giovedì 9 gennaio 2014

Baltasar Gracián. Oracolo manuale e arte della prudenza. Ci sono individui composti unicamente di facciata, come case non finite per mancanza di quattrini. Hanno l'ingresso degno d'un gran palazzo, ma le stanze interne paragonabili a squallide capanne.

Baltasar Gracián y Morales (1601 – 1658), scrittore spagnolo.



Ci sono individui composti unicamente di facciata, come case non finite per mancanza di quattrini.
Hanno l'ingresso degno d'un gran palazzo, ma le stanze interne paragonabili a squallide capanne.
Baltasar Gracián. Oracolo manuale e arte della prudenza

Quando le nostre parole e le nostre azioni piacciono a tutti, bisognerà preoccuparsi, perché sarà indice che non sono buone: la perfezione infatti può piacere a pochi.
Baltasar Gracian


È regola dell'uomo avveduto abbandonare le cose che lo abbandonano; cioè, non aspettare di essere un astro al tramonto.
Baltasar Gracián


"Non c'è deserto peggiore che una vita senza amici: l'amicizia moltiplica i beni e ripartisce i mali."
Baltasar Gracián


Impara a giocare la carta dell'indifferenza. È la più scaltra delle vendette. Perché vi sono molti di cui non|avremmo saputo nulla se qualche loro nemico noto non ne avesse parlato. Non vi è vendetta come l'oblio, che seppellisce l'indegno sotto la polvere della sua nullità.
Baltasar Gracián


Saper addossare agli altri i propri errori e farsene scudo contro la malevolenza altrui è una grande abilità in chi ha responsabilità di governo.
Baltasar Gracián


Evitate di offuscare il vostro capo. La superiorità in sé è odiosa, ma la superiorità di un individuo sul suo principe non è solo stupida, è fatale. Questo è l'insegnamento che le stelle del firmamento ci impartiscono - esse possono trovarsi vicine al sole, perché ne riflettono la brillantezza, ma non devono mai apparire in sua compagnia.
Baltasar Gracián



Se non ci si dichiara immediatamente, si crea attesa... Bisogna aggiungere un po' di mistero alla vita di tutti i giorni e si suscita venerazione. E quando viene il momento delle spiegazioni, non si deve essere troppo espliciti... in questo modo si imita il divino quando si pongono gli uomini nella condizione di osservare e meravigliarsi.
Baltasar Gracián


Ci sono uomini che si lasciano convincere sempre dall'ultimo che parla; e questo è il colmo della stupidità.
Baltasar Gracián



Riferimento: http://le-citazioni.it/autori/baltasar-gracian/?q=152648





Baltasar Gracián (Belmonte de Gracián 1601 - Tarazona 1658) scrittore e filosofo spagnolo.
Entrato presto nella compagnia di Gesù (1619), svolse mansioni di predicatore e di professore in parecchi collegi dell'ordine. Il prestigio acquisito con la diffusione delle prime opere non lo dispensò da critiche e sanzioni da parte dei gesuiti dopo la pubblicazione, senza il placet dei superiori, de Il Criticone (EI Criticon, 1651-57), grande romanzo in chiave allegorico-morale che costituisce il suo capolavoro. L'esilio a Graus, l'asprezza delle polemiche, e, infine, la reintegrazione nelle cariche ecclesiastiche furono gli eventi dei suoi ultimi anni. Altre opere importanti di Gracián sono: L'Eroe (1637), Il Politico (1640), Il Saggio (1646). La maggior parte delle citazioni di Baltasar Gracián presenti in questa pagina sono tratte dal celebre Oracolo manuale e arte di prudenza (1647), che ebbe presto un notevole successo in tutta Europa. Si tratta di una raccolta di massime di saggezza e di consigli sulla migliore condotta da seguire nelle diverse situazioni della vita; massime e consigli che sono validi ancora oggi. Come scrive Gracián: "Nessuno è tanto perfetto da non aver bisogno qualche volta di ammonimenti. Ed è uno sciocco senza rimedio colui che non li ascolta. Anche il più spregiudicato deve accettare un amichevole avvertimento; nemmeno la dignità sovrana deve escludere una certa docilità. Vi sono uomini che non ammettono rimedio perché si mostrano inaccessibili a tutti, e così vanno alla rovina perché nessuno osa farsi avanti a trattenerli".



