lunedì 12 dicembre 2011

Marco Aurelio. Ognuno vale quanto le cose a cui dà importanza.

In un settimanale inglese, un attacco contro Marco Aurelio, che l'autore accusa d'ipocrisia, di filisteismo e di affettazione. Furente, mi apprestavo a rispondere quando, pensando all'imperatore, mi sono in fretta ripreso. Era giusto che non mi indignassi in nome di chi mi ha insegnato a non indignarmi mai.
Emil Cioran


Prendere senza illusioni,
lasciare senza difficoltà.
Marco Aurelio


Conviene affrettarsi; non solo perchè la morte ogni istante si fa sempre più vicina, ma anche perchè prima della morte può cessare la chiara visione della mente e la comprensione degli eventi.
Marco Aurelio

Uscire di vita, morire, se esistono gli dei, non è cosa che deve farti paura, perchè non è possibile che essi vogliano farti del male; e se invece non esistono e non si curano delle cose umane, che senso ha continuare a vivere in un mondo senza dei e senza provvidenza?
Marco Aurelio


Che cosa c'è di male o di strano se chi è ignorante agisce da ignorante?
Bada piuttosto che tu non debba rimproverare te stesso per quello che è accaduto, perchè non hai saputo prevedere che costui potesse comportarsi come si è comportato. Grazie alla ragione, tu avevi i mezzi per capire che con tutta probabilità egli avrebbe fatto quello che ha fatto, e invece non l'hai utilizzata e ora ti meravigli che quello abbia agito come ha agito.
Marco Aurelio


Se siamo afflitti da qualcosa di esterno, il dolore non è dovuto alla cosa in sé, ma alla valutazione dell’importanza che gli stiamo dando, e questa valutazione noi abbiamo il potere di cambiarla in qualsiasi momento.
Marco Aurelio


Guarda dentro le cose:
di nessuna lasciati fuggire
né la qualità né il valore.
Marco Aurelio


NON VIVERE COME SE TU AVESSI ANCORA 10.000 ANNI DA VIVERE.
Il fato incombe su di te. Finché vivi, finché ti è possibile, diventa buono.
Marco Aurelio


MARCO AURELIO - Un filosofo sul trono.
Marco Aurelio - l'imperatore filosofo - era di origine plebea, ma ricevette un'ottima educazione e fu protetto da Adriano. Imperatore dal 161 al 180, fu definito "un saggio sul trono", univa l'amore per la cultura e la scienza alla severità dei costumi stoici che si rifacevano alla parca e apparente rudezza dei Romani antichi. Anche nella molteplice attività politica e militare trovò tempo e raccoglimento per scrivere un testo pieno di riflessioni filosofiche intitolato ''A se stesso'', originariamente vergato in greco e che posteri conobbero sotto il titolo ''Ricordi''. Eppure, per la maggior parte del suo regno dovette allestire e condurre guerre, andando contro la sua naturale inclinazione alla pace e soltanto per essere fedele ai suoi doveri di principe. Alcuni particolari delle sue vicende belliche non sono noti; solo in maniera imperfetta ci vengono narrate dalle decorazioni che appaiono sulla colonna eretta fra il 180 e il 196 con le sue imprese, oggi si eleva in Piazza Colonna, nel cuore di Roma, sormontata dalla statua bronzea di San Paolo sistemata nel 1588. Lungo il bassorilievo a 20 spirali sono narrate le storie della guerra sarmatica e della guerra germanica, con uno stile meno raffinato dei rilievi della Colonna Traiana, ma di estremo interesse per le scene, i costumi e gli ambienti che vi sono riprodotti. Un tempo la colonna ebbe la sua sistemazione fra il tempio di Marco tempio di Adriano, presso la non lontana piazza di Pietra.

Un aneddoto poco conosciuto riguardo la statua equestre di Marco Aurelio situata nella Piazza del Campidoglio a Roma.
''In occasione dei festeggiamenti in onore di Cola di Rienzo e della cacciata degli Orsini e dei Colonna, in piena epoca tardomedievale, precisamente nella serata del 1 Agosto del 1347, il popolo romano si abbandonò alla baldoria generale, e nell’euforia del momento versò una tale quantità di vino all’interno del cavallo, che esso fuoriuscì a fiumi dalle sue narici. Fortunatamente l’evento non causò alcun danno alla statua, che a tutt’oggi può essere ammirata in tutta la sua maestosità.''



Fu indicato come figlio adottivo da un altro grande imperatore, Adriano impose ad Antonino Pio di adottarlo e indicarlo come futuro imperatore, rompendo con la logica della successione parentale, ma Marco Aurelio pur essendo stato un ottimo imperatore cedette alla richiesta della moglie e indicò Commodo uno dei peggio.


Tutte le cose altro non sono se non ciò che noi pensiamo che siano e quindi tutte le cose sono quello che vogliamo che siano. Perciò, tutte le volte che puoi, smetti di dare un significato alle cose in base a ciò che pensi, sopprimi cioè le opinioni che ti fai intorno a esse, e come chi ha doppiato il promontorio, troverai un mare calmo, un'assoluta tranquillità e un'insenatura riparata dai flutti.
Marco Aurelio


Il tempo è una specie di fiume negli eventi o un torrente impetuoso. Appena una cosa è comparsa, ed è già portata via e un'altra è tratta e un'altra ancora viene inghiottita.
Marco Aurelio.


Tutti siamo nati per aiutarci l'uno con l'altro, come i piedi, le mani, le palpebre e i denti di sopra e di sotto. Per questo, è contro natura farsi del male reciprocamente.
Marco Aurelio

Ma cosa allora ha valore?
Suscitare gli applausi? Certamente no.
Né tanto meno suscitare le lodi della folla,
che altro non sono che applausi della lingua.
Marco Aurelio


Anche se tu dovessi vivere tremila anni e dieci volte altrettanto, in ogni caso ricorda che nessuno perde altra vita se non questa che sta vivendo, né vive altra vita se non questa che va perdendo. Pertanto la durata più lunga e la più breve coincidono. Infatti il presente a uguale per tutti e quindi ciò che si consuma è uguale e la perdita risulta, così, insignificante. Perché nessuno può perdere il passato né il futuro: come si può essere privati di quello che non si possiede? Ricordare sempre, quindi, questi due punti: il primo, che tutto, dall’eternità, a della medesima specie e ciclicamente ritorna, e non fa alcuna differenza se si vedranno le stesse cose nello spazio di cento o di duecento anni o nell’infinità del tempo; il secondo, che sia chi vive moltissimi anni sia chi dopo brevissimo tempo è già morto subiscono una perdita uguale. È solo il presente, infatti, ciò di cui possono essere privati, poiché è anche l’unica cosa che possiedono, e uno non perde quello che non ha.
Marco Aurelio, Pensieri


