sabato 29 settembre 2012

Ennio Flaiano. Quando mai uno stupido è stato innocuo? Lo stupido più inocuo trova sempre un'eco favorevole nel cuore e nel cervello dei suoi contemporanei che sono almeno stupidi quanto lui: e sono sempre parecchi.

Appartengo alla minoranza silenziosa. Sono di quei pochi che non hanno più nulla da dire e aspettano. Che cosa? Che tutto si chiarisca? L'età mi ha portato la certezza che niente si può chiarire: in questo paese che amo non esiste semplicemente la verità. Paesi molto più piccoli e importanti del nostro hanno una loro verità, noi ne abbiamo infinite versioni. Le cause? Lascio agli storici, ai sociologi, agli psicanalisti, alle tavole rotonde il compito di indicarci le cause, io ne subisco gli effetti. E con me pochi altri: perché quasi tutti hanno una soluzione da proporci: la loro verità, cioè qualcosa che non contrasti i loro interessi. Alla tavola rotonda bisognerà anche invitare uno storico dell'arte per fargli dire quale influenza può avere avuto il barocco sulla nostra psicologia.
In Italia infatti la linea più breve tra due punti è l'arabesco. Viviamo in una rete d'arabeschi.
Ennio Flaiano - La solitudine del satiro - (p. 207)


Mai epoca fu come questa tanto favorevole ai narcisi e agli esibizionisti.
Dove sono i santi? Dovremo accontentarci di morire in odore di pubblicità.
Ennio Flaiano, La solitudine del satiro (p. 77)


Una volta in un aereo di linea capitai di posto accanto a un giovane prete che volava per la prima volta. Era entusiasta e ciarliero. Mi disse che volando l'uomo realizza inconsciamente la sua più grande aspirazione spirituale, quella di essere assunto in cielo.
Gli feci osservare che le assunzioni sono di prima classe o turistica. 
Ennio Flaiano, La solitudine del satiro (p. 164)


Per l'aumentato benessere medio l'uomo e la donna si vanno orientando verso una morfologia utilitaria. Nelle classi giovani circolano già i modelli che verranno prodotti in larga serie nel futuro; uomini agili, sicuri, di buon affidamento e di basso consumo; donne di media statura, di facile manutenzione e dalle prestazioni standard. Lievi differenze nelle rifiniture. La natura fa ancora pochi esemplari di uomini e donne lusso, destinati allo spettacolo e al consumo collettivo d'informazione, alla pubblicità, ai rotocalchi. 
Ennio Flaiano, La solitudine del satiro (p. 158)



«Il dramma della vita moderna è questo: tutti cercano la pace e la solitudine.
E per il fatto stesso di cercarle, le scacciano dai luoghi dove si trovano.»
Ennio Flaiano, La solitudine del satiro


Questa notte ho pensato lungamente a me stesso,
cercando di tirar fuori una filosofia della mia vita.
Tutto quello che sono riuscito a capire di me stesso l'ho scritto in questo foglietto.  (...)
Sul foglio c*è scritto:
1) Non so contro chi credere.
2) Ho poche idee ma confuse.
3) Cercavo un impiego, ho trovato un lavoro.
4) Ho una famiglia da farmi mantenere.
5) Stento molto a capire, ma alla fine non capisco niente.
Ennio Flaiano, La solitudine del satiro


C'è un limite al dolore,
in quel limite un caro conforto
un'improvvisa rinunzia al dolore.
Il pianista cerca un fiore nel buio
e lo trova, un fiore che non si vede
e ne canta la certezza.
Il gioco è questo: cercare nel buio
qualcosa che non c'è, e trovarlo.
Ennio Flaiano

Lo scienziato cerca un gatto, un gatto nascosto in una stanza buia.
Non lo trova ma…ma ne deduce che è nero.
Il Filosofo cerca un gatto, un gatto che non c’è in una stanza buia.
Non lo trova ma… ma continua a cercare.
Il Teologo, oh il Teologo cerca lo stesso gatto.
Non lo trova ma… ma dice di averlo trovato.
Ennio Flaiano, La valigia delle Indie


Se un filosofo è un uomo cieco, in una stanza buia,
che cerca un gatto nero che non c'è,
un teologo è l'uomo che riesce a trovare quel gatto.
Bertrand Russell, "Perché non sono cristiano", 1954


La notte ha sempre lo stesso problema:
è troppo corta per i piaceri e troppo lunga per i pensieri.
Ennio Flaiano

Il vero psicanalista delle donne è il loro parrucchiere.
Ennio Flaiano
Il gioco e il massacro

I suoi giovani invitati sono belli, escono dalle università di famiglia, dai loro club, intelligenti per censo (conoscono l'esatto valore della vita), ammorbiditi da un'esistenza di bagni, di aria aperta, di sport costosi, di vacanze inaccessibili. Non si può non ammirarli, come risultato genetico. Non hanno niente da dirmi, ma io non ho verso di loro nemmeno il disprezzo o l'odio di classe, che reputo inutile. In un senso strutturale sono il prodotto di una civiltà raffinata, affrancati dalla nostra morale. Nessuno di costoro vuol scrivere o dipingere: hanno chi lo fa per loro; ma se volessero, i loro libri avrebbero immediato successo mondano, i loro quadri anche. Ma non vogliono: considerano l'intelligenza una qualità inferiore, quando non è applicata freddamente al potere e alla vita.
Ennio Flaiano, Il gioco e il massacro, Rizzoli, 1970, pag. 203


L'evo moderno è finito.
Comincia il medio-evo degli specialisti.
Oggi anche il cretino è specializzato.
Ennio Flaiano


Decise di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino. Si levò alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione, fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò a mezzogiorno.
Ennio Flaiano


Il peggio che può capitare a un genio è di essere compreso.
Ennio Flaiano

Da ragazzo ero anarchico, adesso mi accorgo che si può essere sovversivi soltanto chiedendo che le leggi dello Stato vengano rispettate da chi governa
Ennio Flaiano

Gli presentano il progetto per lo snellimento della burocrazia. Deplora l'assenza del modulo H.
Conclude che passerà il progetto, per un sollecito esame, all'ufficio competente, che sta creando.
Ennio Flaiano

Conoscere se stesso.
Dopodiché diventa impossibile vivere insieme con se stesso.
Ennio Flaiano, Autobiografia del Blu di Prussia


In amore bisogna essere senza scrupoli, non rispettare nessuno.
All’occorrenza essere capaci di andare a letto con la propria moglie.
Ennio Flaiano, Autobiografia del Blu di Prussia



I giorni indimenticabili della vita di un uomo sono cinque o sei in tutto.
Gli altri fanno volume.
Ennio Flaiano, Autobiografia del Blu di Prussia


Sei stato condannato alla pena di vivere. La domanda di grazia, respinta.
Ennio Flaiano, Autobiografia del Blu di Prussia


L'inferno italiano è popolato di maldestri peccatori
che al rifiuto del concetto di colpa e di peccato
uniscono la capacità di ridere dei guai in cui si trovano.
E poiché il Diavolo laggiù è il padrone,
ne deriva la necessità di imbrogliarlo.
La nostra commedia è tutta qui.
Ennio Flaiano


“Diavolo, vado bene di qui per l’Inferno?”
“Sì, sempre storto.”
Ennio Flaiano, Diario degli errori



Vìvere è una serie ininterrotta di errori,
ognuno dei quali sostiene il precedente e si appoggia al seguente.
Ennio Flaiano, Diario degli errori


Essere pessimisti circa le cose del mondo e la vita in generale
è un pleonasmo, ossia anticipare quello che accadrà.

