mercoledì 18 gennaio 2012

Ernest Hemingway. Dobbiamo abituarci all'idea: ai più importanti bivi della vita, non c'è segnaletica.

Dobbiamo abituarci all'idea: ai più importanti bivi della vita, non c'è segnaletica.
Ernest Hemingway



Ora non è il momento di pensare a quello che non hai.
Pensa a quello che puoi fare con ciò che hai.
Ernest Hemingway



«Ero sempre imbarazzato dalle parole sacro, glorioso e sacrificio e dall'espressione invano.
Le avevamo udite a volte ritti nella pioggia quasi fuori dalla portata della voce, in modo che solo le parole urlate giungevano, e le avevamo lette su proclami che venivano spiaccicati su altri proclami, da un pezzo ormai, e non avevo visto niente di sacro, e le cose gloriose non avevano gloria e i sacrifici erano come i macelli a Chicago se con la carne non si faceva altro che seppellirla. [...] Parole astratte come gloria, onore, coraggio o dedizione erano oscene accanto ai nomi concreti dei villaggi, ai numeri delle strade, ai nomi dei fiumi, ai numeri dei reggimenti e alle date».
Ernest Hemingway, “Addio alle armi”



Il 20 ottobre 1948, dopo il mio ritorno a Torino, mi scrisse:
«Ti ho trovato carina e bella e anche con una buona testa per pensare...
Se c'è un errore che fai, figlia, credo che sia (in letteratura)
quello di accettare il combattimento con troppa facilità.
Io non rispondo mai a un attacco: non do risposta.
Continuo a lavorare. Il lavoro è tutto.
A volte (in letteratura) ci si arrabbia molto.
Ma non rispondo mai, o meglio,
ho imparato a non rispondere.
Aspetto che muoiano o che abbiano torto, 
o tutte e due, o a volte li uccido in silenzio con una frase. 
Con molto affetto. Mr. Papa».
Fernanda Pivano, Hemingway






il 2 luglio 1961 pone fine alla sua vita con un colpo di fucile Ernest Hemingway
Era nato a Chicago nel 1899. Premio Nobel per la Letteratura nel 1954, gli era stato assegnato l'anno prima il prestigioso Premio Pulitzer per il romanzo breve Il vecchio e il mare. Molte delle sue opere sono considerate pietre miliari nella storia della letteratura moderna. Personaggio di grande fascino e carisma, trasfuse con sincerità nelle sue pagine tutta l'energia, la sensibilità e l'umanità di cui era dotato. E la consapevolezza che il piacere della vita, che può essere divorante, è inseparabile dal dolore.
In tua memoria, Poeta.

Hemingway, Isole nella corrente.
Incipit.
La casa sorgeva nella parte più alta dell' isola, era una costruzione solida come una nave.......


Ogni morte d’uomo mi riduce, perché io faccio parte dell’umanità.
E, dunque, non chiedere mai per chi suona la campana.
Essa suona per te.
Ernest Hemingway, Per chi suona la campana


Nessun uomo è un'isola, intero in se stesso. Ogni uomo è un pezzo di continente, una parte della Terra.  Se una zolla viene portata dall'onda del mare, l'Europa ne è diminuita, come se un promontorio fosse stato al suo posto, o una magione amica, o la tua stessa casa. Ogni morte d'uomo mi diminuisce, perché io partecipo dell'umanità. E così non mandare mai a chiedere per chi suona la campana: Essa suona per te.
Per chi suona la campana, 1940


Questo è l'odore che mi piace. Questo è il trifoglio appena tagliato, la salvia calpestata quando cavalchi dietro un armento, il fumo della legna e delle foglie che bruciano d'autunno. È l'odore della nostalgia. Quale odore preferiresti sentire? L'erba dolce che gli indiani adoperano nei loro cesti? Il cuoio affumicato? L'odore della terra a primavera dopo la pioggia? L'odore del mare quando cammini in mezzo alle ginestre su un promontorio in Galizia? O il vento di terra quando ti avvicini a Cuba nell'oscurità: l'odore dei fiori di cactus, di mimosa e delle viti marine? O preferisci l'odore del prosciutto fritto, la mattina, quando hai fame? O quello del caffè del mattino? O di una mela quando la mordi? O di un frantoio quando si prepara il sidro, o del pane appena sfornato?"
Ernest Hemingway, Per chi suona la campana




