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martedì 19 gennaio 2016

Entanglement. E’ il termine inglese usato in maniera standard dai fisici quantistici e tradotto alla lettera in italiano significa “intreccio”. Diciamo che il termine è abbastanza azzeccato perché denota uno stato prettamente fisico di legame indissolubile tra due particelle elementari – come ad esempio due elettroni o due fotoni – che hanno interagito almeno una volta. Il legame è di natura quantistica e significa che entrambe le particelle si comportano come un tutt’uno...


Entanglement.

E’ il termine inglese usato in maniera standard dai fisici quantistici e tradotto alla lettera in italiano significa “intreccio”. Diciamo che il termine è abbastanza azzeccato perché denota uno stato prettamente fisico di legame indissolubile tra due particelle elementari – come ad esempio due elettroni o due fotoni – che hanno interagito almeno una volta. Il legame è di natura quantistica e significa che entrambe le particelle si comportano come un tutt’uno...



Entanglement: Il più grande mistero della Fisica

Intervista di Scienza e Conoscenza a Massimo Teodorani, astrofisico.

Entanglement, che significa?
A cura di Elsa Nityama Masetti

Scienza e Conoscenza: Entanglement, una parola esotica o un termine tecnico? E’ uno di quei termini che sembra non trovare una traduzione “stabile” nel vocabolario italiano. Inoltre indica un fenomeno al primo approccio altrettanto sfuggente, inafferrabile. In poche parole fruibili a tutti, che cosa si intende per entanglement?

Massimo Teodorani: E’ il termine inglese usato in maniera standard dai fisici quantistici e tradotto alla lettera in italiano significa “intreccio”. Diciamo che il termine è abbastanza azzeccato perché denota uno stato prettamente fisico di legame indissolubile tra due particelle elementari – come ad esempio due elettroni o due fotoni – che hanno interagito almeno una volta. Il legame è di natura quantistica e significa che entrambe le particelle si comportano come un tutt’uno. La prova cruciale di questa specie di miracolo della natura la ebbe per la prima volta il fisico francese Alain Aspect con un epocale esperimento effettuato in laboratorio nel 1982. Si osservò che se si cambiava una proprietà (come ad esempio lo spin o la polarizzazione) della prima particella anche la stessa proprietà dell’altra cambiava istantaneamente. Questo cambiamento avviene semplicemente all’atto della misura, dove sulla scala quantistica, l’osservatore interagisce ineluttabilmente con l’osservato: l’atto della misura perturba la prima particella e istantaneamente influenza anche la particella gemella ...



Più che sfuggente, il fenomeno dell’entanglement è tanto inquietante quanto reale, soprattutto se si pensa che esso si realizza a qualunque distanza le particelle si trovino l’una dall’altra, sia essa anche di miliardi di chilometri. Questo fenomeno quantistico è ufficialmente confermato solo nel caso del mondo microscopico. In realtà, modelli teorici recenti molto sofisticati accoppiati ad uno studio attento del cervello, come ad esempio quello di “neurodinamica quantistica” proposto dal matematico Roger Penrose e dall’anestesiologo Stuart Hameroff, prevedono che i microtubuli che costituiscono l’ossatura dei neuroni cerebrali funzionino su tutta la massa cerebrale in uno stato di “entanglement orchestrato” tra loro, proprio quello che genera un atto di coscienza. Ma non sembra che ci si debba fermare a questo: secondo certi modelli di cosmologia quantistica, l’universo prima della sua nascita era in realtà un “multiverso”, costituito da un numero sconfinato di universi paralleli coesistenti che si trovavano in stato di entanglement tra loro. E non è finita. Fisici teorici come Brian Josephson, fisici sperimentali come Robert Jahn, e psicologi sperimentali come Dean Radin e Roger Nelson, ritengono che i cosiddetti “poteri telepatici” e i casi di “coscienza collettiva”, non solo siano eventi reali ma anche che essi rappresentino uno stato di entanglement tra le coscienze di due o più persone separate, le quali così riescono a comunicare in maniera istantanea in base ad un meccanismo fisico simile alla risonanza. In sintesi, l’entanglement è una proprietà teoricamente e sperimentalmente dimostrata delle particelle elementari, ma alcuni indizi piuttosto recenti fanno ritenere che esso si realizzi in una forma speciale anche nella scala biologica, nella scala psichica e nella scala cosmologica.

SeC: Dal mondo delle particelle a quello della coscienza quali sono le variazioni sul tema?
Per es. nel campo della fisica si predilige il significato d’intreccio, nel campo della coscienza – che include il quotidiano, le relazioni – si preferisce il significato di irretimento, nel senso di essere impigliati, magari con la vita e il destino di qualcun altro. Partendo dal comportamento dell’entanglement nelle particelle, si è secondo te davvero liberi di scegliere i propri legami?


MT: Direi proprio che, allo stato attuale delle conoscenze, le uniche variazioni sul tema dell’entanglement passando dalle particelle alla coscienza sono puramente differenze di dominio, non di significato o di sostanza: il significato fisico (che è l’unico che conta) è esattamente lo stesso per entrambi gli aspetti, e con ogni probabilità è in tutti i casi governato da proprietà quantistiche. Per quello che riguarda il modello biologico e psichico (entrambi interagenti e di pertinenza alla coscienza), si sta cercando tuttora una teoria matematica derivata dalla meccanica quantistica, ma più complessa.
Per quanto concerne il “libero arbitrio” nelle nostre azioni e interazioni personali, ciò vale per quello che riguarda la nostra coscienza, non la nostra “volontà” in termini razionali e convenzionali. E’ il nostro inconscio semplicemente a “ricordarsi” (e non a “decidere”) improvvisamente che esiste ad esempio un’anima gemella che vive da sempre in simbiosi con noi, e allora tutto accade in maniera sincronica, anche se a noi appare che questo avvenga per caso. Capire una cosa è meno importante di averne coscienza, eppure sono necessarie entrambe per farne una scienza. Il giorno che capiremo scientificamente le cose con coscienza allora saremo arrivati alla fisica ultima, che appunto comporta una interazione perfetta tra la coscienza e il dominio della materia-energia.



Per riassumere, vorrei dire che sembra che ci devono essere delle connessioni molto profonde tra la psiche e la materia e, quindi, tra la fisica e la psicologia del futuro, che non sono ancora state concettualmente espresse dalla scienza moderna. [...] Tali connessioni devono sicuramente esistere, perché altrimenti la mente umana non sarebbe in grado di scoprire i concetti che si adattano a tutta la natura .
lettera di Wolfgang Pauli a Ralph König, 10 Marzo 1946.


La Scienza è a un passo dalla scoperta di Dio

La principale differenza che esiste tra la materia vivente e la materia inerte è nell’opposta interazione che esse esplicano nei confronti dell’Energia (comportamento entalpico) e del grado di Ordine (comportamento entropico) quando la materia stessa si  aggrega e si struttura a formare tutto ciò che esiste.

La Fisica e la Chimica descrivono con grande accuratezza le strutture composte da materia inerte e sono in grado di prevedere e spiegare praticamente tutti i principali fenomeni che, in natura, riguardano  i sistemi composti da questo tipo di materia.

La materia inerte ha, nei confronti dell’energia, sempre un comportamento “dissipativo” e “passivo” ovvero essa tende a perdere energia restituendola all’ambiente circostante, in altre parole si può  grossolanamente affermare che la materia inerte tende sempre a “raffreddarsi” e, quindi, a raggiungere il <<minimo livello di energia possibile>>.

Allo stesso tempo, man mano che l’energia viene rilasciata nell’ambiente, la materia inerte tende a destrutturarsi e disorganizzarsi nel tempo perdendo quindi ordine, in altri termini la materia inerte tende sempre a raggiungere il <<massimo disordine possibile>>.

Questo comportamento è in linea con le previsioni che si traggono dai tutti i modelli fisico-matematici tradizionali e in particolare dalle leggi della termodinamica.

Ciò che, invece, i modelli matematici non riescono in alcun modo a prevedere è il comportamento paradossale dei sistemi viventi che, nei confronti dell’Energia e dell’Ordine, mostrano caratteristice diametralmente opposte.

Ogni sistema vivente, infatti, sottrae energia dall’ambiente e la utilizza per organizzare e riorganizzare la sua struttura, ovvero la converte in ordine.

E’ proprio in questo paradosso temodinamico che la Scienza mostra  il suo principale limite che consiste nella totale incapacità di spiegare e prevedere il fenomeno “Vita”.

Occorre, a questo punto, osservare che l’aumento del grado di ordine dei sistemi viventi appare come una sorta di “processo intelligente” nel senso che la Vita sembra mostrare l’esistenza di una sorta di “progetto”  che riguarda non solo l’evoluzione delle singole specie, ma anche l’evoluzione complessiva e relazionale tra i vari esseri viventi che popolano il pianeta.

In pratica negli esseri viventi la natura tende a realizzare un progetto di organizzazione e continua riorganizzazione e miglioramento della materia che presuppone la capacità di invertire il processo di degrado cui inesorabilmente la materia stessa sarebbe destinata secondo i modelli della fisica tradizionale.

Ciò appare ancor più  inspiegabile se si pensa al fatto che, dal punto di vista atomico, le catene di molecole che formano la materia vivente, e che contengono notoriamente sempre l’elemento Carbonio, sono formate da atomi che sono alla base anche della materia inerte.

Di fronte a questa carenza e impotenza della biochimica nel motivare, individuare e modellare scientificamente il processo “intelligente” che organizza la materia vivente, e che si cela dietro il fenomeno Vita, lo Scientismo più che la Scienza vera e proria, ha mantenuto un atteggiamento “fideistico” e del tutto antiscientifico.

In tal senso lo Scientismo ha unilateralmente deciso, senza averlo né dimostrato né dichiarato mai apertamente, che la natura non esplica alcun comportamento “intelligente”.

Questo  postulato irrazionale viene, paradossalmente, posto alla base di qualunque affermazione o ricerca ambisca a essere definita “scientifica” e porta a scartare tutto  ciò che, anche lontanamente, può suggerire l’esistenza di un qualche substrato “intelligente” nel comportamento complessivo della Natura.

Verrebbe da chiedersi, dunque, come può una “macchina” come quella Naturale, produrre qualcosa di complesso e articolato come il nostro cervello e le capacità intellettive dell’Uomo basandosi unicamente su processi meccanici non “intelligenti”, ma tralasciamo questo dubbio amletico e andiamo oltre.

Di fronte a questa incapacità di comprendere i meccanismi organizzativi della natura e dell’Universo, la Scienza ha ideato una vera e propria Fisica del paradosso, il cui scopo non dichiarato è ammettere scientificamente il paradosso stesso come regola pur di escludere  l’esistenza dell’intelligenza che genera quello stesso paradosso: la Fisica Quantistica.

In effetti, a ben guardare, l’unico motivo per cui esiste questa disciplina è la volontà di non indagare quello che Prigogine chiamava il “Mondo di Retroscena”.

Lo stesso Einstein era stato costretto a riconoscere indirettamente l’esistenza di una “matrice” invisibile che aveva esorcizzato e trasferito nell’idea delle “variabili nascoste”.

Allo stesso modo quelle variabili, quella “matrice” e la visione unificante dell’evoluzione del Cosmo pur senza mai, neppure lontanamente, presupporre l’esistenza di una <<intelligenza>>, hanno preso storicamente molteplici diverse altre forme come quella a fondamento della teoria olografica dell’Universo formulata dal fisico David Bohm.

