Caffè Filosofico
Giordano Bruno e la filosofia del Rinascimento
Michele Ciliberto racconta
La prima cosa che ci dobbiamo
chiedere quando parliamo di Giordano Bruno è: chi era Bruno? Non abbiamo dei
ritratti a olio come li abbiamo di Campanella; abbiamo invece delle
autorappresentazioni dello stesso Bruno, il quale nelle sue opere si descrive
spesso in vari modi: per esempio, nel Candelaio si trova uno degli autoritratti
più crudeli di Bruno, nel quale egli si definisce «un cane ch'ha ricevuto mille
spellicciate». Ma Bruno si tratteggia anche in modo diverso in altri
autoritratti, per esempio quando SI PARAGONA A UN GALLO CHE HA
DATO UNA DURA BATTAGLIA, CHE HA COMBATTUTO BENE ANCHE SE HA PERDUTO.
Bruno (questo è un tratto peculiare della sua personalità) aveva un senso molto
profondo di sé, si considerava un angelo, un messaggero degli dèi mandato fra
gli uomini a riportare la luce dopo secoli di tenebre, che erano stati opera
del cristianesimo, contro cui lui combatte una battaglia molto aspra e molto
dura. Bruno non fu un uomo isolato, ma visse permanentemente solo, perché si muoveva all'interno di una
posizione filosofica nettamente originale e che andava in contrasto con quelle che
erano le linee fondamentali della filosofia e della religione del suo tempo.
Morì in una condizione di grande solitudine e nel silenzio di tutti i grandi
pensatori europei. Fra di essi, Keplero si chiese anche come mai Bruno avesse
deciso di morire in quel modo, dal momento che non credeva in un Dio che fosse
distributore di meriti e di colpe, e quindi di premi oppure di castighi. Ma BRUNO, COME ALTRI PENSATORI, PER
ESEMPIO VANINI, ERA PERSUASO CHE LA VERITÀ È UN VALORE IN SÉ E CHE QUINDI VA
DIFESA E PER ESSA BISOGNA BATTERSI AL DI LÀ DI QUALSIASI PRINCIPIO DI
RICOMPENSA.
Bruno nasce a Nola, ma va a Roma
e da qui a Venezia, quindi a Novi Ligure, a Parigi, a Londra, a Oxford; poi
ritorna a Parigi, va in Germania, a Praga e nuovamente in Germania; nel 1591
arriva a Venezia, dove fa una serie di errori di valutazione che lo porteranno
infine alla condanna e al rogo. Bruno è esemplare di questa peregrinatio degli
intellettuali italiani. Veniva dall'Italia meridionale, dove era nato nel 1548,
e aveva deciso abbastanza precocemente di andare in convento e farsi frate. Bruno, dunque, questo PENSATORE
COSÌ RADICALMENTE ANTICRISTIANO, si forma per larga parte in un convento
domenicano; all'inizio Bruno ha una formazione di carattere erasmiano,
cioè molto legata a ERASMO DA ROTTERDAM, DAL QUALE APPRENDE UNA POSIZIONE
CRISTIANA DI CARATTERE ESSENZIALMENTE CRISTOCENTRICA. ALL'INIZIO BRUNO È MOLTO
AFFASCINATO DALLA FIGURA DI CRISTO E DALLA SUA POSIZIONE NELLA STORIA DEL MONDO,
al punto da consigliare a coloro i quali venerano le immagini dei santi di
concentrarsi su Cristo, ma PROGRESSIVAMENTE BRUNO SVILUPPA UNA POSIZIONE RADICALMENTE
ANTICRISTIANA E SI POTREBBE DIRE ADDIRITTURA CHE ASSUMA CRISTO COME L'ESEMPIO
NEGATIVO CONTRO CUI BISOGNA COMBATTERE, DA CUI BISOGNA LIBERARSI. E come
se, anche nella sua vita, volesse costruire una sorta di rappresentazione nella
quale EGLI SI CONTRAPPONE
DIRETTAMENTE A CRISTO. CRISTO, DICE BRUNO, È STATO UN CATTIVO MAGO, MENTRE BRUNO VUOLE ESSERE
UN BUON MAGO. CRISTO NON HA SAPUTO MORIRE: ANCORA SULLA CROCE, HA CHIESTO AIUTO
AL PADRE; INVECE BRUNO VUOLE MORIRE GUARDANDO DIRETTAMENTE LA MORTE, IMPRECANDO
FINO ALLA FINE, TANTO CHE GLI MISERO LA LINGUA «IN GIOVA», GLI INCHIODARONO LA
LINGUA, APPUNTO PERCHÉ EGLI NON POTESSE CONTINUARE A BESTEMMIARE, A URLARE
CONTRO CRISTO, CHE VIENE VISTO PROPRIO COME L'IMMAGINE NEGATIVA DALLA QUALE
BISOGNA LIBERARSI. DUNQUE, L'ANTICRISTIANESIMO È UN TRATTO COSTITUTIVO DELLA
FILOSOFIA DI BRUNO.
