Montalbano dice di amare quel che resta della Sicilia ancora selvaggia: avara di verde, con le casuzze a dado poste su sbalanchi in equilibrio improbabile, e questo piace anche a me ma credo che sia piuttosto un gioco della memoria.
Andrea Camilleri
A due anni, una mia figlia un giorno mi chiese un foglio di carta e una biro. Avutili, si stese per terra e si mise a disegnare. Dopo un po' mi mostrò il foglio sopra il quale erano tracciate delle linee spezzate che tra loro s'incrociavano. "Cos'è?" – domandai. "Cavallo". "E dove sono gli occhi?". "Qua e qua" – rispose indicandomi due incroci di linee. Conservai il foglio. L'anno seguente, il foglio mi ricapitò tra le mani. Chiamai mia figlia. "Cos'è?". Mi guardò stupita. "Un cavallo". "E gli occhi dove sono?". "Qua e qua" – rispose indicandomi esattamente gli stessi incroci di linee. Allora la domanda è questa: quando, come e perché in noi l’innata libertà creativa si converte, o viene costretta, nella banalità del reale?
Andrea Camilleri su "Posacenere", rubrica de 'Il Sole 24 ORE', 24 Giugno 2012
Due parole su Andrea Camilleri.
Ho da poco finito di leggere 'Il Birraio di Preston' di Andrea Camilleri. [...]
Diverso è il Camilleri di 'Montalbano' più ripetitivo a tratti monotono con le sue 'Maschere' riproposte di continuo a contornare storie di quotidiana drammaticità.
Penso che libri come: 'La Bolla di Componenda', 'La concessione del telefono', 'Il Re di Girgenti' ,
'La rivoluzione della luna' 'Maruzza Musumeci', 'Gran Circo Taddei', 'Il figlio del Negus','
La scomparsa di Pato'' e molti altri.
Il maestro è un grafomane, penso che siano dei piccoli capolavori, piccoli perchè di breve lunghezza, in cui l'amore, quasi sempre carnale, visto spesso dalla parte delle donne, la vita con le sue miserie e i suoi drammi, ci diano un'immagine della Sicilia mai scontata, mai lamentosa. Il tutto scritto in una lingua franca siciliana in cui bisogna un poco calarsi. Insomma per me Andrea Camilleri non è affatto uno scrittore minore, bensì da annoverare tra i grandi, senza fare paragoni irriverenti, anche Boccaccio si ritagliò un posto tra i grandi facendo ridere i suoi lettori.
Luigi Cristini a Leggo i classici di letteratura
II.3. Una Babele linguistica
L’incomunicabilità e il distacco tra siciliani e “continentali” sono emblematici dei primi decenni che seguono l’Unità d’Italia: le decisioni vengono prese lontano dall’isola e sono comunicate in dialetti sconosciuti. Da qui deriva la difficoltà di capire, anche se spesso non lo si vuole, il mondo siciliano.
Il Birraio, che presenta altri dialetti oltre il siciliano, è ricco di fraintendimenti dovuti alla mancanza di comunicazione tra mondi troppo distanti. Esemplificativi i due dialoghi tra il fiorentino Bortuzzi e il mafioso don Memè, personaggi che sono, tra l’altro, alleati nel progetto di far accettare ai vigatèsi l’opera di Luigi Ricci.
«Siamo alle porte hoi sassi, ’arissimo».
«Non capisco, Eccellenza».
«È un modo di dire delle mie parti. Vuol signifi’are che
oramai c’è pohissimo tempo. Doman l’altro, anzi fra tre
giorni, l’opera va in scena. E io sono molto preoccupato».
Si abbandonarono a una pausa, taliandosi occhio
nell’occhio.
«Io, da nicareddro, giocavo coi comerdioni» fece lento
lento, rompendo il silenzio, Emanuele Ferraguto.
«Ah, sì?» disse tanticchia disgustato il prefetto che
s’immaginò i comerdioni come una specie di ragni pelosi e
viscidi ai quali il bambino Ferraguto strappava le zampe
una ad una.
«Sì» continuò Ferraguto. «Come li chiamate dalle parti
vostre quei giochi che i picciliddri si fabbricano...».
«L’è un trastullo?» l’interruppe il prefetto visibilmente
sollevato.
«Sissignore. Si piglia un foglio di carta colorata, lo si
taglia a forma, vi si incollano due stecche di canna con
colla di farina... poi si mandano in aria attaccati a una
cordicella».
«Ho capito! I cervi volanti! Gli aquiloni!» esclamò Sua
Eccellenza.
«Madonna ’amiciaia, Ferraguto, che mi viene a hontare?
Mi sento un po’ abusato!».
Don Memè se la pigliò a male.
«Nisciuno vuole abusare di lei, Eccellenza».
«Oddio, Ferraguto, ’un facciamo equivoci! Da noi abusato
vòle dire, come dire, disorientato [...]».
Non si tratta quindi di differenze riguardanti solo mere espressioni linguistiche e modi di dire particolari, ma di veri e propri codici comunicativi diversi, derivanti da consuetudini
ben radicate negli uni e totalmente sconosciute e incomprensibili agli altri.
A volte l’incomunicabilità può portare a conseguenze ben
peggiori che semplici e divertenti scambi di battute, come nel
caso dell’italo-tedesco Fridolin Hoffer, completamente frainteso
dai suoi aiutanti.
Per un attimo infatti Hoffer dimenticò che si trovava a
Vigàta, in Sicilia, e non riuscì a controllare la continua
traduzione che era costretto a fare dal tedesco in italiano.
«Schnell! Kaltes wasser!» fece.
Nardo Sciascia, che già stava per raprìre la manopola
dell’acqua fredda, si fermò di botto, taliandolo stunato.
«Kaltes wasser! Kalt! Kalt!» ruggì l’ingegnere.
«Calda! Vuole quella calda! La pressione» gridò allora
Sciascia a Cecè Cònsolo che se ne stava vicino alla parte di
darrè della machina. Cecè girò la manopola dell’abbascio
di pressione e si scansò. Subito un violento getto di vapore
e d’acqua bollente scaturì dal retro della caldaia. Il gruppo
quasi statuario dei Pizzuto, che ancora sostava dietro la
macchina, venne di colpo cancellato da una nube bianca,
dalla quale si levarono altissimi lamenti da coro greco.
«Errore! Errore! Acva fredda! Fredda!» si sgolò Hoffer.
12 Andrea Camilleri, Il birraio di Preston, op. cit., p. 69.
Margherita Di Rienzo, GLOSSARIO TRATTO DA“IL BIRRAIO DI PRESTON”
di Andrea Camilleri
http://www.vigata.org/tesi/Glossario_tratto_da_Il_Birraio_Di_Preston.pdf
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