In sintesi, la Scienza è riuscita a individuare il confine fisico e microscopico entro il quale avvengono questi fenomeni “inspiegabili” e, non volendo ammettere che vi è una causa nascosta per essi all’interno di quei confini, ha finito per dare vita a una nuova scienza basata sulla probabilità che questi fenomeni paradossali si manifestino in natura a livello microscopico e dentro precisi e misurabili limiti.
Volendo mostrare lo stesso concetto con un esempio possiamo pensare che, non volendo verificare se un dado è o meno truccato, ci limitiamo ad affermare che, con assoluta certezza, i numeri che possono uscire lanciandolo vanno da 1 a 6. In questo modo, il giocatore e l’eventuale trucco o destrezza con cui  egli lo lancia non hanno alcuna influenza.

Fin qui non ci sarebbe nulla di strano se non fosse che questa affermazione “statistica” viene usata per presupporre che non esistono né il giocatore né tanto meno la partita e che, quindi, l’unica cosa certa è che di tanto in tanto c’è la probabilità che un dado si muova, non si sa perché, in momenti e tempi non prevedibili.

Questa “furbata”, che è frutto di un postulato mai ufficialmente riconosciuto (appunto quello secondo cui l’intelligenza in natura non esiste) fa evidentemente acqua da tutte le parti.

Infatti l’avere individuato il “confine fisico” al di sotto del quale questi paradossi si verificano, non ha risolto il problema del perché, nonostante il fatto che il confine di validità della quantistica è sub-microscopico, la vita si presenta in sistemi microscopici e  macroscopici, dagli esseri unicellulari fino agli animali e all’Uomo.

In pratica è come se, in modo coordinato e fuori da ogni previsione quantistica, la Vita fosse un macroscopico e coordinato fenomeno quantistico che però resta impossibile per le stesse regole della quantistica.

Non ha neppure senso appellarsi, come si fa da più parti in modo più o meno consapevole, al fenomeno di correlazione a distanza tra le particelle subatomiche  noto come  Entanglement, per spiegare la Vita.

Anche questo fenomeno infatti  raro, esiste solo a livello submicroscopico e quantistico, di conseguenza non può essere invocato per spiegare il coordinamento su vasta scala tra molecole, che è necessario per giustificare la Vita.

Il paradosso nel paradosso, diviene ancor più evidente quando si osserva che l’intero nostro pianeta appare un unicum nell’Universo, non solo perché ha sviluppato la Vita, ma perché esso stesso si comporta come un enorme organismo in via di continua evoluzione, come mostrano chiaramente le fasi geologiche di crescita e modifica evolutiva della struttura della Terra che sembra quasi avere migliorato se stessa per accogliere al meglio la Vita.

Numerosi sono stati gli eretici di questa nuova forma di religione scientifica che io chiamo Scientismo; tra essi va, ad esempio, ricordato  il matematico italiano Luigi Fantappiè.

Egli provò a far accettare il paradosso dell’intelligenza della natura, mostrando come dalle equazioni di Einstein, veniva fuori in maniera palese qualcosa che poteva essere spiegato solo ammettendo che esistono fenomeni nei quali vi è una inversione del principio di causa-effetto: ovvero fenomeni nei quali gli effetti registrati oggi hanno una causa che non è ancora apparsa e  che potremo osservare solo in futuro.

Questa, pur intigante teoria ci pare, in fondo,  un modo elegante per presupporre una intelligenza in natura pur senza menzionarla.

Il pensiero frutto dell’intelligenza è, infatti, quel meccanismo  in grado di prefissarsi un fine e di ideare un progetto  per conseguirlo, in questo senso l’intelligenza disegna in una sorta di mondo virtuale, quello del pensiero, un futuro che non esiste ancora e che diviene la causa stessa delle nostre azioni.

Per dirla in altre parole osservando dall’esterno le azioni di un uomo non possiamo sapere cosa stà pensando, ma possiamo solo registrare le sue azioni.

Quelle azioni possono essere viste come l’effetto di una causa che non è l’obiettivo che l’uomo si è posto, ma il suo avere riflettuto ed elaborato un piano per raggiungerlo e avere, poi, compiuto le azioni necessarie per realizzarlo.

Sarebbe come ritenere che i nostri obiettivi si realizzano autonomamente nel modo giusto e funzionale, solo pensando di averli già raggiunti (seppure c’è chi pensa che ciò sia possibile senza alcuno sforzo)!

Ancora una volta il paradosso nasce nel non volere ammettere che alcune cose in natura, sono legate ad un processo “intelligente” e che quelle stesse cose sono, tutte insieme, associate al processo della Vita.

Ecco perché qualunque ricercatore abbia operato e studiato, anche se in modo massimamente rigoroso, i fenomeni paradossali dell’auto-organizzazione in  natura, è stato dapprima guardato con sospetto e poi messo ai margini senza mai lanciare una vera e propria scomunica.

Si pensi, ad esempio, al caso dei fenomeni auto-organizzativi e dinamici nell’acqua e agli studi di Giuliano Preparata e di Emilio Del Giudice  insieme a tutti gli studi sulla cosiddetta “Memoria dell’Acqua”.

Anche in questa scelta del termine si ci è guardati bene dall’inserire la parola “intelligenza”.

Eppure esistono branche della Scienza che non solo hanno studiato i fenomeni auto-organizzativi ed evolutivi prodotti dall’intelligenza, ma hanno, con successo, costruito e sperimentato modelli intelligenti: si pensi, ad esempio, alle reti neurali di John Hopfield.

reti neurali di John Hopfield
reti neurali di John Hopfield

Questi modelli matematici  emulano il funzionamento dei neuroni del cervello e consentono di realizzare sistemi in grado di apprendere attraverso l’esperienza e migliorare la qualità della loro conoscenza e rappresentazione interna del mondo.

Ma lo Scientismo e i moderni tribunali dell’inquisizione scientifica dei valutatori cui è affidato il giudizio sugli articoli sottoposti a pubblicazione (il cosiddetto peer-review), non ha bloccato e non potrà mai bloccare del tutto la Scienza.

Giorno per giorno, e a ritmo sempre più rapido, si aprono falle enormi nel postulato della non esistenza dei fenomeni “intelligenti” a fondamento della Natura e si rende sempre più evidente la necessità di un “cambio di paradigma”.

Siamo, a mio avviso, giunti al punto di “non ritorno” grazie all’elaborazione delle teorie che vanno, prudenzialmente, sotto il nome di Teorie della Complessità.

Tra queste teorie la più interessante è, nuovamente frutto di un’intelligenza tutta italiana, quella del fisico Giorgio Parisi: la teoria dei Vetri di Spin.

Con questo nome esotico viene indicato un particolare modello matematico che si occupa della descrizione di sistemi naturali che si comportano come una sorta di materiale vetroso.

In questi particolari sistemi fisici, la materia tende progressivamente ad accumulare informazione e a trasformarla in forme di auto-organizzazione delle strutture interne.

É’ un fenomeno intelligente, direte? 
Certo, purtroppo non sperate di trovare questo termine nei lavori di Parisi.

Il modello a Vetri di Spin, che nasce proprio per descrivere il comportamento dei cosiddetti “sistemi complessi” in natura, è la estensione di un altro modello matematico, quello di Ising, a sua volta estensione del già menzionato Modello di Hopfield e, dunque, per la proprietà transitiva, è un modello che descrive i processi “Intelligenti” anche se non li si chiama mai con questo termine.

Siamo, a questo punto, giunti alle soglie del secondo grande postulato e paradosso da  sempre legato all’idea illogica e scientista che in Natura non esiste un’intelligenza nascosta: 
la non esistenza dell’Etere.

Mi direte: e adesso cosa c’entra l’Etere?

Ebbene l’Etere è tutto ciò che resta quando abbiamo tolto tutto ciò che esiste, ovvero l’Etere è quella “sostanza” che riempie il Vuoto.

 Ora, se ipotizziamo che esiste qualcosa di intelligente nell’Universo è naturale dedurre che questa “sostanza” deve riempirlo tutto sin dall’origine quando non esisteva ancora nulla e, quindi, questa sostanza non può che essere il Vuoto stesso ed il ”tessuto” che lo compone.

Ebbene, secondo la scienza ufficiale, l’Etere non esiste.

Quest’altra grande ed antiscientifica decisione unilaterale si deve al più blasonato genio del ventesimo secolo: Albert Enistein e al famoso esperimento di Michelson e Morley.

Purtroppo la non esistenza dell’Etere, seppure è un dogma  sostenuto con più assoluta intransigenza dallo scientismo, è anche una di quelle verità di fede che non hanno mai smesso di risultare indigeste ai fisici più “sagaci”.

Molti di essi,  rischiando l’accusa di eresia e il rogo mediatico, non solo hanno notato che Einstein fece uscire l’etere dalla porta per farlo rientrare dalla finestra con il nome di “spazio-tempo”, ma hanno avuto la sfrontatezza di riprendere gli studi e osservare che l’esperimento di Michelson-Morley, che ne sancì definitivamente la morte, non era poi così “preciso” e inappellabile come si è sempre sostenuto.

Ma perché è così importante che l’Etere non esista?

Ovviamente perché senza l’etere viene a mancare quel substrato comune a tutto ciò che esiste nel quale potrebbe risiedere proprio quell’intelligenza nei processi naturali che è alla base della Vita e che lo Scientismo intende negare con fermezza.

Ancora una volta, e molto di recente, due italiani, i fisici Stefano  Liberati e Luca Maccione, hanno rotto le uova nel paniere dimostrando, dati alla mano, che quello che Einstein chiamava spazio-tempo potrebbe essere un fluido particolare, seppure a viscosità quasi nulla: un “superfluido”.

Qualunque sia la viscosità di questo fluido, seppure piccolissima, la sua esistenza ci dice che anche il Vuoto, non è vuoto ma è pieno di “qualcosa”.

Facciamo, ora, una digressione che ci avvicina alla conclusione della nostra analisi.

Uno dei risutati più interessanti degli studi di Parisi è che le strutture e i fluidi hanno un comportamentlo magnetico, o più precisamente polare, in pratica le strutture fluide che sono fatte di molecole che si comportano come microscopici magneti, possono essere descritte con modello a Vetri di Spin e, di conseguenza, sono “Intelligenti”.

Ci  viene subito in mente l’acqua.

L’acqua è, notoriamente, fatta di molecole composte da due atomi di idrogeno ed una di ossigeno, che formano dei minuscoli triangoli (con un angolo di 105 gradi circa) e che si comportano come piccolissimi magneti. E’ proprio questo magnetismo che da un lato “tiene insieme” l’acqua ma dall’altro la qualifica come un fluido polare.

La  natura polare dell’acqua come fluido, consente di applicare ad essa il modello a  Vetri di Spin e, automaticamente, affermare che l’acqua è una “struttura intelligente” in grado non solo di immagazzinare informazione (memoria dell’acqua) ma anche di elaborarla!

Ecco, in maniera incontrovertibile e logica, spiegata la natura intelligente dei cluster dell’acqua scoperti da Emilio del Giudice e Giuliano Preparata andando ben al di là del presupposto fenomeno quantistico che dovrebbe garantire il meccanismo di memoria.