Oracolo manuale e arte di prudenza, 1647


Oracolo manuale

Bisogna parlare come si parla quando si fa testamento: meno parole, meno contestazioni.

Chi comunica i suoi segreti ad un altro ne diventa schiavo.

È assai facile farsi cattiva fama, perché il male è sempre credibile e si fatica molto a cancellarlo.

È regola dell'uomo avveduto abbandonare le cose che lo abbandonano; cioè non aspettare di essere un astro al tramonto.

I difetti non si avvertono soltanto in chi si fa notare poco.

Il diritto spinto all'eccesso diviene torto, e l'arancia troppo strizzata sprizza umore amaro.

Il medico saggio deve essere esperto tanto per prescrivere un rimedio quanto per non prescrivere nulla.


Il peso materiale rende prezioso l'oro, quello morale l'uomo.
Baltasar Gracián


Il saggio sa farsi dell'avversione altrui uno specchio più fedele che quello dell'affetto.

L'invidioso non muore mai una volta sola, ma tante volte quante l'invidiato vive salutato dal plauso della gente.

La lingua è una belva che, se una volta si scioglie, è poi difficilissimo che si possa rimettere in catene.

La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca.

Le cose non si considerano per quel che sono, ma per quel che appaiono.

Le cose, per essere apprezzate, debbono costare.

Non c'è deserto peggiore che una vita senza amici: l'amicizia moltiplica i beni e ripartisce i mali.

Non saper rimediare a un errore è cosa peggiore dell'errore stesso.

Quanto più una torcia fa luce, tanto più si consuma e tanto meno dura.

Se tutti affermano una cosa, o è vera o vuol diventar tale.

Una bugia ne rende necessarie molte altre.

Andare contro corrente rende tanto difficili le delusioni quanto facili i pericoli.


C'è chi si fa un punto d'onore della propria balordaggine e una volta che ha incominciato a sbagliare, immagina che insistere nell'errore sia prova di costanza.

C'è chi stima i libri dal loro peso, quasi che si scrivesse per fare esercizio di braccia più che di ingegno.


Chi comunica i propri segreti a un altro ne diventa schiavo.


Con nessuno conviene usare eccessiva confidenza: non con i più grandi di noi, perché è pericoloso; non con i più piccoli, perché non è decoroso.


A volte la sapienza più grande consiste nel non sapere o nel fingere di non sapere.
Baltasar Gracián


Il buon nome si fonda più sulla apparenza che sui fatti. Perciò se uno non è casto, sia almeno cauto.


Il guanciale è come una muta Sibilla: il dormire sulle questioni difficili vale più che il vegliare, quando ci cadono addosso.


Il sapere e il valore concorrono entrambi a dar grandezza. Sono due grandi doti e rendono immortali: uno vale tanto quanto sa, e il sapiente può tutto. Un uomo privo di istruzione è un mondo al buio. Consiglio e forza; occhi e mani: senza valore la sapienza è sterile.

La gente esperta sa tastare il polso all'animo altrui attraverso la parola, e proprio per questo un saggio disse: "Parla, se vuoi che io ti conosca!".

La lingua è una belva che, se una volta si scioglie, è poi difficilissimo che si possa rimettere in catene.

La luna, finché è sola nel cielo, campeggia su tutte le stelle, ma quando poi spunta il sole, o scompare o non si vede più. Non v'accostate mai a chi vi può eclissare, ma a chi vi può mettere in evidenza.


L'invidioso non muore mai una volta sola, ma tante volte quante l'invidiato vive salutato dal plauso della gente.

Nella prospera fortuna prepararsi ad affrontare quella avversa. Ottimo espediente è quello di far d'estate le provviste per l'inverno, e offre maggiori comodità: allora i favori sono a buon mercato e c'è sulla piazza grande abbondanza d'amicizie. È bene metter da parte per i tempi grami, perché l'avversità scarseggia di ogni cosa e far rincarar tutto. Ci si faccia una buona riserva d'amici e di gente riconoscente, perché un giorno o l'altro si apprezzerà ciò che adesso appena si considera. La villania non ha mai amici nella prosperità, perché non sa riconoscerli; e nell'avversità saranno gli altri che non riconosceranno lei.

