giovedì 16 febbraio 2012

Marzia Sandri. Dello STRUMENTO PIU' RAFFINATO ED ELEVATO CHE ABBIAMO a nostra disposizione, ovvero LA NOSTRA MENTE, NON SAPPIAMO FARE IL GIUSTO USO al punto che, si potrebbe dire, E' QUESTO STESSO STRUMENTO CHE "USA" NOI.

"Dello STRUMENTO PIU' RAFFINATO ED ELEVATO CHE ABBIAMO a nostra disposizione, ovvero LA NOSTRA MENTE, NON SAPPIAMO FARE IL GIUSTO USO al punto che, si potrebbe dire, E' QUESTO STESSO STRUMENTO CHE "USA" NOI.
Contrariamente alla concezione occidentale che vuole che mente e intelletto siano una cosa sola, la visione trasmessa dal Vedanta (testi sacri indiani che trattano la Verità Suprema e il sentiero per realizzarla) intende queste due parti come facenti parte di un sistema composto di quattro strumenti o meglio quattro distinte funzioni:
  • MANAS, la MENTE, è lo strumento di coordinazione delle sensazioni percepite dall’esterno attraverso i sensi. In essa risiede la facoltà del dubbio.
  • L’INTELLETTO prende il nome di Buddhi e costituisce la sede delle capacità decisionali, è lo strumento che ci consente di scegliere e di discriminare. Tutte le nostre azioni sono indotte dalle decisioni dell’intelletto.
  • CHITTA è l’archivio in cui sono conservati i nostri ricordi e in essa risiedono anche i nostri preconcetti in merito alle persone e alle situazioni che incontriamo nella nostra vita.
  • In ultimo c’è AHAMKARA, il senso dell’io, ciò che ci dà COSCIENZA delle azioni che compiamo e degli effetti delle nostre esperienze.
  • La MENTE, secondo il Vedanta, è un semplice FLUSSO DI PENSIERI che noi dovremmo essere in grado di controllare. Il problema è che NOI NON SAPPIAMO USARE LA NOSTRA MENTE, così, PER LA MAGGIOR PARTE DEL TEMPO SIAMO NOI A RIMANERE SOTTO IL SUO CONTROLLO ANZICHE' IL CONTRARIO, dando luogo al fatto per cui E' LO STRUMENTO CHE USA NOI PER FARE CIO' CHE VUOLE. Per spiegare chiaramente questo concetto si usa generalmente l’esempio del cane che scodinzola agitando la coda per mostrare la sua felicità Se, però, fosse la coda a “scodinzolare” il cane, l’animale avrebbe ben pochi motivi per essere felice. Bene, noi, nei confronti della nostra mente, siamo come il cane “scodinzolato” dalla sua coda. L’effetto diretto di questa nostra incapacità a servirci come dovremmo di questo eccelso strumento è che SIAMO CONTINUAMENTE PREDA DELLA NOSTRA EMOTIVITA' che a sua volta DIPENDE strettamente DAI PENSIERI CHE ATTRAVERSANO LA NOSTRA MENTE. Siamo ora felici o depressi, ora esaltati e speranzosi, ora tristi e sconfortati in base al pensiero che in quel momento ci domina.
    IMPARARE A USARE LA MENTE NEL MODO CORRETTO, USANDOLA, ANZICHE' FACENDOCENE USARE, renderebbe sicuramente la nostra vita più serena e pacifica. Controllare gli strumenti di cui siamo stati dotati per rendere confortevole il viaggio della nostra vita ci permette di affrontare una situazione critica con una mente calma e tranquilla, consentendoci anche di attingere alla nostra forza interiore e alle risorse che ci sono in tutti noi.
E’ questo uno dei fondamenti dell’antica saggezza. In linea con questa affermazione è anche uno dei principali insegnamenti di PATANJALI – autore degli YOGASUTRA e colui che codificò il Raja Yoga – e secondo cui “QUANDO SORGE UN PENSIERO CONTRARIO ALLO YOGA (UNIONE), E' NECESSARIO SVILUPPARE IL PENSIERO OPPOSTO”. Da qui l’importanza della MEDITAZIONE, strumento INDISPENSABILE PER IL DOMINIO DELLA MENTE e per l’estinzione dei movimenti della sostanza mentale.
Si tratta di un principio che ha evidenze filosofiche ma anche scientifiche e fisiologiche che dimostrano come LA MENTE, SE ALIMENTATA DA PENSIERI NEGATIVI, da preconcetti e pregiudizi, da idee di rancore, odio, invidia, gelosia, SIA PORTATA A SVILUPPARE COMPORTAMENTI coatti E RISPOSTE AUTOMATICHE CHE LIMITANO LA LIBERTA' DELL'INDIVIDUO E LO INDUCONO A SUBIRE PASSIVAMENTE, ANZICHE' AGIRE, I SUOI STESSI COMPORTAMENTI. Ciò che Patanjali insegna è che E' POSSIBILE LIBERARSI DA TALE CORTO CIRCUITO MENTALE attraverso la MEDITAZIONE SUL PENSIERO OPPOSTO. Stati alterati dell’umore, depressione, pensieri negativi che spesso nelle nostre giornate INTOSSICANO IL NOSTRO AMBIENTE INTERIORE E IL NOSTRO SENTIRE, possono così essere COMBATTUTI ED ELIMINATI LASCIANDO SPAZIO A STATI LUMINOSI E POSITIVI che arricchiscono noi e coloro che ci sono vicini, per affetto o per lavoro.
MEDITARE SUL PENSIERO OPPOSTO non significa limitarsi a PENSARE RAZIONALMENTE e superficialmente a qualcosa di contrastante rispetto all’EMOZIONE NEGATIVA che in quel momento DOMINA LA NOSTRA MENTE, ma SIGNIFICA RISIEDERE, SITUARSI, DIMORARE NEL PENSIERO OPPOSTO, ANDANDO IN PROFONDITA' NELLA COSCIENZA e giungendo al livello di bioenergia. Solo SVILUPPANDO UN SENTIMENTO, UN'EMOZIONE FORTE CONNESSA AL PENSIERO OPPOSTO, si potrà CONTRASTARE L'IDEA FISSA PATOLOGICA PARALIZZANTE E SCHIAVIZZANTE che ci fa sprofondare inquinandoci e SOSTITUIRLA CON PENSIERI PIU' POSITIVI E NUTRIENTI. Questo PROCESSO DI RAPPRESENTAZIONI INTERIORI, in apparenza difficile, è in realtà frutto esclusivamente di EDUCAZIONE e di PRATICA, poiché E' POSSIBILE IMPARARE A VISUALIZZARE EVOCANDO EMOZIONI COSTRUTTIVE, EVOLUTIVE, che permettono di ascendere a piani superiori di coscienza e che magari sono state già sporadicamente sperimentate nel corso della nostra esistenza ma, per il loro carattere di rarità, non hanno avuto modo di rinforzarsi adeguatamente, come, invece, le più frequenti esperienze negative o in generale sensoriali.
Tratto da: http://traterraecielo.bloog.it/cat/psicologia-vedica


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