mercoledì 29 febbraio 2012

Manipolazione Manipolatore


Definizione dettagliata di MANIPOLAZIONE e di colui che manipola ovvero il MANIPOLATORE

http://it.wikipedia.org/wiki/Manipolazione
Etimologia:
manipolare da manipolo nel senso d manata, pugno (v. Manipolo), dal lat. manus = mano e pilare - premere, onde nacque Compilare.
Operare qualche cosa con la mano; usato specialmente parlando di sostanze chimiche o di farmacia; Manipolare leggi, programmi e simili.
Deriv. Manipolatore-trice; Manipolazione.
http://www.etimo.it/?term=manipolare
manipolare:
[ma-ni-po-là-re] v.tr. (manìpolo ecc.) [sogg-v-arg]
1 Lavorare un impasto mescolando sostanze diverse: m. gli ingredienti della pasta
2 Trattare oggetti e materiali con le mani o con strumenti appositi (manipolatori): m. denaro; in fisioterapia, massaggiare qlcu.
3 fig. Condizionare qualcuno: es. l'opinione pubblica
4 Alterare, contraffare un prodotto: m. il vino; in senso fig., falsificare dati o notizie: m. le elezioni
http://dizionari.corriere.it/dizionario_italiano/M/manipolare.shtml


MANIPOLAZIONE MENTALE (PLAGIO)
E' ormai noto che i manipolatori mentali si servono di tecniche psicologiche subdole e sofisticate, spesso abbinate alla somministrazione di sostanze chimiche (come allucinogeni, droghe, psicofarmaci "depersonalizzanti", eccetera), come dimostrano gli studi compiuti da Margareth Singer, G. De Gennaro, M. Gullotta, Jania Lalich e gli scritti di Randall Watters, G. Flick, Ted Patrick. Ma è sbagliato pensare che il plagio avviene solo nelle sette organizzate. Può verificarsi anche in un piccolo gruppo deviato, nella coppia, o addirittura in famiglia. Secondo lo psicologo Steven Hassan, il controllo mentale può essere compreso analizzando le tre componenti descritte dallo psicologo Leon Festinger. Si tratta del controllo del comportamento, controllo dei pensieri e controllo delle emozioni. Ogni componente influenza profondamente le altre: modificandone una anche le altre tenderanno a cambiare. Se si riesce a cambiarle tutte e tre, l'individuo sarà spazzato via (tratto dal libro Releasing the Bonds).
Controllo del comportamento
Il controllo del comportamento è ciò che regola la realtà fisica di un individuo. Include il controllo del contesto in cui si trova, vale a dire dove abita, quali vestiti indossa, che cibo mangia, quanto dorme, come pure il suo lavoro, le abitudini e le altre attività.
In alcuni dei gruppi più restrittivi i membri devono chiedere il permesso per qualsiasi cosa. A volte l'individuo viene reso dipendente dal punto di vista finanziario cosicché la sua facoltà di scelta comportamentale si restringe. Un adepto deve chiedere i soldi per il biglietto dell'autobus o per comprarsi i vestiti, o il permesso per recarsi dal medico. Il seguace deve essere autorizzato a telefonare a un amico o a un parente fuori dal gruppo e deve rendere conto di ogni ora della sua giornata. In questo modo il gruppo può tenere saldamente le redini del suo comportamento e controllarne anche pensieri ed emozioni. Il comportamento individuale è spesso assoggettato alla richiesta di eseguire in gruppo ciascuna azione. In molte sette le persone mangiano assieme, lavorano assieme, partecipano a riunioni di gruppo e talvolta dormono nella stessa casa. L'individualismo è disincentivato. Ognuno vede assegnarsi degli "amici" fissi. La struttura del comando è autoritaria: il processo decisionale parte dal capo e, passando per i luogotenenti, arriva ai diretti inferiori fino ai ranghi più bassi. In un ambiente così strutturato, tutti i comportamenti possono essere premiati o puniti.
Controllo del pensiero
Il controllo del pensiero, la seconda importante componente del controllo mentale, prevede l'indottrinamento dei membri in maniera così pervasiva da far loro interiorizzare la dottrina del gruppo. Per diventare un buon seguace una persona deve prima imparare a manipolare i propri processi mentali. Tutto ciò che è buono si incarna nel leader e nel suo gruppo. Tutto ciò che è cattivo è nel mondo esterno. I gruppi più totalitari dichiarano che la loro dottrina è stata scientificamente dimostrata. La dottrina sostiene di poter esaudire tutte le domande, di rispondere a tutti i problemi e a tutte le situazioni. Un altro aspetto chiave del controllo del pensiero prevede l'addestramento specifico dei soggetti a bloccare e respingere qualsivoglia informazione critica nei confronti del gruppo.
I basilari meccanismi di difesa di una persona vengono confusi a tal punto da farla arrivare a difendere l'identità acquisita nel culto a scapito dell'identità originaria, che soccomberà nello scontro. Se un'informazione trasmessa al membro di un culto viene percepita come attacco al capo, alla dottrina o al gruppo stesso, per tutta risposta viene immediatamente eretto un muro di ostilità.
Controllo delle emozioni
Il controllo delle emozioni, la terza componente del controllo mentale, mira a manipolare e limitare la sfera dei sentimenti. Sensi di colpa e paura sono gli strumenti impiegati per tenere le persone sotto controllo. Il senso di colpa è forse l'unica e più importante leva emozionale capace di indurre conformismo e accondiscendenza. La maggior parte degli affiliati non è affatto consapevole che i sensi di colpa e le paure vengono usati al fine di controllarli: sono stati condizionati a colpevolizzare sempre e soltanto se stessi, quindi rispondono con gratitudine ogni qual volta si fa loro notare una "mancanza". La paura mira a tenere unito il gruppo: un modo è la creazione di un nemico esterno che ti perseguita. Molti gruppi esercitano un controllo completo sulle relazioni interpersonali. I capi dicono ai membri chi devono frequentare e chi evitare. Alcuni leader di setta arrivano a indicare ai propri affiliati chi possono sposare e chi no. La confessione di peccati commessi nel passato o di comportamenti errati è anch'esso un potente mezzo per il controllo delle emozioni. Ma la tecnica più potente per il controllo emozionale è l'induzione di fobie. Si tratta, in sostanza, di indurre una reazione di paura alla sola idea di abbandonare il gruppo. È impossibile per un seguace ben indottrinato sentirsi al sicuro fuori dal gruppo. Se un gruppo riesce ad avere pieno controllo sulle emozioni di una persona, riuscirà a controllarne anche pensieri e azioni.
Controllo dell'informazione
Il controllo dell'informazione è l'ultima componente del controllo mentale. L'informazione è il carburante che usiamo per il buon funzionamento della nostra mente. Se a una persona viene negata l'informazione necessaria a formulare giudizi fondati, non sarà più in grado di formarsi opinioni proprie.