C’è chi cerca di isolarsi ritirandosi in campagna, sui monti o al mare, e anche tu coltivi questo desiderio, ma ciò è da sciocchi, visto che l’uomo in qualunque momento, basta che lo voglia, può ritirarsi in se stesso, poiché non c’è luogo più calmo e tranquillo della propria anima, tanto più per chi ha dentro princìpi tali che gli basta volgersi ad essi per trovare subito la serenità, la quale non è altro che il giusto ordine interiore. Concediti dunque spesso questo tipo di ritiro e rinnova continuamente te stesso: bastano brevi ed elementari riflessioni per liberarti da ogni angustia e restituirti alla vita quale essa dev’essere, cioè senza fastidio o avversione di sorta.
Marco Aurelio, Pensieri

(…) E fragili foglie sono anche i tuoi figli;
fragili foglie, anche quella gente che grida
il suo applauso e la sua approvazione,
o, al contrario, maledice, oppure, nell’intimo, critica e dileggia;
fragili foglie, ugualmente, anche le stirpi destinate a ricevere la nostra fama postuma.
Tutti questi esseri, infatti, nascono nella stagione di primavera;
ma poi il vento li getta a terra, e successivamente la selva altri, al posto di quelli, ne genera.
E la fugacità d'un’esistenza è la condizione comune a ogni cosa ..
Marco Aurelio (121-180 d.C.), Pensieri.


Marco Aurelio decise di assumere un servo per farsi accompagnare nelle piazze di Roma.
Questi aveva soltanto un compito, sussurrargli all’orecchio mentre lo riempivano di lodi
“Sei solo un uomo, sei solo un uomo!”
Jonas - GIUSTIZIA PRIVATA


"Marco Aurelio era così contrario alle uccisioni che a Roma assisteva ai combattimenti dei gladiatori come se essi fossero degli atleti, senza che rischiassero la vita; a nessuno di loro, infatti, diede mai una spada appuntita, ma tutti combattevano con delle armi innocue, come se fossero state spuntate. A tal punto Marco aborriva ogni genere di strage che, anche quando ordinò, per richiesta del popolo, che venisse introdotto nell'arena un leone addestrato a sbranare uomini, non solo non volle vederlo, ma non affrancò neppure il suo addestratore, sebbene gli spettatori lo chiedessero con insistenza; anzi, fece proclamare dal banditore che quel tale non aveva fatto nulla per meritarsi la libertà ".
Cassio Dione (Storia Romana, LXXI, 29, 3-4)

Et in Arcadia Ego:
La caratura morale di Marco Aurelio, l'imperatore filosofo seguace dello Stoicismo, emerge sia dai suoi scritti che dalle testimonianze degli storici. Una personalità completamente originale e inusuale per i suoi tempi.

"Da Severo ho appreso: l'amore per la famiglia, per la verità e per la giustizia; e anche l'aver conosciuto, grazie a lui, Trasea, Elvidio, Catone, Dione e Bruto; l'aver concepito l'idea di uno stato democratico, fondato sull'uguaglianza e sulla libertà di parola; l'idea di una monarchia che rispettasse sopra ogni cosa la libertà dei sudditi".
Marco Aurelio (Pensieri, I, 14)


Et in Arcadia Ego:
Nel primo libro dei suoi "Pensieri", l'imperatore filosofo passa in rassegna tutte le persone della sua famiglia e gli uomini di pensiero verso i quali è debitore per la sua formazione umana e spirituale. Il filosofo peripatetico Claudio Severo gli trasmise l'amore per le grandi figure della tradizione repubblicana. Il senatore avverso al principato Trasea Peto fu costretto al suicidio da Nerone nel 66; Elvidio Prisco fu condannato a morte da Vespasiano nel 75; Dione di Siracusa (IV secolo a.C.) fu avversario di Dionigi, il tiranno della città; Catone l'Uticense e Giunio Bruto, gli irriducibili avversari di Cesare, il primo suicida ad Utica, il secondo a Filippi. Sembra quasi incredibile che un monarca assoluto potesse provare ammirazione per questi personaggi, ma l'ideale monarchico di Marco Aurelio era particolarmente attento alle necessità delle classi inferiori e rispettoso, come lui stesso dice, dell'uguaglianza e della libertà di parola dei cittadini.



Ricorda da quanto tempo rinvii queste cose e quante volte, ricevuta una scadenza dagli dèi, non la metti a frutto. Devi finalmente comprendere quale sia il cosmo di cui sei parte, quale sia l'entità al governo del cosmo della quale tu costituisci un'emanazione, e che hai un limite circoscritto di tempo, un tempo che, se non ne approfitti per conquistare la serenità, andrà perduto, e andrai perduto anche tu, e non vi sarà un'altra possibilità.
Marco Aurelio


Contro le cose non conviene adirarsi, giacchè esse non se ne curano affatto. 
Le cose esteriori non arrivano a toccare l'anima, ma ne restano sempre al di fuori immobili, mentre ogni turbamento proviene solo dalla nostra opinione interiore; tutte le cose che ora vedi muteranno in men che non si dica e non esisteranno più. L'universo è cambiamento; la vita opinione.
Marco Aurelio


La durata della vita umana non è che un punto e la sostanza è un flusso, e nebulose ne sono le percezioni, e la composizione del corpo è corruttibile, e l’anima è un turbine, e la fortuna imperscrutabile, e la fama cosa insensata… E dunque, cosa c’è che possa guidare un uomo?
Una cosa e solo una, la filosofia.
Marco Aurelio, A sè stesso - Pensieri


Se sei afflitto da qualche causa esterna, non è questa ciò che ti molesta veramente, ma il giudizio che ne dai, e questo sì, puoi annullarlo immediatamente. Se invece ciò che t'affligge è inerente al tuo carattere, chi t'impedisce di correggere il tuo giudizio? In modo analogo, se ti rattristi di non riuscire a compiere un'opera che ti pare buona, perchè non ritenti con più impegno, invece di rattristarti? “Ma un ostacolo troppo forte me lo impedisce.” E allora non affliggerti, dato che non dipende da te la ragione del tuo insuccesso. “Ma non vale più la pena vivere, se non posso compiere quest'opera.” Esci allora serenamente dalla vita, come muore colui che porta a termine il suo fine, senz'astio verso gli ostacoli incontrati.
Marco Aurelio, A Se Stesso, libro VIII


Guarda come precaria e misera è la condizione dell'uomo: ieri embrione, domani mummia o cenere. E dunque questa briciola di tempo che ti è concessa vivila secondo natura e separati dalla vita serenamente, come l'oliva matura che cade benedicendo la terra che l'ha portata su di sè, e rendendo grazie all'albero che l'ha fatta maturare.
Marco Aurelio
L'Imperatore Filosofo, II secolo d.C


"Non ti vergognare di essere aiutato; giacché, come un soldato in un assedio quando assalta le mura, che faresti se fossi zoppo e non riuscissi da solo a compiere la scalata, ma ti fosse invece possibile con l'aiuto di un altro"?
Marco Aurelio (Pensieri, VII, 7)