«-Ma se rimarrò vivo voglio cercare di vivere senza far male a nessuno,
in modo da meritare il perdono.
-Da chi?
-E chi lo sa? Da quando qui non abbiamo più Dio e nemmeno suo Figlio,
e nemmeno lo Spirito Santo, chi ci perdona? Io non lo so.
-Tu non hai più Dio?
-No, hombre. No certo. Se ci fosse un Dio,
non avrebbe permesso mai quello che ho visto coi miei occhi.
Lasciamolo a quegli altri, Dio.
-Quelli sostengono di averne il monopolio.
-Evidentemente sento la mancanza di Dio perché sono stato educato religiosamente.
Ma oggi un uomo deve rispondere di fronte a se stesso».
Ernest Hemingway, “Per chi suona la campana”


"Quale odore preferiresti sentire? L'erba dolce che gl'indiani adoperano nei loro cesti? Il cuoio affumicato? L'odore della terra a primavera dopo la pioggia? L'odore del mare quando uno cammina in mezzo alle ginestre su un promontorio in Galizia? O il vento di terra quando ci si avvicina a Cuba nell'oscurità: l'odore dei fiori di cactus, di mimosa e delle viti marine? O preferisci l'odore del prosciutto fritto, la mattina, quando hai fame? O quello del caffè del mattino? O di una mela quando la mordi? O di un frantoio quando si prepara il sidro, o del pane appena sfornato?"
Ernest Hemingway, Per chi suona la campana



Oggi non è che un giorno qualunque di tutti i giorni che verranno. 
Ma quello che accadrà in tutti i giorni che verranno può dipendere da quello che farai tu oggi
Ernest Hemingway, Per chi suona la campana


E’ facilissimo reagire con freddezza alle cose durante il giorno,
ma di notte è tutto un altro discorso
Ernest Hemingway


"Tu non sei i tuoi anni, ne la taglia che indossi, non sei il tuo peso o il colore dei tuoi capelli.
Non sei il tuo nome, o le fossette sulle tue guance, sei tutti i libri che hai letto, e tutte le parole che dici sei la tua voce assonnata al mattino e i sorrisi che provi a nascondere, sei la dolcezza della tua risata e ogni lacrima versata, sei le canzoni urlate così forte, quando sapevi di esser tutta sola, sei anche i posti in cui sei stata e il solo che davvero chiami casa, sei tutto ciò in cui credi, e le persone a cui vuoi bene, sei le fotografie nella tua camera e il futuro che dipingi.
Sei fatta di così tanta bellezza ma forse tutto ciò ti sfugge da quando hai deciso di esser tutto quello che non sei..."
Ernest Hemingway

Poi furono insieme così che mentre la lancetta si muoveva, invisibile adesso, sull'orologio, seppero che niente poteva accadere mai più a uno di loro senza che accadesse all'altro, che nient'altro poteva mai essere più importante di questo; che questo era tutto e sempre; questo era il passato, e il presente a qualunque cosa fosse per venire. Questo non avrebbero dovuto averlo, eppure l'avevano. L'avevano ora e prima e sempre ed ora ed ora ed ora. Oh, ora, ora, ora, quest'ora solo, e sopra tutto ora, e non c'è altro ora che tu, ora, e ora è il tuo profeta. Ora e per sempre ora. Vieni, ora, ora, perché non c'è altro ora che ora, sì, ora. Ora, per favore, ora, ora solo, nient'altro, solo quest'ora, e dove sei tu e dove sono io e dove è l'altro, e non il perché, non hai il perché, solo quest'ora; e ancora e sempre, per favore, e poi sempre ora, sempre ora, a partire da ora sempre lo stesso ora: uno soltanto. Non c'è che un solo ora, un solo, che ora va, ora si solleva, ora veleggia, ora ricade, ora turbina, o si gonfia, ora ti lascia, ed è sempre ora, sempre, sempre ora. 
Ernest Hemingway, Per chi suona la campana



Non bisogna giudicare gli uomini dalle loro amicizie:
Giuda frequentava persone irreprensibili.
Ernest Hemingway



Perché gli antichi Persiani tenevano il mare per sacro?
Perché i Greci gli fissarono un dio a parte, e fratello di Giove?
Certamente tutto ciò non è senza significato.
E ancora più profondo di significato è quel racconto di Narciso che, non potendo stringere l’immagine tormentosa e soave che vedeva nella fonte, vi si tuffò e annegò.
Ma quella stessa immagine noi la vediamo in tutti i fiumi e negli oceani.
Essa è l’immagine dell’inafferrabile fantasma della vita; e questo è la chiave di tutto.
H. Melville, Moby Dick


Pensava sempre al mare come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l'amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna. Alcuni fra i pescatori più giovani, di quelli che usavano gavitelli come galleggianti per le lenze e avevano le barche a motore, comprate quando il fegato di pescecane rendeva molto, ne parlavano come di el mar al maschile. Ne parlavano come di un rivale o di un luogo o perfino di un nemico. Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò.
Ernest Hemingway, Il vecchio e il mare



Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce. Nei primi quaranta giorni lo aveva accompagnato un ragazzo, ma dopo quaranta giorni passati senza che prendesse neanche un pesce, i genitori del ragazzo gli avevano detto che il vecchio ormai era decisamente e definitivamente "salao", che è la peggior forma di sfortuna, e il ragazzo li aveva ubbiditi andando in un'altra barca che prese tre bei pesci nella prima settimana. Era triste per il ragazzo veder arrivare ogni giorno il vecchio con la barca vuota e scendeva sempre ad aiutarlo a trasportare o le lenze addugliate o la gaffa e la fiocina e la vela serrata all'albero. La vela era rattoppata con sacchi da farina e quand'era serrata pareva la bandiera di una sconfitta perenne.
Ernest Hemingway,  "Il vecchio e il mare" (1952)
Mondadori, Milano 1996. Traduzione di Fernanda Pivano


A pesca sognando i leoni
Hemingway, "Il vecchio e il mare" 
e la sconfitta chiusa in ogni vittoria


E’ il racconto perfetto e dolente del Novecento.
Perfetto come lo è un uovo, dolente come lo è stato il Novecento.
Una forma perfetta e tragica come l’ombra di Moby Dick di Melville.
Lo rileggo da più di trent’anni e ringrazio la dea dell’Oblio di scollarmelo, puntualmente, dalla memoria e di lasciarmi come amo l'incipit:
«Era un vecchio che pescava da solo su una barca a vela nella Corrente del Golfo ed erano ottantaquattro giorni ormai che non prendeva un pesce.»; e le righe finali: «Il vecchio sognava i leoni». Fra queste due frasi c’è il mistero, il tormento della vita e l'insostituibilità della Letteratura, che mai potrà essere periferica, C’è Il vecchio e il mare di Ernest Hemingway.  [...]
Il pescatore vecchio e sfortunato che non riesce più a prendere un pesce nel Golfo e deve rinunciare all’aiuto di un ragazzo, che continua a procurargli esche, birra Hatuey e braccia per disarmare il suo battello infruttuoso, [...] quel sentimento terribile di intesa fra cacciato e cacciatore, fra vittima e carnefice, quel senso di ineluttabile fratellanza che si stabilisce nel duello, che mai inizia ad armi pari ma viene imposto.

Il grande pesce lavora sott’acqua d’istinto, il pescatore sopra l’acqua di mestiere e disperazione. Avrà vittoria amara e cosciente nel tirarlo in superficie e sollievo, forse, nel vederselo divorato da altri pesci, prima di poterlo portare a riva. Lo scheletro, asciutto come una croce o come la sconfitta di ogni vittoria, sarà l’unica testimonianza di quello che ha vissuto onorevolmente, coraggiosamente, sapendo che il destino è l’unico osso duro, ma la vita una polpa che non si può non rincorrere. [...] sogno di un branco di leoni, visti da un battello sulla costa d’Africa. [...] nel racconto c’è una lenza tesa e tutto l’umore sgocciola da lì, dal rapporto che si instaura nella pura sfida. Giorni di sole feroce, di notti buie, di due solitudini che la violenza della caccia sa di non poter addolcire: uno è lì per fuggire, l’altro, comunque per uccidere. E ha poca importanza chi verrà a sottrarre la preda della vita: pescecani senza nobiltà. [...]
http://webcache.googleusercontent.com/search?q=cache:FiaGt-hUEHYJ:www.lastampa.it/2008/08/18/cultura/a-pesca-sognando-i-leoni-hda7fZeOGdlEc3UGSxcrFO/pagina.html+hemingway+%22il+vecchio+sognava+i+leoni%22&cd=4&hl=it&ct=clnk&gl=it




Il commento di Luigi Scialanca
Un vecchio ed esperto pescatore, solo al mondo, “da ottantaquattro giorni ormai non prende un pesce”. Gli altri pescatori lo canzonano, tranne i più vecchi, che “lo guardano e si sentono tristi”, e un ragazzo che lo stima ― “ci sono molti pescatori bravi e alcuni grandi,” gli dice, “ma come te ci sei soltanto tu”. E con il ragazzo, anche se è solo un ragazzo, il vecchio parla e si confida, e ne accetta con discrezione l’aiuto perché, quantunque sia “troppo semplice per chiedersi quando abbia raggiunto l’umiltà, sa di averla raggiunta e sa che questo non è indecoroso e non comporta la perdita del vero orgoglio”.

Una notte il vecchio “si addormenta presto e sogna l’Africa quand’era ragazzo e le lunghe spiagge dorate e le spiagge bianche [...].