Le persone rimangono intrappolate nelle sette non solo perché viene loro negato l'accesso a informazioni di carattere critico, ma anche perché vengono a mancare quegli appropriati meccanismi interni che servono a elaborarle. Tale controllo dell'informazione ha un impatto drammatico e devastante. In molte sette le persone hanno un accesso limitato ai mezzi d'informazione (giornali, riviste, televisione o radio) che non siano di pertinenza del gruppo. Ciò si ottiene anche impegnando i membri al punto da non avere tempo da dedicare ad altro. Il controllo dell'informazione avviene a tutti i livelli relazionali. Non sono permesse conversazioni critiche nei confronti dei capi e dell'organizzazione. I seguaci devono spiarsi a vicenda e riportare immediatamente ai leader attività improprie e critiche. Ai nuovi adepti non è consentito comunicare tra loro, se non alla presenza di un membro anziano. E, cosa più importante, viene proibito loro di avere contatti con chi è critico nei confronti della setta. Comportamento e pensiero, emozioni e informazioni, ogni forma di controllo ha grande potere sulla mente umana. Insieme formano una rete totalizzante che può manipolare anche le persone più forti. Di fatto, sono proprio gli individui più forti a trasformarsi in membri più devoti e coinvolti. Nessun gruppo mette in atto tutte queste tecniche insieme, ma senz'altro sono le pratiche più diffuse nell'ambito di ciascuna componente del controllo mentale, poiché esistono anche altri metodi in uso in certe sette.
La riforma del pensiero secondo Singer
Negli Anni '50, la psicologa del Walter Reed Army Hospital, Margaret Singer, ha studiato gli effetti del controllo mentale settario.
Singer ha riassunto cinquant'anni del suo lavoro nel libro Cults in Our Midst, in cui spiega le sei condizioni per ottenere la riforma del pensiero:
1. acquisire il controllo sul tempo personale individuale, in particolare quello dedicato alla riflessione e all'ambiente fisico;
2. Creare senso di impotenza, paura e dipendenza, fornendo contemporaneamente modelli del comportamento che la leadership vuole produrre;
3. premi, punizioni ed esperienze al fine di sopprimere precedenti comportamenti e atteggiamenti sociali, compreso l'utilizzo di stati alterati di coscienza;
4. manipolazione di premi, punizioni ed esperienze per provocare comportamenti e atteggiamenti voluti dalla leadership.
5. creazione di un sistema controllato, in cui chi dissente viene fatto sentire come se i suoi interrogativi indicassero che esiste qualcosa di intrinsecamente sbagliato in lui.
6. mantenere i membri inconsapevoli e non informati sul fatto che esiste un piano per controllarli e modificarli.
Secondo la dottoressa Singer, l'individuo crede di prendere decisioni autonome quando in realtà è socialmente influenzato a disinserire la mente critica e la capacità di prendere decisioni indipendenti. Nel giro di breve tempo le reclute immerse nel nuovo ambiente iniziano a pensare in modo diverso senza rendersene conto. Le sette giocano su normali sentimenti di ambivalenza, cosa facile con i giovani che hanno meno esperienza di vita. Ad esempio, è quasi impossibile che adolescenti e giovani adulti non abbiano sentimenti contrastanti nei confronti dei genitori. Anche la madre o il padre più amati hanno avuto scontri con i figli che lasciano ricordi di rabbia o delusione, e la maggioranza dei genitori ha almeno qualche abitudine o peculiarità irritante. Molte sette si preoccupano di battere su questi sentimenti irrisolti e li sfruttano per legare i membri al gruppo. Oltre ad essere indotti a condannare famiglia e relazioni personali, vengono portati a credere che essi stessi erano "persone cattive" prima di entrare nel gruppo.
[…]
Manipolatori emotivi che giocano con i nostri sentimenti:
I manipolatori emotivi sono persone che bisogna imparare a conoscere e dalle quali bisogna stare alla larga: i manipolatori emotivi. In un articolo in inglese trovato grazie a StumbleUpon vengono individuati 8 indizi che ci aiutano a riconoscere questo tipo di persone con seri problemi psicologici. Ecco la mia traduzione.
1.Ti fanno passare la voglia di essere onesto. Se fai un’affermazione, viene rigirata. Per esempio, potresti dire: ”Mi dispiace molto che hai dimenticato il mio compleanno“. Ti potrebbero rispondere in questo modo: ”Mi rattrista pensare che secondo te io potrei dimenticarmi del tuo compleanno, avrei dovuto dirti dello stress che subisco in questo periodo ma come vedi non ho voluto coinvolgerti. Hai ragione, avrei dovuto mettere da parte questa sofferenza e concentrarmi sul tuo compleanno. Mi dispiace“. Potresti vedere anche delle lacrime. Anche se mentre senti le parole hai la sensazione angosciante che essi non siano affatto dispiaciuti, a questo punto non sai più cosa dire. Se ci provi, ti trovi a fronteggiare la loro ansia. Ogni volta che subisci questa sceneggiata, non cedere. Non ti preoccupare, non accettare scuse insulse: se percepisci la falsità forse è proprio così. Regola numero uno: quando hai a che fare con un manipolatore emotivo, fidati del tuo intuito e delle tue percezioni. Una volta che un manipolatore trova uno dei suoi polli, lo aggiunge alla lista e dovrà sempre sorbirsi questa immondizia.
2.Vogliono far credere di essere dei volenterosi aiutanti. Se tu chiedi a loro di fare qualcosa, la maggior parte delle volte sono d’accordo. Ma appena dici “grazie“, iniziano a sospirare o a dimostrare senza usare parole che non hanno proprio piacere nel fare quella cosa. Se provi a farglielo notare, ti diranno in tutti modi che ti sbagli e che loro vogliono aiutarti. Questo fa impazzire le persone ed è la loro specialità. Regola numero due: se un manipolatore emotivo ti dice di sì, tieni conto solo della sua risposta verbale. Non fare caso alle altre espressioni. Fa’ in modo che ti dicano in faccia che a loro non fa piacere aiutarti, oppure indossa un paio di cuffie, vatti a fare un bagno rilassante e lasciali recitare il loro teatrino.
3.Negano di aver detto una cosa che tu ricordi bene. Se stai vivendo una relazione che ti porta a desiderare di registrare le conversazioni, stai sperimentando una manipolazione emotiva. Si tratta di persone esperte nel ribaltare, razionalizzare, giustificare e spiegare le cose. Sanno mentire in un modo così raffinato che potrebbero chiamare “bianco” il nero, e sostenere in maniera così persuasiva le proprie convinzioni a tal punto da farti dubitare dei tuoi sensi. A lungo andare questo può alterare il tuo senso della realtà. La manipolazione emotiva è pericolosissima. Può essere sconcertante per loro vederti prendere nota durante le conversazioni: digli che per te è un periodo in cui tendi a dimenticare le cose e che hai bisogno di segnarle. Questo fatto ti dovrebbe far capire che è meglio stare alla larga: a questo punto il campanello d’allarme dovrebbe suonare con insistenza.