E allora cosa manca all’individuazione della “intelligenza” che sottende alla Vita e che esiste ovunque nell’Universo?

Mancano da un lato, ulteriori conferme alla scoperta di Liberati e Maccione, ovvero che l’Etere esiste e si comporta come un fluido a bassissima viscosità,  dall’altro occorre dimostrare che esso è è un fluido “polare”, ovvero che nella parte più intima e ultra-microscopica della sua struttura, l’Etere, o se preferite il Vuoto, è tenuto insieme da forze “magnetiche” simili a quelle presenti nelle molecole d’acqua.

Ebbene l’elettrodinamica quantistica prevede l’esistenza di una “polarizzazione” del vuoto associata alla creazione temporanea di coppie particella-antiparticella, fenomeno che è stato osservato anche sperimentalmente già nel 1947 e in varie sperimentazioni successive fino all’ultima effettuata con l’acceleratore TRISTAN in Giappone nel 1997. Purtroppo il fenomeno, in quanto temporaneo, non possiede l’attesa caratteristica strutturale che confermerebbe la natura “Intelligente” del vuoto.

Esistono, però, numerosi altri studi teorici che propongono una distribuzione assai più vasta ed importante del fenomeno di polarizzazione del vuoto come, ad esempio, il modello fluidodinamico polare proposto nel 2011 dal fisico Slavkov Hajdukovic che affianca all’esistenza di un vuoto contenente coppie particella-antiparticella, la contemporanea creazione di dipoli gravitazionali in grado di spiegare la materia oscura. In questo senso, ricordando che la materia oscura occupa il 90% della materia che compone l’Universo, avremmo qualcosa di molto più vicino alla nostra ipotesi, ovvero che la natura intima dell’Universo è polare ed intelligente.

La fisica di dio.
In questa direzione ci piace ricordare, oltre la teoria da noi proposta nel testo “La Fisica di Dio” per UNO Editori,  il modello teorico completo avanzato nel 2014 dal fisico Carlo A. Trugenberger, che propone un universo quadridimensionale basato su un tessuto di interconnessione nel vuoto di tipo neurale.

Dulcis in fundo, vogliamo segnalare che nel 2000 i fisici Perus e Key dimostrarono che l’Equazione di Shroedinger che è alla base della quantistica, scritta adoperando il formalismo del cosiddetto Propagatore di Feyman, prende una forma matematica identica a quella delle reti neurali di Hopfield, detto grossolanamente anche nella più importante delle equazioni della propagazione quantistica c’è il segno inequivocabile di un meccanismo intelligente.

In conclusione comunque la pensino gli scientisti e gli atei, siamo davvero a un passo dalla dimostrazione dell’esistenza di Dio e dalla scoperta delle equazioni che governano l’intelligenza dell’Universo e che sono alla base della Vita: il modello a reti neurali di John Hopfield, o se preferite il modello a Vetri di Spin di Giorgio Parisi.

Dal Vuoto come fluido neurale, all’Anima e alla sua permanenza dopo la morte, fino alla reincarnazione passando attraverso i fenomeni che in modo dispregiativo si insiste a chiamare paranormali il passo è davvero breve, ma questa è materia che ci porterebbe fuori dai limiti di questo lavoro.

Sabato Scala
sabato
Sabato Scala è Ingegnere elettronico e ricercatore indipendente ha elaborato e sperimentato nuove teorie e modelli matematici nei campi della Fisica dell’Elettromagnetismo, delle Teorie dell’Unificazione, dei modelli di simulazione neurale. In quest’ultimo ambito ha condotto ricerche e proposto una personale teoria dei processi cognitivi e immaginativi suggerendo, sulla base della teoria di Fisico tedesco Burkhard Heim e del paradigma olografico, la possibilità di adozione del suo nuovo modello neurale per la rappresentazione di qualunque processo fisico classico o quantistico. Negli ultimi anni, ha approfondito il fenomeno della coscienza (individuale e collettiva) e il relativo legame con la meccanica quantistica riprendendo il lavoro pionieristico di Carl Gustav Jung e Wolfgang Pauli sulla base dei nuovi modelli da lui proposti, giungendo alla elaborazione di una vera e propria scienza del simbolo e degli archetipi collettivi. Ha, altresì, compiuto ricerche innovative nell’ambito storico-umanistico, interessandosi ai movimenti iniziatici del cristianesimo primitivo. Ha all’attivo numerose pubblicazioni scientifiche e a carattere divulgativo e svolge un’intensa attività di conferenziere in Italia e all’estero. Autore del libro “La Fisica di Dio“ e del “Manuale Scientifico per l’Interpretazione dei Sogni e dei Simboli” per Infinito Editori di Torino.


La scienza è a un passo dalla scoperta di Dio 2

http://www.altrogiornale.org/la-scienza-e-a-un-passo-dalla-scoperta-di-dio/





domenica 13 maggio 2012

Letteratura e scienze della mente.



Letteratura e scienze della mente

Le forme della natura sono forme umane. 
È nel nostro cervello che si formano i triangoli, gli orditi e le ramature
Noi li riconosciamo, li apprezziamo; ci viviamo in mezzo. In mezzo alle nostre creazioni, creazioni umane, comunicabili all’uomo, noi ci sviluppiamo e moriamo. In mezzo allo spazio, allo spazio umano, noi creiamo misure; tramite tali misure noi creiamo lo spazio, lo spazio tra i nostri strumenti. L’uomo poco istruito è terrorizzato dall’idea dello spazio; egli se lo figura immenso, notturno e vorace. Egli immagina gli esseri sotto la forma elementare di una sfera, isolata nello spazio, raggomitolata nello spazio, schiacciata dall’eterna presenza delle tre dimensioni. Terrorizzati dall’idea dello spazio, gli esseri umani si raggomitolano; hanno freddo, hanno paura. Nel migliore dei casi essi attraversano lo spazio, essi si salutano con tristezza in mezzo allo spazio. Eppure tale spazio è in loro stessi, non si tratta d’altro che della loro stessa creazione mentale.
Michel Houellebecq, Le particelle elementari


1. Le particelle elementari della critica

Appena prima di scoccare, nel 1899, il secolo del sottosuolo porta la metafora della leggibilità in un territorio refrattario alla grammaticalizzazione: l’inconscio, che Sigmund Freud conquista alle pratiche dell’interpretazione. In assenza di un correlato organico e fisiologico al quale ricondurre, per situarle, le teorie psicoanalitiche, Freud colloca i sistemi psichici nello spazio del linguaggio figurato. I sogni sono una mediazione (un medium), qualcosa che sta al posto di una conoscenza diretta: una scrittura.

L’apparato psichico manifesta una sua inclinazione concettuale ad aderire alla, e a manifestarsi nella, forma scritta. Il sogno è un testo che l’analista tenta, filologicamente, di ricostruire. Il resoconto dei casi clinici diventa un romanzo analitico che adotta il potenziale cognitivo dei processi narrativi: la struttura del racconto non è soltanto un modello organizzativo dei materiali, è un dispositivo interpretativo. Del resto la leggibilità dell’inconscio deriva dal suo disporsi come un linguaggio, e solo in quanto mostra il funzionamento della grammatica dell’inconscio la psicologia freudiana diventa uno strumento della pratica ermeneutica.

Introducendo la sua teoria freudiana della letteratura Francesco Orlando indica ne Il motto di spirito e il suo rapporto con l’inconscio, pubblicato da Freud nel 1905, il “luogo di massima approssimazione [...] al problema del rapporto fra inconscio e letteratura”: il motto di spirito, in quanto manifestazione dell’inconscio “cosciente, volontaria e socialmente istituzionale”, è un analogo della letteratura, e Freud può analizzarlo come traccia testuale sottratta alle interferenze della psicologia e della biografia dell’autore, alle quali invece ricorre, rendendoli pressoché inservibili per una sistemazione teorica, nei suoi saggi sull’arte e sulla letteratura.

La tecnica di cifratura attraverso la quale la lingua dell’inconscio, proteggendo la tendenza eversiva dall’azione della repressione, si rende decifrabile, trasferisce il fronte della leggibilità nelle profondità della coscienza individuale, indicando alla critica una possibile estensione e un potenziamento della “interpretabilità”. “Freud”, ha scritto Lavagetto, “esporta dalla psicoanalisi allo studio del testo non solo l’indicazione perentoria di un retroscena, ma anche una tecnica, un metodo per raggiungerlo e portarlo alla luce”.

La comprensibilità dell’esistenza inconscia, la possibilità di decifrare una dimensione interna dell’uomo, una profondità psichica contigua alle profondità biologiche, la prospettiva di testualizzazione delle emergenze del bios, è un complesso di fenomeni parallelo e omologo ai carotaggi operati dalla fisica moderna nel mondo subatomico: un salto dimensionale che non è solo una miniaturizzazione del “formato” di lettura, ma una riformulazione integrale dell’esperienza del mondo. La teoria dei quanti rivela nel libro della natura delle discontinuità che introducono a una visione discreta dell’universo.


La compattezza del reale diventa un fatto statistico
a livello molecolare dominano l’incertezza e la casualità. 
I fisici, spiega Erwin Schrödinger, utilizzano un corpo leggero sospeso a un filo per misurare deboli forze elettriche, magnetiche o gravitazionali, che tendono ad allontanarlo dal suo punto di equilibrio. L’applicazione di queste forze porta il corpo a ruotare attorno alla propria verticale. Per migliorare la precisione dello strumento si utilizzano corpi sempre piú piccoli legati a fili sempre piú lunghi e sottili, rendendo la bilancia di torsione sensibile a forze sempre piú deboli: “il limite fu raggiunto quando il corpuscolo appeso divenne sensibile agli urti dovuti ai moti di agitazione termica delle molecole circostanti e cominciò a eseguire, attorno alla sua posizione di equilibrio, una incessante e irregolare danza”.

La scrittura del Novecento scompone le strutture della realtà in particelle, osserva la danza delle molecole attorno al punto di equilibrio, disconosce le leggi statistiche generali che assicurano la consistenza del mondo. Con la complicità della critica: che non è piú in grado, oppure consapevolmente rifiuta, di formulare leggi universali e “statisticamente” attendibili, e sceglie di seguire le particelle nella loro danza. O meglio: partecipa alla danza, dal momento che non esiste procedimento conoscitivo che, progredendo nella materia, non la modifichi, non interferisca, deformandoli, con i processi che intende comprendere.

Don Ciccio Ingravallo, insieme al fedele brigadiere Pestalozzi, si ingarbuglia nello gliommero che ha il compito di districare, non perché il giallo gaddiano non abbia soluzione, ma perché la vicenda è mossa da una molteplicità multiforme di fenomeni simultanei, che interconnette nel pasticciaccio un coro di responsabilità individuali, testimoni oculari (ma soprattutto vocali) che intervengono nella storia e, come il ricercatore/osservatore, dicendola la deformano.

Lo ha dimostrato Gabriele Frasca, e proprio mettendo a sistema Gadda “con Freud e Schrödinger”, ovvero appunto con i due paradigmi conoscitivi che, all’inizio del Novecento, hanno esteso la leggibilità a fenomeni non immediatamente percepibili dai sensi ordinari: le onde elettromagnetiche, i sogni, la materia subatomica. Nel romanzo gaddiano si agita una ridda di accoppiamenti giudiziosi e di correlazioni fantasma, con coppie e serie binarie che scorrono parallele e, allo stesso tempo, interferiscono a distanza proprio come fanno le particelle subatomiche secondo l’intuizione di Schrödinger, che sviluppa il paradosso della non separabilità quantistica di Einstein, Podolsky e Rosen: se due particelle interagiscono una volta, continuano a mostrare per sempre un certo grado di correlazione reciproca, indipendentemente da ogni nesso causale.

