domenica 19 gennaio 2014

Il Potere delle Bambole. Vassilissa ricevette in eredita una bambola... Ben sappiamo che i bambini riescono a fare il passaggio dall'immaginario verso la realtà soltanto attraverso i loro giocatoli, quindi lo stesso faranno da grandi attraverso un feticcio, come lo fa una nonna con una statua della madonna (una bambola) un prete con un crocefisso (un feticcio), un giovane con un poster di un cantante (un idolo), un soldato con un fucile (un surrogato di potere) un materialista con i soldi (una proiezione di forza mancate) e via dicendo. La bambola quindi ha un significato profondissimo: è l'intuito dell'infanzia in cui si personifica una parte dell'anima del bambino, attraverso il quale incarna la sua grandezza: la bambina per esempio impara ad essere madre, protettiva, attenta, tenera, vigile (ahimè oggi imparano solo a restare bambole e poi si lamentano che gli uomini giochino con loro!!!). Musei, negozi, case sono pieni di bambole, orsacchiotti, soldatini di piombo ecc... sono dei veri e propri talismani o feticci su cui si trasferisce il potere in noi mancante dunque una compensazione psichica in germe di sviluppo. La bambola è un piccolo Io che se non sprigiona in noi la sua grandezza (l'intuizione reale) ci potrebbe rendere per sempre puerili e mai maturi, per ciò il passaggio di avere una bambola ad avere una donna oggetto o una macchina e giocarci immaturamente è assai breve e impercettibile. Per fortuna la Bambola di Vassilissa farà bene e maturo il suo gioco come vedremo.




IL RIFLESSO DELL'AMORE DEI GENITORI
Quando un bimbo vede entrare il padre a casa e bacia solo il bimbo e non bacia la mamma, rimane insoddisfatto, perchè anche se è vero che il bimbo ama l'amore che vien dato a lui, è altrettanto vero e necessario vedere che i loro genitori si amano; il bambino percepisce quando un genitore non è amato, sa che è una brava mamma ma vede anche la donna spenta, sa che è un bravo papa ma è un uomo sbiadito. Se manca amore tra i genitori, al bambino mancherà sicurezza e fiducia verso gli altri quando sarà grande.

1. LA MORTE DELLA MADRE E' LA NASCITA DEL DIVINO.
La fiaba di Vassilissa inizia come tante altre, con la morte della madre: muore la madre di Cenerentola, muore la madre di Biancaneve, muore la madre della Bella, muore la madre di Sirenetta e via dicendo. Questa morte è un archetipo: è la scomparsa della dimensione divina in noi, già dai primi momenti in cui iniziamo a ragionare ci sentiamo soli dentro il nostro universo interiore: Dio non c'è, è morto, non esiste, siamo spirito orfani in un mondo materiale. Dio è quella fonte originaria del nostro senso esistenziale, giace in ognuno di noi, è la potenzialità della nostra psiche; il primo contatto razionale che ne abbiamo è della sua assenza ed abbandono.


2. IL POTERE DELLE BAMBOLE 
Vassilissa ricevette in eredita una bambola... Ben sappiamo che i bambini riescono a fare il passaggio dall'immaginario verso la realtà soltanto attraverso i loro giocatoli, quindi lo stesso faranno da grandi attraverso un feticcio, come lo fa una nonna con una statua della madonna (una bambola) un prete con un crocefisso (un feticcio), un giovane con un poster di un cantante (un idolo), un soldato con un fucile (un surrogato di potere) un materialista con i soldi (una proiezione di forza mancate) e via dicendo. La bambola quindi ha un significato profondissimo: è l'intuito dell'infanzia in cui si personifica una parte dell'anima del bambino, attraverso il quale incarna la sua grandezza: la bambina per esempio impara ad essere madre, protettiva, attenta, tenera, vigile (ahimè oggi imparano solo a restare bambole e poi si lamentano che gli uomini giochino con loro!!!). Musei, negozi, case sono pieni di bambole, orsacchiotti, soldatini di piombo ecc... sono dei veri e propri talismani o feticci su cui si trasferisce il potere in noi mancante dunque una compensazione psichica in germe di sviluppo. La bambola è un piccolo Io che se non sprigiona in noi la sua grandezza (l'intuizione reale) ci potrebbe rendere per sempre puerili e mai maturi, per ciò il passaggio di avere una bambola ad avere una donna oggetto o una macchina e giocarci immaturamente è assai breve e impercettibile. Per fortuna la Bambola di Vassilissa farà bene e maturo il suo gioco come vedremo.