4.Sono specialisti nel far sentire in colpa. Ti possono far sentire in colpa se parli o se non parli, se sei sensibile o se non lo sei, se ti preoccupi o se non ti preoccupi abbastanza. Possono far leva su qualunque cosa per acuire il tuo senso di colpa. I manipolatori emotivi raramente manifestano i loro desideri o bisogni apertamente, riescono ad ottenere ciò che vogliono in altri modi. La colpa è uno di questi, ma ce ne sono pure altri, magari meno potenti, perché le persone in genere sono disposte a tutto pur di ridurre il proprio senso di colpa. Un’altra potente emozione che viene usata è la compassione. Un manipolatore emotivo fa la vittima. Manifestano un bisogno di aiuto, cure e attenzioni. Raramente combattono le proprie lotte o fanno da soli il lavoro sporco. La cosa buffa è che quando tu fai qualcosa per loro (una cosa che loro non ti avevano espressamente chiesto), cambiano d’espressione e dicono che sicuramente non volevano e non si aspettavano che tu facessi qualcosa! Impegnati a non combattere le lotte di altre persone e a non fare il loro gioco. Una buona risposta è “Ho piena fiducia nella tua capacità di far riuscire questa cosa”; controlla la risposta e il tuo rivelatore di baggianate.
5.Giocano sporco. Non affrontano le cose direttamente. Parlano dietro le spalle e fanno in modo che altri ti dicano le cose che loro non hanno il coraggio di dire. Sono degli aggressori passivi, nel senso che trovano modi subdoli per farti capire che non approvano quello che fai. Dicono quello che secondo loro ti fa piacere sentire, ma poi non compiono azioni per sostenerlo. Per esempio, nel caso tu volessi tornare all’università, ti direbbero una cosa del genere: ”Tesoro, mi fa piacere che tu voglia riprendere gli studi, sappi che ti sosterrò“. Poi la sera prima dell’esame, mentre sei al tavolo che studi, compaiono alla porta i loro amici per giocare a poker, i bambini piangono, la TV urla e il cane vuole uscire. Il manipolatore se ne sta seduto tranquillo e ti guarda stranito. Prova a dirgli qualcosa e ti dirà: ”Oh, non pretenderai mica che il mondo si fermi perché tu hai un esame, amore!“ A questo punto puoi piangere, gridare o strozzarlo/a: solo quest’ultima azione ha dei benefici a lungo termine, ma ti porta dritto in galera.
6.Se hai il mal di testa, loro hanno un tumore al cervello! Non importa quale sia la tua situazione, il manipolatore l’ha già passata o la sta vivendo, e pure 10 volte peggio. E’ difficile avere un rapporto alla pari con loro perché dirottano la conversazione e spostano l’attenzione su loro stessi. Se glielo fai notare, si offendono o si lamentano, e ti chiamano “egoista”, o affermano che sei tu quello che vuole sempre essere al centro dell’attenzione. Magari sai che non è così, ma ti trovi nell’impossibilità di dimostrarlo. Non perderci tempo, non è detto che stiano peggio di te.
7.Riescono in un modo o in altro ad influenzare le emozioni di chi gli sta intorno. Quando un manipolatore è triste o arrabbiato, tutte le persone intorno a lui lo sono. Istintivamente gli altri cercano di riportare un po’ di serenità, e la via più breve è cercare di far sentire meglio il manipolatore, cercando di porre rimedio a ciò che per lui è sbagliato. A furia di stare con una persona del genere, sarai così coinvolto e invischiato che ti dimenticherai che anche tu hai dei bisogni: abbandona il manipolatore, tu hai i tuoi problemi e i suoi stessi diritti.
8.Non si riesce a metterli davanti alle conseguenze delle loro azioni. Non si ritengono responsabili di sè stessi o del proprio comportamento, sono sempre gli altri che fanno del male a loro. E’ facile riconoscere un manipolatore emotivo, se rivela prematuramente dettagli molto personali e tu provi pena per lui. All’inizio del rapporto ti sembrerà di trovarti di fronte ad una persona sensibile, emotiva e magari vulnerabile. Credimi, un manipolatore emotivo è vulnerabile quanto un cane rabbioso, e con lui ci saranno sempre problemi e crisi da superare.
Pubblicato da § Margherita § a 12:01
http://unpdipsicologia.blogspot.com/2011/09/manipolazione-emotiva.html

Il termine "Gaslighting" deriva dal titolo del film "Gaslight" del 1944 del regista americano Georg Cukor con Ingrid Bergman e Charles Boyer.Il film si svolge nell'Inghilterra vittoriana dove un gentiluomo persuade la giovane moglie ad abitare nella vecchia casa dove è cresciuta e dove fu assassinata (da lui, naturalmente) sua zia e con una diabolica strategia psicologica, alterando le luci delle lampade a gas della casa, la spinge sull'orlo della pazzia.
Da qui, il termine gaslighting è utilizzato per definire un crudele comportamento manipolatorio messo in atto da una persona abusante per far si che la sua vittima dubiti di se stessa e dei suoi giudizi di realtà, cominci a sentirsi confusa, creda di stare impazzendo.
Il gaslighter, così viene definito colui che mette in atto tale manipolazione mentale, fa credere alla vittima di stare vivendo in una realtà che non corrisponde alla realtà oggettiva, la fa sentire sbagliata, mina alla base ogni sua certezza e sicurezza, in sostanza agisce su di lei un vero e proprio lavaggio del cervello. La ricerca dimostra che nella stragrande maggioranza dei casi la vittima e il gaslighter sono relazionalmente vicini, quasi sempre partner o parenti stretti.
Il comportamento di gaslighting attraversa tre fasi fondamentali:
1) Incredulità: la vittima non crede a quello che sta accadendo nè a ciò che vorrebbe farle credere il suo "carnefice"
2) Difesa: la vittima inizia a difendersi con rabbia e a sostenere la sua posizione di persona sana e ben "piantata" nella realtà oggettiva
3) Depressione: la vittima si convince che il manipolatore ha ragione, getta le armi, si rassegna, diventa insicura e estremamente vulnerabile e dipendente.
Esistono tre categorie fondamentali di manipolatore:
1) il bravo ragazzo che sembra avere a cuore solo il bene della vittima ma in realtà antepone ad ogni altra cosa i propri bisogni
2) l'adulatore che attua la manipolazione in maniera strategia lusingando la vittima
3) l'intimidatore che utilizza il rimprovero continuo, il sarcasmo, l'aggressività diretta
Lo scopo del comportamento di gaslighting, comune alle tre categorie di manipolatori, è ridurre la vittima a un totale livello di dipendenza fisica e psicologica, annullare la sua capacità di scelta e responsabilità.