Ennio Flaiano, Diario notturno e altri scritti


E vissero tutti infelici e scontenti.
Così, per non ingannare il suo bambino termina le favole.
Ennio Flaiano, Diario Notturno


A causa del cattivo tempo, la Rivoluzione è stata rinviata a data da destinarsi.
Ennio Flaiano, Diario Notturno


Decise di cambiar vita, di approfittare delle ore del mattino.
Si levò alle sei, fece la doccia, si rase, si vestì, gustò la colazione,
fumò un paio di sigarette, si mise al tavolo di lavoro e si svegliò a mezzogiorno.
Ennio Flaiano
Diario notturno


Roma è una città eterna non per le sue glorie,
ma per la capacità di subire le barbarie dei suoi invasori,
di cancellarle col tempo, di farne rovine.
Ennio Flaiano, Diario notturno


Sono passabilmente soddisfatto, non felice, soltanto quando sono solo.
Non è misantropia, ma orrore di dover dare spiegazioni.
Decido di non dare più spiegazioni.
Ennio Flaiano, Diario notturno


I giovani hanno quasi tutti il coraggio delle opinioni altrui.
Ennio Flaiano


Un amore si nutre di piccoli punti di contatto.
Ennio Flaiano




La parola serve a nascondere il pensiero,
il pensiero a nascondere la verità.
E la verità fulmina chi osa guardarla in faccia.
Ennio Flaiano - Un marziano a Roma


I nomi collettivi servono a fare confusione. “popolo, pubblico…”.
Un bel giorno ti accorgi che siamo noi. Invece, credevi che fossero gli altri
Ennio Flaiano


Flavia Cassarari 
Debito pubblico: alla fine, ti accorgi che sei chiamato a pagare anche tu gli scialacqui fatti da altri




il "noi" è per chi vuole farne parte. 
Spesso è il miglior nascondiglio dell'individuo singolo.


Quando mai uno stupido è stato innocuo?
Lo stupido più innocuo trova sempre un'eco favorevole nel cuore e nel cervello dei suoi contemporanei che sono almeno stupidi quanto lui: e sono sempre parecchi. Inutile poi aggiungere che niente è più pericoloso di uno stupido che afferra un'idea, il che succede con una frequenza preoccupante. Se uno stupido afferra un'idea, è fatto: su quella costruirà un sistema e obbligherà gli altri a condividerlo.
Ennio Flaiano



«La stupidità ha fatto progressi enormi. È un sole che non si può più guardare fissamente. Grazie ai mezzi di comunicazione, non è più nemmeno la stessa, si nutre di altri miti, si vende moltissimo, ha ridicolizzato il buon senso, spande il terrore intorno a sé».
Ennio Flaiano, "Ombre grigie" (elzeviro sul Corriere della sera, 13 marzo 1969)



Anuscka Danesi 

Eh...dall'ignoranza (dal verbo ignorare, non sapere) si può guarire informandosi o studiando...
dalla stupidità no...purtroppo.



Un libro sogna. Il libro è l'unico oggetto inanimato che possa avere sogni
Ennio Flaiano


A tutti quelli che invocano e ringraziano la Divina Provvidenza far notare che c’è una Divina Imprevidenza altrettanto vigile, quella che regola tutti i nostri errori, gli scontri ferroviari, i naufragi, i terremoti, le stragi degli innocenti, la follia infantile, la peste, le grandi e piccole catastrofi. Il Bene e il Male si equilibrano nel tempo, secondo la legge dei grandi numeri; o forse non esistono. Esiste un corso delle cose, che non è giudicabile.
Ennio Flaiano


Una volta credevo che il contrario di una verità fosse l'errore e il contrario di un errore fosse la verità. Oggi una verità può avere per contrario un'altra verità altrettanto valida, e l'errore un altro errore.
Ennio Flaiano

Sia ben chiaro che per saggezza intendo la capacità di agire in armonia coi miei errori preferiti.
Ennio Flaiano


I fascisti sono una trascurabile maggioranza. Personalmente, ne conosco uno che ogni volta che mi vede si illumina di gioia e minaccia di mettermi una bomba "sotto casa". Io mi mostro lusingatissimo. Questo della bomba è per lui un segno di considerazione; non la metterebbe al primo venuto, a me invece sì, molto volentieri. E ha l'aria di aggiungere che se non mi ha ancora "messo" la bomba è perché, in fondo, mi vuol bene, mentre dubita che io gliene voglia. Mi dimostra quindi il suo rifiutato affetto come può; mi stima fino all'attentato.
Un giorno il fascismo sarà curato con la psicanalisi.
Ennio Flaiano


In Italia la linea più breve tra due punti è l'arabesco.
Viviamo in una rete di arabeschi.
Ennio Flaiano


Questa umanità che si considera figlia di Dio, divina e portata a dominare la terra, in realtà la sta sconvolgendo e non tiene conto degli altri ospiti che sono su questo pianeta, o ne tiene conto soltanto per farsene delle pellicce, per utilizzarli come cibo, per utilizzarli nel lavoro. È la più grossa impresa di schiavitù della storia.
Ennio Flaiano


L’oppio è ormai la religione dei popoli.
Ennio Flaiano, Don't forget


C'è gente che eredita la fede, come eredita i terreni, il casato, i titoli nobiliari, il denaro, una biblioteca e il castello. Fede per censo, ereditaria.
Ennio Flaiano, Don't forget

La Signora diceva: Io non so veramente chi sono i miei figli (ne aveva tre), non assomigliano né a me né a mio marito. Le risposi: noi crediamo di mettere al mondo dei figli e mettiamo al mondo degli antenati, rifacciamo modelli di altri secoli, bisavoli, trisavoli, antenati della notte dei tempi. E' l'unica forma di immortalità che ci è concessa: l'immortalità à rebours.
Ennio Flaiano, Don't forget

Aumentano gli anni e diminuiscono le probabilità di diventare immortali.
Ennio Flaiano, Don't forget


I grandi amori si annunciano in un modo preciso, appena la vedi dici: chi è questa stronza?
Ennio Flaiano



Molti anni fa, nel terzo o quarto anno del suo mandato presidenziale, fui invitato a cena al palazzo del Quirinale, da Luigi Einaudi. […] Ma eccoci alla frutta. Il maggiordomo recò un enorme vassoio del tipo che i manieristi olandesi e poi napoletani dipingevano due secoli fa: c’era di tutto, eccetto il melone spaccato. E tra quei frutti, delle pere molto grandi. Luigi Einaudi guardò un po’ sorpreso tanta botanica, poi sospirò: “Io” disse “prenderei una pera, ma sono troppo grandi, c’è nessuno che vuole dividerne una con me?”. Tutti avemmo un attimo di sgomento e guardammo istintivamente il maggiordomo: era diventato rosso fiamma e forse stava per avere un colpo apoplettico. Durante la sua lunga carriera mai aveva sentito una proposta simile, a una cena servita da lui, in quelle sale. Tuttavia, lo battei di volata: “Io, presidente” dissi alzando una mano per farmi vedere, come a scuola. Il presidente tagliò la pera, il maggiordomo ne mise la metà su un piatto, e me lo posò davanti come se contenesse la metà della testa di Giovanni il Battista. […] Non ebbi più occasione di vederlo, qualche anno dopo saliva alla presidenza un altro e il resto è noto. Cominciava per l’Italia la Repubblica delle pere indivise.”
Ennio Flaiano, La solitudine del satiro


"Mia moglie si vergognerebbe di andare a Campo de' Fiori a comprare l'insalata o le pere sul macchinone ministeriale. Sarebbe uno schiaffo alla povera gente, un abuso di potere, un furto."
Sandro Pertini




Scena raccapricciante in metrò a Roma, duemila persone accalcate sulla banchina fino alle scale mobili, sulla A a Termini, diretti a San Pietro. Una gigantesca donna americana (la gigantessa di Fellini in Casanova per intenderci) di due metri e duecento chili (non scherzo) cerca di entrare nel mezzo. Una donna le urla: "Si nun sei magra nun ce poi entrà ne la metro".
Ecco l'orrore del razzismo a portata di mano.