“Al mattino comincia col dire a te stesso: incontrerò un indiscreto, un ingrato, un prepotente, un impostore, un invidioso, un individualista. Il loro comportamento deriva ogni volta dall'ignoranza di ciò che è bene e ciò che è male. Quanto a me, poiché riflettendo sulla natura del bene e del male ho concluso che si tratta rispettivamente di ciò che è bello o brutto in senso morale, e, riflettendo sulla natura di chi sbaglia, ho concluso che si tratta di un mio parente, non perché derivi dallo stesso sangue o dallo stesso seme, ma in quanto compartecipe dell'intelletto e di una particella divina, ebbene, io non posso ricevere danno da nessuno di essi, perché nessuno potrà coinvolgermi in turpitudini, e nemmeno posso adirarmi con un parente né odiarlo. Infatti siamo nati per la collaborazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti superiori e inferiori. Pertanto agire l'uno contro l'altro è contro natura: e adirarsi e respingere sdegnosamente qualcuno è agire contro di lui.
Marco Aurelio, Pensieri (II, 1)


MARCO AURELIO, Pensieri (II, 1)
Nel passo seguente le meditazioni del grande Marco Aurelio mettono in evidenza almeno tre principi connessi alla questione etica:

1) Il concetto socratico che il comportamento etico sia determinato dalla conoscenza: si agisce male per ignoranza di ciò che è veramente bene per se stessi e per gli altri (l’egoista crede di fare il suo bene soddisfacendo un proprio bisogno immediato, ma ignora che sta facendo indirettamente del male a se stesso oltre che agli altri). Vedendo le cose in questo modo si può essere più clementi verso i difetti e le mancanze degli altri senza fargliene una colpa.

2) La sfera etica viene associata a quella estetica secondo la visione ellenica di “unità nella stessa persona di bellezza e valore morale”: καλὸς καὶ ἀγαθός, kalòs kai agathòs, buono=bello, male=brutto. Ciò porta e ricercare sempre il bello nelle proprie azioni in modo che si compia il bene perché è bello (il fine dell’azione è in se stesso e non in una ricompensa materiale o escatologica).

3) Il principio dell’intima interconnessione fondamentale di tutti gli esseri fondata sulla compartecipazione di ognuno all’immanenza del Logos divino (Mente) ed espresso mediante due metafore: la parentela e le parti componenti di un corpo unico. Da ciò ne deriva che è innaturale, e anche da stolti, fare del male a qualcuno perché danneggiando una parte del tutto si provocano conseguenze dirette o indirette anche sull’agente stesso.



"E parlando degli uomini occorre anche osservare le cose terrene come da un luogo elevato si guarda verso il basso: folle, eserciti, lavori dei campi, nozze, divorzi, nascite, morti, strepito di tribunali, terre deserte, varie popolazioni barbariche, feste, lutti, mercati, gran miscuglio e armonia dei contrari....Osserva, dall'alto: mandrie innumerevoli, infinite cerimonie, ogni sorta di navigazione tra tempeste e bonacce, molteplice diversitá di esseri che nascono, vivono, scompaiono..... Se, trasportato d'improvviso in alto, guardassi le cose umane e ne considerassi la veritá, le disprezzeresti, vedendo allo stesso tempo com'è vasto lo spazio abitato dagli esseri celesti. "
Marco Aurelio, Pensieri (VII, IX, XII)


A una sola cosa tendi, e cerca col tuo volere: 
essere a te stesso bello in ogni cosa che fai.
Marco Aurelio



In nessun altro luogo un uomo si può ritirare trovando più quiete o libertà che nella propria anima.
Marco Aurelio, da “Meditazioni, Libro IV


Scava dentro di te, perché DENTRO DI TE 
è la fonte del bene e zampillerà senza fine, 
se continuerai a scavare
Marco Aurelio


Non essere disordinato nelle tue azioni nè fumoso nei tuoi discorsi nè incostante nei tuoi pensieri, evita sia di scoraggiarti sia di esaltarti troppo e concediti ogni giorno un pò di tempo per te stesso.
Marco Aurelio


Se non sei in grado di fare grandi cose, cerca almeno di farti stimare e ammirare per quelle qualità che dipendono esclusivamente da te: la sincerità, la dignità, la pazienza, l'indifferenza nei confronti dei piaceri, la frugalità, la bontà, la libertà morale, la semplicità, la serietà e la magnanimità.
Marco Aurelio


"Si cercano un luogo di ritiro, campagne, lidi marini e monti; e anche tu sei solito desiderare fortemente un simile isolamento. Ma tutto questo è proprio di chi non ha la minima istruzione filosofica, visto che è possibile, in qualunque momento lo desideri, ritirarti in te stesso; perché un uomo non può ritirarsi in un luogo più quieto o indisturbato della propria anima, soprattutto chi ha, dentro, principî tali che gli basta affondarvi lo sguardo per raggiungere subito il pieno benessere: e per benessere non intendo altro che il giusto ordine interiore".
Marco Aurelio


Se siete afflitti da qualcosa di estremo, il dolore non è dovuto alla cosa in sé, ma alla valutazione che voi ne fate; valutazione che avete il potere di revocare in qualsiasi momento.
Marco Aurelio



Se siamo afflitti da qualcosa di esterno, il dolore non è dovuto alla cosa in sé, ma alla valutazione dell’importanza che gli stiamo dando, e questa valutazione noi abbiamo il potere di cambiarla in qualsiasi momento.
Marco Aurelio


Bisogna eliminare non solo le azioni ma anche i pensieri non necessari, perché così non tireranno dietro, come inevitabile conseguenza, neppure le azioni inutili. 
Marco Aurelio


Tutte le cose altro non sono se non ciò che noi pensiamo che siano e quindi tutte le cose sono quelle che vogliamo che siano. Perciò, tutte le volte che vuoi, smetti di dare un significato alle cose in base a ciò che pensi, sopprimi cioè le opinioni che ti fai intorno a esse, e come chi ha doppiato il promontorio, troverai un mare calmo, un'assoluta tranquillità e un'insenatura riparata dai flutti.
Marco Aurelio


L'anima dell'uomo si copre d'infamia quando si lascia prendere dall'ira, quando nutre antipatia per qualcuno o si dà da fare per nuocergli, quando si lascia vincere dal dolore o dal piacere, quando con ipocrisia fa o dice cose contrarie al vero e, infine, quando opera a caso, senza porsi uno scopo preciso.
Marco Aurelio

Che cosa c'è di male o di strano se chi è ignorante agisce da ignorante?
Bada piuttosto che tu non debba rimproverare te stesso per quello che è accaduto, perché non hai saputo prevedere che costui potesse comportarsi come si è comportato. Grazie alla ragione, tu avevi i mezzi per capire che con tutta probabilità egli avrebbe fatto quello che ha fatto, e invece non l'hai utilizzata e ora ti meravigli che quello abbia agito come ha agito.
Marco Aurelio

E' ridicolo che non si cerchi di evitare la propria malvagità, cosa che è possibile, e si cerchi invece di evitare la malvagità altrui, cosa che è impossibile.
Marco Aurelio

Ognuno vale quanto le cose a cui dà importanza. 
Marco Aurelio

Quando ti alzi al mattino, pensa quale prezioso privilegio è essere vivi
Marco Aurelio