Si tratta di una grave forma di perversione relazionale che rende le vittime talmente assuefatte e dipendenti da essere nella maggior parte dei casi inconsapevoli rispetto a ciò che sta loro accadendo. La violenza si cronicizza non appena la vittima entra nella fase depressiva, quella in cui si convince della ragione e anche della bontà del manipolatore (che si prende cura di lei, la capisce, la sostiene) che non a caso è spesso addirittura idealizzato. Ecco che si crea così il paradosso, in cui la vittima idealizza il proprio carnefice. Proprio per quanto detto finora è difficile che chi è vittima del gaslighter si renda conto della situazione perversa in cui vive e chieda aiuto, cosa ancor più vera se si pensa che essa diventa così dipendente da isolarsi anche a livello sociale per la paura di essere inadeguata o giudicata pazza. Più spesso la richiesta di aiuto o la capacità di far "aprire gli occhi" alla vittima arriva da chi le sta intorno, altri familiari, amici o colleghi. E' allora che può e deve iniziare il percorso di ricostruzione della propria identità, della fiducia e del senso di sè che porti la donna a liberarsi da una relazione perversa e dolorosa.
http://www.psicoterapiapsicologia.it/articoli-psicologia-psicoterapia/il-gaslighting-o-manipolazione-mentale
Manipolazione e psicologia 
Si è parlato di pratiche manipolatorie in due ambiti psicologici ben distinti.
Uno di questi è la psicoterapia, dove capita che un terapeuta venga accusato di abusare del ruolo professionale e in particolare del transfert: una condotta simile, se comprovata, violerebbe l'etica professionale, per esempio in vista di un profitto (vedi plagio).
L'altro è la programmazione neuro linguistica, o meglio l'applicazione di questo metodo ai processi di comunicazione (per controbattere alcuni distinguono, sottilmente, fra manipolazione e influenza o persuasione). Diversamente dalle obiezioni teoriche alla disciplina in sé (per le quali vedi la voce specifica), non se ne discute l'efficacia ma la correttezza etica. Come per la retorica, si cerca di distinguere fra una tecnica e l'uso che se ne fa.
Un approccio sociologico
Dal punto di vista della microsociologia la manipolazione si riscontra in numerose situazioni, dalla vendita alla seduzione, al punto che può essere parte del rituale: un comportamento non manipolatorio potrebbe sembrare, al limite, deviante.

Per un approccio più di tipo storiografico-sociologico si può indicare il libro di  SALVATORE NATOLI, Stare al mondo, Escursioni nel tempo presente, Universale Economica Feltrinelli
Produrre, consumare, distruggere.
“La storia evolutiva mostra come l'uomo, in quanto specie e fin dalla sua apparizione, ha soddisfatto i suoi bisogni attraverso l'utilizzo delle cose della natura al modo di utensili. La produzione di utensili segna, infatti, la linea di confine tra le abilità animali e quelle umane. La tecnica non è dunque qualcosa di estraneo all'uomo, ma, al contrario, ne è il segno distintivo, il suo tratto originario e originale. La specie umana, a differenza delle altre specie animali, si e selezionata non solo adattandosi all'ambiente, ma adattando l'ambiente a se stessa, modificandolo a suo vantaggio. L'uomo è il solo animale che è riuscito a sopravvivere, a specializzarsi nelle sue funzioni, a perfezionarsi nel suo essere unicamente attraverso l’”Artificio". Tanto basta per potere dire che l'uomo è un animale artificiale per natura, quello che, a differenza degli altri animali - o magari solo meglio di essi - ha manipolato la natura piegandola alle sue necessità. E quando dico "manipolare" uso il termine nel senso etimologico di FORZARE CON LE MANI. D'altra parte, che il tratto peculiare della specie umana risieda proprio in questo è cosa di cui si era già accorto l'antico Anassagora quando scriveva che l'uomo è il più sapiente dei viventi perché ha le mani.
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Nel manipolare l'uomo spinge la natura oltre le sue possibilità; la forza e forzandola trae da essa oggetti che essa da sola non avrebbe mai generato. In questo senso la tecnica è quel genere di fare che, appunto, fa essere qualcosa che mai esisterebbe senza un intervento diretto e creativo dell'uomo. Questo tipo di attività viene definita comunemente produrre. E dal momento che il produrre pone in essere un qualcosa di assolutamente nuovo, quel che si produce è effettivamente non naturale, ma, appunto, artificiale. Non ve dubbio che la tecnica è certo un trasformare - nulla si crea dal nulla - ma è anche e soprattutto un portare all'essere. Quanto qui si viene dicendo, è noto pressoché
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da sempre; infatti era già del tutto chiaro ad Aristotele quando nel VI libro dell'Etica Nicomachea scriveva che "ogni arte (techne) riguarda la produzione, e il cercale con l’abilità e la teoria come possa prodursi qualcuna delle cose che possono sia esserci sia non esserci e di cui il principio è in chi crea e non in ciò che è creato; infatti l'arte non riguarda le cose che sono o che si producono necessariamente, né per natura, in quanto queste hanno il loro principio in se stesse" (E. N., 1140a 10-15).
La tecnica è dunque produzione nel senso del "trar fuori", del "condurre a esistenza" oggetti che non sarebbero mai apparsi in natura senza l'intervento determinalo dell'uomo. Se così è, nel produrre l'uomo denaturalizza di fatto la natura e la considera perciò unicamente come materiale da trasformare: in senso stretto, la fa valere come pura materia. LA TECNICA, PER DIRLA CON HEIDEGGER, SPINGE L'UOMO A TRATTARE LA NATURA COME QUALCOSA DI DISPONIBILE A ESSERE IMPIEGATO (“In quanto esercita la tecnica, l’uomo prende  all’impiegare come modo del disvelamento" M. Heidegger, Voträge und Aufsätre, Verlag Gunther Neske, Pfullingen 1954; trad. it. Saggi e discorsi, Mursia. Milano 1976, p. 13) e perciò come qualcosa che è a disposizione. Di chi? Appunto dell'uomo, dell'arbitrio della sua volontà.
L'uomo tramite la tecnica è venuto a mano a mano allentando le catene delle necessità che lo costringevano. In questo senso la tecnica è figlia del bisogno e si formula fin dall'inizio come "espediente", "scoperta". Da questo punto di vista ha di nuovo ragione Aristotele quando scrive che l'arte e il caso riguardano le stesse cose. La techne, infatti, è "una disposizione creativa accompagnata da ragione vera [...] intorno a quelle cose che possono essere diversamente da quel che sono" (E. N. 1140a 20-23).
L'uomo è animale artificiale fin dall'origine e la tecnica si è sviluppata in uno con quella che chiamiamo civiltà. Né, d'altra parie, questa civiltà sarebbe quel che è stata senza la tecnica. In che cosa dunque il "nuovo" della tecnica su cui tanto oggi s'indugia? Molte sono state le epoche del mondo, ma mai prima d'ora la tecnica aveva caratterizzato lo spirito del tempo, mai aveva contrassegnalo un'epoca né definito un'età, Oggi si parla invece di età della tecnica. La formula, a fronte dei secoli, è tutto sommato recente e non è detto che durerà per molto. A ogni modo è necessario domandarsi perché questo è avvenuto. E perché proprio adesso? Quali le ragioni?