BABA JAGA E VASSILISSA LA SAGGIA
Baba-Jaga è un personaggio della mitologia slava, in particolare di quella russa e la figura immaginaria di un personaggio fiabesco molto risentita in diversi paesi del est, fondamentale. Nelle lingue slave, baba significa "vecchia", "nonna" e, secondo la tradizione, nonna del diavolo. Le versioni sono diverse tenendo conto la basta cultura e diverse mentalità che forgia questa fiaba (Russia, Romania, Yugoslavia, Polonia, Paesi baltici). Perciò cercherò di fare un racconto unico prendendo il meglio di tutte le versioni che ho trovato.

VASSILISSA E BABA JAGA
C'era un tempo, un tempo che anche si avvicina, un uomo che rimase vedovo e sposò un'altra donna; ma dalla prima moglie aveva avuto una figlia, Vassilissa; La madre chiamo a sé Vassillissa "Ecco, questa bambola è per te, tesoro mio" sussurrò la mamma. E da sotto le coperte tirò fuori una bambolina che come Vassillissa indossava stivaletti rossi, grembiulino bianco, gonna nera e corsetto ricamato. "Se ti perderai o avrai bisogno di aiuto, domanda a questa bambola che fare. Tienila sempre con te, non parlarne a nessuno e nutrila quando ha fame". E il respiro le ricadde nelle profondità del corpo, dove raccolse l'anima e sfuggì dalle labbra. La cattiva matrigna e le sue due figliole sebbene esse avessero modi educati e sorridessero sempre come vere signore, dietro ai loro sorrisi c'era qualcosa del roditore che il padre di Vassillissa non notava. Quando le tre donne erano sole con Vassillissa la tormentavano, la costringevano a servirle, la mandavano a tagliare la legna. La odiavano perché c'era in lei una bellezza ultraterrena. Un giorno la matrigna e le sorellastre non la sopportarono più. "Facciamo in modo che il fuoco si estingua, e poi mandiamola nella foresta dalla Baba Yaga a chiedere il fuoco. Così la Baba Yaga la ucciderà e se la mangerà". Squittirono come esseri che vivono nell'oscurità. Così quella sera, quando Vassillissa tornò da aver raccolto la legna, la casa era tutta al buio. Domandò alla matrigna: "Come faremo a cucinare? Come faremo a rischiarare le tenebre?" . "Stupida ragazza, ovviamente non abbiamo fuoco. Devi andare a cercare la Baba Yaga a chiederle un carbone per riaccendere il fuoco". "Benissimo lo farò" rispose Vassillissa, e si avviò. Nel bosco l'oscurità si faceva sempre più fitta, e i ramoscelli che le scricchiolavano sotto i piedi la riempivano di paura. Infilò la mano nella tasca del grembiule, dove nascondeva la bambola che la mamma le aveva dato, e subito si sentì meglio. E a ogni biforcazione Vassillissa infilava la mano nella tasca e consultava la bambola, e la bambola le indicava da che parte andare. Improvvisamente un uomo vestito di bianco su un cavallo bianco passò al galoppo, e si fece più chiaro. Poi passò un uomo vestito di rosso su un cavallo rosso, e sorse il sole. Cammina, cammina Vassillissa arrivò alla tana della Baba Jaga, e proprio in quel momento un cavaliere vestito di nero su un cavallo nero penetrò nella baracca. Subito si fece notte.
La Baba Jaga era veramente una creatura spaventosa. Viaggiava su un mortaio che si spostava da solo. Guidava questo veicolo con un remo a forma di pestello, e intanto cancellava le tracce alle sue spalle con una scopa fatta con i capelli di persone morte da gran tempo. Ancora più strana era la casa della Baba Jaga. Posava su un mucchio di zampe gialle di gallina, camminava da sola e qualche volta volteggiava come una ballerina in estasi. Le maniglie delle porte e delle finestre erano fatte con dita umane di mani e di piedi e il chiavistello era un grugno di denti appuntiti. Vassillissa consultò la bambola e lei le rispose che quella era la casa che cercava ed aggiunse: "là dove andrai ci sarà una betulla che vorrà graffiarti sugli occhi: tu legala con un nastrino; ci sarà un portone che