“Mr. Nobody”: la narrazione della decisione.
Mr. Nobody, pellicola del visionario regista belga Jaco Van Dormael con Jared Leto (noto ai più per aver interpretato Joker in Suicide Squad), presentata al pubblico nel 2009, mette in scena una narrazione sviluppata dall’ultimo umano mortale in un futuro ipertecnologico nel quale l’umanità ha scoperto il segreto dell’immortalità. Quest’uomo, Nemo Nobody, che lo spettatore sulle prime ritiene essere il protagonista, racconta molte versioni di quella che dovrebbe essere la storia della sua vita. Versioni che illustrano le pieghe che essa prende a partire dalla modificazione degli eventi sulla scorta di dettagli comportamentali o scelte dipendenti dal suo arbitrio.
Tuttavia, il protagonista, fino alla fine, non è l’anziano, ma Nessuno.
Non esiste il tradizionale protagonista, esiste solamente la narrazione degli eventi raccontati.
Ciò fa sì che il centro del film sia la narratologia stessa:
la logica della narrazione è il fulcro della trama. questa narrazione è di tipo sia mitico, in quanto le vicende narrate sono veicoli simbolici, sia filosofico-esistenziale: la simbologia mitica degli eventi raccontati è un espediente originale per leggere in chiave meditativa le grandi questioni esistenziali della vita e per rappresentare domande filosofiche come quella che fa da filo conduttore del film: «fino a che punto l’arbitrio può operare sul destino?»
La sequenza in cui questa domanda trova risposta è quella in cui il bambino di 9 anni, il piccolo Nemo (questo è il nome scelto da Van Dormael per designare il “protagonista” e delle storie e di colui che le racconta. Parola che in latino, è pertinente ricordarlo, significa “nessuno”) non sa scegliere se salire sul treno o rimanere al binario.
Sebbene appaia come la storia o le storie di un individuo, in questo film la Personalità non trova nessuno spazio, interpretare Jared Leto come un odierno Capitano Nemo al timone della propria esistenza (come è stato fatto) non coglie il messaggio del film, che non è affatto un Bildungsroman esistenziale. L’elemento psicologico che viene recepito soprattutto nei racconti dell’infanzia nei quali Nemo viene rappresentato come un bambino sui generis alle prese con il Grande Altro lacaniano – fa domande sulla vita mettendo in difficoltà la madre che sta alle prese con la snervante vita quotidiana – ma in realtà non è mai riferito ad un soggetto e non può quindi essere espressione freudiana della personalità di quel singolo formatasi dalle sue esperienze personali.
La personalità di Nemo è tutte le personalità, in quanto nella narrazione del Nemo morente del 2092, vengono raccontate tutte le possibilità di crescita personale in base alle scelte di Nemo, cioè di Nessuno: le scelte compiute che articolano lo sviluppo della vita possono essere di chiunque; e chiunque può scegliere in molti modi diversi, in qualsiasi modo, ma non in un solo modo, che sarebbe il modo riferito a una personalità soggettiva individuale.
La mancanza di un Io specifico fa sì che la narrazione dei racconti non sia atta a creare una rappresentazione di una identità individuale, ma venga riferita a un soggetto universale, in ultima analisi, alle scelte dell’essere umano in quanto tale.
Il grande protagonista messo in scena nel film è la Scelta.
Lao Tzu diceva che gli uomini per essere veramente liberi nelle loro decisioni devono diventare come l’acqua in quanto essa è l’elemento naturale più forte, in grado di erodere la pietra e il ferro e al contempo adattarsi a tutti i recipienti in cui si trova. Nemo è come l’acqua, per essere ciò che è deve divenire, con ciò è perfettamente in grado di essere qualcuno, di più: può essere chiunque. Uno qualsiasi può essere lui e lui può essere uno qualsiasi senza, con ciò, fingere di esserlo.