Nel corso del XIX secolo la TECNICA celebrava già i suoi fasti e i suoi successi cominciavano a essere ampiamente sperimentati. In quel tempo, però, essa veniva associala alla SCIENZA fino al punto da esserne assorbita interamente. […]
Heidegger dice che l'essenza della tecnica moderna consiste nell'imposizione. Il dominio fa parte del suo destino. Ma i pericoli che la tecnica apporta all'uomo non dipendono tanto dalle macchine o dagli apparati, ma dal fatto che la tecnica tocca l'uomo nella sua essenza, "il dominio dell'imposizione - scrive Heidegger - minaccia fondando la possibilità che all'uomo possa essere negato di raccogliersi ritornando in un disvelamento più originario e di esperire così l'appello a una verità più principale." (Ivi. p. 21) LA TECNICA E DUNQUE PERICOLO NON TANTO PER QUEL CHE METTE IN OPERA - DICIAMO PER LE SUE CONSEGUENZE - MA PER IL FATTO CHE NASCONDE L'UOMO A SE STESSO, LO TRATTIENE NELL'ORIZZONTE DEL DOMINIO COME SUO UNICO ORIZZONTE E POSSIBILITÀ. Non voglio qui discutere la posizione di Heidegger, né quello che lui intende per "più originario", ma voglio solo mostrare sotto quali condizioni la TECNICA, DA SEMPRE NOTA COME PRATICA, si è venuta trasformando in epoca.
Nel corso del secolo xix la scienza aveva già preso a manifestarsi come un potere crescente di manipolazione. Ciò era accaduto per il semplice fatto che in quella fase slorica era stato possibile introdurre "per la prima volta" innovazioni veloci, una quantità elevata di trasformazioni in tempi brevi e comunque tali se confrontali ai periodi precedente.....etc... 
http://books.google.it/books?id=D0Lh4NDkcRUC&pg=PA63&dq=%22manipolare%22+etimologia&hl=it&sa=X&ei=HCQsT6bGG8aA-waf1qH-DQ&ved=0CGIQ6AEwCQ#v=onepage&q=%22manipolare%22%20etimologia&f=false


Per l'approccio Filosofico, come punto di riferimento prenderei Heidegger e Umberto Galimberti.
Umberto Galimberti: Psiche e Techne
In breve
Una delle opere teoriche più imponenti degli ultimi decenni. Un testo filosofico che ha l'ambizione di accompagnarci a varcare la soglia della nuova età della tecnica.
Il libro
Psiche e techne, che di Umberto Galimberti è sicuramente il libro più importante, è un imponente tentativo di descrivere l'uomo, nei suoi diversi aspetti, in rapporto alla tecnica. Continuiamo a pensare, scrive Umberto Galimberti, che la tecnica sia uno strumento del quale noi deteniamo le chiavi. In realtà la tecnica ha sostituito la natura che ci circonda e costituisce oggi l'ambiente nel quale viviamo. Noi però ci muoviamo nell'ambiente-tecnica con i tratti tipici dell'uomo pre-tecnologico che agiva in vista di scopi, con un bagaglio di idee proprie e di sentimenti in cui si riconosceva. Ma la tecnica non tende a uno scopo, non apre scenari di salvezza, non svela verità, la tecnica "funziona". Questo libro si propone di ridefinire i concetti di individuo, identità, libertà, salvezza, verità, senso, scopo, ma anche quelli di natura, etica, politica, religione, storia. Concetti che nella nuova età della tecnica vanno appunto riconsiderati, abbandonati o rifondati alle radici. Il punto cruciale sta nel fatto che tutto ciò che finora ci ha guidato nella storia - sensazioni, percezioni, sentimenti - risulta inadeguato nel nuovo scenario. Come "analfabeti emotivi" assistiamo all'irrazionalità che scaturisce dalla perfetta razionalità dell'organizzazione tecnica, priva ormai di qualunque senso riconoscibile. Ciò di cui necessitiamo è un ampliamento psichico capace di compensare la nostra attuale inadeguatezza. Il valore più profondo di questo libro consiste appunto nel tentativo di fondare una nuova psicologia dell'azione che ci consenta, se non di dominare la tecnica, almeno di evitare di essere da questa dominati.
L'autore:
Umberto Galimberti insegna Filosofia della storia all’Università di Venezia. Ha pubblicato: Heidegger, Jaspers e il tramonto dell’Occidente (Marietti 1975, e ora il Saggiatore 1996), Linguaggio e civiltà (Mursia 1977), Psichiatria e fenomenologia (Feltrinelli 1979), Il corpo (Feltrinelli 1983), La terra senza il male (Feltrinelli 1984), Invito al pensiero di Heidegger (Mursia 1986), Gli equivoci dell’anima (Feltrinelli 1987), Il gioco delle opinioni (Feltrinelli 1989), Dizionario di psicologia (Utet 1992, e ora Garzanti 1999), Idee: il catalogo è questo (Feltrinelli 1992), Parole nomadi (Feltrinelli 1994), Paesaggi dell’anima (Mondadori 1996), Psiche e techne (Feltrinelli 1999), Le orme del sacro (Feltrinelli 2000). Da alcuni anni firma una rubrica settimanale sull’inserto "D" della "Repubblica", giornale che ospita anche numerosi suoi interventi su temi sociali e culturali.
Intervista a Umberto Galimberti di Caterina Falomo (tratto da La Critica: www.lacritica.net):
“Il progresso tecnico-scientifico provoca a quanto pare l'irreversibile DECADENZA DELL'UMANESIMO. Ciò vorrebbe dire che IL PENSIERO VIENE SOTTOMESSO ALLA POTENZA DELLA TECNICA. Una VOLONTÀ DI DOMINIO che tutto può "volere" in quanto VUOLE IN PRIMO LUOGO IL PROPRIO INFINITO POTENZIAMENTO. Una potenza che dunque, innanzi tutto, "vuole se stessa". Non potendo comunque cambiare il corso alla storia, queste critiche-osservazioni alla SUPERPOTENZA DELLA TECNICA non nascono dall'ammissione nostalgica di un qualcosa che non c'è più per cui l'umanesimo non sarebbe stato in grado di perpetuare il proprio dominio e proprio allora LA TECNICA AVREBBE PRESO IL SOPRAVVENTO SU TUTTO: SULL'ETICA, SULLA MORALE E ANCHE SUI SENTIMENTI?