Non bisogna mai lasciare la porta aperta al più piccolo dei mali, perché dietro di esso ne verranno molti altri, e maggiori, che stanno in agguato.

Non c'è cosa che richieda cautela più che la verità: dirla è come farsi un salasso al cuore. Occorre tanta abilità per saperla dire, quanta se ne richiede per saperla tacere.

Non c'è deserto peggiore che una vita senza amici.

Non c'è nessuno al mondo che non possa diventare maestro di un altro in qualche cosa.

Non ci si deve mai fidare; ma se pur qualche volta vi si è costretti, lo si faccia con tanta abilità che la prudenza possa essere sostituita dalla cautela. Il rischio dev'essere comune, e la collaborazione reciproca, così che non si converta in testimone colui che naturalmente si riconosce partecipe.

Non si deve appartenere agli altri tanto da non appartener più a se stessi. Né s'ha da abusare degli amici, né pretender da essi più di quanto voglion concedere. Ogni eccesso è colpa, soprattutto nei rapporti d'amicizia.

Non spinger mai all'estremo né il male né il bene. Un antico sapiente ridusse tutta la sapienza alla semplice moderazione. Il diritto spinto all'eccesso diviene torto, e l'arancia troppo strizzata sprizza umore amaro. Anche nel godimento no s'ha da giunger mai all'estremo. Lo stesso ingegno si esaurisce, se lo si sfrutta troppo, e chi vorrà torchiare tirannicamente caverà sangue in luogo di latte.

Non v'è cosa più facile che trarre in inganno un uomo dabbene: chi non mente mai è disposto a credere qualunque cosa, e chi non ha mai ingannato è sempre pieno di fiducia.


Realtà ed apparenza. Le cose non si considerano per quel che sono, ma per quel che appaiono. Rari sono coloro che guardano dentro, e molti invece quelli che s'appagano di ciò che si vede. Non basta aver ragione se l'apparenza lascia intravveder la malizia.


Sapere sgusciar via è la scappatoia degli uomini prudenti. Con la galanteria d'una frase elegante soglion cavarsi fuori anche dal più intricato labirinto. Sanno schivare agevolmente con un sorriso la più pericolosa contesa. Su questa dote fondava il proprio valore il più famoso dei grandi capitani. È cortese astuzia mutare argomento per dir di no; e non esiste abilità maggiore che quella di non darsi per inteso.

Sapere, ma con buona intenzione. È cosa che assicura fecondi e favorevoli risultati. Un buon intelletto sposato alla cattiva volontà è sempre stato un mostro violento e ripugnante. L'intenzione malevola è cosa che avvelena le più alte perfezioni e quando è aiutata dal sapere, le guasta con abilità più raffinata. Sventurata la grandezza che si abbandona alle basse passioni! La scienza non sostenuta dal senno è raddoppiata follla.

Sciocco è chi non sa riconoscere gli sciocchi, ma più ancora chi, dopo averli riconosciuti, non li allontana dalla sua strada.

Se uno riesce ad essere in primo luogo signore di se stesso, lo diverrà poi anche degli altri.

Trovare per ognuno il punto debole è l'arte di piegare a proprio talento le altrui volontà.



Il criticone
El Criticón, 1651/57
Libro di Baltasar Gracián consigliato

Oracolo manuale e arte di prudenza
Autore: Baltasar Gracián
Traduzione: Antonio Gasparetti
Editore: TEA, 2002