La parola che Schröndinger sceglie per tradurre i fenomeni descritti dalla sua equazione, entanglement, rima perfettamente, secondo una corrispondenza lessicale precisa, con il groviglio, o garbuglio o gomitolo (ma anche: pasticcio), che è l’immagine cui don Ciccio affida la sintesi della propria fisica dell’esistenza. La scrittura di Gadda è sintomatica di una modalità di percezione e descrizione dell’universo che modifica in profondità, e a tutte le latitudini culturali, le strutture letterarie: il paradigma narrativo, in particolare, viene travolto dal principio di indeterminazione.

Le trame e i personaggi sono in balía della danza delle particelle: cosí Giacomo Debenedetti spiega il prodursi di eventi probabilistici, e mai prevedibili secondo un principio causale, nei romanzi di Moravia e di Pasternak. La tendenza è evidente anche ad Auerbach, quando afferma che nel romanzo moderno, anziché il racconto dei grandi destini esteriori, delle macroscopiche svolte individuali e collettive, si predilige il racconto di eventi minimi, nella convinzione che “un qualunque fatto della vita scelto casualmente contenga in ogni momento e possa rappresentare la somma dei destini”.


La consapevolezza della consistenza probabilistica della realtà riverbera sulla critica, e su quelle opere di “filologia moderna”, incluso naturalmente il monumentale campionamento auerbachiano, nelle quali l’analisi di frammenti e fatti stilisitici puntuali, molecolari, mostra, attraverso una catena di correlazioni fantasma, il significato di intere opere, o serie di opere, e perfino di intere epoche letterarie. L’entanglement che tiene insieme tutti i “fatti” culturali rende possibile per Auerbach concepire una Filologia della letteratura mondiale.

Ma l’intuizione di una coimplicazione costante tra il livello subatomico e quello sistemico consente anche di estendere e complicare l’eredità auerbachiana piú discussa, quella relativa al concetto di “realismo”. Le nuove descrizioni delle strutture cognitive dell’uomo impongono, come scrive Alberto Casadei, di concepire il realismo non come tecnica mimetica superficiale ma come esplorazione del livello di realtà nel quale “il versante interiore dell’individuo e quello esterno delle res e degli altri sono in simbiosi attraverso la perenne mediazione del nucleo corpo-mente”.

La leggibilità del mondo, impossibile a occhio nudo, si trasferisce nella dimensione cellulare, laddove la fisica si converte in biologia, e scopre un livello di realtà che contiene in potenza l’intero svolgimento della creazione. Pochissimi atomi sono portatori del testo completo del codice genetico, che custodisce allo stesso tempo la storia dell’organismo e le istruzioni per il suo funzionamento.

La riproduzione è un processo di copiatura, e la genetica è una sorta di grammatica della biologia. Il lettore ed esecutore del codice genetico è interno alla cellula stessa, è una molecola deputata, è un microscopico copista i cui refusi e tradimenti sono il germe della differenziazione. Ciò che passa da una cellula all’altra, ciò che viene duplicato, non è materia: è informazione, scrittura. La frontiera subatomica della leggibilità, la lettura “genetica” del codice della vita, il funzionamento nucleare della creatività, impongono un salto di scala, un cambio di paradigma, che sposti all’interno, dentro i processi creativi, dove bios logos sono ancora indistinti, l’osservatorio dell’interpretazione.

Lungo questa linea di approfondimento anche il discorso freudiano trova una radicalizzazione “materialistica”, attraverso una situazione della mappatura psichica delineata da Freud nelle strutture cognitive e neurologiche: il funzionamento della mente, e quindi le sue facoltà creative, possono essere indagate a un livello piú profondo, piú radicato nelle configurazioni primarie della coscienza. Come ha mostrato il premio Nobel per la medicina Eric Kandel, approccio psicoanalitico e approccio neuroscientifico compongono un continuum, una disciplina unica in grado di descrivere i movimenti della vita psichica, le formazioni della coscienza, i meccanismi della comprensione, e quindi i fondamenti cognitivi della creatività.

Sempre nel punto di contatto tra interno ed esterno, tra fisiologia della mente e condizionamenti culturali, tra bios logos, e operando una sintesi complessa tra lo studio miscroscopico della dimensione nucleare, nella quale si muovono le particelle della cognizione, e la rappresentazione olistica dei fenomeni cognitivi. Il rapporto tra acquisizioni fisiologiche delle scienze della mente e studio dei fenomeni cognitivi complessi, come l’arte, pone un problema analogo a quello cui si trova davanti la fisica moderna, ovvero conciliare la teoria della relatività generale e la meccanica quantistica, il livello subatomico e il livello stellare e galattico, le microparticelle costitutive della materia e le grandi distese dell’universo.


Testi citati
Eric Auerbach, Mimesis. Il realismo nella letteratura occidentale, Einaudi, Torino, 1956.
Giacomo Debenedetti, Il romanzo del Novecento, Garzanti, Milano, 1998.
Gabriele Frasca, Un quanto di erotia. Gadda con Freud e Schrödinger, Edizioni d’if, Napoli, 2011.
Eric R. Kandel, Psichiatria, psicoanalisi e nuova biologia della mente, Cortina, Milano, 2007.
Mario Lavagetto, Freud, la letteratura e altro, Einaudi, Torino, 1985.
Francesco Orlando, Per una teoria freudiana della letteratura, Einaudi, Torino, 1992.
Erwin Schrödinger, Che cos’è la vita? La cellula vivente dal punto di vista fisico, Adelphi, Milano, 1995.


http://www.doppiozero.com/materiali/bioslogos/letteratura-e-scienze-della-mente

venerdì 6 gennaio 2012

Paul Dirac. "dal 1920, la teoria quantorelativistica di Paul Dirac, ampiamente confermata dai fatti (tra cui la previsione del positrone e la giustificazione dello spin elettronico) mostra una interessante caratteristica del vuoto. Il "vuoto", o "Niente", o "Nulla" è quantorelativisticamente instabile, non può permanere quale tale, ed è costretto a generare massenergia (vedasi l'ultimo capitolo del "paul adrien maurice dirac, principles of quantum mechanics, ed it: boringhieri"). Date tali premesse, il vuoto quanto relativistico può essere identificato, da chi lo desideri, con: "il creatore" (non sembra poi così tanto diverso dal "braman" del vedanta)."




"Sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente una con l'altra indipendentemente dalla distanza che le separa, sia che si tratti di 10 metri o di 10 miliardi di chilometri. Come se ogni singola particella sappia esattamente cosa stiano facendo tutte le altre.
Per Bohm il motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto indipendentemente dalla distanza che le separa risiede nel fatto che la loro separazione è un'illusione. Era infatti convinto che, ad un livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali, ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale. Bohm semplificava con un esempio: immaginate un acquario contenente un pesce. Immaginate che l'acquario non sia visibile direttamente, ma solo attraverso due telecamere, una posizionata frontalmente e l'altra lateralmente rispetto all'acquario.
Guardando i due monitor televisivi possiamo pensare che i pesci siano due entità separate, la differente posizione delle telecamere ci darà infatti due immagini lievemente diverse. Ma, continuando ad osservare i due pesci, alla fine ci accorgeremo che vi è un certo legame tra loro: quando uno si gira, anche l'altro si girerà; quando uno guarda di fronte a sé, l'altro guarderà lateralmente. Essendo all'oscuro dello scopo reale dell'esperimento, potremmo credere che i due pesci comunichino tra loro, istantaneamente e misteriosamente".


Il sistema fisico in cui siamo immersi non si manifesta a tutti nello stesso modo, ma in rapporto al grado di conoscenza che si ha di esso. Siamo inseriti in un contesto totalmente virtuale e la realtà non può che apparirci nel modo in cui crediamo che sia.
David Bohm



"Il fisico nucleare David Bohm ha detto che un elettrone non è un'entità a sè stante ma è fatto di tutti gli altri elettroni. Questa è una manifestazione della natura di "paratantra", la natura dell'inter-essere: non ci sono entità separate, ci sono solo manifestazioni che per poter esistere si basano le une sulle altre."


"Quasi tutti conoscono gli ologrammi, immagini tridimensionali proiettate nello spazio per mezzo di un laser.
Ora, due grandi scienziati - David Böhm, fisico quantistico presso la University of London e Karl Pribram, neurofisiologo di Stanford, uno degli artefici della nostra attuale concezione del cervello suppongono che l'universo stesso sia organizzato come un ologramma, in cui ogni parte contiene il tutto.
Questo nuovo modo di considerare l'universo dovrebbe chiarire non solo molti degli enigmi insoluti della fisica, ma anche quegli accadimenti misteriosi come la telepatia, le esperienze extracorporee e di premorte, i sogni "lucidi", e perfino le esperienze religiose e mistiche di unità cosmica e le guarigioni miracolose.
La realtà è molto diversa da come oggi viene vista e immaginata. Deve esistere una spiegazione di fondo delle capacità paranormali della mente umana della sua influenza continua sul mondo corporeo e fisico.
La fisica quantistica e la neurofisiologia stanno elaborando un nuovo paradigma di interpretazione della realtà basato sull’ologramma l’immagine tridimensionale in cui ogni parte contiene il tutto".







"dal 1920, la teoria quantorelativistica di Paul Dirac, ampiamente confermata dai fatti (tra cui la previsione del positrone e la giustificazione dello spin elettronico) mostra una interessante caratteristica del vuoto. Il "vuoto", o "Niente", o "Nulla" è quantorelativisticamente instabile, non può permanere quale tale, ed è costretto a generare massenergia (vedasi l'ultimo capitolo del "paul adrien maurice dirac, principles of quantum mechanics, ed it: boringhieri").
Date tali premesse, il vuoto quantorelativistico può essere identificato, da chi lo desideri, con: "il creatore" (non sembra poi così tanto diverso dal "braman" del vedanta)."




Lei disse: "Dimmi qualcosa di bello"
Lui rispose: "(à+m) v=0"

L'equazione sopra è quella di Dirac ed è la più bella equazione conosciuta della fisica
Grazie a questa si descrive il fenomeno dell'entanglement quantistico, che in pratica afferma che: 
"Se due sistemi interagiscono tra loro per un certo periodo di tempo e poi vengono separati, non possiamo più descriverli come due sistemi distinti, ma in qualche modo sottile diventano un unico sistema. Quello che accade a uno di loro continua ad influenzare l'altro, anche se distanti chilometri o anni luce".

