"Siamo ancora nella condizione che descriveva Simone de Beauvoir nel Secondo sesso quando notava il paradosso di una società che riempie di rispetto le madri e di disprezzo le donne. E che proprio per questo, mentre glorifica il ventre fecondo, di fatto riduce le donne all’insignificanza storica."
FertilityDay: non solo sbagliato, ma controproducente
Pubblicato su 31 agosto 2016 da femministerie
[...] Nel suo libro Mamme cattivissime, Elisabeth Badinter vede un concorso di cause a produrre la denatalità in Europa: “nei paesi maggiormente toccati dalla flessione dei tassi di fecondità e dal rifiuto di avere figli, si osserva la congiunzione di due fattori che costituiscono un freno pesante al desiderio di maternità. Il primo, forse più importante, è la pregnanza sociale del modello della buona madre. Il secondo – che deriva dal primo – è l’assenza di una politica familiare risolutamente cooperativa per le donne”. Cosa significa? Che uno dei fattori che allontana le donne dall’esperienza della maternità è la consapevolezza che il peso di questa esperienza cadrà interamente sulle loro spalle, sia che lavorino, sia che non lavorino. E l’assenza di politiche che puntino seriamente a promuovere l’equa distribuzione dei carichi domestici e di cura non è che un risvolto del perdurare del modello della “buona madre amorevole”, votata al sacrificio di sé, che ha condizionato la cultura europea per secoli. E che continua a farlo, nota nel suo blog Loredana Lipperini, con la sorprendente complicità di movimenti femministi che propendono verso un eccesso di “naturalismo”.
Le donne childfree in Italia sono circa il 20%, e secondo una ricerca dell’Università di Firenze, solo una piccola percentuale di ultraquarantenni che non hanno avuto figli avrebbe cambiato idea nel caso fossero state in atto migliori politiche pubbliche di sostegno alla maternità. Un terzo delle donne intervistate non è voluto invece diventare madre per via delle eccessive rinunce che un figlio comporterebbe, constatando che sono le donne a dover sopportare in toto il peso della cura dei figli, la cui presenza determina molto frequentemente un peggioramento del loro status e la perdita di diritti e posizioni all’interno della coppia, così come nella società.
Siamo ancora nella condizione che descriveva Simone de Beauvoir nel Secondo sesso quando notava il paradosso di una società che riempie di rispetto le madri e di disprezzo le donne. E che proprio per questo, mentre glorifica il ventre fecondo, di fatto riduce le donne all’insignificanza storica.
Stigmatizzare la scelta, o la condizione, delle non madri, richiamare le donne ai loro doveri di fecondità verso il proprio paese, colpevolizzare le donne per la propria infecondità, per aver tardato troppo a volere un bambino: sono tutti messaggi che non solo cancellano con un colpo di spugna libertà e responsabilità delle donne nelle decisioni procreative, ma paradossalmente lavorano proprio a produrre il risultato inverso. Tanto più, infatti, le si riduce a ventri, a “culle per il futuro”, tanto meno donne sempre più istruite e consapevoli, desiderose di disegnare da sé il proprio ruolo nella società, saranno attratte da un modello antiquato e penalizzante di riproduzione e di cura.
https://femministerie.wordpress.com/2016/08/31/fertilityday-non-solo-sbagliato-ma-controproducente/
Uno dei vantaggi che l'oppressione fornisce gli oppressori è che il più umile di essi si sente superiore: un povero bianco del sud degli Stati Uniti si consola dicendosi che non è uno sporco negro. I bianchi più fortunati sfruttano abilmente questo orgoglio. Allo stesso modo, il più mediocre degli uomini, si considera di fronte alle donne, un semidio.
Simone de Beauvoir, Il secondo sesso
«Ma vi sono risposte che non avrei la forza di ascoltare e perciò evito di porre le domande».
Simone de Beauvoir, Una donna spezzata
Simone de Beauvoir, Una donna spezzata
Esistono procedimenti magici che aboliscono le distanze di tempo e di spazio: le emozioni
Simone de Beauvoir
Il presente non è un potenziale passato, è il momento della scelta e dell'azione.
Simone De Beauvoir
Non si trasforma la propria vita senza trasformare se stessi.
Simone De Beauvoir
Mi è stato più facile pensare un mondo senza creatore,
che un creatore pieno di tutte le contraddizioni del mondo.