"Non è tutta opera del caso la fortuna. Meglio inseguirla con audacia e saggezza che aspettare che agisca seduti sulle ali delle proprie doti e virtù. E una volta raggiunta, occorre saperla mantenere, con giudizio, misura e assennatezza". L'Oracolo è costituito da trecento massime o «aforismi», disposti senza un ordine prestabilito, anche se qualche volta accade di trovare gruppetti di quattro o cinque numeri trattanti argomenti affini o addirittura lo stesso argomento. L'aforisma è qualche cosa di più della «sentenza» o del « detto»; si avvicina piuttosto, sia per l'ampiezza, sia per il tono pedagogico, alla «massima» come fu poi intesa dai francesi: un'affermazione sentenziosa, accompagnata e illustrata da un commento che può consistere tanto in un ragionamento di carattere filosofico-morale, quanto in una esemplificazione probante. È chiaro che Gracién intende offrire al suo lettore una serie di «norme di vita», che gli servano di guida nelle difficoltà del vivere sociale; ed è altrettanto chiaro che non intende fare del suo libretto un completo trattato valido per ogni evenienza, ma piuttosto un «prontuario» di facile consultazione nei casi difficili. [...]
Pubblicato da Giovanni Soriano

http://www.aforismario.net/2015/12/baltasar-gracian-frasi-e-aforismi.html




Baltasar Graciàn, Il criticone.
In un giorno imprecisato del 1621 Critilo naufraga nei pressi dell'Isola di Sant'Elena. Dopo aver lottato a lungo con le onde, proprio quando sta per soccombere alla furia del mare, viene tratto in salvo da un giovane che presenta tratti somatici europei, ma, essendo abitante dell'isola, non parla la sua lingua. Dopo averlo chiamato Andrenio, inizia ad istruirlo e ad educarlo. Questo processo di apprendimento continua anche sulla nave sulla quale entrambi salgono e che fa vela verso la Spagna. Per Andrenio è la sua entrata nel mondo. Egli compie un percorso che porta i “due pellegrini della vita” ad attraversare con occhio critico le diverse regioni del mondo e ad incontrare personaggi dai quali vengono guidati alla conoscenza del gran teatro dell'universo oltre che di quell'altro universo, ancora più imperscrutabile e misterioso, che è l'animo umano. Le tappe di questo straordinario viaggio coincidono con le quattro età dell'uomo: la primavera della fanciullezza, l'estate della gioventù, l'autunno dell'età adulta e l'inverno della vecchiaia. Il viaggio, che si rivela un vero e proprio processo di “disvelamento”, termina a Roma, la capitale del mondo terreno, dove i due pellegrini incontrano la “suocera della Vita”, cioè la Morte, alla testa di tutto il suo corteo di ministri. Riescono a sfuggirle, perché un misterioso personaggio fornisce loro l'unico rimedio per farlo. Esso consiste nell'approdo nell'Isola dell'immortalità. Qui c'è un severo custode, il Merito, che giudica coloro che chiedono di essere accolti e li ammette o li respinge dopo averne attentamente valutato le opere, i fatti o gli scritti.

Baltasar Gracián  (1601-1658).
Il criticone. Nel libro, che va certamente considerato come una delle opere più importanti di tutta la letteratura barocca [...] viene descritto uno straordinario viaggio allegorico morale, che, attraverso l'incontro con luoghi e personaggi assai suggestivi, porta al disinganno e al disvelamento dell'intima natura dell'uomo. Il Criticone è un'opera che va ascritta a pieno titolo a quella che viene definita la “letteratura universale”.
http://www.artemiaedizioni.it/scheda_libro.php?id=20#scheda_libro







Baltazar Gracian
Per Natale ho comprato: "L'arte della saggezza terrena"



Baltasar Gracián y Morales (Belmonte de Calatayud, 8 gennaio 1601 – Tarazona, 6 dicembre 1658) è stato un gesuita, scrittore e filosofo spagnolo.

L'opera intellettuale di Baltasar Gracián che si dedicò alla prosa didattica e filosofica, si sviluppò durante il cosiddetto Siglo de oro. Tra le sue opere spicca El Criticónallegoria della vita umana – che costituisce una delle opere letterarie più importanti della letteratura spagnola, comparabile per qualità con il Don Chisciotte di Miguel Cervantes o La Celestina di Fernando de Rojas. La produzione letteraria di Gracián si può ascrivere alla corrente letteraria chiamata concettismo. Egli creò uno stile basato su frasi brevi, molto personale e denso, concentrato e polisemico, nel quale domina il gioco di parole e l'associazione ingegnosa fra parole e idee. Il risultato è un linguaggio laconico, pieno di aforismi e capace di esprimere una ricca gamma di significati.