Mentre dormiva sentiva l’odore del catrame e della stoppa del ponte e sentiva l’odore dell’Africa recato al mattino dal vento di terra. [...] Non sognava più tempeste, né donne, né grandi avvenimenti, né grossi pesci, né zuffe, né gare di forza e neanche di sua moglie. Ora sognava soltanto luoghi, e i leoni sulla spiaggia. Giocavano come gattini nel crepuscolo e gli piacevano come gli piaceva il ragazzo. Non sognava mai il ragazzo”1.

Allora il vecchio si svegliò e si mise in mare ― quel mare a cui egli “pensava sempre come a la mar, come lo chiamano in spagnolo quando lo amano. A volte coloro che l’amano ne parlano male, ma sempre come se parlassero di una donna. Alcuni [...] ne parlavano come di el mar al maschile. Ma il vecchio lo pensava sempre al femminile e come qualcosa che concedeva o rifiutava grandi favori e se faceva cose strane o malvage era perché non poteva evitarle. La luna lo fa reagire come una donna, pensò”2.

Quel giorno, finalmente, all’amo del vecchio abboccò un pesce gigantesco e molto forte, che lo impegnò in un durissimo e terribile combattimento. Alla fine il vecchio trionfò sul pesce, che nel frattempo era arrivato a stimare come un avversario valoroso e leale3, ma la sua lotta e le sue sofferenze non erano ancora terminate: doveva portarlo a terra, e gli squali (né leali né valorosi) avrebbero fatto di tutto per non lasciargliene che lo scheletro.

Una storia semplice come il viaggio che racconta e l’obiettivo di esso: andare in mare, riuscire a prendere un pesce e tornare a casa. Ma quel pesce non è uno qualsiasi: è il pesce che salverà il vecchio dalla morte per fame, confermerà la sua immagine di sé e lo farà sentire ancora degno della stima e dell’affetto del solo essere umano con cui è in rapporto: il ragazzo.

 [...] è riuscito, cioè, a realizzarsi come desiderava essere. Come una conchiglia, o un leone, o una stella, o l’Universo tutto: solo che per loro è facile, è “automatico”, poiché per diventare come l’evoluzione li ha resi non devono che nascere, crescere, svilupparsi; mentre per noi umani è infinitamente più difficile, perché si tratta anche e soprattutto di riuscire a corrispondere degnamente ai nostri sogni, ai desideri, al nostro mondo interiore. Alla bellezza della nostra umanità.

Il vecchio, per esempio, è uno che sogna i leoni (“Vorrei che si addormentasse” dice del pesce durante la lotta, “e che potessi dormire anch’io e sognare i leoni. Perché sono i leoni la cosa più importante che mi è rimasta?”4. 
E un uomo che sogna i leoni, quando si sveglia e va a fare quel che deve, non può mai assomigliare, neanche per un attimo, a qualcosa di meno forte, di meno fiero, di meno nobile: non può mai essere insetto, o iena, o squalo. Deve arrivare a essere come un leone, un giorno o l’altro, e poi deve rimanerlo: continuare, sempre, a essere all’altezza di quel sogno, o sarà un fallito.

Il vecchio ci riesce, ancora una volta: non solo trionfa sul pesce, ma su un pesce degno di lui, grande e forte e saggio come lui. E lo fa senza mai smettere, neanche per un attimo, di esser degno della sua preda e, appunto, dell’umanità che rende bella la sua immagine di sé. È per questo che gli squali non possono sconfiggerlo: gli squali arrivano sempre, non lo si può impedire, fanno parte delle condizioni ineliminabili dell’esistenza allo stesso modo dell’avanzare dell’età che tra non molto fermerà il vecchio per sempre. Ma essi non hanno che il potere di derubarlo, di ferirlo, forse perfino di ucciderlo, non quello di rovinarne e distruggerne la bellezza e la dignità [...]. Egli, ancora una volta, sdraiandosi sul suo letto a riposare e dormire, ha la possibilità e il diritto di sognare i leoni. E il ragazzo, venuto a vederlo con incertezza e trepidazione, ha la gioia di constatare una volta di più che il vecchio è vivo, e che potrà ancora rispondergli.

“L’uomo non è fatto per la sconfitta. L’uomo può essere ucciso, ma non sconfitto”5.

“Il ragazzo vide che il vecchio respirava e poi vide le mani del vecchio e si mise a piangere. Uscì senza far rumore per andare a prendere un po’ di caffè e lungo tutta la strada continuò a piangere. [...]

‘Mi hanno battuto, Manolin’ disse. ‘Mi hanno proprio battuto’. ‘Ma non ti ha battuto lui. Il pesce’. ‘No. Davvero. È stato dopo’”.

“In cima alla strada, nella capanna, il vecchio si era riaddormentato. Dormiva ancora bocconi e il ragazzo gli sedeva accanto e lo guardava. Il vecchio sognava i leoni”.



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