CHE L'UMANESIMO SIA FINITO È UNA STORIA VECCHIA ALMENO DI CENT' ANNI NEL SENSO CHE GIÀ LO DICEVA HEIDEGGER NEL 1930. COSA VUOL DIRE UMANESIMO FONDAMENTALMENTE? CHE L'UOMO PUÒ GOVERNARE LA TERRA: ecco oggi questa proposizione non è più praticabile. PER "TECNICA" INTENDO L'OGGETTIVAZIONE DELL'INTELLIGENZA UMANA, la quale è decisamente superiore a qualsiasi uomo, per cui non è più possibile pensare l'uomo come colui che dispone della terra ma bisogna pensare a quei PROCESSI DI OGGETTIVAZIONE DELLA SUA INTELLIGENZA CHE SI CHIAMANO TECNICA e che, essendo superiori alla capacità di tutti gli uomini (intesi sia come individui, sia come gruppi), governano la tecnica, ossia governano la terra. IL PROBLEMA GROSSO È CHE LA TECNICA NON HA UNO SCOPO. Nel senso che, NELLE ETÀ PRETECNOLOGICHE, LA TECNICA È SEMPRE STATA PENSATA COME UN MEZZO. E GLI SCOPI LI ASSEGNAVANO GLI UOMINI.
OGGI LA TECNICA NON È PIÙ UN MEZZO PERCHÉ, ESSENDO DIVENTATA LA CONDIZIONE UNIVERSALE PER REALIZZARE QUALSIASI SCOPO, ESSA DIVENTA IL PRIMO SCOPO: ciò cui ci si rivolge, innanzitutto, e alla cui conquista tutti gli uomini tendono. Solo che, QUANDO UN MEZZO DIVENTA SCOPO, SI RIVELA ANCHE UN MEZZO SENZA SCOPI. Per cui LA TECNICA A QUESTO PUNTO È DIVENTATA SCOPO. QUINDI LA COSA SI FA ANCORA PIÙ DRAMMATICA, POICHÉ ESSA TENDE ESCLUSIVAMENTE AL PROPRIO POTENZIAMENTO. Io produco ad esempio una leva: in seguito farò una leva più potenziata, poi ancora più potenziata. Ma questa descrizione vale finché la leva è un mezzo: però SE LA LEVA NON È PIÙ UN MEZZO MA DIVENTA LO SCOPO, allora resta la struttura del mezzo che è quella di POTENZIARSI SEMPRE DI PIÙ SENZA ALCUNA FINALITÀ.
Ora, siccome LA POLITICA PUÒ REALIZZARE I SUOI SCOPI SOLO SE SI DISPONE DELL'APPARATO TECNICO, siccome LA STESSA RELIGIONE PUÒ REALIZZARE IL SUO UNIVERSALISMO SOLO DISPONENDO DI MEZZI TECNICI, è chiaro che TUTTI VOGLIONO LA TECNICA, la quale però è un fare afinalizzato, un potenziamento afinalizzato, per cui L'UOMO OGGI SI TROVA IN UNO SCENARIO SENZA ORIZZONTI. E NON LI PUÒ CERTO ASSEGNARE ALLA TECNICA QUESTI ORIZZONTI, APPUNTO PERCHÉ LA TECNICA È PIÙ FORTE DI LUI. Questa è una persuasione diffusa anche a livello elementare: ad esempio LA GENTE OGGI DI FRONTE AD UN INCIDENTE STRADALE O A UNO SCONTRO FRA DUE TRENI SPESSO COSA DICE? CHE È STATO UN "ERRORE UMANO", PER CUI L'UOMO È GIÀ PENSATO COME UN ERRORE, E LO SI PENSA DUNQUE SOLO IN RELAZIONE ALLE ESIGENZE DELL'APPARATO TECNICO.
Sì, la cosa strana è che SEMBRA DI ESSER DI FRONTE AD UN NUOVO INDIVIDUO...
Questa è la nostra VISIONE ANTROPOMORFICA: non avendo altro linguaggio L'ASSUMIAMO COME SOGGETTO. Però LA TECNICA PUÒ ESSERE DEFINITA COME LA FORMA PIÙ ALTA DI RAZIONALITÀ UMANA, più alta ancora dell'economia — che è pure una forma razionale — perché L'ECONOMIA È ANCORA CORROTTA DA UNA PASSIONE UMANA, OVVERO LA PASSIONE PER IL DENARO; mentre LA TECNICA È LA FORMA PIÙ ALTA DI RAZIONALITÀ, QUINDI È ASSOLUTAMENTE ANONIMA E INDIFFERENZIATA.
Un'altra cosa che a me pare strana: NON È COMUNQUE LA TECNICA UN PRODOTTO DELLA MENTE DELL'UOMO?
SÌ, PERÒ IL PRODOTTO HA SUPERATO IL PRODUTTORE, per cui sono convinto che tutti quelli che usano il computer sono inferiori al computer che usano, nel senso che non sono capaci di "manipolarlo" come un semplice strumento...
Sì, ma questo è il problema di coloro che non hanno voglia — non dico di pensare, perché pensare non ti risolve i problemi della macchina — però di sforzarsi, di essere convinti che si può approfondire la conoscenza del mezzo...
E' vero quando parliamo di un computer, ma l'apparato tecnico è un complesso di sottoapparati. Ora, IL FATTO È CHE L'APPARATO TECNICO RISULTANTE DALLA SOMMA DI TUTTI GLI APPARATI È DECISAMENTE SUPERIORE A TUTTE LE COMPETENZE. Per cui BISOGNA ANCHE SMOBILITARE L'IDEA CHE ESISTA UN POTERE, UN PRESIDENTE DEGLI STATI UNITI CHE POSSA CONTROLLARE LA TECNICA. No. Anche perché le competenze tecniche sono arrivate ad un livello tale che, per esempio, in America sono nate delle tv divulgative non per far capire le cose alla gente comune ma per far capire al fisico A, che sta studiando una certa cosa, come poter intendersi col fisico B... per cui tra di loro già non si intendono più... dunque, PURE A LIVELLO DI SPECIALIZZAZIONE NON C'È PIÙ NESSUNO CHE È DAVVERO "COMPETENTE". E non è solo il caso della fisica. Lo stesso avviene nel mondo dell'informazione. OGGI LA POLITICA GUARDA ALL'ECONOMIA PER DECIDERE, QUINDI LA POLITICA NON È PIÙ IL LUOGO DELLA DECISIONE. L'ECONOMIA A SUA VOLTA GUARDA ALLE RISORSE TECNICHE PER INVESTIRE. QUINDI LA TECNICA FINISCE PER ESSERE IL LUOGO DELLA DECISIONE PRIVA DI EFFETTIVO "DISCERNIMENTO", perché non ha in vista scelte, scopi, che non siano il suo mero potenziamento.
Se la tecnica è lo stadio ultimo di questo discorso, se però poi lei dice che non siamo ancora nel pieno svolgimento dell'età della tecnica, cosa sta succedendo?
Direi che la tecnica non è ancora la forma universale del mondo, innanzitutto per una ragione geografica, perché LA TECNICA È UN EVENTO SOLO OCCIDENTALE. Inoltre, anche all'interno dell'occidente ci sono dei residuati antropologici, nel senso che oggi ancora il potere politico può dire alla tecnica ti potenzio qua e non ti potenzio là... Perché si arrivi all'egemonia totale ci vuole ancora un po' di tempo: in questo senso dico "non si è ancora fatta sera", però non vedo l'alternativa.