Il pensiero di Gracián è pessimista, come è tipico del barocco spagnolo. Il mondo è uno spazio ostile e ingannevole nel quale prevalgono le apparenze invece che la virtù e la verità. L'uomo è un essere debole, interessato e malevolo. Buona parte delle sue opere si occupano di fornire al lettore i mezzi e le risorse che gli permettano di districarsi nelle trappole della vita. È necessario sapere come farsi valere, essere prudente e avvantaggiarsi della conoscenza basata sull'esperienza, anche dissimulando e comportarsi a secondo dell'occasione.

Tutto ciò è valso a Gracián la fama di precursore dell'esistenzialismo e addirittura del postmodernismo. Ha influenzato pensatori come La Rochefoucauld e più tardi anche Schopenhauer. Senza dubbio il suo pensiero vitalistico è inseparabile dalla coscienza di una Spagna ormai in decadenza, come si avverte nel suo aforisma: «Fiorì nel secolo d'oro la semplicità, in questa di ferro la malvagità».


Contrasti con i gesuiti e ultimi anni
Nell'estate del 1650 Gracián fu destinato a Saragozza con l'incarico di maestro di Sacra Scrittura. L'anno seguente pubblica la prima parte della sua opera migliore: El Criticón (Il criticone).
Gracián aveva fin qui pubblicato tutte le sue opere senza il permesso preventivo della Compagnia di Gesù, il che non aveva mancato di sollevare proteste formali contro lo scrittore, indirizzate alle massime autorità dei gesuiti. Queste proteste non dissuasero Gracián dal pubblicare la seconda parte di El Criticón a Huesca. Alcuni gesuiti di Valencia, in conseguenza di vecchie inimicizie con lo studioso, interpretarono uno dei passaggi dell'opera come contenente offese personali, il che provocò nuovi attacchi e proteste davanti ai superiori della Compagnia. In particolare furono criticati i contenuti scarsamente dottrinali dell'opera di Gracián, considerati indegni per uno studioso gesuita.

Forse per alleggerire la sua situazione, Gracián pubblicò, per la prima volta col suo vero nome, El Comulgatorio (Il recinto dell'altare, 1655), un libro sulla preparazione all'eucarestia. Tuttavia l'apparizione nel 1657 della terza parte di El Criticón causò la sua definitiva caduta in disgrazia.

Il nuovo provinciale gesuita in Aragona, il catalano Jacinto Piquer, rimproverò pubblicamente Gracián nel refettorio e gli impose, per penitenza, digiuno a pane e acqua, proibendogli anche di possedere inchiostro, penne e carta e privandolo della sua cattedra di Sacra Scrittura nel collegio gesuita di Saragozza.

A partire dal 1658 Gracián fu confinato a Graus, un paesino nei dintorni di Huesca. Dopo poco tempo, Gracián scrisse al Generale della Compagnia per sollecitare il suo ingresso in un altro ordine religioso. La sua domanda non fu accettata, ma si decise di attenuargli la pena: nell'aprile del 1658 fu trasferito al collegio di Tarazona. Le ultime avversità accelerarono la decadenza fisica di Gracián, in giugno non poté assistere alla congregazione provinciale di Calatayud e poco più tardi, il 6 dicembre 1658, morì a Tarazona.

Opere
El Héroe, 1637.
El Político don Fernando el Cathólico, 1640.
El Discreto, 1646.
Oráculo manual y arte de prudencia, 1647.
Agudeza y arte de ingenio, 1648.
El Comulgatorio, 1655.
El Criticón (3 voll.), 1651-1657.
Traduzioni italiane[modifica | modifica wikitesto]
Oracolo manuale e arte di prudenza (a cura di A. Gasparetti). Milano, TEA, 2002.
Il Politico (a cura di V. Dini). Napoli, Bibliopolis, 2003.
L'Eroe (a cura di A. Allegra). Bompiani, Milano, 2008.
Il Criticone (a cura di Elso Simone Serpentini). Artemia Edizioni, Teramo, 2008.
https://it.wikipedia.org/wiki/Baltasar_Graci%C3%A1n