Gli uomini sono nati gli uni per gli altri; o li educhi o li subisci.
Marco Aurelio

Guarda dentro le cose: di nessuna lasciati fuggire nè la qualità nè il valore.
Marco Aurelio

Non vivere come se tu avessi ancora diecimila anni da vivere. 
Il fato incombe su di te. Finché vivi, finché ti è possibile, diventa buono.
Marco Aurelio

 Il modo migliore per difendersi da un nemico è di non comportarsi come lui
Marco Aurelio


Togli il giudizio dalla tua mente e sarà tolto il <<sono stato offeso>>; 
togli il <<sono stato offeso>> e sarà tolta l'offesa.
Marco Aurelio


Quando qualcuno ti fa un torto, pensa subito quale era la concezione del bene e del male che egli aveva in nel momento in cui ti faceva torto. Se farai così, proverai compassione di quell'uomo, e non ti sentirai nè sorpreso nè adirato. Di fatto o hai anche tu la stessa concezione del bene e del male o una simile, e allora non potrai che perdonarlo, oppure non hai la stessa concezione del male e del bene, e allora ti riuscirà facile essere indulgente nei confronti di uno che la pensa in modo così sbagliato.
Marco Aurelio


Dal mattino comincia a dire a te stesso: incontrerò gente vana, ingrata, violenta, fraudolenta, invidiosa, asociale; tutto ciò capita a costoro per l'ignoranza del bene e del male. Io, invece, che ho capito, avendo meditato sulla natura del bene, che esso è bello, e sulla natura del male che esso è turpe e sulla natura di chi sbaglia che egli è mio parente, non perché si sia del medesimo sangue e seme, ma perché egli è, come me, provvisto di mente e partecipe del divino, e che non posso essere danneggiato da alcuno di loro, perché nessuno mi potrà coinvolgere nella sua turpitudine, ebbene, io non posso né adirarmi con un mio parente né provare odio per lui. Siamo, infatti, nati per la cooperazione, come i piedi, le mani, le palpebre, i denti in fila sopra e sotto. L'agire gli uni contro gli altri è dunque contro natura, ed è agire siffatto lo scontrarsi e il detestarsi.
Marco Aurelio, "Pensieri", II, 1


“Al mattino comincia sùbito a dire con te stesso: avrò da fare con gente che mette il naso negli interessi altrui; con ingrati; con violenti; con furbi; con malevoli; con gente non socievole. Tutto questo accade a costoro per ignoranza del bene e del male.
Io, invece, ho potuto meditare sulla natura del bene e […] apprendere che non posso venir danneggiato da qualche difetto di altri (in realtà nessuno mi potrà implicare nella sua bruttezza); io non posso adirarmi con un mio affine e neppur sentirmigli nemico.
Siamo nel mondo per reciproco aiuto, come piedi, come mani, come palpebre, come i denti di sopra e di sotto in fila; in conseguenza è contro natura ogni azione di reciproco contrasto.
Ed è contrasto l'ira e la reciproca avversione.”
Marco Aurelio, “Ricordi”, II, 1, tr. it. Rizzoli, p. 21


Se l'intelligenza è comune a noi uomini, è comune anche la ragione, in virtù della quale siamo esseri razionali; se così, è comune anche la ragione che ordina ciò che deve o non deve essere fatto; se così, è comune anche la legge; se così, siamo concittadini; se così, partecipiamo di un organismo politico; se così, il cosmo è come una città. Di quale altro organismo politico comune, infatti, si potrà dire partecipe l'intera umanità? E di qui, da questa città comune, ci viene la nostra stessa intelligenza, ragione, legge; da dove, altrimenti? Infatti, come ciò che in me vi è di terreno è particella ricavata da una qualche terra, l'umido da un altro elemento, il soffio vitale da una sorgente, il calore e il fuoco da una loro specifica fonte - perché nulla viene dal nulla, come neppure finisce nell'inesistente -, così appunto anche l'intelligenza ha origine da qualcosa.
Marco Aurelio, Nulla viene dal Nulla


Un attimo dura la vita dell’uomo, e un fluire continuo è la sua essenza, indistinta la sua percezione, corruttibile il suo intero corpo, un turbine l’anima, imprevedibile il destino, incerta la fama. Insomma, tutto ciò che riguarda il corpo è come un fiume; tutto ciò che riguarda l’anima, sogno e illusione; la vita è lotta e viaggio in terra straniera; la fama dopo la morte, oblio. Che cosa dunque resta che ci dia protezione? Unica e sola la filosofia.
Marco Aurelio, Pensieri


La durata della vita umana non è che un punto e la sostanza è un flusso, e nebulose ne sono le percezioni, e la composizione del corpo è corruttibile, e l'anima è un turbine, e la fortuna imperscrutabile, e la fama cosa insensata ... E dunque, cosa c'è che possa guidare un uomo?
Una cosa e solo una, la filosofia.
Marco Aurelio

Tutto ciò che accade è normale come le rose a primavera e le messi in estate, e ciò vale per tutto, anche per le malattie, la morte, le calunnie, le insidie e tutte le altre cose che allietano o rattristano gli stolti.
Marco Aurelio


Dovremmo sempre tenere in mente che tutto è il risultato del cambiamento, e abituarci a pensare che non c'è nulla che la natura faccia di più che cambiare le forme esistenti e crearne delle nuove. Se questa è la legge della natura come possiamo noi pensare di rimanere fissi e immutabili?
Marco Aurelio


Temere il mutamento? Ma che cosa potrebbe mai prodursi senza mutamento? 
Che cosa v’è di più caro e familiare alla natura universale? Tu stesso, potresti forse farti il bagno caldo senza che la legna si trasformi? O nutrirti, senza il metabolismo degli alimenti? E quali altre operazioni utili potrebbero mai compiersi senza il mutamento? Non vedi, allora, come anche il tuo stesso mutare sia della stessa specie e ugualmente necessario alla natura universale? 
Marco Aurelio



L’esistenza delle cose è una perenne trasformazione, un incessante passare da una forma ad un’altra. E tu stesso continuamente ti trasformi perché di continuo ti alteri e ti dissolvi proprio come l’universo.
Marco Aurelio



Vivere è un'arte che assomiglia più alla lotta che alla danza, 
perché bisogna sempre tenersi pronti e saldi contro i colpi che ci arrivano imprevisti.
Marco Aurelio


Non considerare le cose che non hai come se le avessi, 
ma scegli le più preziose tra quelle che hai, 
e pensa a come le cercheresti se non le avessi
Marco Aurelio


Spesso commette ingiustizia non solo colui che fa qualcosa, ma anche colui che non la fa
Marco Aurelio



Ricordati che l'uomo non vive altro tempo che quell'istante che è il presente.
Il resto o lo ha già vissuto o non sa neppure se lo vivrà.
Marco Aurelio

Ricordati che l'uomo non vive altra vita che quella che vive in questo momento, 
né perde altra vita che quella che perde adesso 
Marco Aurelio 

Il tempo che ti spetta di vivere ha un limite ben preciso e se non lo utilizzerai per raggiungere la serenità esso svanirà, e anche tu svanirai e non ti sarà più permesso approfittarne un' altra volta.
Marco Aurelio



