domenica 12 febbraio 2012

Karl Jaspers. Ogni volta che ammiriamo una perla dimentichiamo che è la cicatrice della malattia della conchiglia


"Ogni volta che ammiriamo una perla
dimentichiamo che è la cicatrice della malattia della conchiglia"
Karl Jaspers


"Viviamo in un epoca in cui ogni spiritualità si converte in profitto. Tutto, viene fatto in vista di un guadagno. Un epoca in cui la vita stessa è una mascherata. Che la felicità del vivere, è falsa, come l'arte che la esprime. In una simile epoca di perduta genuinità è forse la follia, la soluzione per la nostra esistenza?" 
Jaspers


"Il silenzio che ha luogo nella comunicazione autentica non è il 'silenzio che si ostenta' per provocare la parola dell'altro, né il silenzio altero che si impiega per darsi importanza, per assumere un tono di superiorità, per far intendere che ci sarebbe qualcosa che si potrebbe sapere o dire, non è neppure il silenzio che nasce dalla compassione quando non si vuol dire la verità, o , quando, senza comunicazione, si agisce e si aiuta tacendo; infine non è il silenzio con cui interrompo bruscamente la relazione. Il silenzio è il 'momento di tacere' nella continuità di un processo comunicativo. Questo silenzio è tanto un'oppressione quanto una colpa. Se l'altro lo nota, ci soffre. Solo la comune sospensione della parola che tace per rinviare la comunicazione potrebbe giustificare il silenzio. Nell'intervallo, che in questo modo inevitabilmente si crea, ci si dispone ad un'attesa, si attende, cioè, che giunga l'ora della reciproca apertura."
Karl Jaspers, Philosophie II, 'Comunicazione', pp. 545-546



Come la musica ha bisogno di pause, così la comunicazione ha bisogno di silenzio, che è attesa, discrezione, rispetto.


"Tragico è quel conflitto in cui le forze che si combattono tra loro hanno tutte ragione, ognuna dal suo punto di vista. La molteplicità del vero, la sua non-unità, è la scoperta fondamentale
della coscienza tragica. Ecco perché nella tragedia è viva la domanda: Che cosa è vero? E come sua conseguenza: Chi ha ragione? Il diritto si afferma, nel mondo? La verità trionfa? Il manifestarsi di una verità in ogni forza che agisca e, insieme, i limiti di tale verità e quindi la rivelazione di
un’ingiustizia in ogni cosa è il processo della tragedia."
Karl Jaspers


“Nelle scienze naturali noi cerchiamo di afferrare soltanto un tipo di relazioni: le relazioni di causalità. Mediante l’osservazione e la sperimentazione o la raccolta di molti casi cerchiamo poi di trovare le regole dell’evento. A un livello più alto rinveniamo inoltre anche le leggi che possiamo esperire in formule matematiche [...]. In psicologia mai e poi mai possiamo stabilire equazioni di causalità come in fisica o in chimica perché questo presupporrebbe una completa quantificazione dei processi indagati. Ma nello psichico, che per sua natura precipua è sempre qualitativo, questa quantificazione per principio non è mai possibile, senza che vada perduto il vero oggetto di indagine, cioè lo psichico”
Karl Jaspers, Psicopatologia generale




Lucia Porcelli 
meravigliosa citazione , condivido in pieno questo delicatissimo pensiero, la tragedia greca era colma di questa bellezza che abbiamo dimenticato o voluto dimenticare.
La coscienza tragica non aveva nulla in comune con il relativismo.



"Cosa è che fa "grande" un filosofo? Se lo chiedeva Karl Jaspers nella sua monumentale ricerca dedicata appunto ai "Grandi Filosofi", dove senza timore inseriva accanto a Platone, Agostino e Kant, anche Buddha, Confucio e Gesù.

Certo un pensatore non è grande per la mole delle indagini che ha compiuto e neppure per le altezze speculative che ha elaborato, quanto piuttosto per la sua capacità di essere insieme legato al proprio tempo e di superarlo, mostrando il carattere sovrastorico del suo pensare, che ce lo rende nostro contemporaneo.

È grande, insomma, il filosofo che è in grado di tradurre le sue esperienze di pensiero in forze vive per il presente, che è capace di arrecare al mondo un contenuto comunicabile prima inesistente, che esprime non tanto l'originalità delle sue intuizioni teoretiche, quanto la sua tensione a toccare la fonte dell'origine perenne del vivere e del pensare. Singolare e tragica appare, in tal senso, l'inequivocabile grandezza di Edith Stein, irrigidita nel tempo in icone stereotipate che l'hanno vista ora pensatrice pedissequamente allineata al maestro Husserl, ora fenomenologa "tomista", ora teorica della mistica, ed ancora filosofa del pensiero femminile ed anche espressione di una nuova filosofia cristiana. Morta da ebrea ad Auschwitz nel pieno delle sua maturazione intellettuale, è celebrata oggi da santa nel mondo cattolico che la riconosce, grazie a Giovanni Paolo II, con il titolo di Dottore della Chiesa.