Simone de Beauvoir, Memorie di una ragazza perbene
Mi è stato più facile pensare un mondo senza creatore,
che un creatore pieno di tutte le contraddizioni del mondo.
Simone de Beauvoir, Memorie di una ragazza perbene
Tutti sono d'accordo nel riconoscere che nella specie umana sono comprese le femmine, le quali costituiscono oggi come in passato circa mezza umanità del genere umano; e tuttavia ci dicono 'la femminilità è in pericolo'; ci esortano: 'siate donne, restate donne, divenite donne'. Dunque non è detto che ogni essere umano di genere femminile sia una donna; bisogna che partecipi di quell'essenza velata dal mistero e dal dubbio che è la femminilità.
Simone De Beauvoir
Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere.
Simone de Beauvoir, "La Force des choses", 1963
"Non ho mai nutrito l'illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto femminismo"
Simone De Beauvoir
Il terzo libro della lunghissima autobiografia di Simone De Beauvoir è intitolato:
La forza delle cose (1966 Einaudi, edizione originale 1963 La force des choses). La prima volta che lo lessi non avevo ancora trent'anni, il titolo mi stupì, mi piacque, un poco m'inquietò e mi diede da pensare. Ora che sono anziana il titolo mi stupisce e m'inquieta meno, mi piace anche di più e soprattutto lo capisco meglio.
Il fatto è che sono una scrittrice: una donna scrittrice non è una donna di casa che scrive, ma qualcuno la cui intera esistenza è condizionata dallo scrivere.
Simone de Beauvoir, "La Force des choses", 1963
"Non ho mai nutrito l'illusione di trasformare la condizione femminile, essa dipende dall'avvenire del lavoro nel mondo e non cambierà seriamente che a prezzo di uno sconvolgimento della produzione. Per questo ho evitato di chiudermi nel cosiddetto femminismo"
Simone De Beauvoir
Il terzo libro della lunghissima autobiografia di Simone De Beauvoir è intitolato:
La forza delle cose (1966 Einaudi, edizione originale 1963 La force des choses). La prima volta che lo lessi non avevo ancora trent'anni, il titolo mi stupì, mi piacque, un poco m'inquietò e mi diede da pensare. Ora che sono anziana il titolo mi stupisce e m'inquieta meno, mi piace anche di più e soprattutto lo capisco meglio.
ah...per me e' stato diverso. avevo un po' piu' di 20 anni quando lessi L'nvitata, mise in discussione tutto quello che ritenevo giusto o sbagliato, mi ci sono voluti anni per capirla. Adesso è diverso, le devo molto.
SIMONE DE BEAUVOIR E JEAN PAUL SARTRE
Non ci fu matrimonio. Ma un contratto a termine fra Simone de Beauvoir e Jean Paul Sartre, come ricorda Laura Laurenzi nel suo Amori e Furori (Bur).
“ E’ durata più di mezzo secolo- scrive- l’unione fra il filosofo dell’esistenzialismo e la scrittrice che per prima teorizzò la necessità per le donne di ribellarsi al loro destino biologico, madre severa e altera del femminismo. Senza sposarsi e nemmeno convivere, dividendo il loro cammino con una platea di amici, amiche, discepoli, amanti, segretarie, dame di compagnie, favorite , fidanzate meglio se in come”.
Avevano una data da festeggiare, anche se non c’erano nozze. Era il loro “matrimonio morganatico”, il 14 ottobre del ‘29.
Si conoscono a luglio alla Sorbona. Lui, 24 anni, basso, vestito senza cura, strabico, con scarsa propensione all’igiene personale. Grande affabulatore. Lei, la ragazza dell’alta borghesia. Bella, dalla pelle chiarissima, che viene subito attratta dal magnetismo dell’intellettuale. E dalla frase che ripeteva sempre:
“ Gli uomini non sono spiriti, ma corpi in preda al bisogno”.
Simone, scriverà “Io ero intelligente, ma lui era un genio, Sartre rispondeva esattamente ai desideri dei miei quindici anni: era il doppio in cui ritrovavo, portate all’incandescenza, tutte le mie manie. Con lui avrei potuto dividere tutto”. Gli darà sempre del lei e rimarrà con lui fino agli ultimi suoi giorni.
Decidono di dividere un contratto d’affitto reciproco, rinnovabile ogni due anni. Un contratto che “aveva una clausola bene definita- scrive Laurenzi.- Quella dell’infedeltà percepita come un dovere reciproco, una sorta di assicurazione contro le menzogne, i sotterfugi, le ipocrisie del matrimonio borghese”.