Uscire di vita, morire, se esistono gli dei, non è cosa che deve farti paura, perchè non è possibile che essi vogliano farti del male; e se invece non esistono e non si curano delle cose umane, che senso ha continuare a vivere in un mondo senza dei e senza provvidenza?
Marco Aurelio



Di Marco Aurelio, l’imperatore filosofo come è spesso citato, gli storici antichi sottolineano lo scrupolo con il quale amministrava la giustizia. Ad essa prestava tutte le sue cure, ogni volta che non era impegnato in una spedizione o in una guerra, dedicandole tutto il tempo necessario. Dava “molta corda” agli avvocati delle due parti, faceva durare a lungo le indagini preliminari, in moda da scoprire con certezza da che parte stesse il diritto. Al punto che, vien fatto osservare, un processo poteva durare sino a undici o dodici giorni ed il tribunale lavorare finanche la notte. Anche nei minimi particolari l’imperatore era di un’estrema meticolosità, vi si soffermava a lungo perché, diceva, un imperatore non deve fare niente in fretta. Riteneva, non senza ragione, che un errore commesso su un punto, anche trascurabile, avrebbe potuto far dubitare della fondatezza di tutto il resto. 
Marco Aurelio e la giustizia
Quanto precede è stato tratto da PIERRE GRIMAL, Marco Aurelio, Il giornale, Biblioteca storica

http://banzai43.wordpress.com/2011/08/16/marco-aurelio-e-la-giustizia/


Ciò che non giova all'alveare non giova neppure all'ape.
Marco Aurelio, Pensieri; VI, 54

Tutte le cose sono reciprocamente intrecciate, il loro legame è sacro e quasi nessuna cosa è estranea ad un'altra. Si trovano, infatti, armonicamente ordinate e insieme danno ordine e bellezza al medesimo mondo. E quest'ultimo è unico, formato da tutte le componenti, unico è il dio che le attraversa tutte quante, unica la sostanza e unica la legge, la ragione comune a tutti i viventi intelligenti, unica la verità, se è vero che una sola è la perfezione dei viventi aventi medesima natura e partecipanti alla medesima ragione.
Marco Aurelio, Pensieri; VII, 9

Spesso mi sono stupito di come ciascuno,
pur amando se stesso più di ogni altra cosa,
tenga in minor conto l'opinione che ha di se stesso
di quella degli altri.
Marco Aurelio, Pensieri; XII, 4


Non dire a te stesso niente più di quanto le rappresentazioni che più contano ti comunicano.
Ti è stato annunciato che un tale parla male di te. Questo è l'annuncio fatto.
Però che tu ne abbia avuto un danno non si trova nell'annuncio.
Marco Aurelio, Pensieri; VIII, 49


Contro le cose non conviene adirarsi,
giacché esse non se ne curano affatto.
Marco Aurelio, Pensieri


Il cetriolo è amaro? Buttalo.
Ci sono rovi sul sentiero? Evitali.
Fermati lì, non chiederti:
“ma perché al mondo ci sono anche queste cose?”
Marco Aurelio

Quando sei come costretto dalle circostanze a turbarti, rientra subito in te stesso, e non uscir di misura più di quanto sia necessario, perché tornando continuamente all'armonia ne diventerai sempre più padrone.
Marco Aurelio



Sii come il promontorio contro cui si infrangono incessantemente i flutti:
resta immobile e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque
«Me sventurato, mi è capitato questo».
Niente affatto! Semmai: «Me fortunato,
perchè anche se mi è capitato questo resisto senza provar dolore,
senza farmi spezzare dal presente e senza temere il futuro»,
infatti una cosa simile sarebbe potuta accadere a tutti,
ma non tutti avrebbero saputo resistere senza cedere al dolore.
Allora perché vedere in quello una sfortuna anziché in questo una fortuna?
Marco Aurelio, 4.49


Volgi subito lo sguardo dall'altra parte, alla rapidità dell'oblio che tutte le cose avvolge, al baratro del tempo infinito, alla vanità di tutto quel gran rimbombo, alla volubilità e superficialità di tutti coloro che sembrano applaudire.. Insomma tieni sempre a mente questo ritiro che hai a tua disposizione in questo tuo proprio campiello.
Marco Aurelio, Ricordi, IV, 3.


Sulla morte:
o dispersione, se ci sono gli atomi;
se invece c'è l'unità,
o spegnimento o trasferimento.
Marco Aurelio, Pensieri; VII, 32

Ciò che muore non va a finire fuori dell’universo,
ma vi rimane trasformandosi nei suoi eterni elementi,
che sono anche i tuoi; i quali pure si trasformano, ma senza batter ciglio.
Marco Aurelio

Sei un’animuzza che sorregge un cadavere, come diceva Epitteto.
Marco Aurelio

Alessandro il Macedone e il suo stalliere, una volta morti, hanno fatto la stessa fine: riassorbiti entrambi nei medesimi princìpi seminali del mondo o entrambi dispersi in atomi.
Marco Aurelio


[...] dopo aver curato tanti mali Ippocrate cadde malato a sua volta e morì. Alessandro, Pompeo, Gaio Cesare, che pure tante volte rasero al suolo intere città e fecero a pezzi in battaglia schiere intere di decine di migliaia di fanti e cavalieri, infine anch'essi lasciarono la vita. Dopo tanti studi finali sulla conflagrazione del mondo Eraclito, il corpo gonfio per l'idropisia e la pelle spalmata di sterco, morì. Democrito morì a causa dei pidocchi... Ebbene, ti sei imbarcato, il viaggio é finito, sei giunto all'approdo: sbarca. Se ciò significherà entrare in una nuova vita, lì non troverai più nulla che sia vuoto di dei. Se ciò significherà non sentire nulla, cesserai di provare pene e piaceri.
Marco Aurelio, A se stesso III, 3


Il ragno si fa bello perché ha preso una mosca;
qualcuno perché ha preso una lepre;
un altro, una sardella con la rete adatta; un altro, un cinghiale;
un altro, un orso; un altro, dei sàrmati.
Non si tratta pur sempre d'assassini,
se fai attenta indagine su quello che ne muove il pensiero?
Marco Aurelio,Colloqui con se stesso; X, 10


Vivi con gli dei.
Perché infatti vive con gli dei
chi costantemente mostra loro
di essere intimamente soddisfatto
di ciò che gli hanno assegnato.
Marco Aurelio, Pensieri; V, 27





Quanto è bella l'anima che si tiene pronta, se è necessario, a liberarsi subito dal corpo per estendersi, disperdersi o sopravvivere. Ma questo stato di preparazione deve venire da un giudizio personale e non da un puro spirito di opposizione come nei cristiani.
Esso deve essere ragionato, grave, senza posa teatrale.
Marco Aurelio


Quale uso faccio dell'anima mia ?
lo debbo domandare di continuo,
esaminando me stesso:
che cosa avviene ora in quella parte di me
che chiamano organo direttivo?
Quale anima ora ospito?
Forse quella di un bimbo,
di un giovanetto,
di una femmina,
di un despota,
di una bestia da soma,
di una belva?
Marco Aurelio, Libro V-11.