Insomma: "Ti amo": questa cosa che mi costituisce ora, mi costituirà per sempre, al di là delle scelte del tempo.
Lo psicodramma dell’essere


Richard Feynman nasce l'11 maggio 1918 a Far Rockway, vicino a New York. E' stato premio Nobel per la fisica nel 1965 a riconoscimento dei suoi contributi nel campo dell'elettrodinamica quantistica.

http://www.youtube.com/watch?v=eGcr_5pAVO8


Non è che il mondo delle apparenze sia falso; non è che non ci siano oggetti là fuori, ad un certo livello di realtà. E' che se penetrate in esso e guardate l'universo attraverso un sistema olografico, voi arriverete ad una realtà diversa. E quest'altra realtà può spiegare cose che finora sono rimaste inspiegabili scientificamente: i fenomeni paranormali, le sincronicità, l'apparente coincidenza degli eventi.
Karl Pribram




LA REALTÀ È UN OLOGRAMMA DOVE PASSATO, PRESENTE E FUTURO COESISTONO SIMULTANEAMENTE

Nel 1982 un’équipe di ricerca dell’Università di Parigi, diretta dal fisico ALAIN ASPECT, HA CONDOTTO QUELLO CHE POTREBBE RIVELARSI IL PIÙ IMPORTANTE ESPERIMENTO DEL XX SECOLO. Aspect e il suo team hanno, infatti, SCOPERTO CHE ALCUNE PARTICELLE SUBATOMICHE, COME GLI ELETTRONI, IN DETERMINATE CONDIZIONI SONO CAPACI DI COMUNICARE ISTANTANEAMENTE UNA CON L’ALTRA INDIPENDENTEMENTE DALLA DISTANZA CHE LE SEPARA, SIA CHE SI TRATTI DI 10 METRI O DI 10 MILIARDI DI CHILOMETRI, COME SE OGNI SINGOLA PARTICELLA SAPESSE ESATTAMENTE COSA STIANO FACENDO TUTTE LE ALTRE. Questo fenomeno può essere spiegato solo in due modi: O LA TEORIA DI EINSTEIN, CHE ESCLUDE LA POSSIBILITÀ DI COMUNICAZIONI PIÙ VELOCI DELLA LUCE, È DA CONSIDERARSI ERRATA, OPPURE LE PARTICELLE SUBATOMICHE SONO CONNESSE NON-LOCALMENTE.
Poiché LA MAGGIOR PARTE DEI FISICI NEGA LA POSSIBILITÀ DI FENOMENI CHE OLTREPASSINO LA VELOCITÀ DELLA LUCE, l’ipotesi più accreditata è CHE L’ESPERIMENTO DI ASPECT SIA LA PROVA CHE IL LEGAME TRA LE PARTICELLE SUBATOMICHE SIA EFFETTIVAMENTE DI TIPO NON-LOCALE. DAVID BOHM, noto fisico dell’Università di Londra, recentemente scomparso, SOSTENEVA CHE LE SCOPERTE DI ASPECT IMPLICAVANO CHE LA REALTÀ OGGETTIVA NON ESISTE. NONOSTANTE LA SUA APPARENTE SOLIDITÀ, L’UNIVERSO È IN REALTÀ UN FANTASMA, UN OLOGRAMMA GIGANTESCO E SPLENDIDAMENTE DETTAGLIATO. UN OLOGRAMMA È UNA FOTOGRAFIA TRIDIMENSIONALE prodotta con l’aiuto di un laser che registra sulla lastra fotografica la figura di interferenza prodotta da due raggi laser.
Quando la pellicola viene sviluppata risulta visibile solo un intrico di linee chiare e scure ma, ILLUMINATA DA UN ALTRO RAGGIO LASER APPARE IL SOGGETTO ORIGINALE. La tridimensionalità di tali immagini non è l’unica caratteristica interessante degli ologrammi, difatti SE L’OLOGRAMMA DI UNA MELA VIENE TAGLIATO A METÀ E POI ILLUMINATO DA UN LASER, SI SCOPRIRÀ CHE CIASCUNA METÀ CONTIENE ANCORA L’INTERA IMMAGINE DELLA MELA. ANCHE CONTINUANDO A DIVIDERE LE DUE METÀ, VEDREMO CHE OGNI MINUSCOLO FRAMMENTO DI PELLICOLA CONTERRÀ SEMPRE UNA VERSIONE PIÙ PICCOLA, MA INTATTA, DELLA STESSA IMMAGINE. Diversamente dalle normali fotografie, OGNI PARTE DI UN OLOGRAMMA CONTIENE TUTTE LE INFORMAZIONI POSSEDUTE DALL’OLOGRAMMA INTEGRO. Questa caratteristica degli ologrammi ci fornisce una maniera totalmente nuova per COMPRENDERE CHE LA SEPARAZIONE È UN’ILLUSIONE. BOHM SI CONVINSE CHE IL MOTIVO PER CUI LE PARTICELLE SUBATOMICHE RESTANO IN CONTATTO, INDIPENDENTEMENTE DALLA DISTANZA CHE LE SEPARA, RISIEDE NEL FATTO CHE LA LORO SEPARAZIONE È UN’ILLUSIONE.
Secondo Bohm IL COMPORTAMENTO DELLE PARTICELLE SUBATOMICHE INDICA CHIARAMENTE CHE VI È UN LIVELLO DI REALTÀ DEL QUALE NON SIAMO MINIMAMENTE CONSAPEVOLI, UNA DIMENSIONE CHE OLTREPASSA LA NOSTRA.
SE LE PARTICELLE SUBATOMICHE CI APPAIONO SEPARATE È PERCHÉ SIAMO CAPACI DI VEDERE SOLO UNA PORZIONE DELLA LORO REALTÀ, ESSE NON SONO “PARTI” SEPARATE BENSÌ IMMAGINI DI UN’UNITÀ PIÙ PROFONDA che risulta essere altrettanto olografica e INDIVISIBILE quanto la nostra mela.
Poiché ogni oggetto della realtà fisica è costituito da queste “immagini”, ne consegue che L’UNIVERSO STESSO È UNA PROIEZIONE, UN OLOGRAMMA, LA MEMORIA COSMICA DI TUTTO CIÒ CHE È, SARÀ O SIA MAI STATO.
Oltre alla sua NATURA ILLUSORIA, questo universo avrebbe altre caratteristiche stupefacenti:
se LA SEPARAZIONE TRA LE PARTICELLE SUBATOMICHE È SOLO APPARENTE, ciò significa che, A UN LIVELLO PIÙ PROFONDO, TUTTE LE COSE SONO INFINITAMENTE COLLEGATE. GLI ELETTRONI DI UN ATOMO DI CARBONIO DEL CERVELLO UMANO SONO CONNESSI ALLE PARTICELLE SUBATOMICHE CHE COSTITUISCONO OGNI PESCE CHE NUOTA, OGNI CUORE CHE BATTE E OGNI STELLA CHE BRILLA NEL CIELO.
TUTTO COMPENETRA TUTTO. SEBBENE LA NATURA UMANA CERCHI DI CLASSIFICARE E SUDDIVIDERE I VARI FENOMENI DELL’UNIVERSO, OGNI SUDDIVISIONE RISULTA NECESSARIAMENTE ARTIFICIOSA E TUTTA LA NATURA NON È ALTRO CHE UN IMMENSO TESSUTO CONNETTIVO ININTERROTTO. In un UNIVERSO OLOGRAFICO PERSINO IL TEMPO E LO SPAZIO NON SAREBBERO PIÙ DEI PRINCIPI FONDAMENTALI. Al suo livello più profondo LA REALTÀ NON È ALTRO CHE UNA SORTA DI SUPEROLOGRAMMA DOVE IL PASSATO, IL PRESENTE ED IL FUTURO COESISTONO SIMULTANEAMENTE; questo implica che, AVENDO GLI STRUMENTI APPROPRIATI, UN GIORNO POTREMMO SPINGERCI ENTRO QUEL LIVELLO DELLA REALTÀ E COMUNICARE OLTRE IL TEMPO E LO SPAZIO.
IL SUPEROLOGRAMMA CONTIENE OGNI SINGOLA PARTICELLA SUBATOMICA CHE SIA, CHE SIA STATA E CHE SARÀ, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di MAGAZZINO COSMICO DI TUTTO CIÒ CHE ESISTE. ANCHE IL CERVELLO È UN OLOGRAMMA. Partendo da questo presupposto si deduce che TUTTE LE MANIFESTAZIONI DELLA VITA PROVENGONO DA UN’UNICA FONTE CHE INCLUDE OGNI ATOMO DELL’UNIVERSO.
DALLE PARTICELLE SUBATOMICHE ALLE GALASSIE GIGANTI, TUTTO È ALLO STESSO TEMPO PARTE INFINITESIMALE E TOTALITÀ DI “TUTTO”. Anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell’università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni ’20, avevano dimostrato CHE I RICORDI NON RISULTANO CONFINATI IN DETERMINATE ZONE DEL CERVELLO. IL DOTTOR PRIBRAM RITIENE CHE I RICORDI NON SIANO IMMAGAZZINATI NEI NEURONI O IN PICCOLI GRUPPI DI NEURONI, MA NEGLI SCHEMI DEGLI IMPULSI NERVOSI CHE SI INTERSECANO ATTRAVERSO TUTTO IL CERVELLO, PROPRIO COME GLI SCHEMI DEI RAGGI LASER CHE SI INTERSECANO SU TUTTA L’AREA DEL FRAMMENTO DI PELLICOLA CHE CONTIENE L’IMMAGINE OLOGRAFICA.
Quindi IL CERVELLO STESSO FUNZIONA COME UN OLOGRAMMA e LA TEORIA DI PRIBRAM SPIEGHEREBBE ANCHE IN CHE MODO QUESTO ORGANO RIESCA A CONTENERE UNA TALE QUANTITÀ DI RICORDI IN UNO SPAZIO COSÌ LIMITATO. È stato calcolato che IL CERVELLO DELLA NOSTRA SPECIE HA LA CAPACITÀ DI IMMAGAZZINARE CIRCA 10 MILIARDI DI INFORMAZIONI, DURANTE LA DURATA MEDIA DELLA VITA, e si è scoperto che anche GLI OLOGRAMMI POSSIEDONO UNA SORPRENDENTE CAPACITÀ DI MEMORIZZAZIONE, infatti semplicemente cambiando l’angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio, riuscendo anche a correlare idee e decodificare frequenze di ogni tipo. Anche LA NOSTRA STUPEFACENTE CAPACITÀ DI RECUPERARE VELOCEMENTE UNA QUALSIVOGLIA INFORMAZIONE DALL’ENORME MAGAZZINO DEL NOSTRO CERVELLO RISULTA SPIEGABILE PIÙ FACILMENTE SE SI SUPPONE CHE ESSO FUNZIONI SECONDO PRINCIPI OLOGRAFICI. Perciò LA CONCRETEZZA DEL MONDO NON È ALTRO CHE UNA REALTÀ SECONDARIA E CIÒ CHE ESISTE È SOLO UN INSIEME OLOGRAFICO DI FREQUENZE CHE IL CERVELLO (OLOGRAMMA ANCH’ESSO) SELEZIONA TRASFORMANDOLE IN PERCEZIONI SENSORIALI. COME VIENE SOSTENUTO DALLE RELIGIONI E DALLE FILOSOFIE ORIENTALI, IL MONDO MATERIALE È UN’ILLUSIONE.