Chi meglio di Flaiano ha descritto Roma? Nessuno, senti qua:
«I due oggetti più lustri di questa città sono il piede della statua di un santo e il culo dell'Ermafrodito: ovvero, l'ardore dei fedeli e la pietà, lo zelo degli esteti. Ci si chiede dove sono andati a finire i nipoti dei milioni di schiavi che la pietà di una religione affrancò. Nella capitale! Ed eccoli ancora pagani, cioè nemici del loro prossimo come di se stessi. A chi ti colpisce la guancia destra non offrire perciò la guancia sinistra: lo renderesti troppo felice. Ti racconteranno storielle sul carattere del cittadino: indolenza, tolleranza, magnanimità, furberia. Sono tutte vere, lo proverai a tue spese.»
Ennio Flaiano



La solitudine del satiro (Adelphi, 16,20 €)
Riflessioni sul senso della vita si mischiano a un divertente diario romano ("i fogli di via Veneto"), con i retroscena del film La Dolce Vita. Tra le pagine prendono forma figure immortali come il poeta Cardarelli di cui Flaiano restituisce un ritratto esilarante. Pubblicato poco dopo la morte dello scrittore, il libro contiene anche la sua ultima intervista.

Diario degli errori (Adelphi - 9,35 €)
Flaiano giornalista girovago scrive divertenti reportage da tutto il mondo (da Atene a Zurigo, passando per New York). Per poi scoprire che nel catalogo degli errori l'Italia non è seconda a nessuno.

Autobiografia del blu di Prussia. (Adelphi, 10,20 €)
Le storie dell'Abruzzo natìo raccolte nella prima parte del libro, lasciano il posto a una raccolta di massime e pensieri del Flaiano adulto tra le strade di Roma. Nella terza parte, "la valigia delle indie", trovano posto poesie, canzoni ed epigrammi.

Ennio Flaiano - Opere Scelte (Adelphi, 59,50 €)
Un'opera quasi omnia, divisa in tre parti: tra romanzi (Tempo di uccidere, Diario notturno, Una e una notte,  Il gioco e il massacro, Le ombre bianche), opere incompiute (Diario degli errori, La valigia delle Indie) e una raccolta di articoli. Le note sono a cura di Anna Longoni.

Le invasione dei barbari essendo oggi improbabili,
la natura vi supplisce con le invasione interne e legali:
i Vandali sono all’edilizia, Attila dirige la riforma agraria,
i Goti aspettano di andare al potere.
Tutti mirano a distruggere qualcosa
perché il barbaro, sempre stupido e impaziente,
deve muoversi e fare, altrimenti si annoia”.

Quando mai uno stupido è stato innocuo?
Lo stupido più innocuo trova sempre un’eco favorevole
nel cuore e nel cervello dei suoi contemporanei
che sono almeno stupidi quanto lui:
e sono sempre parecchi. [...]
Inutile poi aggiungere che niente è più pericoloso
di uno stupido che afferra un’idea,
il che succede con una frequenza preoccupante.
Se uno stupido afferra un’idea, è fatto: 
su quella costruirà un sistema 
e obbligherà gli altri a condividerlo. [...]
In altre parole, è pericoloso trascurare la stupidità.
Fingere che possa essere “innocua” è un modo per rimanerne vittima.
E, quel che è peggio, neppure accorgersi di quanto se ne è contagiati. [...]
 E, poiché chi ne è infetto non lo sa, l’epidemia è difficilmente curabile. [...]
Ennio Flaiano


 "questo popolo di santi, di poeti, 
di navigatori, di nipoti e di cognati..."
Ennio Flaiano


Viene un tale perché mi interessi di sistemarlo in qualche modo.
Non pretende molto, gli bastano cinquantamila lire il mese.
Tento di spiegargli che chiede troppo:
gli impieghi da cinquantamila lire a Roma sono ambitissimi ed è ormai impossibile trovarne. Anch’io ho cercato, purtroppo invano, di ottenerne uno. Ci sono liberi, invece, molti posti da quattrocento,
da cinquecentomila, perfino da un milione; però deve farseli offrire, mai chiederli. Con fredda pazienza potrà riuscirci.
Mi guarda senza capire.
Gli ho svelato uno dei più delicati segreti romani
e crede che voglia prenderlo in giro.



Chi meglio di Flaiano ha descritto Roma? Nessuno, senti qua:
«I due oggetti più lustri di questa città sono il piede della statua di un santo e il culo dell'Ermafrodito: ovvero, l'ardore dei fedeli e la pietà, lo zelo degli esteti. Ci si chiede dove sono andati a finire i nipoti dei milioni di schiavi che la pietà di una religione affrancò. Nella capitale! Ed eccoli ancora pagani, cioè nemici del loro prossimo come di se stessi. A chi ti colpisce la guancia destra non offrire perciò la guancia sinistra: lo renderesti troppo felice. Ti racconteranno storielle sul carattere del cittadino: indolenza, tolleranza, magnanimità, furberia. Sono tutte vere, lo proverai a tue spese.»
Ennio Flaiano


- "I giovani hanno quasi tutti 
il coraggio delle opinioni altrui."




UN MARZIANO A ROMA
Ennio Flaiano 

Il racconto è ambientato nel 1953: 
un disco volante, guidato dal solitario pilota/passeggero Kunt, atterra a Villa Borghese il 12 ottobre. Per quel giorno la vita di Roma viene sconvolta, tutti corrono per vedere il marziano. 
Gli  intellettuali pensano che sia l’inizio di una nuova era, con prospettive immense e imperscrutabili.

13 ottobre
Il marziano viene ricevuto dal Presidente della Repubblica

14 ottobre
L’astronave viene recintata ma con il pagamento di una piccola tassa (100 lire) la si può visitare.
Il ricavato va a “certe opere assistenziali cattoliche”. Il marziano approva. 
(Naturalmente giornalisti, mutilati di guerra e funzionari del ministero non pagano)

Alla fine di ottobre il marziano è stremato dal numero di ricevimenti a cui deve presenziare (dopotutto deve assolvere gli obblighi di rappresentanza per tutta la sua specie)

5 novembre
Il Papa riceve il marziano, chiamato “il signor Kunt” 
nelle pagine dell’Osservatore Romano. [...]

Una rivista di sinistra cerca di accaparrarsi Kunt coinvolgendolo nella giuria di un concorso di bellezza, gli arrivano proposte per girare ruoli minori in un film, i giornali non sanno più cosa farsene delle foto del marziano.

La sera del 6 gennaio 1954, stanco e amareggiato, si dirige verso la sua astronave.
Marte è un puntino rosso che brilla quasi solitario nel cielo, 
e circola da un po’ di giorni la voce  che se ne voglia tornare a casa. 
Ma c’è un problema da risolvere …
Ennio Flaiano, Un marziano a Roma, 1954