Quanti volti per un'unica persona! È forse l'impossibilità di vederla irripetibile e presente in tante vie, apparentemente inconciliabili, che la rende inafferrabile e lontana, se è vero che la sua grandezza stenta ad imporsi nel panorama, peraltro misero, della filosofia contemporanea. A tale questione cerca di rispondere Ripartire da Edith Stein. La scoperta di alcuni manoscritti inediti, bellissimo volume a cura di Patrizia Manganaro e Francesca Nodari (Morcelliana, pp. 492, euro 35), dove un nutrito drappello di studiosi di varie nazioni si incontrano per rileggerne la grandezza, partendo da prospettive assai diversificate, eppure tenute insieme dalla tenacia di valorizzarne la imponente statura intellettuale.

Né si pensi che i molti contributi, che appaiono in questa opera, siano il risultato di ricerche episodiche ed indipendenti fra di loro: l'originalità della "scuola fenomenologica" è proprio quella di aver creato, sin dai primi decenni del Novecento, una comunità di studiosi che insieme condividono riflessioni e scoperte, che amano incontrarsi intorno alle questioni essenziali, che creano perciò una autentica comunità spirituale, in grado di riaccendere - sempre e di nuovo, come diceva Husserl - l'autentica passione del pensare, mettendo in moto energie antiche e nuove, sorte dall'incontro delle diverse generazioni di studiosi.

Concepito inizialmente come pubblicazione degli Atti del convegno, tenuto a Bari nell'aprile del 2013 e curato ottimamente dalla due studiose, il volume si è arricchito di un notevole repertorio di studi critici, inaugurato l'anno precedente dall'imponente lavoro di Francesco Alfieri (Die Rezeption Edith Steins. Intemationale Edith Stein Bibliographie. 1942-2012), che ha senza dubbio segnato una ripresa entusiasta degli studi steiniani. Raccogliendo in cinquecento pagine i quasi tremila titoli, relativi alle ricerche sull'illustre fenomenologa, l'instancabile ricercatore italiano non ha certo inteso presentare una neutra raccolta di studi sul tema, quanto riaccendere l'entusiasmo sulle nuove piste di lavoro, che qui si intravedono e che richiedono nuovi sforzi per rileggere le pagine dense e ricche delle opere della Stein.

Un esempio su tutti: il lavoro sull'empatia, scritto dall' allora giovanissima fenomenologa nel 1917, contiene alcune profonde intuizioni su questo vissuto soggettivo, che solo in questi ultimi anni ha avuto riscontro anche in alami importanti risultati delle scienze neurologiche. Il carattere innovativo di questa dissertazione è ancora tutta da valorizzare nella sua pienezza e certo la scoperta di alcuni inediti sul tema fanno pensare a quanto di prezioso contiene questa opera, tradotta in Italia negli anni 80 del secolo scorso e valorizzata in prevalenza all'interno della eccellente scuola fenomenologica italiana, diretta da Angela Ales Bello.

Ma le sorprese non finiscono qui, perché è dalla scoperta di numerosi carteggi inediti, che sembra riproporsi con forza, quasi come un fiume sotterraneo sempre colmo di acque che riemergono improvvisamente, la grandezza di questa protagonista del pensiero novecentesco. Vale la pena raccontare un episodio significativo: si deve ancora al giovane Alfieri il ritrovamento di un prezioso carteggio intercorso tra Edith Stein e il fenomenologo polacco Roman Ingarden, un plico di 164 lettere per un totale di 354 pagine stenografate, di proprietà della filosofa americana Anna-Theresa Tymieniecka, recentemente scomparsa.

Il progetto filosofico di quest'ultima, purtroppo rimasto incompiuto, mirava a ricostruire le origini del movimento fenomenologico che si andava costituendo intorno al maestro Husserl, così che attraverso la lettura di questo e di altri documenti an-cora inediti se ne può tracciare «una immagine vivente, la vita filosofica vista dall'interno», secondo le parole della stessa Tymieniecka. Compito affascinante ed unico che rimane in preziosa eredità a quanti oggi potranno rivedere e reimpostare le loro ricerche su Edith Stein e sul suo insostituibile contributo all'interno della allora giovane comunità fenomenologica".

http://www.filosofilungologlio.it/rassegna-stampa-ok/item/667-edith-stein-un-pozzo-di-sorprese-infinite








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