venerdì 11 settembre 2015

Autismo e differenze individuali: dalla ricerca alla pratica educativa. Esistono diversi tipi di autismo con manifestazioni e caratteristiche anche molto differenti tra loro. Questo ha implicazioni cruciali per il trattamento e per l’intervento educativo.


Dott.ssa Annarita Arso - Psiche Nessuno e Centomila
Oggi entra in vigore la prima legge nazionale in materia di autismo, avente tra i suoi obiettivi 
"la definizione di equipe territoriali dedicate, progetti di sostegno alle famiglie, strutture residenziali accreditate, progetti finalizzati all'inserimento lavorativo degli adulti con disturbi autistici". 

E allora, ripropongo un mio vecchio articolo sull'argomento, con l'augurio per tutti i bambini autistici e per le loro famiglie, che questo Ddl possa rappresentare solo il primo passo verso una società che desideri considerarsi inclusiva nei fatti, non solo nei buoni propositi.

"Lavorare con un bambino autistico significa entrare in contatto con la genuinità di una mente la cui logica ha rappresentato un’àncora di salvezza dall’angoscia di un mondo confuso e disorientante in cui il bene e il male sono divisi da un confine netto che ignora sfumature intermedie e mezze misure di circostanza. Piuttosto che concentrarsi sui suoi limiti allora, riconoscere le sue potenzialità, le sue risorse, la profondità del mondo che si spalanca davanti ai propri occhi quando si riesce a squarciare il velo delle sue paure, è il dovere moralmente imprescindibile di una società che desideri davvero considerarsi inclusiva".
Dott.ssa Annarita Arso - Psiche Nessuno e Centomila




Ci sono differenze enormi tra bambini definiti "autistici", al punto che nessuna terapia, neanche la più applaudita del momento, nessuna dieta, nessun approccio...vanno bene per tutti. Non a caso, i genitori (spesso IL genitore, perché uno dei due se la svigna) risultano i più stressati tra tutti i genitori di figli con disabilità. Perché viviamo nell'incertezza più assoluta riguardo cause e possibili soluzioni...neanche si trattasse di una malattia rara.




Autismo e differenze individuali: dalla ricerca alla pratica educativa


Esistono diversi tipi di autismo con manifestazioni e caratteristiche anche molto differenti tra loro. Questo ha implicazioni cruciali per il trattamento e per l’intervento educativo. 


L’Autismo è una condizione che ha un impatto profondo per la persona che ne è colpita, per i suoi familiari e per chi è coinvolto nell’intervento educativo e nella presa in carico.

Nonostante questo, il tema dell’autismo è stato a lungo trascurato dalla ricerca scientifica. Tale scarso interesse ha le sue origini in una serie di idee, che in seguito si sono rivelate infondate, sulla natura della sindrome, come l’idea che l’autismo sia una condizione molto rara o che si tratti di una reazione “psicologica” di chiusura al mondo esterno, non rilevante quindi per gli strumenti di indagine e le discipline scientifiche, come le neuroscienze, la genetica e le scienze comportamentali.

Tutto questo è cambiato. Nel corso degli ultimi vent’anni l’interesse della comunità scientifica nei confronti dell’autismo è aumentato con andamento esponenziale, portando a una rivisitazione cruciale di concetti e idee, allo sviluppo di direzioni di ricerca innovative e alla definizione di nuove strategie di intervento (Volkmar, McClure, Van der Gaag, Vivanti e Minderaa, 2012).

Il riconoscimento della rilevanza di questo fenomeno è stato in gran parte sollecitato dall’attività di associazioni di famiglie ed enti di tutela (come Autism Europe in Europa, la National Autistic Society nel Regno Unito e Autism Speaks in America) e dal progressivo contributo di operatori provenienti da diverse discipline che, partendo dal lavoro di pionieri come Lorna Wing, Michael Rutter, Eric Schopler e Donald Cohen, hanno reso possibile una nuova scienza e una nuova cultura dell’autismo. 

Tuttavia, insieme a importanti risultati, ci sono molte questioni aperte sulla natura di questo complesso fenomeno. Una delle più essenziali può essere riassunta nella domanda: ”Un autismo o molti autismi?”.

UNA CONDIZIONE UNITARIA?
Quando lo psichiatra Leo Kanner, nel 1943, descrisse per la prima volta la sindrome autistica, parlò di una condizione unitaria. In effetti, gli undici bambini descritti nel suo studio presentavano gli stessi sintomi: una profonda incapacità di interagire con gli altri, un uso anomalo del linguaggio, e una tendenza a voler fare sempre le stesse cose. Inoltre “apparivano” intelligenti, non avevano anomalie fisiche evidenti e mostravano interesse e curiosità verso il mondo fisico (in contrasto al disinteresse verso quello sociale).

Poiché Kanner fu il primo a dare il nome di “autismo” a questo gruppo di sintomi, si parla spesso di “autismo classico” in riferimento a bambini che hanno caratteristiche simili a quelle descritte nel suo studio.

Tony, per esempio, un bambino che seguo da anni, fin dalla prima infanzia mostrava pochissimo interesse verso i coetanei, non guardava nessuno negli occhi, non rispondeva quando i genitori lo chiamavano per nome, e tuttavia dimostrava un’attenzione marcata verso oggetti, numeri e figure geometriche. All’età di tre anni aveva sviluppato una conoscenza enciclopedica sulle bandiere dei paesi del mondo.

Da quando ha iniziato a parlare, ha sempre utilizzato il linguaggio quasi esclusivamente in riferimento a questa passione: basta mostrargli la foto o il disegno di una bandiera e lui è in grado di dire di quale paese si tratta. Tuttavia, se gli vengono mostrate le foto dei compagni di classe non sa dire come si chiamano.

Anche se bambini come Tony corrispondono perfettamente all’idea “classica” dell’autismo, ce ne sono molti che hanno caratteristiche estremamente diverse. Max, per esempio, un bambino con autismo che è stato diagnosticato alla stessa età di Tony, è molto interessato agli adulti e anche ai coetanei: li guarda negli occhi e sorride, li cerca continuamente, non vuole mai stare da solo. Tuttavia non sa giocare con gli altri bambini: li tocca e li abbraccia continuamente, ma non è in grado di condividere il materiale, aspettare il proprio turno, seguire la direzione del loro sguardo, imitarli e adeguare il suo comportamento all’interazione in corso – come un musicista che vuole stare insieme al resto dell’orchestra ma suonando per conto suo.

Gli interessi di Max non sono idiosincratici come quelli di Tony, ma sono altrettanto ripetitivi: gli piace guardare l’acqua che scorre, i titoli di coda dei film, e soprattutto gli piace osservare i bambini che fanno il girotondo, che può fissare per mezz’ora senza annoiarsi. Quanto al linguaggio, non ha mai imparato a parlare.

Secondo molti, il fatto che all’interno della categoria diagnostica di autismo siano inclusi bambini con caratteristiche così diverse come Tony e Max è l’ostacolo principale che ha impedito alla ricerca di definire con chiarezza le cause e il trattamento dell’autismo.


http://www.giuntiscuola.it/psicologiaescuola/sostegno/autismo-e-differenze-individuali-dalla-ricerca-alla-pratica-educativa/

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