12 ottobre
Oggi un marziano è sceso con la sua aeronave a Villa Borghese, nel prato del galoppatoio. 
Cercherò di mantenere, scrivendo queste note, la calma che ho interamente perduta all'annunzio dell'incredibile evento, di reprimere l'ansia che subito mi ha spinto nelle strade, per mescolarmi alla folla. Tutta la popolazione della periferia si è riversata al centro della città e ostacola ogni traffico. Debbo dire che la gioia, la curiosità è mista in tutti ad una speranza che poteva sembrare assurda ieri e che di ora in ora si va invece facendo più viva. La speranza «che tutto cambierà». Roma ha preso subito l'aspetto sbracato e casalingo delle grandi occasioni.
Già a piazza Fiume non ci si muove più: Ia folla pressata, ondeggiante, aspetta, canta, grida, improvvisa danze Ho visto i primi ubriachi. l tetti degli autobus (fermi questi nelle strade come navi sorprese dall'inverno in un mare glaciale) brulicano di giovani e di bambini che urlano agitando grandi bandiere sporche. I negozi hanno abbassato le saracinesche.
Verso le sette ho incontrato pallido, sconvolto dall'emozione il mio amico Fellini. Egli si trovava al Pincio quando l'aeronave è discesa e sulle prime ha creduto si trattasse di un'allucinazione. Quando ha visto gente accorrere urlando e ha sentito dalla aeronave gridare secchi ordini in un italiano un po' freddo e scolastico, Fellini ha capito. Travolto subito dalla folla, e calpestato, si è risvegliato senza scarpe, la giacca a pezzi. Ha girato per la villa come un ebete, a piedi nudi, cercando di trovare un'uscita qualsiasi. Io ero la prima persona amica che incontrava. Ha pianto abbracciandomi, scosso da un'emozione che ben presto si è comunicata anche a me.
Mi ha descritto poi l'aeronave: un disco di enormi dimensioni, giallo e lucente come un sole. E il fruscio indimenticabile, il fruscio di un foulard di seta, al momento di calarsi al suolo! E il silenzio che ha seguito quel momento! In quel breve attimo ha sentito che un nuovo periodo stava iniziando per l'umanità. Le prospettive sono - mi dice - immense e imperscrutabili. Forse tutto: la religione e le leggi, l'arte e la nostra vita stessa, ci apparirà tra qualche tempo illogico e povero. Se il solitario viaggiatore sceso dall'aeronave è veramente
- e oramai, dopo il comunicato ufficiale, sarebbe sciocco dubitarne - l'ambasciatore di un altro pianeta dove tutto si conosce del nostro, questo è il segno che altrove «le cose sono più semplici». Il fatto che il marziano sia venuto solo dimostra che egli possiede mezzi a noi sconosciuti per difendersi; e argomenti tali da mutare radicalmente il nostro sistema di vita e la nostra concezione del mondo.
Al Policlinico, dove lo accompagno per farsi medicare le ferite ai piedi, incontro tra i contusi Giovannino Russo e Carletto MazzareIla. Il primo ha perso gli occhiali e non mi riconosce, il secondo ha perso le scarpe e non lo riconosco. Sono ancora stravolti dalle emozioni. Prima che la folla si scatenasse nel suo entusiasmo, hanno fatto in tempo a vedere il marziano! Dunque, è vero! La loro ironia (credevano in una mistificazione pubblicitaria) è caduta di colpo quando hanno visto scendere il biondo navigatore dall'apparecchio. Russo lo descrive come un uomo alto, di portamento nobile, un po' malinconico. Veste comunemente, come potrebbe vestire uno svedese - ha soggiunto Mazzarella. Ha parlato in perfetto italiano. Due donne sono svenute quando egli è passato, sorridente, tra i cordoni della polizia, per raggiungere l'auto del Prefetto. Nessuno ha osato avvicinarglisi troppo. Solo un bambino è corso verso di lui. La scena che è seguita ha strappato grida e la-crime ai presenti. ll marziano ha parlato al bambino, dolcemente, carezzandolo. Niente altro. Sorrideva ed era stanco.
Mazzarella è particolarmente entusiasta del marziano. Egli ne deduce che le marziane sono certo migliori delle spagnole e forse anche delle americane. Spera che il marziano abbia portato con sé i testi poetici della letteratura marziana.

13 ottobre
Il marziano è stato ricevuto dal Presidente della Repubblica, ieri notte. Verso le due via Veneto brulicava di folla come in una mattinata domenicale. Si formavano capannelli attorno ai fortunati che hanno visto da vicino il marziano. Le impressioni sono tutte favorevolissime. Sembra che il marziano conosca molto bene la nostra situazione economica, sociale, politica. È un uomo di maniere semplici ma compitissime. Non dà molte spiegazioni e non ne chiede nessuna. Quando gli hanno chiesto perché avesse scelto proprio Roma per la sua visita ha sorriso finemente. Sembra anche che si tratterrà a Roma molto tempo, forse sei mesi. Verso le due e mezzo ho incontrato Mario Pannunzio con il solito gruppo del «Mondo». Si parlava del marziano ma con un certo scetticismo, che mi ha stupito. «Non si hanno ancora notizie ufficiali» ha detto Sandro De Feo «il comunicato è stato smentito». Al che Pannunzio ha soggiunto: «Non ci credo nemmeno se lo vedo».
Alle tre sono uscite le edizioni straordinarie, vietate sino allora dalla Questura per motivi di ordine pubblico. Il marziano si chiama Kunt. Ha propositi pacifici benché altre aeronavi, a suo dire, incrocino nella stratosfera. Il viaggio da Marte alla Terra non dura più di tre giorni. Sulle conversazioni in corso tra il marziano e le autorità non si hanno indiscrezioni. Questo è tutto. Tornando a casa mi sono fermato a leggere un manifesto di un partito, pieno di offese per un altro. Tutte mi è sembrato di colpo ridicolo. Ho sentito il bisogno di urlare. Credo al marziano e credo soprattutto alla sua buona fede! Ero sconvolto. E chi incontro? Il vecchietto che guarda le automobili in via Sicilia, quello che ha il berretto con la scritta Journaux suisses. Gli ho dato tutto il denaro che avevo in tasca, non molto, gli ho baciato le mani, scongiurandolo, cristianamente, di perdonarmi.

14 ottobre
Le autorità hanno fatto recintare l'aeronave, che si potrà d'ora in poi vedere dietro pagamento di una tassa a favore di certe opere assistenziali cattoliche. Il marziano ha dato la sua approvazione. La tassa è stata fissata in lire cento, per permettere anche alle persone meno abbienti di vedere l'aeronave. Tuttavia i mutilati di guerra, i funzionari del ministero degli interni, i giornalisti con tessera possono entrare gratis. Gli enalisti, le scuole e le comitive possono ottenere uno sconto.

15 ottobre
Camminiamo per Roma come formiche impazzite, cercando qualche amico a cui comunicare la nostra inebriante felicità. Ogni cosa ci appare in una nuova dimensione. Quale il nostro futuro? Potremo allungare la nostra vita, combattere le malattie, evitare le guerre, dare pane a tutti? Non si parla d'altro. Più ancora che nei giorni precedenti sentiamo che qualcosa di nuovo si prepara. Non è la fine del mondo, ma il principio del mondo. C'è l'attesa del levarsi del sipario, resa più acuta da uno spettacolo che non conosciamo. È solo turbata, quest'attesa, dai facili profeti, da coloro che l'avevano sempre detto e che ora sono pronti alla nuova prova; dai comunisti, che hanno già tentato di accaparrarsi il marziano; dai fascisti, che avanzano il dubbio della razza.

18 ottobre
Sono riuscito finalmente a vedere l'aeronave. È impressionante. Le guardie di polizia sono gentili, parlano a bassa voce, quasi per farsi perdonare la loro presenza. Nessuno del resto commette il più piccolo atto irriverente. Un bambino che ha tentato di scrivere qualcosa col gesso sulla lucida superficie dell'aeronave è stato sculacciato dai genitori. Anch'io ho toccato, come tutti, l'aeronave e a quel calore metallico ho sentito una profonda dolcezza, mai prima provata. Sorridevamo io e uno sconosciuto, guardandoci, e infine ci siamo stretti la mano, spinti dallo stesso impulso fraterno, né dopo ho sentito vergogna della mia commozione. Sembra che l'aeronave abbia fatto già due miracoli, ma non è provato, benché alcune donne abbiano insistito per lasciare a terra delle targhe di marmo con i loro ringraziamenti. Un impiegato del Comune ha già preso l'appalto per le candele, ma il ricavato sembra che andrà a beneficio di un'Opera.

19 ottobre
Il ricevimento in Campidoglio ha avuto dei momenti bellissimi, mi dicono. Io non sono potuto arrivare nemmeno a piazza Venezia, tanto la folla premeva.
Qualche dissennato già se la prendeva col marziano. «Ma che è venuto a fare?» ha detto un fattorino. Gli ha risposto un suo compagno: «Vuoi mettere come si sta a Roma e come si sta su Marte? Tu ci staresti su Marte?». «Manco morto» ha replicato il primo. Poco dopo, ripassando, ho sentito gli stessi che parlavano di foot-ball. Domenica prossima ci sarà un incontro abbastanza importante.
Al Campidoglio, il Sindaco si è coperto di ridicolo parlando di Roma maestra di civiltà. Ci sono stati dei colpi di tosse. La gaffe era ormai irreparabile e il Sindaco non ha proseguito sull'argomento, limitandosi ad elogiare il sistema planetario, alla cui scoperta ha contribuito l'italiano Galilei con il suo cannocchiale, e con gli studi sul Sole. Il marziano sorrideva, e a un certo momento pare si sia chinato all'orecchio di un cardinale, che gli sedeva a fianco, per dirgli qualcosa. Il cardinale ha paternamente sorriso. Quando gli hanno offerto il diploma di cittadinanza onoraria il marziano ha detto poche parole. Gli altoparlanti le hanno trasmesse ma non chiaramente. La stampa le riporta, non è niente di eccezionale, forse ci aspettavamo un maggior impegno da parte sua; ma bisogna anche tener conto della delicata situazione del marziano, che si sente ospite.

