lunedì 16 gennaio 2012

Algernon Blackwood - Il fascino della neve. Lei si mosse, all’improvviso fu vicina al suo viso. Lo tocco di nuovo. E Hibbert cercò di girarsi e scappare; e, cercando di farlo, si accorse per la prima volta di essere in potere della neve: quell’altro potere che non esalta, ma rende vani gli sforzi. Era piombata su di lui una debolezza invincibile, quella che la neve porta agli uomini esausti, adescandoli a dormire il sonno della morte nel suo abbraccio morbido e avvolgente, spegnendo la loro volontà e sconfiggendo tutto il loro desiderio di vita. Non poteva girarsi né muoversi. Aveva i piedi pesanti e intrappolati. La ragazza era di fronte a lui, molto vicina. Sentiva il suo respiro ghiacciato sulle guance; i suoi capelli gli passavano davanti agli occhi, e da lei veniva un gelido soffio di vento. Vedeva vicino il suo candore, e di nuovo gli sembrava che la vista passasse attraverso di lei, come se non avesse volto. Le braccia di lei erano intorno al suo collo. Lo spinse delicatamente in ginocchio. Si abbassò, si abbandonò del tutto, le obbedì. Sentiva su di sé il peso del corpo di lei, morbido, delizioso. Aveva la neve alla vita… Lei lo baciava dolcemente sulle labbra, sugli occhi, su tutto il viso. E poi chiamava il suo nome con quella voce meravigliosa, piena d’amore, che aveva l’accento delle altre due (quelle che la Morte gli aveva portato via già da tanto tempo) la voce di sua madre e della donna che aveva amato. Tentò ancora debolmente di resistere. Poi, mentre si sforzava, capì che quel peso leggero sul suo cuore era più dolce di qualsiasi altra cosa che la vita potesse donare. E allora si abbandonò all’oblio del morbido abbraccio della neve. Si addormento sotto i suoi gelidi baci.


LO SPIRITO DELLA NEVE

Lei si mosse, all’improvviso fu vicina al suo viso. Lo tocco di nuovo. E Hibbert cercò di girarsi e scappare; e, cercando di farlo, si accorse per la prima volta di essere in potere della neve: quell’altro potere che non esalta, ma rende vani gli sforzi. Era piombata su di lui una debolezza invincibile, quella che la neve porta agli uomini esausti, adescandoli a dormire il sonno della morte nel suo abbraccio morbido e avvolgente, spegnendo la loro volontà e sconfiggendo tutto il loro desiderio di vita. Non poteva girarsi né muoversi. Aveva i piedi pesanti e intrappolati. La ragazza era di fronte a lui, molto vicina. Sentiva il suo respiro ghiacciato sulle guance; i suoi capelli gli passavano davanti agli occhi, e da lei veniva un gelido soffio di vento. Vedeva vicino il suo candore, e di nuovo gli sembrava che la vista passasse attraverso di lei, come se non avesse volto. Le braccia di lei erano intorno al suo collo. Lo spinse delicatamente in ginocchio. Si abbassò, si abbandonò del tutto, le obbedì. Sentiva su di sé il peso del corpo di lei, morbido, delizioso. Aveva la neve alla vita… Lei lo baciava dolcemente sulle labbra, sugli occhi, su tutto il viso. E poi chiamava il suo nome con quella voce meravigliosa, piena d’amore, che aveva l’accento delle altre due (quelle che la Morte gli aveva portato via già da tanto tempo) la voce di sua madre e della donna che aveva amato. Tentò ancora debolmente di resistere. Poi, mentre si sforzava, capì che quel peso leggero sul suo cuore era più dolce di qualsiasi altra cosa che la vita potesse donare. E allora si abbandonò all’oblio del morbido abbraccio della neve. Si addormento sotto i suoi gelidi baci. 
Algernon Blackwood - Il fascino della neve

Immagine: Edward Robert Hughes (1851-1914) – Cuore di neve

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