Ma prima di affrontare più nel
dettaglio questo punto, vorrei richiamare un altro aspetto della biografia di
Giordano Bruno: fu uno straordinario uomo di teatro, un grande autore di opere
teatrali, per esempio IL CANDELAIO, ma anche un grande regista della sua vita.
Come accennavo prima, potremmo immaginare la sua vita come una sorta di
straordinaria rappresentazione, di straordinaria messa in scena, perché Bruno
aveva proprio il temperamento di un uomo di teatro. Le stesse opere di Bruno,
che sono costituite molto spesso da dialoghi, alludono a questa vocazione
teatrale che lo caratterizzò fino alla fine: ANCHE DI FRONTE ALLA MORTE MISE IN
PIEDI UNA GRANDE RAPPRESENTAZIONE, NELLA QUALE ROVESCIÒ LE FUNZIONI E I RUOLI
DI CIASCUNO, NEL SENSO CHE TRASFORMÒ
SE STESSO DA ACCUSATO IN ACCUSATORE, MENTRE TRASFORMÒ I GIUDICI DA ACCUSATORI
IN ACCUSATI.
BRUNO SI PRESENTA COME FONDATORE
DI UNA RELIGIONE OPERATIVA, ANZI DI UNA RELIGIONE MAGICA, E DA QUESTO PUNTO DI
VISTA RIPRENDE LA LEZIONE DEGLI EGIZI. Se leggete le opere di Bruno, vi
troverete il mito dell'Egitto, della magia degli egizi. Perché gli egizi erano
un grande popolo? Perché gli egizi sapevano comunicare con la divinità. E come
comunicavano con la divinità? Attraverso la natura, ed essi agivano nella
natura attraverso grandi operazioni magiche, che consentivano agli dèi di
parlare con gli uomini e agli uomini di parlare con gli dèi. Dunque, una nuova
religione naturale e anche una nuova religione civile. Da questo punto di
vista, Bruno riprende, nel suo concetto di religione, da un lato la magia degli
egizi, dall'altro il modello machiavelliano di una religione che deve avere un
fondamento civile. LA RELIGIONE NATURALE DI BRUNO (ALTRO PUNTO ESTREMAMENTE
INTERESSANTE) NON DISTINGUE FRA GLI UOMINI, MA METTE SULLO STESSO PIANO TUTTI
GLI UOMINI: SU DI ESSI SPLENDE IL SOLE DELLO STESSO DIO, DICE BRUNO RIPRENDENDO
IL TEMA BIBLICO. Questa considerazione si esprime anche nella posizione presa,
su cui vorrei richiamare l'attenzione, relativamente alla grande discussione
sugli indios dopo la scoperta dell'America. Chi sono questi indios? Alcuni
dicono che sono semifiere, semibestie, alcuni dicono che non sono addirittura
uomini. Bruno ha una posizione del tutto originale su questo punto: GLI UOMINI
SONO TUTTI UGUALI, GLI UOMINI SONO TUTTI FIGLI DELLO STESSO DIO, ANZI SONO
TUTTI FRUTTI DELLA STESSA MATERIA. E UNA STESSA MATERIA UNIVERSALE CHE PRODUCE
DOVUNQUE, IN OGNI PARTE DEL MONDO, UOMINI: COME LI PRODUCE IN EUROPA, LI