21 ottobre
La prima fotografia del marziano, mi dicono, è stata venduta, la sera stessa del suo arrivo, per tre milioni, a una agenzia americana. Il fortunato fotografo poteva ricavarci di più ma ha ceduto di schianto alla vista dei biglietti di banca.
La vita dei partiti sembra essersi fermata. Oggi il marziano ha assistito ad una seduta della Camera dei deputati. Gli oratori balbettavano. Una proposta di legge sull'aumento di certe tariffe doganali è stata approvata all'unanimità, euforicamente. I deputati erano quasi tutti vestiti di scuro e si cedevano il passo l'un l'altro, con cortese freddezza. Tutti ostentavano di non guardare il marziano, ben sapendo che il marziano osservava tutti. Sembra che il marziano ne abbia riportato una buona impressione.

27 ottobre
Che cosa fa il marziano? Si attendono novità e si sperano grosse novità. Per ora i giornali si limitano a informarci sull'impiego del suo tempo. Verrebbe fatto di notare che partecipa a troppi ricevimenti, banchetti e cocktails: ma ha pure dei doveri di rappresentanza ed è solo a svolgerli. C'è forse una congiura del silenzio sulle sue intenzioni, che avrebbe chiaramente espresse alle autorità governative? I comunisti già lo dicono, benché velatamente. Si è anche parlato della sua decisione di andarsene e un giornale della sera ha venduto centomila copie dando la notizia, poi risultata falsa, che il marziano era ripartito.

3 novembre
La vita a Roma è tornata quasi normale. La Questura ha ristabilito la vecchia ora per la chiusura dei bar, e vasti rastrellamenti vengono operati nelle ore notturne, nei parchi pubblici, che erano ormai diventati il ritrovo di tutte le coppie. Sono in preparazione nove films sul marziano, uno dei quali con l'attore Totò.

5 novembre
Il marziano è stato ricevuto dal Papa. Ne dà la notizia l'«Osservatore Romano», senza tuttavia pubblicare fotografie, nella sua rubrica «Nostre informazioni». In questa rubrica, com'è noto, vengono segnati per ordine di importanza i nomi delle persone che iI Santo Padre ha acconsentito a ricevere in udienza privata. Il marziano è tra gli ultimi e così nominato: il signor Kunt, di Marte.

8 novembre
Oggi il marziano ha accettato improvvisamente di far parte di una giuria di artisti e di scrittori per l'elezione di Miss Vie Nuove.
Il marziano seduto tra Carlo Levi e Alberto Moravia, non ha detto una parola. I fotografi lo hanno letteralmente accecato coi loro lam-pi. Le beltà in gara sono passate inosservate. Alberto Moravia, nervoso, ha rotto la sua sedia, muovendosi.
La sera, incontro Carlo Levi, con altri amici. Mi accodo per sentire le sue impressioni sul marziano. Favorevoli. Il marziano conosce la questione meridionale, non certo quanto Levi stesso. È un uomo intelligente, benché la sua formazione risenta le lacune dell'insegnamento marziano. Tutto sommato, Carlo Levi ha molta simpatia per il marziano, che potrà fare molto, se seguirà i suoi consigli.
Gli ha dato dei libri da leggere e, tra questi, Cristo si è fermato ad Eboli, che il marziano conosceva nella edizione americana.

20 novembre
Il marziano sino ad oggi ha ricevuto circa duecentomila lettere.
Un corpo di segretari è impegnato a leggerle. Sono per la più parte di inventori incompresi, donne deluse, bambini buoni. In una lettera, col timbro di Catania, hanno trovato una sola parola: cornuto.
Ma arrivano anche lettere nelle quali si chiede al marziano di agire, presto, e lo si rimprovera di perdere un tempo prezioso. Già la delusione serpeggia. Mario Soldati che ho incontrato oggi in una libreria mi ha sussurrato all'orecchio: «Tradimento!». Ed è andato via, curvo sotto il peso dei suoi pensieri, come un congiurato che medita le dimissioni.

2 dicembre
Mi telefona F. per invitarmi ad un cocktail che dà oggi in onore del marziano. Rispondo io, imitando la voce della cameriera e dicendo che non sono in casa. Conoscere il marziano, fra gente che vorrà accaparrarselo, chi per raccontargli come stanno veramente le cose in Italia, chi per invitarlo ad un altro cocktail, chi per coinvolgerlo in un premio letterario, mi sembra inutile.

6 dicembre
Finalmente ho visto il marziano. È stato ieri notte, alle due, in via Veneto. Io e Pierino Accolti-Gil stavamo fumando, silenziosi, quando lo vedemmo venire, in compagnia di due ragazze, alte, cavalline, forse due ragazze di un balletto. Rideva e parlava in inglese. Smise di ridere quando ci passò accanto benché noi evitassimo di guardarlo. All'altezza dell'edicola dei giornali in via Lombardia il marziano si è incontrato con l'ex re Faruk, che passeggiava lentamente, annoiato. Non si sono salutati. L'ex re Faruk cercava delle sigarette e fece un gesto al vecchio che sta lì a venderle. «Pronti!» rispose il vecchio e corse verso il suo cliente.
Ci siamo avvicinati più tardi a due prostitute che stavano parlottando tra loro. Una diceva: «Vieni col marziano? E su, vieni!». L'altra appariva nervosa e seccata: «lo no. Vacci tu. Io col marziano non ci vado». Non ho capito se il suo rifiuto fosse dovuto a timore dell'ignoto o soltanto a malinteso nazionalismo.

18 dicembre
Parlavamo delle cose italiane, io e Vittorio Ivella, l'altra sera, quando lvella ha esposto la sua ipotesi. Non so perché mi ha molto divertito. Ha detto: «Ma per quale ragione sarebbe dovuto scendere proprio qui? lo dico che non è venuto di proposito: c'è cascato?». L'idea del marziano che è costretto ad un atterraggio di fortuna e si comporta come uno scopritore di mondi mi ha, ripeto, molto divertito. Tutta la sera non ho fatto che ridere, pensandoci. Attilio Riccio afferma invece che il marziano è un caso tipico di idolatria dell'ignoto. Egli prevede che finirà linciato. Si dice anche, e io lo noto a titolo di cronaca, che il marziano si è innamorato di una ballerina che si fa desiderare e parla di lui in termini ignobili.

20 dicembre
Oggi per la prima volta ho parlato col marziano. Mi trovavo a Fregene e l'ho subito riconosciuto. Passeggiava sulla spiaggia piena di sole ma battuta dal vento. Guardava il mare e si fermava a raccogliere conchiglie: qualcuna ne metteva in tasca. Poiché eravamo soli sulla spiaggia, si è avvicinato per chiedermi un fiammifero. Ho fatto le viste di non riconoscerlo; per non offenderlo con la mia curiosità e anche perché in quel momento desideravo star solo con i miei pensieri. È stato lui a dirmi, puntandosi un dito sul petto: «lo, marziano» Ho finto la sorpresa. Poi mi è balenata l'idea di intervistarlo. Pensavo di mettere giù un'intervista diversa dalle altre, una cosa un po' letteraria per intenderci, di spingerlo a considerazioni più vaste delle solite, che la presenza dei mare avrebbe forse giustificato,se è vero quanto dice Flaubert che il mare ispira ai borghesi pensieri profondi. Poi la pigrizia mi ha frenato. Avrei dovuto far domande, insistere, spiegare. No - mi son detto - accontentiamoci di guardarlo da vicino. La sua statura, enorme, mi ha sfavorevolmente colpito. È troppo alto, tanto da sembrare indifeso, come certi anziani uomini del nord che mostrano un'età inferiore a quella che hanno realmente ma che nel loro fanciullesco sorriso svelano una esistenza trascorsa senza grandi dolori e lontana dal peccato, cioè totalmente priva di interesse ai miei occhi. L'ho invitato a bere qualcosa. Al bar ha chiesto un whisky e, certo per ringraziarmi, mi ha messo una mano sulla spalla, sorridendo. Per un attimo soltanto, fuggevole e lieve impressione, ho avuto la certezza che fosse infelice.