cigolerà e vorrà sbatterti in faccia: tu versagli un pò d'olio sui cardini, ci saranno dei cani che vorranno morderti: tu getta loro del pane; e un gatto vorrà cavarti gli occhi: tu dagli un pò di prosciutto". E d'improvviso la Baba Jaga nel suo mortaio calò su Vassillissa urlandole: "Cosa vuoi?". La fanciulla tremava: "Nonna, sono venuta per il fuoco…ho bisogno di fuoco". Baba Jaga la minacciò: "Non potrò darti il fuoco finchè non avrai fatto del lavoro per me. Se adempirai questi compiti per me, avrai il fuoco. Se no…". E Vassillissa vide gli occhi della Baba Jaga trasformarsi in braci ardenti. "Se no, cara bambina, morirai". La Baba Jaga ordinò a Vassillissa di portarle quello che stava cuocendo nel forno. Nel forno c'era cibo per dieci persone e la Baba Jaga lo mangiò tutto, lasciando una piccola crosta e un cucchiaio di minestra per Vassillissa. "Lavami i vestiti, scopa il cortile e la casa, e separa il grano buono da quello cattivo e vedi che tutto sia in ordine. Se quando torno non avrai finito sarai tu il mio banchetto". E la Baba Jaga volò via sul suo mortaio. E cadde di nuovo la notte. La bambola rassicurò Vassillissa che ce l'avrebbe fatta, le disse di mangiare qualcosa e di andare a dormire. Al mattino la bambola aveva fatto tutto, e non restava che preparare il pasto. La sera la Baba Jaga tornò e trovò che non era rimasto nulla da fare. In parte contenta, e in parte no, sibilò: "Sei una ragazza molto fortunata. In quel mucchio di sporcizia ci sono molti semi di papavero. Per domattina voglio una pila di semi di papavero e una pila di sporcizia, ben separati". Quella notte la Baba Jaga dormì come un ghiro. Vassillissa cercò…di raccogliere…i semi di papavero…tra la sporcizia. Dopo un po' la bambola le disse: "Ora dormi. Andrà tutto bene". di nuovo la bambola si occupò di tutto e quando la vecchia tornò a casa era stato tutto fatto. "Posso farti qualche domanda, nonna?". "Domanda pure, ma ricordati che troppo saprai, presto invecchierai". Vassillissa chiese dell'uomo bianco sul cavallo bianco. "Quello è il mio giorno", rispose la baba Jaga intenerita. "E l'uomo in rosso sul cavallo rosso?". "Oh, quello è il mio sole nascente". "E l'uomo sul cavallo nero?". "Quello è il terzo, ed è la mia notte. Vieni qui, vuoi farmi altre domande?", le disse con tono suadente. Vassillissa stava per chiederle di quelle strane mani, ma la bambola cominciò ad agitarsi nella tasca e allora disse: "No nonna. Come tu stessa hai detto, troppo saprai, presto invecchierai". "Domani puoi andartene, ma prima un ultima missione, fare il filato, prendi il tuo fuoco e portatelo a casa", dicendo così le dette un teschio dagli occhi ardenti e lo infilò su un bastone. Ecco che la bambina si siede al telaio, mentre la baba jaga esce e dice alla sua aiutante: "Và, scalda il bagno e lava la mia nipotina, ma bada di farlo per benino: me la voglio mangiare per colazione". La bambina se ne resta seduta più morta che viva, tutta spaventata, e prega l'aiutante: "Non accendere più legna dell'acqua che versi, e l'acqua portala con un setaccio", e le regalò un fazzoletto. La baba jaga aspetta; poi va alla finestra e domanda: "Stai filando, nipotina, stai filando mia piccina?" "Sto filando, cara zia, sto filando". La baba jaga si allontanò e la bambina diede il prosciutto al gatto e gli chiese: "Non si può fuggire di qui in qualche modo?" "Eccoti un pettinino e un asciugamano" dice il gatto, "prendili e scappa; la baba jaga ti inseguirà, ma tu poggia l'orecchio a terra e appena senti che s'avvicina, getta via prima l'asciugamano: nascerà un fiume, largo largo; se la baba jaga riuscirà ad attraversarlo e ricomincerà ad inseguirti, tu poggia di nuovo l'orecchio al suolo e, quando senti che s' avvicina, getta il pettinino: nascerà un bosco, fitto fitto; quello non potrà oltrepassarlo davvero!"

