Dionysii, Syracusanorum tyranni, maxime intererat quid de se et de suis carminibus ...
da Cicerone
A Dioniso, tiranno dei siracusani, interessava specilmente cose i parenti e gli uomini dotti pensassero su di lui e i suoi carmi. Infatti era assai studioso dell'arte poetica e spesso recitava le sue poesie, durante i banchetti, ai convitati, assai esperti di adulazione. Tra questi vi era Filoxene, uomo di grande ingegno, che da solo, ignaro della finzione, disse apertamente cosa pensava avendo ascoltato recitati da Dioniso le poesie di nessun pregio. Offeso dalla libertà di parola, il tiranno ordinò che il disprezzatore delle sue poesie fosse preso dalle sue guardie e fosse condotto in (cerca lautiumas) che erano le carceri pubbliche. Il giorno dopo tuttavia, pentito della sua ira, e esortato dagli amici, mandò a chiamare di nuovo Filoxeno al pranzo dove, recitando le sue poesia, sugli stessi versi, che lui credeva grandi, chiese il parere di Filoxene. Quello, insueto di adulazione e non temendo il pericolo, si alzò da tavola e, senza dire parola, andò via. Interrogato a quale luogo tendesse rispose "nelle Latomie".
Marco Tullio Cicerone: La natura degli dèi- Libro III
Marci Tulli Ciceronis. De Divinatione.
da Cicerone
A Dioniso, tiranno dei siracusani, interessava specilmente cose i parenti e gli uomini dotti pensassero su di lui e i suoi carmi. Infatti era assai studioso dell'arte poetica e spesso recitava le sue poesie, durante i banchetti, ai convitati, assai esperti di adulazione. Tra questi vi era Filoxene, uomo di grande ingegno, che da solo, ignaro della finzione, disse apertamente cosa pensava avendo ascoltato recitati da Dioniso le poesie di nessun pregio. Offeso dalla libertà di parola, il tiranno ordinò che il disprezzatore delle sue poesie fosse preso dalle sue guardie e fosse condotto in (cerca lautiumas) che erano le carceri pubbliche. Il giorno dopo tuttavia, pentito della sua ira, e esortato dagli amici, mandò a chiamare di nuovo Filoxeno al pranzo dove, recitando le sue poesia, sugli stessi versi, che lui credeva grandi, chiese il parere di Filoxene. Quello, insueto di adulazione e non temendo il pericolo, si alzò da tavola e, senza dire parola, andò via. Interrogato a quale luogo tendesse rispose "nelle Latomie".
Marco Tullio Cicerone: La natura degli dèi- Libro III
52. Inoltre (Balbo) se il nome Cerere deriva dal verbo gerere, anche la terra è una dea.
E se lo è la terra lo è anche il mare, che tu identificavi con Nettuno, e lo stesso dicasi per i fiumi e le fonti. Per questo Massa, reduce dalla Corsica, consacro un tempio alla Fonte e nella preghiera degli auguri vediamo comparire i nomi Tiberino, Spinone, Anemone, Nodino e quelli dei fiumi più vicini.
Giunti a questo punto o si procede all'infinito su questa strada o non si accetta nessuna delle argomentazioni proposte.
Marci Tulli Ciceronis. De Divinatione.
1"È un'opinione antica, risalente ai tempi leggendari e corroborata dal consenso del popolo romano e di tutte le genti, che vi siano uomini dotati di una sorta di divinazione - chiamata dai greci mantiké -, cioè capaci di presentire il futuro e di acquisirne la conoscenza. Capacità magnifica e salutare, se davvero esiste, grazie alla quale la natura di noi mortali si avvicinerebbe il più possibile alla potenza degli dèi! E come in altri casi noi romani ci esprimiamo molto meglio dei greci, così anche a questa straordinaria dote i nostri antenati dettero un nome tratto dalle divinità, mentre i greci, come spiega Platone, derivarono il nome corrispondente dalla follìa".
1 Vetus opinio est iam usque ab heroicis ducta temporibus, eaque et populi Romani et omnium gentium firmata consensu, versari quandam inter homines divinationem, quam Graeci μαντική appellant, id est praesensionem et scientiam rerum futurarum. Magnifica quaedam res et salutaris, si modo est ulla, quaque proxime ad deorum vim natura mortalis possit accedere. Itaque ut alia nos melius multa quam Graeci, sic huic praestantissimae rei nomen nostri a divis, Graeci, ut Plato interpretatur, a furore duxerunt.
Fonte:MARCI TVLLI CICERONIS DE DIVINATIONE LIBER I,1.
Immagine: augùre, ossia il sacerdote dell'antica Roma che aveva il compito di interpretare la volontà degli dèi osservando il volo degli uccelli, analizzando la tipologia, direzione del volo, se volavano da soli o in gruppo e dai versi che emettevano.
Communitas Populi Romani
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