venerdì 24 gennaio 2014

John Donne. The Divine Poems. Morte, non essere fiera. Pur se taluni t’abbiano chiamata terribile e possente, perchè tu non lo sei, che quei che tu credi di travolgere non muoiono, povera morte nè tu puoi uccider me. Tu, schiava del fato, del caso, di re e di disperati; tu, che ti nutri di guerre, veleni e malattie, oppio e incantesimi ci sanno addormentare ugualmente e meglio di ogni tuo fendente. Perché dunque insuperbisci? Trascorso un breve sonno, veglieremo in eterno e morte più non sarà, morte tu morrai

Nessun uomo è un’isola,
completo in sé stesso;
ogni uomo è un pezzo del continente,
una parte del tutto.

Se anche solo una zolla
venisse lavata via dal mare,
l’Europa ne sarebbe diminuita,
come se le mancasse un promontorio,
come se venisse a mancare
una dimora di amici tuoi,
o la tua stessa casa.

La morte di qualsiasi uomo mi sminuisce,
perché io sono parte dell’umanità.
E dunque non chiedere mai
per chi suona la campana:
essa suona per te.
John Donne


[No man is an island, entire of itself; every man is a piece of the continent, a part of the main. If a clod be washed away by the sea, Europe is the less, as well as if a promontory were, as well as if a manor of thy friend's or of thine own were: any man's death diminishes me, because I am involved in mankind, and therefore never send to know for whom the bell tolls; it tolls for thee.]
John Donne (1572-1631), Meditazione XVII, in “Devozioni per occasioni d'emergenza” (1623), Editori Riuniti, Roma 1994, pp. 112-113



« […] Perciò le nostre due anime, che sono una,
benché io debba partire, non subiscono 
un distacco, ma un'espansione,
come oro battuto in sfoglia di aerea tenuità.
Se esse son due, lo sono al modo stesso
che son due le rigide parti gemelle del compasso:
l'anima tua, che è la fissa, non fa mostra di muoversi, ma si muove quando si muove l'altra.
E benché essa sia fissata al centro,
pur, quando l'altra gira più lontana,
s'inclina e si protende verso quella,
e si raddrizza quando l'altra torna.
Tale sarai per me, che devo, come l'altra gamba, obliquamente aggirarmi:
la tua fermezza rende il mio cerchio esatto,
e mi fa terminare là dove ho incominciato.»
John Donne, A Valediction: Forbidding Mourning, Songs and Sonnets, 1633




Se ancor non ho tutto l'amore tuo,
cara, giammai tutto l'avrò;
non posso esalare un altro sospiro per intenerirti,
né posso implorare un'altra lacrima a che sgorghi;
ormai tutto il tesoro che avevo per acquistarti
- sospiri, lacrime, e voti e lettere - l'ho consumato.
Eppure non può essermi dovuto
più di quanto fu inteso alla stipulazione del contratto;
se allora il tuo dono d'amore fu parziale,
si che parte a me toccasse, parte ad altri,
cara giammai tutta ti avrò

Ma se allora tu mi cedesti tutto,
quel tutto non fu che il tutto di cui allora tu disponevi;
ma se nel cuore tuo, in seguito, sia stato o sarà
generato amor nuovo, ad opera di altri,
che ancor possiedono intatte le lor sostanze, e possono di lacrime,
di sospiri, di voti, di lettere, fare offerte maggiori,
codesto amore nuovo può produrre nuove ansie,
poiché codesto amore non fu da te impegnato.
Eppur lo fu, dacché la tua donazione fu totale:
il terreno, cioè il tuo cuore, è mio; quanto ivi cresca,
cara, dovrebbe tutto spettare a me.

Tuttavia ancor non vorrei avere tutto;
chi tutto ha non può aver altro,
e dacché il mio amore ammette quotidianamente
nuovo accrescimento, tu dovresti avere in serbo nuove ricompense;
tu non puoi darmi ogni giorno il tuo cuore:
se puoi darlo, vuol dire che non l'hai mai dato.
il paradosso d'amore consiste nel fatto che, sebbene il tuo cuore si diparta,
tuttavia rimane, e tu col perderlo lo conservi.
Ma noi terremo un modo più liberale
di quello di scambiar cuori: li uniremo; così saremo
un solo essere, e il Tutto l'un dell'altro.

John Donne






Tutta l’umanità è un solo volume
quando un uomo muore il suo capitolo non viene strappato dal libro
ma tradotto in una lingua più bella,
ed ogni capitolo deve essere tradotto in questo modo.
Dio si avvale di diversi traduttori.
Alcuni brani vengono tradotti dall’età
altri dalla malattia, alcuni dalla guerra, altri dalla giustizia,
ma la mano di Dio raccoglierà di nuovo in volume
i nostri fogli sparsi per la biblioteca
in cui ogni libro resterà aperto l’uno per l’altro. …
John Donne


“La morte è inghiottita per sempre”.
“Morte, dov’è la tua vittoria?
Morte, dov’è il tuo pungiglione?”
John Donne


Morte,
non essere fiera.
Pur se taluni t’abbiano chiamata terribile e possente,
perchè tu non lo sei,
che quei che tu credi di travolgere
non muoiono,
povera morte
nè tu puoi uccider me.
Tu, schiava del fato, del caso, di re e di disperati;
tu, che ti nutri di guerre, veleni e malattie,
oppio e incantesimi ci sanno addormentare
ugualmente e meglio di ogni tuo fendente.
Perché dunque insuperbisci?
Trascorso un breve sonno,
veglieremo in eterno
e morte più non sarà,
morte
tu morrai
John Donne. The Divine Poems

http://youtu.be/ATbdYwjMlcs


Con Emma Thompson. E poco conosciuto ma molto profondo




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