PRODUCE ANCHE IN AMERICA, IN AFRICA E VIA DISCORRENDO. E QUAL È LA DIFFERENZA
FRA I VARI UOMINI? SOLO QUELLA DEL COLORE DELLA PELLE. MA DAL PUNTO DI VISTA
DELLA LORO STRUTTURA MATERIALE, DELLA LORO QUALITÀ DI INDIVIDUI, DI CORPI, DI
ANIME, TUTTI GLI UOMINI, AGLI OCCHI DI BRUNO, SONO ASSOLUTAMENTE UGUALI, PERCHÉ
SONO TUTTI FIGLI DELLA STESSA MATERIA UNIVERSALE. E' SBAGLIATO DIRE «DIO» ED È
SBAGLIATO PENSARE A UN DIO CHE CREA IL MONDO: BRUNO NON CREDE NEL DIO CRISTIANO
CHE CREA IL MONDO E NON CREDE AL MITO DELLA CREAZIONE. LA REALTÀ È UN CONTINUO
ESPLICARSI DELLA MATERIA UNIVERSALE, QUESTA VITA-MATERIA UNIVERSALE DA CUI, IN
QUALUNQUE PARTE DEL MONDO, SORGONO UOMINI, ALBERI, COSE, TUTTE QUANTE ANIMATE.
Questo è un altro punto estremamente interessante della sua posizione, che gli
consente un atteggiamento estremamente avanzato sulla questione degli indios.
Bruno afferma addirittura che nella ruota del tempo, così come ora sono gli
europei che perseguitano gli indios, saranno poi gli indios a perseguitare gli
europei. Ma sono tutti figli della stessa materia. GLI UOMINI SONO TUTTI UGUALI
PERCHÉ SONO TUTTI FATTI DELLA STESSA MATERIA UNIVERSALE, E QUELLO CHE LI
DISTINGUE È SOLAMENTE IL COLORE DELLA PELLE, CHE DIPENDE DAL CLIMA. MA AL TEMPO
STESSO GLI UOMINI, SECONDO BRUNO, SONO PROFONDAMENTE DIVERSI L'UNO DALL'ALTRO
ATTRAVERSO IL PRINCIPIO DEL MERITO, DI CUI BRUNO È UN GRANDE TEORICO:
ATTRAVERSO IL MERITO POSITIVO E ATTRAVERSO L'OPERA POSITIVA, GLI UOMINI SI
DISTINGUONO L'UNO DALL'ALTRO E DALLE BESTIE.
Un altro punto interessante è il
rapporto fra UOMINI e BESTIE secondo Bruno. Dal punto di vista della materia,
come dicevo, A SUO GIUDIZIO TUTTI SONO IDENTICI PERCHÉ FATTI DELLA STESSA
MATERIA: NON C'È DIFFERENZA DAL PUNTO DI VISTA MATERIALE FRA L'UOMO E LA
BESTIA. E ALLORA COSA FA SÌ CHE L'UOMO SIA IN GRADO DI GOVERNARE IL MONDO, DI
AFFERMARSI SULLA BESTIA? IL FATTO È CHE L'UOMO, A DIFFERENZA DEL SERPENTE, PER
ESEMPIO, HA LA MANO. QUESTO È IL VERO PRINCIPIO DI DISTINZIONE FRA I DIVERSI
FRUTTI DELLA MATERIA UNIVERSALE: L'UOMO HA LA MANO, ED È LA MANO IL PRINCIPIO
DELLA CIVILTÀ DELL'UOMO. IN CHE MODO L'UOMO COSTRUISCE CITTÀ, CIVILTÀ,
ISTITUZIONI? ATTRAVERSO LA MANO. MA IL SERPENTE PUÒ ESSERE, IN LINEA DI
PRINCIPIO, PERFINO PIÙ INTELLIGENTE DELL'UOMO. E CHE COS'È CHE IL SERPENTE NON
HA RISPETTO ALL'UOMO? QUELLO CHE NON HA RISPETTO ALL'UOMO È, APPUNTO, LA MANO,
CIOÈ L'OPERATIVITÀ, LA CAPACITÀ DI AGIRE.
