sabato 29 luglio 2017

Gaetano Bresci. Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d’assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del ‘98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d’assedio emanati con decreto reale


29 LUGLIO 1900: L’ATTENTATO A RE UMBERTO I° DI SAVOIA.

Subito dopo l'arresto giustificò così il suo gesto:
"Ho attentato al Capo dello Stato perché è responsabile di tutte le vittime pallide e sanguinanti del sistema che lui rappresenta e fa difendere. Concepii tale disegnamento dopo le sanguinose repressioni avvenute in Sicilia in seguito agli stati d’assedio emanati per decreto reale. E dopo avvenute le altre repressioni del ‘98 ancora più numerose e più barbare, sempre in seguito agli stati d’assedio emanati con decreto reale"


Gaetano Bresci uccise re Umberto I° di Savoia a Monza, la sera di domenica 29 luglio 1900, sparandogli con una rivoltella, una “Massachusetts” a 5 colpi calibro 9. La prima pallottola colpì il re alla gola, la seconda al cuore, il terzo colpo andò a vuoto, sembra che ci fu anche un quarto colpo deviato grazie all'intervento del maresciallo dei carabinieri Giuseppe Braggi che colpì con un forte pugno il braccio dell'attentatore.

Poi Bresci si lasciò catturare senza opporre resistenza evitando probabilmente il linciaggio da parte della folla inferocita. Il processo fu istruito in brevissimo tempo. Il 29 agosto, cioè un mese esatto dopo il delitto, comparve davanti alla corte d’Assise di Piazza Beccaria a Milano. 
La sentenza era scontata.

Ascoltati i testimoni, i giurati si ritirarono per decidere e dopo pochi minuti il verdetto dichiarava l’imputato colpevole e lo condannava ai lavori forzati. Scontò la pena nel penitenziario di S. Stefano, presso Ventotene e per poterlo controllare a vista venne edificata per lui una speciale cella di tre metri per tre, priva di suppellettili. Morì il 22 maggio 1901 ufficialmente per "suicidio", impiccato per mezzo di un asciugamani. Ma probabilmente morì anche prima di questa data ufficiale.

Chi era Gaetano Bresci e chi aveva armato la sua mano?
Nato a Coiano, frazione di Prato, da famiglia contadina, all'età di 15 anni entrò a far parte di un circolo anarchico di Prato. Nel 1892 fu condannato a 15 giorni di carcere per oltraggio e rifiuto di obbedienza alla forza pubblica. Schedato come "anarchico pericoloso" fu relegato a Lampedusa. Amnistiato sul finire del 1896, emigrò negli Stati Uniti, a Paterson nel New Jersey dove trovò lavoro come tessitore. Era solito frequentare una comunità anarchica di emigrati italiani. 
Nella primavera del 1900 rientrò in Italia, il 29 luglio sparò a re Umberto I°.

Oltre alla teoria che vuole Bresci deciso ad uccidere il re perchè particolarmente colpito dai moti di Milano del 1898 e dalla dura repressione operata da Bava Beccaris, c'è anche un'altra ipotesi che riguarderebbe un complotto ben più articolato. Da alcuni rapporti segreti della polizia recapitati al primo ministro Giolitti emersero precise responsabilità circa i complici di Bresci e i mandanti del regicidio. Da molto tempo i servizi italiani tenevano d’occhio una villa di Neully, in Francia, mèta di continui via vai di personaggi tra i più disparati.

Tra i tanti, Errico Malatesta, Pietro Gori, Charles Malato noti anarchici, Angelo Insogna giornalista napoletano e fervente borbonico.

Il tutto condurrebbe alla figura di una “Grande Vecchia” ispiratrice e mandante del complotto di Monza. Essa venne individuata in Maria Sofia di Borbone, ultima regina di Napoli, moglie di Francesco II defenestrato dal Regno delle Due Sicilie da Vittorio Emanuele II con l’aiuto di Garibaldi nel 1860. In una lettera privata il prefetto di Torino Guido Guiccioli affermò che Giolitti aveva le prove della macchinazione e che fu l’ex Regina di Napoli a fornire i mezzi necessari per attuare il piano. E Gaetano Bresci corrispondeva perfettamente all’identikit di chi avrebbe potuto materialmente attuare l'attentato.

Vera o fantasiosa questa ricostruzione sta di fatto che, dopo la condanna del regicida, Giovanni Giolitti venne a conoscenza di una lettera del 18 maggio 1901, intercettata dai servizi, scritta da Errico Malatesta che parlava della preparazione di un grosso colpo da parte dei “noti” di Neully: la liberazione di Gaetano Bresci. Questo spiegherebbe sia il telegramma che Giolitti inviò al direttore del penitenziario di Santo Stefano con l’invito a rafforzare la sorveglianza, sia l’invio sull’isola di una compagnia del 49° Fanteria al comando del tenente Orazio Carola per sorvegliare dall’esterno l’istituto di pena.

Sta di fatto che il 22 maggio, o forse qualche giorno prima, Gaetano Bresci “l’anarchico venuto dall’America” pur guardato a vista da almeno due secondini, fu trovato impiccato nella sua cella.

Antonio A. – Fonte: “L’anarchico che venne dall’America” di Arrigo Petacco



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