NOI STESSI PENSIAMO DI ESSERE DELLE ENTITÀ FISICHE CHE SI MUOVONO IN UN MONDO FISICO, MA TUTTO QUESTO FA PARTE DEL CAMPO DELLA PURA ILLUSIONE. In realtà SIAMO DEI RICEVITORI CHE GALLEGGIANO IN UN INFINITO MARE DI FREQUENZE E CIÒ CHE PERCEPISCE LA NOSTRA COSCIENZA VIENE TRASFORMATO IN REALTÀ FISICA.
LA MENTE È DUNQUE PARTE DI UN CONTINUUM, COLLEGATA NON SOLO A OGNI ALTRO ESSERE VIVENTE, MA ANCHE A OGNI ATOMO O PARTE DELLO SPAZIO E DEL TEMPO. Anche essere malati o sani dipende dunque dalla coscienza che crea in ogni attimo l’ILLUSORIA SENSAZIONE DI UN CERVELLO, DI UN CORPO O DEGLI OGGETTI CHE CI CIRCONDANO E CHE NOI INTERPRETIAMO COME FISICI.
Questo cambiamento nel modo di considerare le strutture biologiche ha spinto i ricercatori ad affermare che ANCHE LA MEDICINA E TUTTO CIÒ CHE SAPPIAMO DEL PROCESSO DI GUARIGIONE DEVE ESSERE VISTO IN MODO NUOVO. Infatti, SE L’APPARENTE STRUTTURA FISICA DEL CORPO NON È ALTRO CHE UNA PROIEZIONE OLOGRAFICA DELLA COSCIENZA, risulta chiaro che OGNUNO DI NOI È MOLTO PIÙ RESPONSABILE DELLA PROPRIA SALUTE DI QUANTO RICONOSCANO LE ATTUALI CONOSCENZE NEL CAMPO DELLA MEDICINA.
Quelle che noi ora consideriamo GUARIGIONI MIRACOLOSE SAREBBERO IN REALTÀ DOVUTE AD UN MUTAMENTO DELLO STATO DI COSCIENZA CHE PROVOCA DEI CAMBIAMENTI NELL’OLOGRAMMA CORPOREO. Allo stesso modo le tecniche di guarigione alternative che utilizzano visualizzazioni e trasmissioni di energia risultano efficaci perché NEL DOMINIO OLOGRAFICO DEL PENSIERO LE IMMAGINI SONO IN FONDO REALI QUANTO LA REALTÀ. IL MONDO CONCRETO È DUNQUE UNA TELA BIANCA CHE ATTENDE DI ESSERE DIPINTA DALLA COSCIENZA.
Cesare Dal Pont, fisico



Struttura dinamica ipotetica di universo 

pubblicata da Vincenzo Zamboni 
il giorno Mercoledì 10 ottobre 2012.

1) IMPIEGHEREMO QUI IL TERMINE "UNIVERSO" NELLA SUA ACCEZIONE ORIGINALE: "TUTTO". onde distinguerlo dal significato assunto ormai in cosmologia: "questo universo, distinto da altri possibili" (multiverso, teoria delle stringhe, aliud).
2) NELL'UNIVERSO OSSERVATO OGNI FENOMENO DERIVA QUALE EFFETTO DA CAUSE ED È CAUSA DI SUCCESSIVI EFFETTI. possiamo riassumere tale circostanza dicendo che "ogni x(n) è causato da x(n-1) e causa x(n+1)".
3) quale postulato arbitrario P1 POSSIAMO ASSUMERE CHE TALE SUCCESSIONE CAUSALE SIA ESTESA QUALE PROPRIETÀ COMUNE ANCHE AL NON OSSERVATO (ESTESO ALLO SPAZIO ED AL TEMPO). In tal caso, OTTENIAMO UNA SUCCESSIONE DI UNIVERSI: U(n) causato da U(n-1) e causa di U(n+1), che SI ESTENDE TEMPORALMENTE DA UN TEMPO SENZA INIZIO AD UN TEMPO SENZA FINE (da - inf a + inf).
4) COERENTEMENTE CON LA RELATIVITÀ, ACCOGLIAMO INFINITE DIREZIONI TEMPORALI.
5) con un secondo postulato arbitrario P2 IPOTIZZIAMO UN ENTE INCAUSATO y(0) che sia causa di x((0), primo elemento della successione x(k), ovvero un Y(0) causa del primo U(0) della successione di U(k). SI TRATTA DELL'ENTE "CREATORE".
6) ne deduciamo, finora, che L'UNIVERSO CAUSALE INCREATO RICHIEDE UN POSTULATO ARBITRARIO (l'estensione al non osservato della causazione osservata sull'osservato), MENTRE L'UNIVERSO CREATO RICHIEDE UN POSTULATO IN PIÙ. DA UN PUNTO DI VISTA MERAMENTE LOGICO, L'UNIVERSO NON CREATO È PIÙ ECONOMICO DI QUELLO CREATO.
7) dal 1920, la TEORIA QUANTORELATIVISTICA di Paul Dirac, ampiamente confermata dai fatti (tra cui la PREVISIONE DEL POSITRONE e la GIUSTIFICAZIONE DELLO SPIN ELETTRONICO) mostra una interessante CARATTERISTICA DEL VUOTO. IL "VUOTO", O "NIENTE", O "NULLA" È QUANTORELATIVISTICAMENTE INSTABILE, NON PUÒ PERMANERE QUALE TALE, ED È COSTRETTO A GENERARE MASSENERGIA (vedasi l'ultimo capitolo del "Paul Adrien maurice dirac, principles of quantum mechanics, ed it: boringhieri").
Date tali premesse, IL VUOTO QUANTORELATIVISTICO PUÒ ESSERE IDENTIFICATO, DA CHI LO DESIDERI, CON : "IL CREATORE" (NON SEMBRA POI COSÌ TANTO DIVERSO DAL "BRHAMAN" DEL VEDANTA, così come DAL "TAO" DEL TAOISMO).
8) a questo riguardo, tuttavia, è possibile avanzare una obiezione. siamo autorizzati ad ESTENDERE IL DOMINIO DI VALIDITÀ delle equazioni quantorelativistiche, accertata SULL'OSSERVABILE, ANCHE SULLO STATO VUOTO, IL "NULLA", PER DEFINIZIONE NON OSSERVATO (poichè anche la sola PRESENZA DELL'OSSERVATORE pone l'esistenza di un "qualcosa" che non è un "Nulla")? Questa circostanza implica un ULTERIORE POSTULATO ARBITRARIO P3: ESTENDIAMO LA VALIDITÀ DELLE EQUAZIONI FONDAMENTALI ACCERTATE AL DOMINIO DEL "VUOTO" (o: "NULLA", "NIENTE", "ZERO").
anche in questo caso, dunque, L'IPOTESI DI UNA CREAZIONE DEVE ESSERE INTRODOTTA "AD HOC".
9) detto per inciso, LA INSTABILITÀ DEL VUOTO, SE ACCETTATA, GENERATRICE INFINITA DI MASSENERGIA (richiamandosi ancora una volta al testo di Dirac), POSSIAMO ANCHE IPOTIZZARE IL NOSTRO UNIVERSO COME PRODOTTO DI UN ORIGINALE "PUNTO DI VUOTO". Il che comporterebbe la POSSIBILITÀ CHE INFINITI UNIVERSI SIANO STATI GENERATI DA OGNUNO DEGLI INFINITI ORIGINALI "PUNTI DI VUOTO"NOI SAREMMO, IN TAL CASO,  NIENT'ALTRO CHE LA MANIFESTAZIONE PARTICOLARE DI UN PARTICOLARE VUOTO, CHE SI ESPANDE A FIANCO DI ALTRI UNIVERSI IN ESPANSIONE A PARTIRE DA ALTRI VUOTI.
10) a margine, è degna di nota anche LA TEORIA DI "CREAZIONE CONTINUA" di Fred Hoyle ed Hermann Bondi, benché essa sia concepita tramite l'ausilio di un campo supplementare introdotto.
11) ogni osservazione pertinente, anche critica, sarà esaminata, purché esposta in forma comprensibile all'autore.


 Vincenzo e da un po' che sto esplorando l'idea dell'universo buco nero... apparentemente non c'è nulla che osta a tale ipotesi. E' necessario però includere l'energia oscura se non altro per la sua oggettiva presenza. La singolarità si esprime in un istante per poi trasformarsi nel big bang...



 Marco Favaron, io sono favorevolissimo alla massenergia negativa quale concausa di riemersione da black hole (ne ho scritto, in passato), quindi anche riguardo il superblackhole derivante da un BIg Crunch d'universo. Ma le teorie di bouncing si riferiscono alla inversione del verso di interazione ad altissime densità, una circostanza leggermente diversa..


A dire la verità non conosco la teoria del Big Crunch se non per quello che si capisce da nome o da qualche riga di lettura che ho avuto. Quello che mi fa riflettere è l'esistenza della quintessenza, energia negativa responsabile dell'accelerazione del nostro universo e dal fatto, che il raggio del nostro universo è almeno 1000 volte più piccolo del raggio di Schwarzschild considerando una massa stimata di 10^55 kg [...] Perchè mai le leggi della fisica dovrebbero cambiare dentro o fuori da un black hole?



Ne "Il mondo come volontà e rappresentazione", opera fondamentale di Schopenhauer, l'autore rifiuta il determinismo puro, più adatto ad interpretare i fenomeni fisici della realtà inorganica, mentre pone in maggiore risalto, da filosofo, il mondo della materia organicail cui massimo risultato e' il pensiero... Pensiero, che costituisce, a sua volta, il presupposto della volontà riflessa, ovvero consapevole... Ora, per venire al tema sollevato da Vincenzo, l'evoluzione del mondo della vita, in tutte le sue molteplici manifestazioni, introduce una singolare complicazione nella realtà del "Tutto". Anche accettando la ragionevole ipotesi di un universo y(0), increato e causa prima di altri universi,non si comprende come, in almeno uno di tali universi (il nostro), sia stato "necessario" il fenomeno evolutivo della vita. In particolare, non si comprende la "necessita' " dell'esistenza stessa del pensiero, a meno che quest'ultimo non sia un "accidente" privo di senso. In tal caso, anche i ragionamenti fatti attorno alla questione, sarebbero privi di significato...



 Il principio di causalità è l'unico che ci consente di comprendere scientificamente i fenomeni naturali. Tale principio però può funzionare solo all'interno della dimensione del tempo: la causa deve precedere l'effetto per poterlo produrre. Se ipotizziamo (ripeto: ipotizziamo) che il Big-bang sia l'evento iniziale, con cui ha iniziato a scorrere il tempo, è chiaro che prima di tale evento (in condizioni in cui T=0) non poteva esserci un..."prima". Dunque neppure una causa. L'inizio del tempo deve precedere ogni processo/successione causale, per cui non può darsi causa alcuna fuori dal tempo. Ne deduco che - data l'ipotesi Big bang= INIZIO del tempo - non si possa dare alcuna causa del Big bang stesso. E senza causa, risulta inspiegabile al cervello umano, per il quale il principio causa-effetto è imprescindibile sul piano esplicativo. Nondimeno, l'ipotesi di un Big-bang senza causa mi risulta difficile da accettare. Preferisco l'ipotesi di un universo - e quindi di un tempo - eterno, senza inizio e senza fine, se non altro perché la trovo di più facile comprensione. Se tutto è eterno, il problema della nascita spontanea e inspiegabile del tempo-universo non si pone...




 Mattia Fabbri: che l'inizio di tutto sia stato il BIg Bang di questo attuale universo è solo una ipotesi, non una certezza.

quanto meno, a causa delle teorie di bouncing ("rimbalzo"), che lo rendono compatibile con la riemersione della massenergia collassata in un precdente Big Crunch. possibilità reiterabile all'indietro senza limiti.

stephen hawking esagerò con la storia dell' Inizio del temo".