22 dicembre
Il marziano ha accettato di fare una particina di marziano in un film che sarebbe diretto da Roberto Rossellini, il quale si sta interessando affinché al finanziamento del film partecipi una società marziana. Mario Soldati. che ho visto oggi da Rossetti, mi ha parlato del nuovo libro, che intende scrivere prima di cominciare il suo nuovo film. È una storia che si svolge a Torino, nel 1932.
Era molto felice, Soldati, raccontandomi la trama. Mi ha lasciato perché correva a farsi radere. Aveva fatto acquisti di papeterie. L'ho visto sparire come una farfalla.

6 gennaio
Le feste natalizie sono trascorse come al solito melanconicamente. E fa caldo! Mi sono attardato un po' stanotte, in via Veneto, perché non avevo sonno. Ad un tavolo di Rosati c'erano Pannunzio, Libonati, Saragat, Barzini e altri giornalisti politici. Parlavano della proporzionale. Ad un altro tavolo, il marziano assieme a Mino Guerrini, Talarico e Accolti-Gil. Era evidente che lo stavano gentilmente prendendo in giro. Uno sguattero dava già la segatura sul pavimento e quando sono passato ho sentito Accolti-Gil che diceva al marziano: «Se viene a Capri, a Pasqua, le faccio conoscere Malaparte. Grande ingegno, più di Levi. Profondo conoscitore della questione centrale e settentrionale». ll marziano annuiva, cortese e distratto. Poiché un cameriere, poco urbanamente, ha fatto capire che era ora di chiudere, tutti si sono alzati. Anche il marziano è uscito e sulla porta ci ha salutato, dirigendosi poi verso l'albergo Excelsior. Seduto all'ultimo tavolo, accanto alla pompa della benzina, angolo via Lombardia, c'era Faruk. Fischiettava guardando il cielo denso di nuvole rosa, preso anche lui in un suo pensiero malinconico. Poggiati i gomiti sulla poltrona di vimini, teneva le mani unite davanti alla bocca, agitava piano le dita e fischiettava. Ma sommessamente, come può fischiettare un re in esilio o un musulmano che si rappresenta l'idea del piacere. Due tavoli distante, alcuni autisti di taxi discutevano di foot-ball; e giù il vecchio delle sigarette trotterellava aspettando di essere chiamato da qualcuno. È questo un quadro a me così familiare che non manca mai di commuovermi e infatti ho sorriso pensando a questa dolce Roma che mischia i destini più diversi in un giro materno e implacabile. Al quadro si è aggiunto il marziano che è passato davanti agli autisti e a Faruk, allegramente ignorandoli, ma sporgendo un po' il petto. Verso l'Excelsior si è fermato, ed è tornato sui suoi passi. Non aveva voglia di andare a dormire, lo capivo bene. La noia della notte, la paura del letto, l'orrore di una stanza nemica che respinge lo tenevano ora inchiodato davanti ad una vetrina di giocattoli, ora davanti ad una vetrina di fiori. Sembra che su Marte non crescano fiori così belli come da noi...
Ha deciso infine di attraversare la strada e, a questo punto, nel grigio silenzio, qualcuno ha gridato forte: «A marziano!...».
Il marziano si è subito voltato ma ancora una volta il silenzio è stato rotto e stavolta da un suono lungo, straziante, plebeo. Il marziano è rimasto fermo e scrutava nel buio. Ma non c'era nessuno o, meglio, non si vedeva nessuno. Si è mosso per riprendere la sua passeggiata; un suono ancora più forte, multiplo, fragoroso, lo ha inchiodato sull'asfalto: la notte sembrava squarciata da un concerto di diavoli.
«Mascalzoni!» ha gridato il marziano.
Gli ha risposto una salve di suoni, prolungata, scoppiettante come un atroce fuoco d'artificio, che si è poi spenta in una corona di abili fiorettature solo quando il marziano ha potuto confondersi nella piccola folla che stazionava davanti al Caffè Strega. Abbiamo potuto dedurre che i giovinastri erano in folto gruppo, nascosti dietro l'edicola di giornali di via Boncompagni.
Più tardi, tornando a casa ho visto Kunt che si dirigeva, solo, a lunghi passi morbidi, verso Villa Borghese. Sopra le chiome dei pini brillava il rosso puntino di Marte, quasi solitario nel cielo. Kunt si è fermato a guardarlo. Si parla infatti di una sua prossima partenza, sempre se riuscirà a riavere l'aeronave, che gli albergatori hanno fatto, si dice, pignorare.
(1954)

Il racconto “Un marziano a Roma” si può leggere in E.Flaiano, 
“Diario notturno”, Milano, Adelphi, 1994, pp. 265-287.
http://2010.festivaldelleletterature.it/it/testi/32/un-marziano-a-roma.html



IL PAPPAGALLO.
Che ne è di quel pappagallo che nel dicembre del 69 una sezione siciliana del partito comunista inviò a Stalin in dono per il 70° compleanno?

Noi sappiamo, perchè i giornali ne parlarono, che quel volatile piacque molto al dittatore del Cremlino; e sappiamo che quando gli fu presentato se lo studiò a lungo, con quel suo sguardo da nonno sornione, e che volle conoscerne la provenienza, la specie, il nome, l'età.

Si chiamava Tovarisc; aveva giusto settant'anni: troppo raffinata coincidenza, questa, che però Stalin non mise in dubbio e anzi gradì come un omaggio nell'omaggio.

Ciò che non sappiamo di quel curioso incontro e di quanto ne seguì, perchè i giornali non ne fecero parola, e che avendo il pappagallo aggiunto: "Lunga vita a Stalin", il dittatore se ne compiacque al punto da esclamare, rivolto a Malenkov:
"Costui conosce l'essenza dello stalinismo!".
E ordinò quindi che lo lasciassero nel suo studio:
gli avrebbe tenuto compagnia.

Che fecero, una volta soli, il dittatore e il pappagallo?
Quel giorno, dicono, trascurate le cure del suo ufficio,
Stalin volle dedicarlo all'animale, mai saziandosi di ammirarlo e incitarlo a dir tutto il suo repertorio.

Il pappagallo non conosceva di russo che poche parole:
Buongiorno, buonasera, viva la rivoluzione socialista.

Per le altre frasi dette in italiano fu chiamato un interprete che le tradusse:
Viva Coppi (?),
Viva il compagno Togliatti,

nonchè altre espressioni di un gergo indecifrabile me che tuttavia, poichè si ripetevano ogni volta che nello studio entrava la giovane segretaria del dittatore, fu agevole intendere come galanterie.

Stalin se ne mostrò deliziato e, per un curiosissimo scambio di attitudini col pappagallo, imparò a ripetere in seguito quelle frasi, suscitando sempre la preoccupata ilarità della giovane segretaria e di quanti altri erano ammessi alla sua presenza:
intendo dire i compagni Beria, Malenkov, Kruscev.

E' anche accertato che sin dal primo giorno Stalin assegnò al pappagallo un guardiano, (ne conosciamo il nome: Ivan) che doveva provvedere al suo nutrimento e rispondere personalmente della sua incolumità.

Dicono al cremlino che Tovarisc si portò benissimo e rispose in tutto alle attenzioni del dittatore, manifestandogli un affetto profondo e rispettoso, quasi avesse compreso appieno la sua importanza.

Lo salutava al mattino e con gorgoglii di gioia e mostrava una marcata propensione a voler restare nel suo studio, borbottando quando Ivan veniva a portarselo via.

Dobbiamo presumere che il pappagallo preferisse starsene in quello studio, centro ideale dell'Unione Sovietica, perchè ne era anche l'ambiente piu riscaldato. Abituato infatti al dolce clima siciliano, Tovarisc mal sopportava il rigido inverno moscovita che nelle altre stanze, per il controllato funzionamento dei termosifoni, si faceva sentire maggiormente.