1.4.5. Marco Aurelio (161 - 180)

1.4.5.1.
La morte di Antonino Pio e la fine della Pax romana.

1.4.5.1.1.
I Parti in Siria.
Nel 161 scompariva Antonino Pio e, con ciò, la guerra torna a essere lo strumento normale della politica e sicuramente non per colpa dei due nuovi imperatori, associati nel potere dalla designazione del vecchio principe. Con Antonino parvero eclissarsi gli effetti della sua politica in oriente.
Il suo carisma presso gli Arsacidi divenne repertorio della memoria e i due nuovi principi, Marco Aurelio e Lucio Vero, dovettero affrontare una situazione fin da subito critica.
Vologese III, infatti, aveva preso l'iniziativa, occupando l'Armenia, penetrando in Siria e Cappadocia e giungendo, nel 162, a occupare Edessa. L'evento parve il preludio della fine del potere romano in oriente e Lucio Vero si vide costretto a intavolare trattative di pace su un piano davvero sfavorevole e svantaggioso.

1.4.5.1.2.
La controffensiva del 163. 
Qui, però, si ripete uno dei miracoli dell'impero; uno sforzo organizzativo e militare notevole permise di passare all'offensiva nel breve torno di un anno e con un colpo magistrale: 
la rioccupazione dell'Armenia.

Le truppe di Vologese che stazionavano in Siria e Cappadocia rischiavano, ora, l'accerchiamento e si ritiravano. E proprio da Edessa partì una seconda direttrice di attacco. Nel 163 a Doura – Europos, a poche miglia dall'Eufrate, i Parti subirono un terribile rovescio militare. La situazione era radicalmente cambiata: si apriva la strada ai legionari per la Mesopotamia e per l'altopiano iranico medesimo.

Infatti furono occupate Seleucia al Tigri, Ctesifonte medesima e tutta la Mesopotamia, Babilonia compresa. Fu un trionfo, dopo il quale l'Eufrate divenne un fiume romano, per entrambe le sponde.

1.4.5.1.3. Seleucia, Avidio Cassio e l'oriente problematico.
La ribellione di Seleucia e il lungo assedio necessario a riprenderla fecero, però, chiaramente intendere che le conquiste, quella sorta di emulazione di Traiano, erano più instabili che mai.
A Seleucia riconquistata, il comandante della guarnigione, Avidio Cassio, ordinò un massacro e saccheggio minuziosi (165) che susciterà non poche polemiche nel mondo politico romano.

Il resto lo fece la peste che, pare, originata in Egitto si diffuse proprio in Mesopotamia, contagiò le legioni e le legioni contagiarono l'intero oriente, fino ad arrivare in occidente. Pare che quasi la metà dei soldati abbia contratto il morbo. La peste, dunque, salvò Vologese III: i Romani, infatti, abbandonarono la Babilonia e Ctesifonte.

Tuttavia, e questo è un dato fondamentale per l'agibilità militare e commerciale dell'Eufrate da parte romana, la Mesopotamia rimase stato vassallo all'impero. In ogni caso e in mezzo al contagio sempre più diffuso, il 12 ottobre 166, Lucio Vero e Marco Aurelio celebrarono il trionfo in Roma.

1.4.5.2. Tra peste e salute: un grande impero commerciale.
1.4.5.2.1. Seleucia al Tigri.
Il saccheggio di Seleucia sul Tigri provocò notevole malumore nel mondo politico romano:
la città, infatti, era di fondazione ellenistica ed era stata, per tutto il secolo precedente, una valida alleata di Roma, una sorta di quinta colonna di Roma incuneata nel feudalesimo partico.
Amica di Tiberio, alleata di Nerone, Seleucia al Tigri era considerata una città 'romana' o, per lo meno, greca. Molte cose, però, erano cambiate in quella metropoli orientale dai tempi dei Giulio – Claudi: la componente ellenica era diminuita, il paganesimo sempre più attratto da fascinazioni mitriache e orientalizzanti; insomma Seleucia si era trasformata in una città orientale in senso pieno. La più alta istituzionalità romana, il senato e i principi, non percepirono l'evento, mentre al contrario Avidio Cassio lo esaminò e risolse a modo suo e in modo estremamente brutale.

1.4.5.2.2. La peste e le sue origini divine.
Per la mentalità pagana, in ogni caso, la peste non originò dall'Egitto, cosa assai probabile, ma proprio da Seleucia al Tigri e dal saccheggio abominevole ordinato da Avidio Cassio. I soldati romani avevano oltraggiato, infatti, i sacerdoti caldei che in quella città continuavano da generazioni a officiare e che erano depositari di una sapienzialità millenaria e i custodi di scienze potentissime. Roma, attraverso Avidio Cassio, si era messa in aperta lotta contro l'antichissima cultura mesopotamica, rinnegandola senza, però, averne alcun diritto: un popolo soggetto non doveva essere brutalizzato e ridicolizzato nelle sue credenze religiose. L'inclusione tipica del tradizionalismo pagano e romano era stata scioccamente dimenticata da Avidio. Così l'empietas commessa da Avidio Cassio era ricaduta su tutto l'impero e i sacerdoti caldei avevano usato la loro antichissima scienza allo scopo di suscitare il morbo tra i Romani. Questo è certamente un piccolo saggio dell'immaginario pagano dell'epoca, un esempio utile a capire molti progrom anticristiani nelle città, soprattutto orientali, dell'impero.

1.4.5.2.3. Traiano oltre Traiano.
Al di là del terribile contagio e dell'abbandono della Babilonia e di Ctesifonte, comunque, il bilancio della controffensiva romana in oriente fu assolutamente positivo, forse ancora più vantaggioso di quello dell'epoca di Traiano: la Mesopotamia era stabilmente posseduta e la grande via  verso il golfo Persico, l'Eufrate, era un fiume romano.

Questo scenario apriva delle possibilità affatto nuove e queste possibilità furono analizzate programmaticamente da Marco Aurelio. Il controllo del golfo Persico permetteva ai mercanti greco – romani di evitare la via di terra verso l'India e l'oriente estremo, via che passava attraverso l'altopiano iranico e il regno dei Parti. Al contrario ci si imbarcava a Nisibi sull'Eufrate, lo si percorreva fino alla sua foce e da quella, percorrendo la costa orientale della penisola arabica, si affrontava l'oceano indiano. Marco aveva creato tutte le condizioni necessarie per rendere possibile questo progetto:
a) aveva realizzato una penetrazione diplomatico – militare nell'Arabia diserta, ovverosia nell'Oman e nell'attuale Yemen, nei mitici territori della regina di Saba, in modo da mettere al riparo i mercanti greco – romani da qualsiasi episodio di pirateria nella prima parte del percorso verso l'estremo oriente.
b) era stata rafforzata una politica di 'buon vicinato' con gli stati costieri indiani, già messa a punto, in verità, sotto il principato di Adriano.
c) erano state inaugurate relazioni diplomatiche e commerciali dirette con i bersagli di questo progetto: il sud est asiatico e la Cina.