QUINDI L'UOMO HA UN PRIMATO NEL
MONDO GRAZIE ALLA MANO. Ma (altro punto interessante) BRUNO È DEL TUTTO
ESTRANEO ALL'ANTROPOCENTRISMO CRISTIANO: NON C'È AFFATTO UN PRIMATO GARANTITO
DELL'UOMO NEL MONDO COME NELLA TRADIZIONE TOMISTICA CRISTIANA, CHE TUTTA QUANTA
CONFLUISCE NELL'UOMO COME PRINCIPIO DELLA REALTÀ, COME PRINCIPIO DELL'UNIVERSO.
DA QUESTO PUNTO DI VISTA, PER BRUNO L'UOMO NON È PRINCIPIO DI NIENTE. Perché
Bruno fa questo tipo di ragionamento? In che modo DISTRUGGE L'UNIVERSO DI SAN
TOMMASO? Lo distrugge introducendo un altro concetto fondamentale all'interno
della sua filosofìa (forse addirittura ne è l'architrave), ovvero il CONCETTO
DI «INFINITO». Questo concetto dà il taglio di fondo alla sua filosofìa e lo
rende un grande pensatore moderno: LA SCOPERTA DELL'INFINITO, LA SCOPERTA DELL'INFINITÀ.
PER BRUNO NON C'È MAI RELAZIONE FRA IL FINITO E L'INFINITO E PROPRIO PER QUESTO
LA FIGURA DI CRISTO È INCONCEPIBILE: CRISTO DOVREBBE ESSERE AL TEMPO STESSO
UOMO E DIO, CIOÈ DOVREBBE ESSERE UNITÀ DI FINITO E INFINITO. QUESTO È PER BRUNO
LETTERALMENTE IMPOSSIBILE. EGLI PARAGONA INFATTI LA FIGURA DI CRISTO ALLA
FIGURA DEL CENTAURO CHIRONE, CHE ERA AL TEMPO STESSO UOMO E BESTIA; COME
CHIRONE, ANCHE CRISTO È UNA FIGURA MOSTRUOSA E INCONCEPIBILE, PERCHÉ VUOLE
METTERE IN RELAZIONE QUELLO CHE È STRUTTURALMENTE NON RELAZIONABILE, CIOÈ LA
FINITEZZA DELL'UOMO E L'INFINITÀ DI DIO. Se l'uomo è finito, se l'uomo è ombra
e non è luce infinita, in che modo può conoscere la prima verità? Se l'uomo è
finito, come può toccare l'infinito? In che modo può, almeno per un attimo,
vedere qualcosa dell'infinità? Questo diventa il problema: SE IO TOLGO
ALL'UOMO, COME FA BRUNO, IL PRIMATO NEL MONDO, SE FACCIO DIVENTARE L'UOMO UN
DETTAGLIO ALL'INTERNO DELL'INFINITO, L'UOMO, COSÌ RIDOTTO, COME FA A VEDERE
DIO, CIOÈ (PER BRUNO) LA VERITÀ? L'uomo non è in grado di guardare direttamente
Dio, perché c'è questa sproporzione fra l'uomo finito e Dio infinito. E in che
modo, allora, l'uomo può in qualche modo avvicinarsi alla verità e alla divinità?
