIDENTI VANTAGGI DI UNITARIETÀ NELLE TRANSAZIONI COMUNICATIVE CON GLI ALTRI, CHE GIÀ CON UNA SOLA BOCCA SONO SPESSO GRAVIDE DI INCOMPRENSIONI ED EQUIVOCI: SE CIASCUNO AVESSE PIÙ BOCCHE, GLI EQUIVOCI E LE CONTRADDIZIONI RISCHIEREBBERO DI AUMENTARE A DISMISURA E DI PARALIZZARE LA COMUNICAZIONE.
Di recente i neurofisiologi hanno cominciato a informarci che L'ATTIVITÀ DEL CERVELLO SI SVOLGE IN MODO PARALLELO E NON SEQUENZIALE: È COME SE IL CERVELLO AVESSE MOLTE BOCCHE CHE PARLANO TUTTE INSIEME. Il cervello, sembra, produce il pensiero mediante il funzionamento simultaneo di molti moduli o unità di elaborazione (per usare la metafora ormai trita dell'ELABORAZIONE DI INFORMAZIONE). Il massiccio parallelismo del cervello compensa la lentezza e la scarsa precisione dei suoi componenti elementari, i NEURONI, PICCOLE UNITÀ PIUTTOSTO GOFFE E IMPRECISE CHE PERÒ COLLABORANO VOLONTEROSAMENTE TRA LORO; proprio grazie a questo MODO DI OPERARE SIMULTANEO, il cervello compie egregiamente il proprio lavoro e fornisce prestazioni affatto eccezionali. Del RESTO IL NUMERO ENORME (CENTO MILIARDI) DI NEURONI E IL NUMERO ANCORA PIÙ ELEVATO DI SINAPSI NON SAREBBERO COMPATIBILI CON UN FUNZIONAMENTO SEQUENZIALE.
MA QUANDO VOGLIAMO ESPRIMERE CON LA BOCCA I RISULTATI DELLE ELABORAZIONI CEREBRALI, CIOÈ VOGLIAMO COMUNICARLI A NOI STESSI O AGLI ALTRI, SIAMO OBBLIGATI A LINEARIZZARE, PERCHÉ TUTTO DEVE PASSARE PER LO STRETTO IMBUTO DEL LINGUAGGIO MONODIMENSIONALE.
“Si confuse di nuovo. Non riusciva a capire se quel piroscafo sfarzoso fosse Eva Farkas oppure sua moglie Giuliana, o soltanto una metafora piatta e scontata, che non emanava più nessuna luce. C'era nelle parole che pronunciava una forza greve e terrestre, indipendente da lui e legata alla sintassi, per cui, dopo il primo avvio il suo pensiero e la sua volontà non contavano più niente e TUTTI QUEI SUONI ROTOLAVANO A VALLE PER CANALONI TRACCIATI DA ANTICHI GHIACCIAI, CON UN FRASTUONO IRRIMEDIABILE. LE PAROLE NON SI LASCIAVANO DIRE, LO PORTAVANO SEMPRE DOVE VOLEVANO LORO. E POI, RIFLETTÉ, ABBIAMO UNA SOLA BOCCA E LE COSE DOBBIAMO DIRLE UNA DOPO L'ALTRA, INVECE LÀ DIETRO I PENSIERI CORRONO INSIEME COME DEBOLI FIAMMELLE BLUASTRE PER I NEURONI, LE SINAPSI A MILIARDI, E SI AFFOLLANO PER ESSERE DETTI TUTTI IN UNA VOLTA. Emergono le loro schiere da un cratere oscuro, a sciami, angeli o demoni, e IN QUEL LORO FATICOSO BRULICHIO STA LA FORZA NATIVA DELLE COSE, FORSE LA VERITÀ. MA PER ESSERE DETTI DEBBONO INFILARSI IN QUELLO STRETTO PERTUGIO, E ALLORA PERDONO VIGORE, DIMENSIONE, PERDONO I COMPAGNI DI VIAGGIO, RESTANO NUDI E PARLANO D'ALTRO. LE COSE NON BISOGNEREBBE MAI DIRLE, PERCHÉ VIEN FUORI ALTRO E SI CREANO EQUIVOCI SPAVENTOSI. Con la bocca possiamo dire infinito, e quella sorta di mareggiata interiore di piccole onde rifratte l’una contro l'altra il cui asintotico pullulare sembra dirigersi verso il bordo dell'abisso SI MANIFESTA NELLA FORMA SORPRENDENTE E QUASI MESCHINA DI UN SUONO DI QUATTRO SILLABE, dove non è rimasto niente dell'increspata vertigine sottostante. Così IL CONFUSO BALBETTIO DELLE PAROLE CI ALLONTANA DEFINITIVAMENTE DAL VOLTO BALUGINANTE, APPENA VISTO E DILEGUATO, DEL PENSIERO. Un vasto pianoro innevato che porti i lunghi segni di sciatori scomparsi... La gerarchia di Ackermann...
-G.O. Longo - La gerarchia di Ackermann, cap. IV




Bellissime riflessioni attraversando... il Kintsugi. Purtroppo il pensiero lineare dei sillogismi in Barbara di aristotelica memoria ha gessato la mente facendoci dimenticare che esistono anche quelli meravigliosi in erba, di cui parla Bateson, della metafora , del sogno, della poesia, del mito che ci aiutano a riappacificarci con la vita



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