1.4.5.2.4 Ta – Tsin e Au - Tun.
E' qui il motivo della missione diplomatica in Cina, nella Cina degli imperatori della dinastia Han, e le uniche fonti per questo evento sono quelle cinesi giacché la Historia Augusta tace del tutto in proposito. Le fonti cinesi scrivono di una delegazione di Ta – Tsin (l'impero romano) inviata dall'imperatore Au – Tun (Marco Aurelio secondo la traduzione del suo cognomen dinastico di Antoninus). Marco stabilisce statio commerciali a Kattigara (Singapore) di sapore intermedio.

Per quanto riguarda la via di terra, ebbene questa non viene definitivamente abbandonata, anzi.
Si hanno elementi per credere che l'imperatore si sia adoperato per una penetrazione 'alternativa' nel Kushan ove il protocollo, l'intestazione del protocollo reale, ripercorre moduli tipici del protocollo imperiale romano: il Deva putrasa kaisarasa dei reali del Kushan corrisponde perfettamente al Divi filius Caesar dell'intestazione di protocollo di Marco Aurelio.

1.4.5.3. Tra peste e salute: un impero militare.

1.4.5.3.1. I Germani.
Le sventure non amano la solitudine e preferiscono viaggiare accompagnate tra loro.
La peste stava dimezzando il potenziale demografico dell'impero, si trattava, d'altronde, della prima epidemia di peste bubbonica della storia e la pace con i Parti non era ancora raggiunta.

Di là dal Reno e dal Danubio, Quadi, Marcomanni, Bastarni e Rossolani osservavano, con occhio attento, il trasferimento delle legioni verso l'oriente infiammato dalla guerra e lo sguarnirsi delle guarnigioni di confine. Fu un complotto ben orchestrato e potentemente eseguito: di concerto i Germani passarono i confini augustei. Fu un autentico inferno: Rezia, Norico, Dacia e Mesia bruciarono di rapide razzie. Poi i barbari, acquisito il controllo stabile di quelle province, si lanciarono all'attacco del 'cuore' dell'impero, il suo cuore greco e il cuore romano.

1.4.5.3.2. L'attacco al cuore dell'impero.
La tribù scitica dei Bastarni dilagò in Asia minore, alcuni gruppi saccheggiarono la stessa Grecia, sfiorando Atene; ma la parte maggiore la compirono Marcomanni e Quadi, tribù germaniche.
Tra 168 e 169 Verona e Aquileia, cioè l'Italia medesima, furono minacciate dai loro movimenti militari. In quei terribili anni si spense Lucio Vero e Marco Aurelio si trovò da solo alla guida dell'impero, con un bilancio positivo a metà: oriente pacificato ma peste e scorrerie germaniche in occidente.

Accadde qualcosa di simile a quello che era successo per l'oriente:
Marco trasformò la difesa in un incredibile contrattacco e in un piano generale di ridefinizione delle relazioni con i Germani d'oltre Reno e Danubio.


1.4.5.3.3. La controffensiva romana e la sua ideologia,
1.4.5.3.3.1. La Marcomannia e la Sarmatia.
Il piano di Marco prevedeva la realizzazione del sogno di Germanico: 
la creazione di una provincia di Marcomannia cioè di una Germania romana fino all'Elba.
Ma non si fermava lì, nel suo progetto, andando notevolmente oltre:
alla riconquista della Dacia sarebbe seguita la sottomissione definitiva di Rossolani, Bastarni e Jazigi e, cioè, la creazione di un'immensa provincia, la Sarmatia, capace di raggiungere il Mar Caspio, attraverso la costa settentrionale del mar Nero.

Era un piano davvero grandioso che avrebbe, tra l'altro, se realizzato, accerchiato definitivamente il regno dei Parti, aperto relazioni dirette con gli stati indiani e permesso di mettere le mani sulla principale via della seta e strada verso la Cina. Inoltre Marco doveva essere perfettamente consapevole del fatto che dietro questa confederazione tribale che si era abbattuta sull'impero stavano le mene diplomatiche di Vologese III.

1.4.5.3.3.2. Estinzione e genocidio.
Come romanizzare i nuovi territori e cioè in quel progetto l'intera Germania e l'attuale Ucraina? 
La risposta di Marco Aurelio è semplice: nessuna latinizzazione ma una deportazione in massa delle tribù sottomesse dentro i confini tradizionali dell'impero, in modo da aumentarne il potenziale demografico e porre la romanizzazione sotto lo stretto controllo dello stato, uno sradicamento di interi popoli.

Questo progetto parrebbe in piena rotta di collisione con la tradizione umanistica della sua 'dinastia' e 47 in conflitto con l'ideale di 'imperatore filosofo' che lo contraddistinse. Niente affatto.
Innanzitutto i termini e precedenti giuridici di questa foederatio di massa e coatta esistevano già nella tradizione romana, in secondo luogo è l'idea stessa di humanitas che non va equivocata: non tutti gli uomini sono portatori dei valori tipici della loro specie e sanno, tra le altre cose, ragionare su sé medesimi. Il Romano, che sa compiere queste cose, ha, come uomo, vero uomo, un 'penoso dovere' da realizzare. La sua vittoria sarà la vittoria dell'uomo. I barbari, per parte loro, una volta latinizzati, dietro i confini dell'impero, saranno uomini.

1.4.5.3.3.3. Politica e filosofia.
Non c'è contraddizione tra l'autore del diario filosofico (che fu redatto, e non a caso, sotto una tenda militare piantata nella Pannonia appena riconquista ai Marcomanni) e il deportatore di massa.

Infine aggiungiamo un'ultima riflessione: il ragionamento di Marco pare lineare e non troppo 'anti – umanistico'. Se, infatti, per diversi motivi, i vicini desiderano le terre dell'impero, perché non andare incontro a questo desiderio, in un quadro, ovviamente, controllato saldamente e militarmente, e permettere loro, dunque, di stabilirsi sulle terre romane?
È un'idea nuova che, in altri contesti e qualche decennio più tardi, verrà messa in pratica.

La campagna di Marco fu davvero trionfale: 
tutte le province furono riacquisite, Quadi e Marcomanni vennero circondati e costretti in una sacca militare dalla quale difficilmente si sarebbero potuti salvare; per quanto riguarda il 'fronte' danubiano, i Sarmati erano in rotta e Marco si poté permettere il lusso di stabilire taglie sulla testa dei loro capi.

Il 17 marzo 180, però, fu la peste, questo prodotto dell'empietas di Avidio Cassio a spegnere il progetto del principe e a fare ritornare l'impero sulle dritte programmatiche di Augusto: 
non oltre il Reno e il Danubio.