I due per tutta la vita distinguono l’amore necessario , dunque inevitabile, dagli amori contingenti e senza importanza. Nelle loro tele di ragno vengono invischiate parecchie ragazze che, spesso, non si innamorarono di Sartre, ma di Simone, la quale all’inizio fatica ad accettare queste condizioni.
Ma non c’erano alternative: prendere o lasciare. Sartre, secondo alcuni, non avrebbe potuto fare a meno di soddisfare il suo desiderio di conquiste.
In cambio il filosofo le scriverà un giorno: “La mia vita non appartiene a me solo. Voi siete sempre me, l’essere stesso del mio essere, il cuore del mio cuore”. E in effetti ogni singola opera del filosofo sarà sottoposta al giudizio della compagna.
Intanto continua il via vai di amanti nell’alcova dei due. Un giorno passerà Olga Kosakievicz, 17 anni, pallida, russa, per cui Sartre perderà la testa, anche se lei sarà molto più attratta dalla filosofa. Olga annotava: “E’ come un bambino ingordo, sempre voglio, voglio e lei che si fa in quattro a dire sì, sì caro e prezioso, l’avrai te lo procurerò io”.
Poi ci sarà Bianca. La ragazza ha 17 anni quando si innamora della De Beauvoir che ne ha 29, di cui apprezza il carattere audace delle sua intelligenza, la sua potenza e la sua rapidità di comprensione”.
Simone e’ in realtà oltre che molto bella, abbastanza curiosa. Affamata di letture.
Arriverà Natascia Sorokine, altra studentessa assorbita nel triangolo negli anni subito prima della guerra. Definirà Simone “un orologio chiuso dentro un frigorifero”. In realtà Simone era sempre più presa dal tentativo di esaudire la voracità diventata bulimica nei confronti degli amori contingenti del suo compagno.
E poi sarà la volta di Z, Luoise, Tania. Il meccanismo che placa la coscienza è sempre lo stesso: la confessione, completa e immediata, a voce o per iscritto. Si scrivono freneticamente descrivendo nei minimi particolari gli amplessi con terzi amanti.
Ma un giorno il filosofo, che non ha mai pensato al matrimonio, si innamnora negli Stati Uniti di Dolores Vanettti Ehrenreich. Siamo nel ’47 e lui le chiede di sposarlo. Il filosofo ripianifica la vita in modo da poter trascorrere con Dolores tre mesi di seguito. Simone comincia a mettere in dubbio il loro rapporto e sente uno struggimento profondo.
Ma in quegli anni e proprio negli States Simone incontra Nelson Algren, 38 anni, mentre lei ne ha uno in più. Ha fama di scrittore maledetto. L’idillio con questo uomo è trascinante e con lui “il suo corpo- scriverà Simone nei Mandarini- si levava infine dalla terra dei morti. Tutta la mia vita era stata una lunga malattia”.
Ma Nelson che vuole sposarla, rimarrà un amore secondario. Simone non vuole lasciare Parigi. Scriverà la loro storia d’amore e la cosa farà infuriare lo scrittore. Intanto, il sodalizio tra Sartre e la De Beauvoir, che non si è mai interrotto, riprende con l’andirivieni organizzato dalla filosofa di donnine che popolano la loro alcova: Olga, Wanda, Michèle, Arlette Elkaim, che si alternerà al capezzale di Sartre con Simone, Evelyne,
Intanto Simone adotta Sylvie Le Bon, una studentessa di filosofia di 18 anni. A legarle sarà un’amicizia assoluta.
Dunque, Simone ama senza distinzione uomini e donne, ma il condizionamento della sua educazione borghese la ostacola nel confessare la sua omosessualità
Sarte si ammala. Il suo corpo si decompone lentamente. L’ultima volta che Simone vede l’unico amore della sua vita è il 14 aprile del 1980. Lei rimarrà per tutta la notte distesa sul letto con il cadavere di Sartre. Lo bacerà sulle labbra prima che la bara venga chiusa. E’ stordita da psicofarmaci.
Simone gli sopravviverà sei anni meno un giorno. Morirà di edema polmonare. Sarte muore a 75, lei a 78.
Sono sepolti insieme nel cimitero di Montparnasse.
Nessun commento:
Posta un commento