Baltasar Gracián: un Nietzsche spagnolo, ma nel '600
   

Alcuni giudicano i libri dalla loro corpulenza, come se si scrivesse per esercitare prima le braccia che l’ingegno. 
Baltasar Gracián


Si narra che nel salotto di Madame de Sablé ci si intrattenesse con il “gioco delle massime”, e che uno dei più bravi giocatori fosse – appunto – La Rochefoucauld, che di massime ne sapeva qualcosa. Ma non tutti sanno che la serata iniziava a farsi interessante solo quando, come spunto di discussione, veniva letto qualche aforisma dell’Oracolo manuale e arte di prudenza dello spagnolo Baltasar Gracián. Ancor prima che scoppiasse la “moda” dei moralisti francesi, a quanto pare, nella  Spagna del “Siglo de Oro” qualcun altro ambiva a diventare maestro di morale.

Gesuita aragonese sui generis, professore di filosofia e scrittore di successo – anche se non quanto avrebbe desiderato – Gracián pubblica il suo primo libro, L’Eroe, nel 1637, ma senza chiedere l’approvazione alla Compagnia di Gesù, cosciente che i suoi interessi profani non le sarebbero andati a genio. Dunque, per evitare rogne e accelerare i tempi di quello che, a suo parere, doveva diventare il miglior codice di comportamento ad uso e consumo del re di Spagna (e questo ci ricorda un po’ Il Principe di Machiavelli) e di tutti coloro che avessero voluto farsi valenti, si firmò con lo pseudonimo Lorenzo Gracián – non poi così irriconoscibile, si dirà; ma infondo ci teneva ad essere riconosciuto, e poi sapeva che in un modo o nell’altro, prima o poi, avrebbe pagato per il suo ardire. E così fu.   

L’Eroe (1637), Il Politico (1640), Il Discreto (1646), sono tutte opere pensate per gli ambienti di corte, aristocratici; regole di comportamento morale che avrebbero formato ottimi eroi, politici e discreti (prudenti). Ma è con L’Oracolo manuale e arte di prudenza (1647) che in Europa si andrà formando il culto per Gracián. Questo libretto – un oracolo appunto, un prontuario di risposte per ogni occasione – racchiude l’esprit del suo autore. Compendio dei suoi scritti precedenti affascina per lo stile laconico e conciso dell’aforisma, per la capacità di esprimere fini considerazioni in così poche battute, ma soprattutto per il suo valore (questa volta) universale: chiunque può farne uso.

Con questo piccolo manuale di trecento aforismi, Gracián promette il trionfo morale nella vita in società. E lo fa costruendo un arte o tecnica della prudenza, che è sapersi adattare ad ogni situazione (senza disdegnare, se necessario, l’inganno – altra eco machiavelliana – che però preferisce chiamare “artificio”), è un nuovo prototipo di uomo sociale: assennato, acuto, giudizioso, integro. Rendere, dunque, l’uomo prudente e disilluso, cosciente della malizia del suo secolo, dargli la possibilità di imparare ad essere persona vera e propria, poiché “non si nasce fatti, ma si va sempre perfezionando”.

Gracián, che risente dell’influsso della filosofia greco-romana, di Seneca specialmente – e non c’è da stupirsi che fosse questo il filosofo di moda del ‘600 – ha comunque avuto il merito di proporre un codice di comportamento morale che supplisse alle mancanze di una società in continua trasformazione politico-economica, e soprattutto di averlo fatto, non con le armi della religione, ma attraverso la filosofia, che non è qui arido schema intellettuale, ma meditazione sull’esperienza volta all’agire pratico. Lo capirono bene Schopenhauer e Nietzsche che sempre confessarono la loro ammirazione per la figura del gesuita di cui furono accaniti lettori e, in qualche modo, continuatori.

Da non dimenticare che Gracián scrisse anche, oltre ad altre opere, Il Criticone (1651-57), romanzo che alcuni considerano, assieme al Don Chisciotte, la miglior espressione della letteratura del “Siglo de Oro” spagnolo.

Stefano Scrima

http://www.diogenemagazine.it/diari/diariospagnolo/147-baltasar-gracian.html



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