Per questo motivo la narrazione dei racconti mette in crisi il giornalista al quale viene fatta, mentre intervista Nemo per avere un resoconto di una vita vissuta in tempi ormai superati. Stupito e confuso egli chiede chiarimenti all’anziano: «quale di queste storie è quella vera?» cioè quale delle tante raccontate è quella della vita di Nemo. L’anziano, di tutta risposta, scoppia in una risata fragorosa e dice che tutte le storie sono vere: non una è più vera dell’altra. La ragione della loro veridicità è che tutte le storie raccontate sarebbero potute accadere. Lo stesso Nemo anziano è il simulacro del soggetto la cui funzione è di rendere nota la narrazione delle storie che racconta. Il protagonista del film, a questo punto, è ognuno di noi o, se si vuole, la logica della narrazione esistenziale sulla scelta.
La parola “narrare” deriva dall’arcaico “gnarigare” il quale a sua volta deve il suo etimo a due parole sanscrite “gnànam” che significa “avere cognizione” e di “Igàre” che sta rimanda all’azione, complessivamente significa operare una conoscenza in qualcuno, rendere edotto qualcuno di qualcosa. Nemo, narrando, rende nota la natura psico-filosofica della decisione in quanto azione che mette sulla via del Destino.
Martin Heidegger ci ricorda l’importanza della Decisione, a partire dalla quale gli individui entrano in consonanza con l’Essere. Decidere significa prendere possesso della propria esistenza, appropriarsi di sé e con ciò orientare un destino. Questo il bambino Nemo lo capisce subito quando è posto dinnanzi a una scelta veramente decisiva qual è quella di andarsene o restare, se crescere con la madre o col padre. La sua reazione è quella di fuggire nel bosco oltre la stazione, egli decide per il rifugio e per il raccoglimento con sé, ma poi un altro Nemo sceglie di salire sul treno con la madre, un altro ancora di rimanere al binario col padre. Questa rappresentazione di scelte diverse ci fa capire che, da un lato, la scelta è squisitamente soggettiva, dall’altro che l’oggetto del film, la sua tematica, è il racconto delle decisioni, dove il soggetto impersonale rappresenta l’esistenza in quanto tale e le decisioni indicano le definizioni che di essa se ne può dare, entrambe esposte nella narrazione di un uomo che, ben inteso, non esiste.
La tessitura della trama sovrappone due livelli, uno narrativo e l’altro espositivo:
lo spettatore che assiste alla messa in scena del contenuto del film e il contenuto stesso narrato dall’interno del film. Questa sovrapposizione è una pratica che si ripropone in alcuni cult movies quali Fight club di David Fincher e in molti film di Martin Scorsese ad esempio Gangs of New York, The Goodfellas e The Wolf of Wall Street. Tuttavia in questi film la trama è svolta dalla voce narrante del protagonista che racconta uno spaccato della sua vita.
In Mr Nobody la narrazione è diversa, Nemo non racconta né la propria vita né l’esistenza come realtà conclusa da ricostruire, ma come possibilità sempre aperta alla scelta la quale apre al divenire come luogo del suo sviluppo. A questo punto è sorprendente rendersi conto che la scelta della possibilità è nient’altro che la possibilità della scelta, la quale sta più in alto della realtà in quanto la rende, appunto, possibile. «Finché non si sceglie, tutto resta possibile» ci ricorda Nemo Nobody, infatti, essendo possibile solo ciò che scegliamo, la possibilità di scegliere è la possibilità che fonda la nostra realtà.
Ma si potrebbe anche dire il contrario:
finché qualcosa non ci si presenta come possibile, non possiamo sceglierla.
La Scelta ha due modi di essere operata: o quando è possibile scegliere qualcosa o quando rendiamo qualcosa possibile scegliendo.
Nel primo caso quando ci è possibile scegliere qualcosa, la tal cosa che scegliamo è già una realtà presente, a noi sta solo sceglierla, come un vestito piuttosto che un altro.
Nel secondo caso, siamo direttamente noi a dare vita a una realtà, sviluppando una possibilità, come l’atto segue la potenza.
Nemo compie sempre scelte radicali, opera scelte del secondo tipo, sceglie di scegliere, di decidersi per la scelta, di mettersi in cammino verso un destino, compiendo una scommessa che tocca da vicino tutti noi.
Lorenzo Pampanini
http://fascinointellettuali.larionews.com/mr-nobody-narrazione-della-decisione/
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