1.4.5.4. L'oriente contro l'occidente: Avidio Cassio.
1.4.5.4.1. La delega orientale.
Il 'massacratore' di Seleucia, come pure l'espugnatore di Ctesifonte, il governatore della Siria, Avidio Cassio, venne insignito di un potere enorme: in buona sostanza egli governava, in vece del principe, l'intero oriente; si anticipava così, anche se non con il titolo ma nei fatti, l'istituto del corrector totius orientis che sarà una carica tipica del secolo successivo. Marco, impegnato sul fronte danubiano e renano decise, quindi, di delegare il suo potere in un quadro di perfetta armonia tra occidente e oriente romano, un ideale adrianeo, ripreso da Antonino, un ideale tipico dell'umanesimo di questa 'dinastia'.

Nella colonna Aurelia, Marco è rappresentato come vincitore dei Germani nel 171/172 e come vincitore dei Sarmati nel 173 / 175 e il suo principato iniziava a caratterizzarsi, dopo i successi orientali del decennio precedente, come un regno tutto volto ai problemi dell'occidente.

1.4.5.4.2.
L'usurpazione di Avidio Avidio, tenutario di un potere immenso, cercò di approfittare degli impegni in occidente di Marco Aurelio e della latenza del principe: si ha, in effetti, l'impressione che l'oriente si senta 'orfano' dell'imperatore e che, in ogni caso, emergano delle aporie tra le due parti dell'impero, quella romana e quella greca, ovvero che Avidio cerchi di, surrettiziamente, cavalcare e approfondire tali antinomie.

Il plenipotenziario governatore della Siria si proclamò imperatore e usurpò il trono di Marco:
l'oriente rivendicava la sua parte del potere. Siamo nel 175 e Marco ha appena terminato una prima 'sistemazione' del fronte danubiano e delle cose con i Sarmati. Pare anche che, ma probabilmente si tratta di pettegolezzi, la stessa Faustina Minore, moglie dell'imperatore, non fosse del tutta ignara delle manovre di Avidio.

Due eventi salvarono l'impero dalla guerra civile: 
l'opposizione del governatore di Cappadocia, Pertinace (poi imperatore 'lampo' nel 193) e l'inerzia di Vologese III che non se la sentì di appoggiare il nuovo imperatore.

1.4.5.4.3. Dietro e dopo Avidio Cassio.
Nel giro di un anno, Avidio Cassio venne battuto, decapitato, e seguirono energiche epurazioni in oriente; a farne le spese fu anche uno dei massimi funzionari dell'impero e quello che sarebbe dovuto essere uno dei più intimi collaboratori del principe, il prefetto d'Egitto Calvisiano.

La gravità e profondità della congiura non sfuggì a Marco che, immediatamente, decretò per l'oriente l'illiceità di governatorati amministrati da oriundi di quelle province (Avidio era siriaco). Con questo atto legislativo, però, Marco riconosceva, indirettamente, la problematicità del governo dell'oriente e la difficoltà di assimilarne le peculiarità in un quadro omogeneo e 'universale'. È il segno di una sconfitta e l'ombra dell'antagonismo tra oriente greco, aramaico, egizio e arabo e occidente romano e latino anziché ridursi si approfondisce.

1.4.5.5. Il deflazionismo e la politica economica.
1.4.5.5.1. Marco Aurelio e il Senato.
Marco fu amato dal Senato tanto quanto il suo precedente al principato e lo fu non solo per gli innegabili meriti militari ma per la concezione politica ed economica che aveva sposato.
Potrebbe essere in questa, anche, la radice dello scontento che Avidio aveva inteso cavalcare. 
Già l'assunzione di un principato in correggenza era piaciuta alla Curia: 
il principe accettava di limitare il suo potere e, tra le altre cose, i due imperatori, Lucio Vero e Marco, seppero collaborare e dividersi le responsabilità amministrative e di governo per sfere di competenza. Sotto il profilo della politica economica Marco fu un deflazionista per eccellenza e sotto il suo principato furono molteplici e senatoconsulti volti a diminuire la spesa pubblica.

1.4.5.5.2. La riforma dell'ordine equestre: i quattro ranghi. 
Marco fu un tradizionalista anche sotto il profilo della politica sociale.
Uno dei cavalli di battaglia del programma dell'aristocrazia senatoria era quello della separazione dei borghesi di dignità equestre che praticavano l'amministrazione pubblica dal resto della loro classe, programma già portato avanti, un secolo prima e in maniera utopistica e confusa da Seneca.

Centoventi anni dopo, Marco fece proprie queste esigenze e riformò l'ordo equestre.
Se, da una parte, i senatori erano insigniti del titolo ereditario e per certi versi inimitabile di viri clarissimi (uomini chiarissimi e specchiatissimi), ora gli amministratori provenienti dall'ordine equestre e dalla borghesia produttiva e commerciale erano soggetti a una titolatura scalare, non ereditaria e limitata all'esercizio delle loro funzioni, che gli distingueva dal resto della loro classe e li costituiva in una serie di ranghi e di 'sotto ranghi'.

Così compaiono, dall'alto verso il basso di questa scala, i viri eminentissimi (uomini che stanno in cima all'ordine equestre), titolo riservato ai soli prefetti del pretorio e dunque davvero esclusivo, i viri perfectissimi, rango medio e riservato al prefetto imperiale d'Egitto, ai prefetti dell'annona e dei vigili di Roma e al praefectus classis di Miseno (il comandante supremo della flotta militare per l'occidente), nonché ai componenti dell'amministrazione centrale dello stato (capo archivisti, segretari generali, capo documentaristi, diplomatici di 'carriera' e via discorrendo) e infine giungevano i viri egregi (letteralmente coloro che escono dal gregge) che, solitamente, ricoprivano incarichi e competenze subordinate a quelle degli eminentissimi e dei perfectissimi.
Insomma anche la borghesia aveva, ora, la sua aristocrazia interna.

1.4.5.5.3. I quattro ranghi e il futuro dell'impero.
Questo provvedimento, che, sicuramente, rispetta un modus operandi già istituito da Adriano qualche decennio prima, avrà delle conseguenze notevoli per la futura storia sociale, politica e amministrativa dell'impero: si forgia l'idea di una serie di ranghi scalari e cristallizzabili a ciascuno dei quali spetta di diritto un particolare livello nell'amministrazione pubblica.

Diocleziano, poco più di un secolo dopo, concluderà i presupposti ipostatizzanti di questo provvedimento, ma, per il momento, siamo di fronte a un'intrapresa di razionalità amministrativa e al tentativo di selezionare le esperienze professionali, classificarle e disporle al meglio.

1.4.5.6. Dopo Marco Aurelio.
Marco morì in Pannonia nel 180, lasciando a metà strada il suo sogno: 
latinizzare la steppa e le pianure tedesche e ucraine. Questo imperatore amante del Senato lasciò anche e inopinatamente un erede diretto all'impero, un erede di sangue, suo figlio diciottenne.

Insomma il suo principato, nel momento più delicato ed estremo, pare rinnegare i suoi stessi presupposti; d'altronde, Marco Aurelio aveva un figlio e come rinnegare con una differente adozione la propria paternità? Neppure il Senato di Roma avrebbe potuto pretendere tanto.

http://joantoedox.it/Roma1/14(MarcoAurelio).pdf









Nessun commento:

Posta un commento

Elenco blog personale