Attraverso le immagini, nelle quali si rispecchia la divinità e dalle quali
l'uomo può faticosamente risalire per guardare la divinità. L'UOMO PUÒ GUARDARE
DIO NELLA GRANDE IMMAGINE DELLA NATURA: PER BRUNO L'UNIVERSO È FIGURA,
IMMAGINE, SIMULACRO, E SOLO A CONDIZIONE DI ESSERE RICONOSCIUTO COME FIGURA,
IMMAGINE, SIMULACRO, L'UNIVERSO PUÒ ESSERE CONCEPITO COME TALE E CONOSCIUTO
DALL'UOMO. Dunque, in Bruno c'è un punto estremamente fermo: L'AFFERMAZIONE DEL
CARATTERE FINITO DELL'UOMO, del carattere umbratile dell'uomo, nel senso che
l'uomo è ombra. Come dice in un testo latino molto bello, NOI SIAMO OMBRE
PROFONDE E RISPECCHIAMO LA VERITÀ, RISPECCHIAMO LA DIVINITÀ, MA NON SIAMO NÉ LA
VERITÀ NÉ LA DIVINITÀ. La verità esiste e come il sole illumina continuamente
l'uomo, ma L'UOMO NON È IN GRADO DI VEDERE LA VERITÀ PROPRIO PER QUESTA SUA
LIMITATEZZA, PROPRIO PER QUESTO SUO CARATTERE FINITO, umbratile, proprio per
essere, appunto, UN DETTAGLIO ALL'INTERNO DELL'INFINITÀ. C'è una via garantita
a tutti gli uomini per arrivare a Dio, per vedere, sia pure per un momento, la
divinità? Bruno lo nega in modo reciso. OGNI UOMO COSTRUISCE LA SUA VIA ALLA
DIVINITÀ, OGNI UOMO DEVE FARE IL SUO ITINERARIO ALLA DIVINITÀ, non c'è un
percorso stabilito una volta per tutte, valido una volta per tutte, perché OGNI
UOMO DEVE FARE LA SUA ESPERIENZA DI DIO.
Questo ci porta ancora a un altro
tema estremamente interessante, perché ci fa comprendere la DIFFERENZA FRA UNA
CONCEZIONE QUALITATIVA DELLA REALTÀ COME QUELLA DI BRUNO E, PER ESEMPIO, UNA
CONCEZIONE QUANTITATIVA COME QUELLA DI GALILEO, SECONDO CUI LA REALTÀ PUÒ
ESSERE COMPRESA ATTRAVERSO LA MISURAZIONE. COSA VUOL DIRE QUALITATIVA? VUOL
DIRE CHE LA REALTÀ È CONTINUAMENTE IN TRASFORMAZIONE E QUESTO MOVIMENTO
CONTINUO DI TRASFORMAZIONE IMPEDISCE LA POSSIBILITÀ DELLA MISURAZIONE, PERCHÉ
L'OGGETTO CHE DOVREBBE ESSERE MISURATO, MOMENTO PER MOMENTO, SI TRASFORMA
DENTRO SE STESSO. Per questo motivo, neppure per l'uomo è possibile
ripercorrere sempre lo stesso cammino nei confronti della verità: l'uomo cambia
permanentemente, attraverso un movimento continuo di atomi, quelli che entrano
dentro di lui e gli danno vita, quelli che escono e lo spingono verso la morte.
Quando l'uomo è giovane, una ricchezza di atomi entra dentro di lui, invece
quando l'uomo invecchia sono di più gli atomi che escono, in un movimento continuo
e indefesso che trasforma ogni cosa.
Queste sono alcune delle
posizioni fondamentali di questo straordinario pensatore, che sono tutte
legate, come ho cercato di illustrare, alla sua concezione della vita-materia
infinita, che è basata (ecco un altro grande elemento di originalità) su una
rottura delle vecchie distinzioni fra materia e forma, fra anima e corpo, fra
atto e potenza. Nell'unità della materia infinita si racchiudono atto e
potenza, materia e forma, e la conseguenza è che la materia spiritualizzata può
essere addirittura ritrovata dentro Dio.
Se consideriamo queste posizioni,
capiamo perché Bruno sia stato alla fine messo al rogo. Il suo è il pensiero
più radicalmente anticristiano del Cinquecento. Però, come ho ricordato
all'inizio, Bruno combatte duramente per non morire, sta in carcere circa
ottanta mesi. Si commette un errore se si rimane legati all'immagine di un
Bruno martire, che va incontro volentieri alla morte, perché la verità è
un'altra: per ottanta mesi Bruno combatte duramente per non morire. La domanda
che ci dobbiamo fare è: perché alla fine decide di morire, di accettare la
morte, di dire no a papa Clemente VIII, che pure cercava a suo modo di dargli
una possibilità di salvezza? Bruno ha due grandi processi: uno a Venezia e uno
a Roma; nel processo veneziano, Bruno è convinto di essere riuscito in qualche
modo a salvare la pelle, e per questo si dimostra perfino disposto ad abiurare.