Tuttavia Stalin vedeva nell'attaccamento del pappagallo un favorevole auspicio, e non mancava mai, durante le pause di lavoro, di accostarsi al trespolo e di chiedergli in russo:
"Come va compagno?".
Rispondeva di solito il pappagallo:
"Non c'è male", oppure:"Si tira avanti".

Talvolta il dittatore si divertiva,
in quel suo tono tra il serio e il faceto che allarmava quanti lo conoscevano, a fargli altre domande.

Per esempio, gli chiedeva notizie del partito comunista italiano: "Bacio le mani a Voscenza!"
rispondeva Tovarish accennando un curioso inchino.

La cavernosa risata di Stalin rimbombava allora nello studio,
facendo tremare i vetri e spaventando gli uscieri in anticamera.

Si dice che negli ultimi tempi,
Stalin abbia un po trascurato le cure del governo.

Se questo è vero (e gli storici lo stabiliranno), la colpa o diciamo pure il merito, non puo essere riconosciuto che al pappagallo,
che assorbiva gran parte del suo tempo.

Questi due esseri cosi diversi sembravano fatti per intendersi. Invecchiando tendevano tutti e due alla misantropia,
eppure l'un per l'altro rivelavano una cordialità senza nubi e sincerissima.

Per vedere Stalin sorridere, ormai bastava fargli l'elogio
(anche a sproposito e smaccatamente) del suo pappagallo, assicurandogli che era il più bello, il più grande, il più intelligente dell'Unione.

Kruscev, che conosceva questa debolezza del suo capo,
ne traeva profitto. Ad una riunione del Comitato Centrale, presieduta da Stalin, poichè questi sembrava di pessimo umore e più del solito intollerante, Kruscev potè risolvere la situazione deviando il discorso sul pappagallo. Stalin gradì molto la deviazione e la seduta si concluse di buon umore, con due soli ordini di arresto.

Un altro grazioso episodio si riferisce alla visita che il segretario del partito socialista italiano fece a Stalin in quegli anni. Si narra che il dittatore volle subito presentare l'ospite al suo amabile compagno, chiedendogli che gli rivolgesse qualche domanda nella sua lingua.

L'onorevole Nenni, che non possiede un solido senso dell'umorismo e che comunque avrebbe preferito trattare politique d'abort,
reagì piuttosto freddamente, limitandosi a domandare al pappagallo:

"Sei contento di stare a Mosca?".
Al che sembra che il pappagallo rispondesse:
"E tu?" trincerandosi quindi in un corrucciato silenzio.
L'unico ad apprezzare quella risposta fu, come al solito, Stalin.

Per tutta la durata del colloquio che egli ebbe con l'esponente socialista italiano, non fece che ridere.

Trascorsero tre anni.
L'inverno del 53 fu molto rigido.
Ormai conquistato il volatile,
Stalin non se ne voleva separare nemmeno la notte,
facendolo restare nella sua stanza.

E aveva preso questo vezzo di raccontargli le sue preoccupazioni. Sembra che gli chiedesse anche qualche parere, che Tovarisc non era certo in grado di dargli.

Possiamo arguire che la stravagante condotta di Stalin fosse dettata dal suo umorismo (non spinto da altro egli usava chiedere pareri ai suoi collaboratori); ma anche - ci sembra - dalla certezza di essere si un potente della Terra ma troppo solo, e senza affetti che non sentisse più al suo trono che alla sua persona.

Quel pappagallo settuagenario gli proponeva per la prima volta la verità di un sentimento innocente, accrescendogli l'ansia per una soluzione che egli sentiva prossima e oscura.

Verso la fine di quel mese di febbraio Stalin non volle mai lasciare la sua stanza ne ricevere i suoi collaboratori. Si dice che occupasse il tempo a stendere liste di nomi, ma non è provato.

Più verosimilmente, lui e il pappagallo si facevano compagnia da buoni coetanei, spesso sonnecchiando, in attesa della primavera che già si annunciava, la sera, in un più dolce colore del cielo. Finchè la notte del 4 marzo, svegliato di soprassalto, il pappagallo dovette assistere a qualcosa che lo sconvolse.

Certo è che, la mattina dopo, il guardiano non lo trovò sul trespolo.

Quando i compagni della direzione del partito e della polizia accorsi a vegliare la salma di Stalin, che era appunto mancato quella notte stessa, seppero della scomparsa del pappagallo, dettero inesplicabilmente ordini severissimi per la sua cattura, vivo o morto.

Il guardiano Ivan fu sottoposto a snervante interrogatorio:
ammise tutto, dopodichè di lui non sappiamo piu nulla.

Col passare di quei giorni storici, mentre grandi onori venivano resi al dittatore defunto, la caccia al pappagallo fu intensificata.

Il giardino zoologico e l'ambasciata americana, luoghi in cui si presumeva lui intendesse rifugiarsi, furono sorvegliati particolarmente.

Pattuglie armate percorrevano il Cremlino, imitando la voce di Stalin, chiamando Tovarisc nei modi piu dolci e carezzevoli.

Mangime fu sparso dappertutto.
Una settimana dopo, precisamente l'11 Marzo, il pappagallo fu infine scovato da un vecchio ufficiale, ex zarista.

S'era appollaiato sul parafulmine di una cupola della chiesa,
nel cortile del Cremlino, e visto cosi dal basso, sembrava l'aquila dello stemma dei Romanoff, e appunto aveva attirato l'attenzione del vecchio ufficiale, sorpreso da quel ritorno araldico.

Povero pappagallo! Non fu nemmeno necessario sparargli:
era morto di freddo, conservando il suo segreto.
Come tanti altri, del resto.
Ennio Flaiano




I ricchi vanno aiutati, abbiamo già troppi poveri.
Un colpo di pistola sparato al momento giusto evita ogni penosa discussione.
Il problema però resta aperto: a chi sparare? A se stessi o all’interlocutore?
Nel dubbio, astenersi. Ma non venite poi a lagnarvi che le discussioni sono inutili.
Ennio Flaiano

L’immaginazione al potere.
Ma quale immaginazione accetterà di restarvi?
Ennio Flaiano

La crisi della cultura. C’è sempre stata:
Shakespeare non sapeva il greco e Omero non sapeva l’inglese.
Ennio Flaiano, Tempo di uccidere.

Tempo di uccidere, primo e unico romanzo di Flaiano, vinse lo Strega nel 1947.


i critici che si addormentano a teatro. È davvero tanto grave? si chiede Flaiano. Appisolarsi equivale a un giudizio negativo? Non è detto: “Ci sono spettatori che dalla sgradevolezza di uno spettacolo vengono spinti nella più ostinata insonnia”. Mentre in quella soglia che è il dormiveglia, stato anfibio tra coscienza e sogno, i sensi si fanno più acuti: “Quante volte in quegli istanti lo spettatore non ha creduto di capire tutto, anzi di intuire? È in quegli istanti che abbiamo lo spettatore perfetto, unico, ideale”. La tv è invece “il peggiore degli ipnotici (…) perché dà un profondo sonno sul momento ma alla fine della trasmissione uno va a letto e non c’è più verso di addormentarsi”
Voi sapete che l’ultimo rifugio degli imbecilli è di trattare la persone che essi non capiscono o dalle quali si sentono lontani, per scelta, gusti, abitudini e carriera, da intellettuali da caffè. Questo non lascia intendere che loro si sentano intellettuali da ristornate o di qualsiasi posto dove si mangia. Per aver eapprovato il lavoro che Carneo Bene svolge da anni sul palcoscenico, in pura perdita, quest’accusa mi è stata rivolta spesso anche per lettera. Senza turbarmi troppo, poiché nasconde una certa verità cronistica.Le più belle serate per anni le ho trascorse nei caffè con persone la di cui amicizia era già un giudizio,Cardarelli, Barilli, Longanesi. Mi è rimasto il debole di preferire il caffè al salotto, al club, alla sezione e all’anticamera. E il piacere di decidere un po’ dei miei gusti anche teatrali. Non nascondo che il teatro di Carmelo Bene mi interessa proprio in quanto ripropone lo spettacolo come emanazione tirannica e istrionica dell’attore, cioè come un inconscio ritorno alle origini di quest’arte. Intanta accademia registica e scenografica, in tanto teatro intimidatorio e punitivo, la proposte di Carmelo Bene hanno semmai il torto di arrivare per divertirci.
Ennio Flaiano. Lo spettatore addormentato.