«COME FA L'ETICA CHE NON PUÒ, A DIRE ALLA SCIENZA E ALLA TECNICA, CHE POSSONO, DI NON FARE CIÒ CHE POSSONO?» A me sembra che L'ATTENZIONE SIA SEMPRE RIVOLTA VERSO L'ESTERNO, COME PER DIRE CHE È TUTTO INEVITABILE. L'etica non ha forse delle colpe?
Io non farei una critica all'umanesimo, perché L'UMANESIMO HA GESTITO UN'ETICA FINCHÉ SI PENSAVA CHE IL BENE E IL MALE FOSSERO FACCENDE CHE RIGUARDAVANO LA SFERA UMANA. Nessuno pensava che l'aria o l'acqua rientrassero nella responsabilità umana, perché ce n'era tanta e gli uomini erano pochi, per cui LE VISIONI ETICHE CHE FINORA ABBIAMO COSTRUITO AVEVANO NEL BENE E NEL MALE LIMITATO LA SFERA UMANA. Noi sostanzialmente possiamo distinguere TRE ETICHE NELLA STORIA DELLA CULTURA OCCIDENTALE: LA PRIMA È QUELLA DELL'INTENZIONE, PER CUI IO SONO COLPEVOLE O NON COLPEVOLE A SECONDA DELL'INTENZIONE CHE AVEVO NEL COMPIERE UN'AZIONE. Su questo si è fondato tutto l'ordine giuridico dell'Europa: di fronte a un fatto si dice SE IL DELITTO ERA INTENZIONALE, PRETERINTENZIONALE, eccetera. Ora, a me sapere le intenzioni di uno scienziato, ad esempio di Fermi che inventa la bomba atomica, non interessa niente sul piano etico, mi interessano piuttosto gli effetti della bomba atomica. Per cui L'ETICA DELL'INTENZIONE DI ORIGINE CRISTIANA NON MI SERVE PIÙ.
Abbiamo poi UN'ETICA LAICA CHE TROVA IN KANT IL SUO MAGGIORE ESPONENTE: AFFERMA CHE L'UOMO DEVE ESSERE TRATTATO SEMPRE COME UN FINE E MAI COME UN MEZZO, LASCIANDO IMPLICITO CHE TUTTE LE ALTRE COSE POSSANO INVECE ESSERE TRATTATE COME UN MEZZO. SOLO CHE OGGI POSSO DAVVERO TRATTARE COME UN MEZZO GLI ANIMALI, I PESCI, LE PIANTE, L'ARIA, L'ACQUA, CIOÈ TUTTO QUEL CHE È FUORI DALL'UMANO? NO, PERCHÉ LA TECNICA MI STA DISFACENDO L'HABITAT IN CUI VIVO, PER CUI DEVO COSTRUIRE UN'ETICA CHE SI FACCIA CARICO DI SFERE EXTRAUMANE DI CUI ANCHE L'ETICA LAICA NON AVEVA FORMULATO IL PRINCIPIO.
POI C'È UNA TERZA ETICA, MESSA IN CIRCOLAZIONE DA MAX WEBER, CHE È L'ETICA DELLA RESPONSABILITÀ (1910). WEBER DICE CHE NON BISOGNA GUARDARE L'INTENZIONE DEGLI UOMINI, BISOGNA GUARDARE GLI EFFETTI DELLE LORO AZIONI. Poi però apre una parentesi e dice: «QUANDO GLI EFFETTI SONO PREVEDIBILI». Ora, È PROPRIO DELLA TECNICA PRODURRE EFFETTI IMPREVEDIBILI, ad esempio gli organismi geneticamente modificati hanno degli effetti che non conosciamo ancora, però la tecnica biogenetica va avanti. Ecco allora che ANCHE QUESTA ETICA DELLA RESPONSABILITÀ NON FUNZIONA. ALTRE NON NE ABBIAMO INVENTATE. E allora ci troviamo nella posizione patetica per cui L'ETICA INVOCA LA TECNICA DI NON FARE CIÒ CHE PUÒ. Ad esempio, si può fecondare in mille maniere: si può fare o non si può fare? L'etica può dire quello che vuole la tecnica va avanti e fa. Perché il motto della tecnica è che «si deve fare tutto quello che si può fare». Questa è l'etica della tecnica, prescindendo da tutte le conseguenze.
«INQUIETANTE NON È CHE IL MONDO SI TRASFORMI IN UN UNICO APPARATO TECNICO – ANCORA PIÙ INQUIETANTE È CHE NON SIAMO AFFATTO PREPARATI A QUESTA RADICALE TRASFORMAZIONE DEL MONDO» (Heidegger). La consapevolezza di ciò a cosa porta? IO PERSONALMENTE VIVO QUEST'ANSIA DA TECNICA (CELLULARI, COMPUTER… ) ma il sapere quali sono i danni miei e della civiltà non mi consola, anzi mi intristisce ancora di più perché sento la frustrazione e l'impotenza del NON POTER FARE NULLA, ANCHE PERCHÉ SE IO DICO NO ALLA TECNICA, A PARTE IL VIVERE MALE, VIVO COMUNQUE IN UN MONDO TECNICIZZATO.
Qui HEIDEGGER STA DICENDO CHE LA TECNICA NON SOLO HA DEGLI EFFETTI SUL MONDO ESTERNO MA HA DEGLI EFFETTI ANCHE SU DI NOI; DICE ANCHE UN'ALTRA COSA CHE È INQUIETANTE: IL FATTO PER CUI NOI NON DISPONIAMO DI UN PENSIERO CHE NON SIA IL PENSIERO DEL CALCOLO. OGGI PER NOI OCCIDENTALI PENSARE SIGNIFICA FAR DI CONTO, CALCOLARE, PREVEDERE, FARE PIANI, ORGANIZZARE, MA QUESTO È PIENAMENTE IL PENSIERO TECNICO. ALLORA LA TECNICA È GIÀ ENTRATA A MODIFICARE IL NOSTRO MODO DI PENSARE: QUESTO È L'INQUIETANTE. ALLORA LA DOMANDA È QUESTA, NON È INQUIETANTE CHE IL MONDO SI TRASFORMI IN UN APPARATO TECNICO, non è inquietante abbastanza il fatto che noi non siamo preparati, ma È INQUIETANTE IL FATTO CHE NON DISPONIAMO NEPPURE DI UNA RISORSA DI PENSIERO ALTERNATIVA, PERCHÉ LA TECNICA HA GIÀ CONDIZIONATO IL NOSTRO MODO DI PENSARE TRASFORMANDO IL PENSIERO IN CALCOLO E QUINDI NOI SIAMO ORGANICI ALLA TECNICA GIÀ NEL NOSTRO STESSO MODO DI PENSARE.