 Causa ed effetto, che è come funzionano le cose nell'universo. L'incessante inizio alla fine e ricominciare.



els lontoc: karma, appunto.





Cambiare se stessi per cambiare la realtà e il mondo:



L'Universo Olografico di Bohm: La realtà non esiste

Fonte: Raidersofthelostsense *
Nell' ultimo secolo si sono fatti immensi passi avanti nella ricerca scientifica, tanto da spingere i nostri costumi verso un salto vertiginoso che ci ha portato dalle locomotive a vapore ai computer quantistici di nuova generazione nel giro di cento anni. Questa accellerazione nella ricerca è continua e non sembra volersi arrestare, avanza talmente veloce che per la maggior parte delle persone e dei sistemi sociali non è facile adattarsi alle nuove scoperte, sempre più orientate a farci cambiare il modo di interpretare il mondo, l'universo e la nostra vita. Così infatti, la maggior parte delle persone pensa che dopo Einstein non siano avvenute scoperte sensazionali e che la fisica newtoniana sia sempre la più affidabile per descrivere la realtà; invece la ricerca avanza, non si ferma mai, trova sempre qualche spunto in più dove indagare ed ogni giorno mette le basi per una nuova e più corretta visione della realtà.
Invero, è nel 1982, e a tutti noi sembrerà una news, che l' equipe di ricerca ordinata dal fisico Alain Aspect, direttore francese del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique, la più grande e prominente organizzazione di ricerca pubblica in Francia), effettua uno dei più importanti esperimenti della storia. Il team scoprì che sottoponendo a determinate condizioni delle particelle subatomiche come gli elettroni, esse sono capaci di comunicare istantaneamente l' un l' altra a prescindere dalla distanza che le separa, sia che si tratti di un millimetro, che di diversi miliardi di chilometri. Questo fenomeno portò a due tipi di spiegazioni: o la teoria di Einstein (che esclude la possibilità di comunicazioni più veloci della luce) è da considerarsi errata, oppure più possibilmente le particelle subatomiche sono connesse non-localmente: esiste qualcosa di non tangibile e visibile che mantiene collegati gli atomi a prescindere dallo spazio (e quindi anche dal tempo?).
La comunità scientifica ufficiale ha reagito con le sue tipiche maniere da matusa (si, perché la comunità scientifica ufficiale è molto scettica ed antiquata), negando la possibilità di fenomeni che oltrepassino la velocità della luce ma l'esperimento di Aspect rivoluziona totalmente i vecchi postulati, provando che il legame tra le particelle subatomiche è effettivamente di tipo non-locale.

David Bohm, celebre fisico dell'Università di Londra, sosteneva che le scoperte di Aspect implicassero la non-esistenza della realtà oggettiva. Vale a dire che, nonostante la sua apparente solidità, l'Universo è in realtà un fantasma, un ologramma gigantesco e splendidamente dettagliato.
Questa intuizione suggerì a Bohm una strada diversa per comprendere la scoperta del gruppo di ricerca francese, si convinse che i l motivo per cui le particelle subatomiche restano in contatto, indipendentemente dalla distanza che le separa, risiede nel fatto che la loro separazione è un illusione: ad un qualche livello di realtà più profondo, tali particelle non sono entità individuali ma estensioni di uno stesso "organismo" fondamentale.

Sempre secondo il fisico americano, se le particelle ci appaiono separate è perché siamo capaci di vedere solo una porzione della loro realtà, esse non sono "parti" distinte bensì sfaccettature di un' unità più profonda e basilare; poiché ogni cosa nella realtà fisica è costituita da queste "immagini", ne consegue che l' universo stesso è una proiezione, un' ologramma. Se l' esperimento delle particelle mette in luce che la loro separazione è solo apparente, significa che ad un livello più profondo tutte le cose sono infinitamente collegate: "Gli elettroni di un atomo di carbonio nel cervello umano sono connessi alle particelle subatomiche che costituiscono ogni salmone che nuota, ogni cuore che batte ed ogni stella che brilla nel cielo. Tutto compenetra tutto. Ogni suddivisione risulta necessariamente artificiale e tutta la natura non è altro che un' immensa rete ininterrotta."


Bohm Jiddu Krishnamurti, il fisico ebbe diversi confronti con il profeta apolide tra i quali venne registrato il documentario "The Future of the Humanity". Questa capacità dello scienziato di mischiare filosofia e scienza è la base necessaria per sfruttare al massimo le funzionalità dei due lobi temporali.

In un universo olografico neppure il tempo e lo spazio sarebbero più dei principi fondamentali, poiché concetti come la "località" vengono infranti in un universo dove nulla è veramente separato dal resto: anche il tempo e lo spazio tridimensionale dovrebbero venire interpretati come semplici proiezioni di un sistema più complesso.
Al suo livello più profondo la realtà non è altro che una sorta di super-ologramma dove il passato, il presente ed il futuro coesistono simultaneamente; questo implica che, avendo gli strumenti appropriati, un giorno potremmo spingerci entro quel livello della realtà e cogliere delle scene del nostro passato da lungo tempo dimenticato. Cos’altro possa contenere il super-ologramma resta una domanda senza risposta.
In via ipotetica, ammettendo che esso esista, dovrebbe contenere ogni singola particella subatomica che sia, che sia stata e che sarà, nonché ogni possibile configurazione di materia ed energia: dai fiocchi di neve alle stelle, dalle balene grigie ai raggi gamma. Dovremmo immaginarlo come una sorta di magazzino cosmico di Tutto ciò che Esiste.
Bohm si era addirittura spinto a supporre che il livello super-olografico della realtà potrebbe non essere altro che un semplice stadio intermedio oltre il quale si celerebbero un’infinità di ulteriori sviluppi. Poiché il termine ologramma si riferisce di solito ad una immagine statica che non coincide con la natura dinamica e perennemente attiva del nostro universo, Bohm preferiva descrivere l’universo col termine "olomovimento".
Affermare che ogni singola parte di una pellicola olografica contiene tutte le informazioni in possesso della pellicola integra significa semplicemente dire che l’informazione è distribuita non-localmente. Se è vero che l’universo è organizzato secondo principi olografici, si suppone che anch’esso abbia delle proprietà non-locali e quindi ogni particella esistente contiene in se stessa l’immagine intera.
Partendo da questo presupposto si deduce che tutte le manifestazioni della vita provengono da un’unica fonte di causalità che include ogni atomo dell’universo. Dalle particelle subatomiche alle galassie giganti, tutto è allo stesso tempo parte infinitesimale e totalità di "tutto".


Come funziona un' ologramma


Qui sopra vediamo come si realizza l'ologramma. Un fascio di luce laser viene sdoppiato: una parte è inviata direttamente sulla lastra, mentre l'altra parte del fascio è diffusa dall'oggetto, prima di cadere sulla lastra. Nel percorrere tragitti diversi, le due componenti del fascio si sfasano l'una rispetto all'altra e, ricongiungendosi, producono una figura di interferenza che viene registrata sulla pellicola sotto forma di ologramma. Ad occhio nudo sulla lastra non è visibile alcuna immagine, solo una retinatura di linee sottilissime e iridescenti.


Per riprodurre l'ologramma lo osserviamo con la luce laser, proiettandone un fascio sulla lastra. Apparentemente a mezz'aria l'osservatore vede formarsi l'immagine tridimensionale, attorno alla quale si può anche girare per osservarla da tutti i punti di vista, proprio come se fosse un oggetto reale.


Su una stessa lastra possono essere registrati moltissimi diversi ologrammi, semplicemente variando l'angolo di incidenza del laser, e allo stesso modo essi possono essere letti separatamente.


Infine qua sopra vediamo che l'informazione registrata (in questo caso l'immagine della mela) è distribuita su tutta la lastra. Infatti da ogni sua più piccola parte è possibile riavere l'informazione originale, anche se in tal caso si verifica una certa perdita d'informazione, inversamente proporzionale alla grandezza della parte letta.


Lavorando nel campo della ricerca sulle funzioni cerebrali, anche il neurofisiologo Karl Pribram, dell'Università di Stanford, si è convinto della natura olografica della realtà. Numerosi studi, condotti sui ratti negli anni '20, avevano dimostrato che i ricordi non risultano confinati in determinate zone del cervello: dagli esperimenti nessuno però riusciva a spiegare quale meccanismo consentisse al cervello di conservare i ricordi, fin quando Pribram non applicò a questo campo i concetti dell'olografia. Egli ritiene che i ricordi non siano immagazzinati nei neuroni o in piccoli gruppi di neuroni, ma negli schemi degli impulsi nervosi che si intersecano attraverso tutto il cervello, proprio come gli schemi dei raggi laser che si intersecano su tutta l'area del frammento di pellicola che contiene l'immagine olografica.


Karl H. Pribram è un medico neurochirurgo austriaco, professore di psichiatria e psicologia in varie università americane, tra cui la Stanford University e la Georgetown University.


Quindi il cervello stesso funziona come un ologramma e la teoria di Pribram spiegherebbe come il cervello riesca a contenere una tale quantità di ricordi in uno spazio così limitato. Quello umano può immagazzinare circa 10 miliardi di informazioni, durante la durata media di una vita (approssimativamente l'equivalente di cinque edizioni dell'Enciclopedia Treccani). Di contro si è scoperto che su un ologramma possono coesistere moltissime registrazioni, infatti semplicemente cambiando l'angolazione con cui due raggi laser colpiscono una pellicola fotografica, si possono accumulare miliardi di informazioni in un solo centimetro cubico di spazio.
La nostra stupefacente capacità di recuperare velocemente una qualsivoglia informazione dall'enorme magazzino cerebrale risulta spiegabile più facilmente, supponendone un funzionamento secondo principi olografici. Inutile, quindi, scartabellare nei meandri di un gigantesco archivio alfabetico cerebrale, perché ogni frammento di informazione sembra essere sempre istantaneamente scansione di un cervello umano correlato a tutti gli altri: si tratta forse del massimo esempio in natura di un sistema a correlazione incrociata. Nell'ipotesi di Pribram si analizza la capacità del cervello di tradurre la valanga di frequenze luminose, sonore, ecc. ricevute tramite i sensi, nel mondo concreto delle percezioni. Codificare e decodificare frequenze è esattamente quello che un ologramma sa fare meglio, fungendo da strumento di traduzione per convertire un ammasso di frequenze prive di significato in una immagine coerente: il cervello usa gli stessi principi olografici per convertire matematicamente le frequenze ricevute in percezioni interiori.
Vi è una impressionante quantità di dati scientifici a conferma della teoria di Pribram ma l'aspetto più sbalorditivo del modello cerebrale olografico dello scienziato, è ciò che risulta unendolo alla teoria di Bohm. Se la concretezza del mondo non è altro che una realtà secondaria e ciò che esiste non è altro che un turbine olografico di frequenze e se persino il cervello è solo un ologramma che seleziona alcune di queste frequenze trasformandole in percezioni sensoriali, cosa resta della realtà oggettiva? In parole povere: non esiste.
Come sostenuto dalle religioni e dalle filosofie orientali, il mondo materiale è una illusione; noi stessi pensiamo di essere entità fisiche che si muovono in un mondo fisico, ma tutto questo è pura chimera. In realtà siamo una sorta di "ricevitori" che galleggiano in un caleidoscopico mare di frequenze e ciò che ne estraiamo lo trasformiamo magicamente in realtà fisica: uno dei miliardi di "mondi" esistenti nel super-ologramma.