Ennio Flaiano, Tempo di uccidere.
Siamo negli ultimi mesi della Guerra d’Etiopia.
Gli scontri ormai sono sporadici, e le truppe italiane attendono con trepidazione l’ordine di ritornare in patria. Un soldato senza nome, tormentato da un dente dolorante, si allontana dal proprio campo, per usufruire di una breve licenza e cercare un dentista. Il paesaggio è immobile, sembra di cartapesta.
https://youtu.be/99zn230frw4
Ennio Flaiano - Tempo di uccidere


.Ennio Flaiano, Tempo di uccidere.
[Attenti al mal di denti...]
Siamo negli ultimi mesi della Guerra d’Etiopia.
Gli scontri ormai sono sporadici, e le truppe italiane attendono con trepidazione l’ordine di ritornare in patria. Un soldato senza nome, tormentato da un dente dolorante, si allontana dal proprio campo, per usufruire di una breve licenza e cercare un dentista. Il paesaggio è immobile, sembra di cartapesta.
Una pigra indolenza, aggravata dal caldo, si stende su piante, uomini e animali, senza distinzione.
Il soldato ha in tasca una delle numerose lettere della moglie.
Si strugge nel ricordo, anela al ricongiungimento. Eppure non riesce a sottrarsi alla tentazione: incontra una donna africana, finisce per dormire con lei. Poi, spaventato da un rumore, spara alla cieca, e la colpisce per errore. Quando capisce che per lei non c’è nulla da fare la finisce con un colpo in faccia, e ne occulta il cadavere.
Inizia così una lunga deriva: il dolore al dente (e proprio Il dente era il titolo iniziale del romanzo) ha messo in moto una catena di eventi che precipitano l’uno sull’altro come le tessere di un domino.
[...] il militare perde la mappa, gli si ferma l’orologio da polso che fa ripartire e che punta in un’ora a caso. Arriva in una pozza d’acqua nella quale una donna sta facendo un bagno. Il militare in patria ha una donna che ama e che lo aspetta, ha nella tasca una sua lettera che legge e rilegge per consolarsi; ma la donna etiope è lì, nuda, che si bagna, ha la pelle più chiara delle etiopi e gli occhi verdi, i suoi capelli, che tiene nascosti sotto un turbante bianco, non hanno le tipiche treccine. La donna, che dice di chiamarsi Mariam, non conosce il tempo, la vegetazione non conosce il tempo, lì tutto è fermo. I due trascorrono insieme alcuni giorni d’appassionato amore, la donna vuole che lui le regali l’orologio che porta al polso, che segna il tempo. Quando ci si ferma a considerare le ombre, bisogna mirare bene se si vuole annientare il male-ombra-coccodrillo. Accade che una notte l’uomo sente la presenza di un animale, forse un coccodrillo, così spara, ma uno dei proiettili rimbalza e colpisce al ventre la donna. Il coccodrillo non può che rappresentare la bestia, il male. Lui presta inutilmente alla donna ferita i primi soccorsi ma poi, come si fa con i cavalli e con i muli feriti, la finisce con un colpo alla testa e ne nasconde il cadavere dentro una buca che ricopre, con estrema freddezza, con alcune pietre.
Dopo avere ispezionato la zona, per eliminare ogni traccia della sua presenza, e dopo essersi fasciato la mano ferita con una benda ricavata dal turbante bianco della donna, l’uomo si riprende l’orologio e continua il suo viaggio, durante il quale si imbatte in una strana processione formata da un anziano ascaro, Johannes, da un paio di uomini e da bambini che ballano e saltellano, fra cui Elias che in seguito gli si mette alle costole. Dopo una serie di peripezie il nostro torna al villaggio, lì incontra il vecchio e il bambino, unici superstiti di una strage perpetrata nell’altipiano. Johannes gli fa capire che Elias è il fratello di Mariam.
Accadono una serie di avvenimenti secondari, che qui non racconto, ma non posso non dire di quell’intenso profumo di fiori (lungamente marciti) che lo perseguita da quando ha ucciso l’etiope.
Quando il protagonista si rende conto che la sua ferita non guarisce, che ha gli stessi sintomi che hanno i lebbrosi, quando viene a sapere che le lebbrose portano come segno di distinzione un turbante bianco, lo stesso che portano i sacerdoti, si rende conto di essere stato contagiato da Mariam ed è preso dal panico, sa che non potrà più farsi vedere dalla donna che lo aspetta in patria, così invece di imbarcarsi sulla nave che lo porterà a casa ripercorre la scorciatoia torna sull’altipiano e si stabilisce nel villaggio abitato ormai solo dal vecchio.
Lì i due vivono accanto, il militare ha finito i viveri e mangia i cibi del vecchio ascaro, ha finito le sigarette e se le fa usando come cartina una pagina della Bibbia.
Quando Elias, da lui tiranneggiato nel villaggio, torna a trovarli, egli gli dà incarico di procurargli le sigarette, il bambino torna dopo quattro giorni con i soldati. Il protagonista crede di essere stato tradito, ma non è così, i soldati sono venuti perché attirati da un colpo di pistola.
Durante la sua presenza al villaggio si chiarisce tutto:
il vecchio sa del delitto, sa dove la figlia è stata sepolta (ha lavorato durante il soggiorno del protagonista ad una copertura di legno) mostra al militare la grande capanna rotonda, accanto alla pozza d’acqua, dove viveva la figlia.
Alle pareti c’è un disegno sacro, un angelo che uccide un drago raffigurato come un coccodrillo. Alla fine di un percorso fatto di violenza e tensioni, il vecchio gli guarisce le piaghe della mano con un impiastro: non si trattava di lebbra, la figlia era una sacerdotessa e non una lebbrosa.
«L’aver ucciso Mariam ora mi appariva un delitto indispensabile. Più che un delitto, anzi, mi appariva una crisi, una malattia, che mi avrebbe difeso per sempre, rivelandomi a me stesso». Dopo quaranta giorni passati nell’altopiano il protagonista torna al campo. La fatalità che porta la ragazza alla morte è la rappresentazione del clima di violenza e di ferocia che si respirava in Africa di cui i soldati erano poco consapevoli, la piaga sulla mano è il segno di una coscienza malata. Il bambino Elias che arriva nella boscaglia assieme ai soldati fa venire in mente Giuda che tradì il Maestro, ma il bambino non aveva tradito. Il vecchio ascaro è il dio padre che guarisce le piaghe e che perdona l’uomo assassino. Il perdono del padre purifica e guarisce la coscienza. I quaranta giorni sull’altopiano assomigliano ad una quarantena necessaria per purificarsi. Era quindi una violenza indispensabile la campagna d’Africa, un errore necessario al risveglio della coscienza? Il militare vuole giustificare se stesso, giustificare l’orrore d’aver portato il tempo e la morte in un luogo dove non esisteva, ma dove il tempo strisciava, si nascondeva nella pozza d’acqua, si faceva ombra scura. Ma tutto ciò era necessario? Il militare torna al campo, nessuno l’ha denunciato, i suoi stanno per lasciare l’Africa. La tromba suona l’adunata. ” E’ una tromba abbastanza comica per il mio Giudizio – dissi – ma a ciascuno la sua tromba” “Eppure – dissi – questa valle… Ma non seguitai. (Inutile cercare un autore, quando di un foglio del suo libro abbiamo fatto cartine per sigarette. Non è vero Johannes?”
A proposito di.... Ennio Flaiano....
Tempo di uccidere, primo e unico romanzo di Flaiano, vinse lo Strega nel 1947.
Il romanzo porta in epigrafe un passo dell’Ecclesiaste III 3
(…tempo di uccidere e tempo di sanare; tempo di …)
e narra la storia di un soldato impegnato nella campagna dell’Africa orientale italiana al tempo della guerra d’Etiopia (1935-36) .
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