Abbiamo una testimonianza di carattere documentale in cui Bruno dice di essere
pronto a genuflettersi; l'unica condizione che pone è che questa cerimonia non
sia pubblica. Perché Bruno si comporta in questo modo a Venezia? Perché crede
così di riuscire a scappare da Venezia, di liberarsi dagli aguzzini e dagli
inquisitori, di riprendere a girare per l'Europa e salvaguardare la verità
della sua filosofia. Per questo Bruno (ed è un altro concetto importante per
capire anche la sua esperienza) è pronto a dissimulare. Badate, dobbiamo
distinguere fra «dissimulare» e «simulare», perché simulare significa imbrogliare,
mistificare; dissimulare significa invece nascondere, e l'occultare è una cosa
profondamente diversa dall'ingannare. Bruno è disposto a dissimulare e lo
teorizza addirittura nello Spaccio de la bestia trionfante, dove afferma che
bisogna dissimulare per salvare la verità.
Se per salvare la verità è necessario dissimulare, cioè nascondersi, celare il proprio volto, allora bisogna essere pronti a farlo, perché la verità va comunque difesa. Bruno a Venezia dissimula continuamente, nega tutta una serie di affermazioni che ha fatto invece nelle sue opere: A GINEVRA, DA DOVE LO CACCIANO I CALVINISTI, A OXFORD, DA DOVE LO CACCIANO I PURITANI, E IN GERMANIA, DA DOVE LO CACCIANO I PROTESTANTI. BRUNO È SCOMUNICATO DA TUTTE LE CHIESE OPERANTI IN QUEL MOMENTO IN EUROPA, ma è disposto a dissimulare, perché ritiene che in questo modo si possa salvare la verità. Perché a Roma sceglie invece di andare direttamente incontro alla morte? Perché A ROMA SI RENDE CONTO DI ESSERE STATO MESSO ALLE STRETTE, in modo particolare dal cardinal Bellarmino, fino al punto di DOVER RINUNCIARE AL NUCLEO COSTITUTIVO DELLA SUA FILOSOFÌA PER SALVARSI. Capisce, insomma, che non ha più spazio per dissimulare e a quel punto, quando è posto di fronte all'alternativa fra rinunciare alla verità e morire per affermare la verità, QUANDO LA DISSIMULAZIONE NON È PIÙ UNO STRUMENTO IN GRADO DI NASCONDERE SALVAGUARDANDO LA VERITÀ, ALLORA BRUNO DECIDE DI MORIRE.
Se per salvare la verità è necessario dissimulare, cioè nascondersi, celare il proprio volto, allora bisogna essere pronti a farlo, perché la verità va comunque difesa. Bruno a Venezia dissimula continuamente, nega tutta una serie di affermazioni che ha fatto invece nelle sue opere: A GINEVRA, DA DOVE LO CACCIANO I CALVINISTI, A OXFORD, DA DOVE LO CACCIANO I PURITANI, E IN GERMANIA, DA DOVE LO CACCIANO I PROTESTANTI. BRUNO È SCOMUNICATO DA TUTTE LE CHIESE OPERANTI IN QUEL MOMENTO IN EUROPA, ma è disposto a dissimulare, perché ritiene che in questo modo si possa salvare la verità. Perché a Roma sceglie invece di andare direttamente incontro alla morte? Perché A ROMA SI RENDE CONTO DI ESSERE STATO MESSO ALLE STRETTE, in modo particolare dal cardinal Bellarmino, fino al punto di DOVER RINUNCIARE AL NUCLEO COSTITUTIVO DELLA SUA FILOSOFÌA PER SALVARSI. Capisce, insomma, che non ha più spazio per dissimulare e a quel punto, quando è posto di fronte all'alternativa fra rinunciare alla verità e morire per affermare la verità, QUANDO LA DISSIMULAZIONE NON È PIÙ UNO STRUMENTO IN GRADO DI NASCONDERE SALVAGUARDANDO LA VERITÀ, ALLORA BRUNO DECIDE DI MORIRE.