La realtà olografica potrebbe apparire così.


Questo impressionante nuovo concetto di realtà è stato battezzato "paradigma olografico" e sebbene diversi scienziati lo abbiano accolto con scetticismo, ha entusiasmato molti altri. Un piccolo, ma crescente, gruppo di ricercatori è convinto si tratti del più accurato modello di realtà finora raggiunto dalla scienza. In un Universo in cui le menti individuali sono in effetti porzioni indivisibili di un ologramma e tutto è infinitamente interconnesso, i cosiddetti "stati alterati di coscienza" potrebbero semplicemente essere il passaggio ad un livello olografico più elevato. Se la mente è effettivamente parte di un continuum, di un labirinto collegato non solo ad ogni altra mente esistente o esistita ma anche ad ogni atomo, organismo o zona nella vastità dello spazio, ed al tempo stesso, il fatto che essa sia capace di fare delle incursioni in questo labirinto e di farci sperimentare delle esperienze extracorporee, non sembra più così strano.
Una tale rivoluzione nel nostro modo di studiare le strutture biologiche spinge i ricercatori ad affermare che anche la medicina e tutto ciò che sappiamo del processo di guarigione verrebbero trasformati dal paradigma olografico. Infatti, se l'apparente struttura fisica del corpo non è altro che una proiezione olografica della coscienza, risulta chiaro che ognuno di noi è molto più responsabile della propria salute di quanto riconoscano le attuali conoscenze nel campo della medicina. Quelle che noi ora consideriamo guarigioni miracolose potrebbero in realtà essere dovute ad un mutamento dello stato di coscienza che provochi dei cambiamenti nell'ologramma corporeo. Allo stesso modo, potrebbe darsi che alcune controverse tecniche di guarigione alternative come la "visualizzazione" risultino così efficaci perché nel dominio olografico del pensiero le immagini sono in fondo reali quanto la "realtà".
A questo punto non potremmo più affermare che la mente crea la coscienza (cogito ergo sum) ma al contrario, sarebbe la coscienza a creare l'illusoria sensazione di un cervello, di un corpo e di qualunque altro oggetto ci circondi che noi interpretiamo come "fisico".



Il Tao della fisica ovvero il Danzatore Cosmico

Shri Shiva e le qualità dello Spirito

Un altro aspetto di Shiva è quando danza. La danza per Lui significa gioia della creazione oppure della distruzione. In questa raffigurazione balla sul corpo di un demone ucciso.



"se tutto è davvero una danza di atomi nel vuoto, allora ogni vicenda umana deve rinunciare alla sua pretesa di senso e risibili debbono apparire le preoccupazioni e le cure degli uomini che non sanno adeguare le proprie passioni a ciò che la ragione del mondo ci insegna"
Democrito


Prof. Ing. Calogero Benedetti

Il Tao della fisica ovvero il Danzatore Cosmico

La collaborazione alla nostra Rivista da parte del Prof. Ing. Calogero Benedetti è caratterizzata dalla particolarità dei temi che egli con molta competenza ci propone e sempre nello spirito dei rapporti tra la ragione e la fede. E non con specifico riferimento alla enciclica Fides et ratio di Giovanni Paolo II ma certamente con contributi, espressione della sua personalità, che si ispirano razionalmente e spiritualmente ad essa.
Ed anche con intenzione, come nell’articolo che presentiamo, di favorire e stimolare quel dialogo e quell’incontro tra la scienza e la mistica, in questo caso particolare quella orientale del Tao, nello spirito cristiano che Benedetti mutua dall’esempio attuato dal Santo Padre nell’incoraggiare ogni iniziativa perché viva sempre più una solidarietà tra le varie espressioni religiose nel rispetto della fede propria, al fine di promuovere la verità, la giustizia e la pace in armonia con la vera scienza e ciò a vantaggio di tutta l’umanità. (N.d.R. a cura del Prof. Ennio Fierro).



PRIMO COMMENTARIO
L’elemento centrale del libro di Fritjof Capra “Il Tao della Fisica” (Ed. Originale 1975-XII Edizione attuale Gli Adelphi 1999) è, oltre alla splendida esposizione della “realtà” del mondo fisico subatomico quantistico e relativistico, (esposizione volutamente condotta in forma solo letteraria e non matematica), la documentazione di una “dualità” che non può obiettivamente essere negata fra molteplici recenti conquiste della Fisica moderna (fino al 1975, data di compilazione originale del libro) ed il nucleo “sapienziale” della riflessione mistica sviluppatasi in Oriente (Buddismo, Induismo, Brahamanesimo, Confucionismo, Zen, Taoismo) nell’arco di circa 3500 anni (1500 a.C. 2000 d.C.).

La cosa, di per sè strana, può essere compresa osservando che la logica che è utilizzata in ambedue i settori di pensiero, è la medesima (identità della logica di base), ed ha per oggetto, in ambedue, l’idea di “Relazione fra gli esseri” e non quello di “sostanza degli esseri”, al punto che le singole “cose fisiche” sono, nelle due immagini, non entità distinte ma “reti di relazioni” e queste, per di più, “mutevoli nel tempo” (Dinamica delle Relazioni). Essendo analoghe le logiche e gli oggetti di tali logiche, anche le conclusioni sono allora necessariamente simili (duali, sovrapponibili, equiparabili, complementari), ed è questo che rende possibile la dualità osservata da F. Capra(1).

A cercare in Occidente un’analoga caratterizzazione credo che si debba ricordare quella, estremamente sintetica, che venne data da Edgard Poe in “Eureka” (ed è strano che Fritjof Capra non la citi pur essendo anch’Egli americano come Poe): “la materia esiste solo come attrazione e repulsione. attrazione e repulsione sono la materia”(2).

Quest’idea è in realtà antichissima e fu espressa da Empedocle di Agrigento nel suo celebra aforisma che “la Madre di tutte le cose è la Guerra (pòlemos) fra la filìa (Amore, Attrazione) e la nèikos (Repulsione, Odio).
Ma più compiutamente, nell’ormai lontano 1885, William Kingdon Clifford (Exeter, England) (non citato neanche Lui da Fritjof Capra) la descriveva in termini formali anche se non Gli riuscì di darvi una veste logica e matematica coerente:
“Piccole porzioni dello Spazio sono infatti di natura analoga a piccole corrugazioni di una superficie che in media è piana; pertanto le ordinarie leggi della Geometria non sono valide in essa. Questa proprietà di essere curvata o distorta passa continuamente da un punto all’altro dello Spazio a guisa di un onda. E’ questa variazione di curvatura dello Spazio ciò che accade realmente in quel fenomeno che noi chiamiamo il moto della Materia. Nel Mondo Fisico non accade nient’altro se non questa variazione”(3).

Appunto dunque una “danza cosmica” di carattere ondulatorio a livello primordiale subatomico.

Consapevole (tramite la sperimentazione delle Alte Energie) di questa “danza primordiale” che la Fisica odierna ha evidenziato in forma inconfutabile, Fritjof Capra la rintraccia anche nelle orme letterarie del pensiero sapienziale e mistico d’Oriente, e propone l’esistenza di dualità fra le due correnti di pensiero, basandosi, (da buon fisico sperimentale), sulla constatazione non contraddicibile che esiste di fatto sovrapponibilità di contenuto e persino di forma fra molte affermazioni assiomatiche dell’uno e dell’altro ambito, affermazioni da Lui accuratamente selezionate, documentate e raffrontate.

Ovviamente il misticismo orientale, formatosi a partire da circa un millennio e mezzo prima di Cristo e fiorito massimamente attorno al primo millennio dopo Cristo, “nulla sa” delle “verità” della Fisica nucleare moderna, da cui è totalmente indipendente; ciò nonostante identiche (equiparabili) sono in ambedue i settori molte conclusioni a riguardo della “realtà” che si cela dietro al “velo dell’apparenza”. E sulla base di questo dato di fatto Fritjof Capra propone l’esistenza di una reciproca correlazione duale (o complementarietà come Lui la chiama) che li rinforza entrambi (o forse è meglio dire che è la Fisica moderna, sperimentalmente inconfutabile, che rinforza la “sapienza mistica” orientale, più antica e solo meditativa).

Orbene, sembra a me che però a quest’analisi manchi la presa in conto del “senso del sacro” che pur permea intensamente il misticismo orientale, e fa “dello Spirito” la sua vera base, in modo tanto preponderante da avere persino dato luogo all’immagine della sopravvivenza dell’individuo in cicli molteplici di reincarnazione fino alla sua “redenzione” nel Tutto e nell’Uno.

Ma nella “dualità” evidenziata da Fritjof Capra è invece espunto questo atteggiamento orante, la Preghiera, che pur costituisce l’occupazione prevalente del Monaco Buddista, o Indù, o Tibetano, o Taoista; e Preghiera è, come si sa, fondamentalmente, colloquio dell’individuo con Dio, è rapporto del “sè” con un “Tu spirituale”. Invece la parola “Dio” è quasi assente nel libro di Fritjof Capra, od è ristretta a livello di immagine mitica che solo serve a veicolare una sapienza che altrimenti non sarebbe stata trasmissibile o che sarebbe andata perduta; una veste allegorica ma non un’esistenza che non sia solo mentale.

Ma principalmente, a fianco della non-considerazione dell’atteggiamento orante, viene omessa nel confronto anche la base profonda del misticismo, che è quella di essere incentrato sulla “compassione” nel senso etimologico di “soffrire insieme”, (cum-patire), del partecipare (Budda) alla sofferenza altrui e di condividerla per “amore” (Cristo).

In assenza di tale contenuto e della sua presa in conto si crea quindi un jato, una separazione del contenuto sapienziale e del contenuto mistico; e la “dualità” (o complementarietà delle asserzioni [F. Capra]) con talune stratuizioni della Fisica odierna si rivela, ripeto, essere chiaramente il risultato dell’identità delle Logiche di base e degli “oggetti-relazioni” presi in conto nei rispettivi ambiti, ma non è una convalida reciproca delle loro “verità”.

Non esiste cioè nessun rinforzo l’un l’altro, nessuna maggiore “credibilità”, nessuna convalida, ma solamente una “tautologia” di concetti e di conclusioni.

In breve: il misticismo orientale (le Religioni orientali) non sono affatto “rinforzate” dall’identità di svariate loro asserzioni con altre (analoghe) della Fisica odierna.

La Fede è un ambito distinto dalla Scienza, la quale può solo “rendere attenti”.

Perché la Fede (= fedeltà) ancorché si “abbeveri” ampiamente alla sorgente del conoscere e del sapere, si basa essenzialmente sull’incontro del “sè” e del “Tu”, che è nella sua sostanza un incontro d’amore, un “darsi”, un’”appartenersi”, di Dio all’Uomo [“suo popolo” nell’Antico Testamento, “suoi figli” nel Nuovo, (“e lo siamo veramente!” – 1 Giov. 3.1)] e dell’Uomo a Dio:

“...In quel tempo Egli chiese loro: e voi chi dite che Io sia? Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. E Gesù: “Beato te Simone, Figlio di Giona, perché né la carne né il sangue(4) te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei Cieli(5) (Matteo 15, 30/20).









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