LA GENTE NON ACCETTA QUESTE COSE: CONTINUA A PENSARE DI VIVERE IN UN'EPOCA UMANISTICA E HA, SÌ, UNA CERTA ANSIA DELLA TECNICA, MA È SEMPRE PERSUASA CHE L'UOMO POSSA CONTROLLARE CON LA VOLONTÀ LA TECNICA MEDESIMA. E INVECE BISOGNA RENDERSI CONTO CHE LA TECNICA MODIFICA RADICALMENTE LE FIGURE CON CUI L'UMANITÀ HA PENSATO SE STESSA. PER ESEMPIO, MODIFICA IL CONCETTO DI VERITÀ. Per cui È VERO QUELLO CHE È EFFICACE, QUELLO CHE FA EFFETTO: questo non si era mai detto, MODIFICA IL CONCETTO DI LIBERTÀ PERCHÉ IO POSSO SCEGLIERE ALLA SOLA CONDIZIONE DI POTER ESSERE TECNICAMENTE COMPETENTE, perché se invece non ho una competenza non posso affatto scegliere...
Quindi, LA LIBERTÀ È CADENZATA DALLA COMPETENZA TECNICA. L'INDIVIDUO VA IN CRISI PERCHÉ NELL'ETÀ DELLA TECNICA, PER EFFETTO DEI MEZZI DI COMUNICAZIONE, CIASCUNO PENSA QUELLO CHE PENSANO TUTTI, e allora a questo punto anche la storia dell'individuo deve essere rivisitata. Le rivoluzioni non sono più possibili nell'età della tecnica perché LE RIVOLUZIONI SONO POSSIBILI QUANDO CI SONO DUE VOLONTÀ, IL SIGNORE E IL SERVO, MA NELL'ETÀ DELLA TECNICA SIA IL SIGNORE SIA IL SERVO SONO SUBORDINATI ALL'ACCADERE TECNICO. Nel senso che NON È SOLO L'OPERAIO A DOVER SOTTOSTARE ALLE LEGGI DEL MERCATO, MA ANCHE IL CAPITALISTA. Quindi, la tecnica riduce i contendenti a subordinati, per cui la rivoluzione è impossibile. CON CHI ME LA PRENDO? CON LA TECNICA CHE È LA CONDIZIONE DELLA MIA VITA? E allora, in questo senso, DICIAMO CHE PARLARE DELLA TECNICA SIGNIFICA OGGI SVEGLIARE LA GENTE E DIRE: RENDETEVI CONTO CHE SIAMO NELL'ETÀ DELLA TECNICA E SE CONTINUATE AD ABITARE QUESTO NUOVO PAESAGGIO CON CATEGORIE UMANISTICHE VIVETE IN UN ALTRO MONDO, NON SIETE ALL'ALTEZZA DEL MONDO IN CUI VI MUOVETE. Quindi si tratta di una sorta di EDUCAZIONE ALLE CONSAPEVOLEZZA CHE LE CATEGORIE UMANISTICHE OGGI NON FUNZIONANO PIÙ, CIOÈ SONO DISADATTE AD INTERPRETARE QUESTO MONDO.
E per quelli che già se ne rendono conto?
Oggi la TECNICA funziona ancora come MEZZO DI VOLONTÀ CONTRASTANTI, poi arriverà ad un punto in cui eliminerà anche le volontà contrastanti. Prendiamo ad esempio IL CAPITALISMO: IL CAPITALISMO PER ESPANDERSI, PER SEGUIRE LA SUA LOGICA ESPANSIONISTICA FINISCE PER DISTRUGGERE LA TERRA CHE È L'ELEMENTO DELLA SUA RICCHEZZA E ALLORA COSA FA PER RALLENTARE LA DISTRUZIONE DELLA TERRA? DEVE RICORRERE ALLA TECNICA. E la tecnica pone le sue leggi indipendentemente dalle leggi del capitale. Per cui anche la conceria di Treviso per fare il profitto deve distogliere parte del suo profitto per realizzare il depuratore. Questo vuol dire che IL CAPITALISMO STA COMINCIANDO A PAGARE DEI COSTI ALLA TECNICA. In qualche modo OGGI È IPOTIZZABILE UN RISCATTO DELL'UMANITÀ PROPRIO GRAZIE ALLA TECNICA. 
Può secondo LEI L'ARTE — INTESA IN SENSO AMPIO COME "ESPRESSIONE ARTISTICA" — ESSERE UNA VIA DI FUGA PER QUEL MONDO PERDUTO DELLA PSICHE, DELLA FANTASIA, DELLE EMOZIONI E DEI SOGNI? E come vede in tal caso il RAPPORTO TRA ARTE E TECNICA?
L'ARTE È L'ORNAMENTO DEL CAPITALE. L'arte può essere sì un'ALTERNATIVA ALLA TECNICA, ma dal punto di vista, appunto, della VIA DI FUGA. La tecnica è efficentistica e incide anche nelle pratiche quotidiane della vita. L'ARTE ESISTE, MA PUÒ ESSERE UN CONTRALTARE ALLA TECNICA SOLO SE IL MONDO SI ORGANIZZA ARTISTICAMENTE. Ma non mi pare che il mondo si organizzi in questo senso. Non dovremmo forse sempre vedere qual è la parola senza la quale non si può spiegare ciò che succede? SE IO TOLGO LA PAROLE "ARTE" QUESTO MONDO VA AVANTI LO STESSO? MI PARE DI SÌ. SE TOLGO LA PAROLA "TECNICA"? NO. Allora L'ARTE NON È UN CONTRAPPUNTO DELLA TECNICA, È UN RIFUGIO ESTETICO ED EMOTIVO. Qualcosa come il weekend più nobile rispetto ad un weekend ormai tecnicizzato, poiché ormai assistiamo anche alla tecnicizzazione del tempo libero. Dopodiché, c'è l'ultima speranza da affidare al terzo o quarto mondo, nel senso che la tecnica è un elemento solo occidentale che investe 800 milioni di persone che consumano l'80% delle risorse del mondo. La tecnica in sé è una struttura fortissima ma anche debolissima. Ad esempio, il terrorismo capta la debolezza della tecnica. La sua fragilità.
Venezia, 12 Giugno 2002

http://www.kore.it/caffe2/intergalimebrti.htm

Galimberti su You Tube: http://www.youtube.com/watch?v=HYaOwyYsycU


Testo interessante: "Il potere dell'intenzione " di Wayne Dyer

Luigi Pirandello. Sei Personaggi in cerca d'autore.
Abbiamo tutti dentro un mondo di cose:
ciascuno un suo mondo di cose! E come possiamo intenderci, signore, se nelle parole ch'io dico metto il senso e il valore delle cose come sono dentro di me; mentre chi le ascolta, inevitabilmente le assume col senso e col valore che hanno per sé, del mondo com'egli l'ha dentro?  Crediamo di intenderci; non ci intendiamo mai!

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