Dagli atti del processo risulta
che l'Inquisizione nel settembre del 1599 non ha ancora emanato un giudizio di
condanna, perché Bruno era stato estremamente abile anche a difendersi,
sostenendo continuamente la tesi secondo cui avrebbe fatto valere le sue posizioni
eterodosse prima che la Chiesa cattolica le avesse dichiarate tali, UTILIZZA
CIOÈ L'ARGOMENTAZIONE EX NUNC. E ALL'INTERNO DEL PROCESSO IL TEMA DELL'ANIMA
UNIVERSALE, DELLA MATERIA UNIVERSALE, DELLA VITA-MATERIA INFINITA UNIVERSALE
DIVENTA CENTRALE, perché SE ASSUMO CHE LA MATERIA UNIVERSALE È LA STESSA PER
TUTTI, SE NON VEDO PIÙ ALCUNA DISTINZIONE DAL PUNTO DI VISTA SPIRITUALE FRA
L'ANIMA DELL'UOMO E L'ANIMA DEL MAIALE, E DAL PUNTO DI VISTA CORPOREO NON VEDO
PIÙ ALCUNA DISTINZIONE FRA IL CORPO DELL'UOMO E IL CORPO DEL MAIALE, PERCHÉ
SONO UN SOLO SPIRITO E UNA SOLA MATERIA NELL'AMBITO DELLA VITA-MATERIA
UNIVERSALE, QUESTO IMPLICA UNA CONCEZIONE DI CARATTERE METEMPSICOTICO. SECONDO
LA DOTTRINA DELLA METEMPSICOSI, L'ANIMA CHE ORA È NEL CORPO DI UN UOMO PUÒ
FINIRE NEL CORPO DI UN ASINO E VICEVERSA. NON C'È PIÙ DISTINZIONE FRA LE ANIME
DEGLI UOMINI E LE ANIME DEGLI ANIMALI: L'ANIMA CHE STA NELL'UOMO PUÒ FINIRE
NELL'ANIMALE, L'ANIMA DELL'ANIMALE PUÒ FINIRE NELL'UOMO. E ALLORA, SE LE COSE
STANNO COSÌ, DOVE VA A FINIRE IL PRINCIPIO DELL'ANIMA INDIVIDUALE, DELLA RESPONSABILITÀ
DELL'ANIMA INDIVIDUALE, DELL'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA INDIVIDUALE E QUINDI DELLA
POSSIBILITÀ DEL GIUDIZIO DI DIO CHE SI ESERCITA SULLE ANIME INDIVIDUALI? BRUNO
MANTIENE IL TEMA DELL'IMMORTALITÀ DELL'ANIMA, MA CANCELLA IL TEMA
DELL'INDIVIDUALITÀ DELL'ANIMA, PERCHÉ NON C'È UN'ANIMA INDIVIDUALE CHE,
RESTANDO INDIVIDUALE, VIENE SOTTOPOSTA A UN GIUDIZIO CHE RIGUARDA
L'INDIVIDUALITÀ DI CIÒ CHE HA DETTO, DI CIÒ CHE HA FATTO, DI COME SI È
COMPORTATA: CIASCUNA ANIMA VIENE REIMMESSA NEL CICLO DELLA METEMPSICOSI E
QUINDI L'ANIMA DI UOMO PUÒ RIDIVENTARE ANIMA DI BESTIA E L'ANIMA DI BESTIA PUÒ
RIDIVENTARE ANIMA DI UOMO.
C'è una bellissima immagine negli
atti processuali. BRUNO DICE CHE ESISTE UNA GRANDE ANIMA DEL MONDO, CHE SI
ROMPE IN UN'INFINITÀ DI FRAMMENTI DI SPECCHI, CIOÈ LE SINGOLE ANIME; QUESTI
FRAMMENTI DI SPECCHI, UNA VOLTA ESAURITA L'ESPERIENZA DI VITA DI CIASCUNO,
RITORNANO AL GRANDE SPECCHIO E DAL GRANDE SPECCHIO RITORNANO NUOVAMENTE COME
FRAMMENTI DI ANIMA NEI SINGOLI INDIVIDUI. Per il cristianesimo non è così:
quando l'anima
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