La bambina prese l'asciugamano e il pettinino e fuggì: i cani la volevano sbranare, ma essa gettò loro il pane, e quelli la lasciarono passare; il portone voleva sbattere e chiudersi, ma essa gli versò un pò d'olio sui cardini, e quello la lasciò passare; la betulla voleva strapparle gli occhi, ma la bambina la legò con un nastrino, e quella la lasciò andare.

Intanto il gatto siede al telaio e fila: ma, più che filare, fa un gran pasticcio! La baba jaga si avvicina alla finestra e domanda: "Stai filando, nipotina, stai filando, mia piccina?" "Sto filando, cara zia, sto filando!" risponde brusco il gatto. La baba jaga si precipita nella capanna, vede che la bambina è fuggita e giù botte al gatto! Lo sgrida perché non ha graffiato la bambina sugli occhi. "È tanto tempo che ti servo" risponde il gatto, "e non mi hai mai dato nemmeno un ossicino; lei invece mi ha dato un pezzo di prosciutto!" La baba jaga si scagliò contro i cani, il portone la betulla e l'aiutante, e giù a picchiare e a sgridare tutti! I cani le dicono: "Ti serviamo da tanto tempo e non ci hai mai dato neppure una crosta bruciacchiata; lei invece ci ha dato il pane!". La betulla dice: "È tanto che ti servo, e non mi hai legata neppure con un filo; lei invece mi ha ornata con un nastrino". L'aiutante dice: "Ti ho servita per tanto tempo, e tu non mi hai regalato nemmeno uno straccio; lei, invece, mi ha regalato un fazzoletto".

La baba jaga gamba d'osso balzò rapidamente a cavallo del mortaio, lo incitò col pestello, lo guidò con la scopa e si gettò all'inseguimento della bambina. La bambina poggia l'orecchio a terra e sente che la baba jaga l'insegue e s'avvicina, prende l'asciugamano e lo butta via: nasce un fiume largo largo! La baba jaga arriva al fiume e per la rabbia digrigna i denti, torna a casa, prende i suoi buoi e li sospinge verso il fiume: i buoi se lo bevono tutto. La baba jaga si lanciò di nuovo all'inseguimento. La bambina poggiò l'orecchio al suolo, sentì che la baba jaga era vicina, e gettò il pettinino; nacque un bosco, fitto da far paura! La baba jaga cominciò a rosicchiarlo, ma, per quanto facesse, non riuscì a rosicchiarlo tutto e tornò indietro. Vassillissa corse a casa, seguendo il percorso che la bambola le indicava. Era notte, e Vassillissa attraversò la foresta con il teschio sul bastone, con il fuoco che usciva dall'orecchio, dall'occhio, dal naso e dalla bocca del teschio. D'improvviso provò paura di quella luce fantastica e pensò di gettarlo, ma il teschio le parlò e la invitò a calmarsi e proseguire. La matrigna e le sorellastre si avvicinarono alla finestra e videro una strana luce danzante nei boschi. Sempre più si avvicinava. Vassillissa si avvicinava sempre di più e quando la matrigna e le sorellastre la riconobbero le corsero incontro e le dissero che non avevano avuto più fuoco da quando se n'era andata. Vassillissa entrò in casa con un senso di trionfo. Ma il teschio sul bastone osservava ogni mossa delle sorellastre e della matrigna, e la mattina dopo aveva bruciato e ridotto in cenere il malvagio terzetto.



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