giovedì 14 giugno 2018

Erri De Luca. I Pesci non chiudono gli occhi. Conoscevo gli adulti, tranne un verbo che loro esageravano a ingrandire: amare. Mi infastidiva l’uso

“Che accidenti è successo alle persone? Erano credenti di una fede, poi sono diventate credulone di oroscopi, indovini, lotterie.”
Erri De Luca, Storia di Irene

“È l’ora del tallone, osso del ritorno, a lui spetta di appoggiare il passo che riporta indietro.”
Erri De Luca


“Quando un chiodo cade sul legno dà l'impressione di essere arrivato proprio nel luogo mirato, non d'essere finito in uno qualunque dei punti utili. Porta con sé il centro, come un dolore fisico. Il dolore come il chiodo là dove penetra ordina lo spazio intorno.”
Erri De Luca


“Guardai in alto le risapute stelle: la lince, il cane minore, il toro, il cigno, il drago, tutto lo zoo fantastico del cielo. Dove gli astronomi videro forme animali collegando i punti, io leggevo le lettere dell'alfabeto ebraico.”
Erri De Luca



“Mentre nuoto i pensieri si affacciano tra i respiri intensi che devono portare ossigeno di sangue fino in punta alle dita di mani e di piedi. Nelle scalate sto in appoggio sulle ultime falangi, mi accorgo di più del loro uso. Scalando pareti conosco meglio il peso dei chili e degli anni, che in questo settembre coincidono. In mare invece gli anni e i chili sono lievi, da dimenticarsene.”
Erri De Luca


Quando ti viene nostalgia, non è mancanza, è presenza, è una visita, arrivano persone, paesi, da lontano e ti tengono un po' di compagnia". Allora don Rafaniè, le volte che mi viene il pensiero di una mancanza la devo chiamare presenza? "Giusto, così ad ogni mancanza dai il benvenuto, le fai un'accoglienza.
Erri De Luca, Montedidio

“Scrivo in italiano perché è zitto e ci posso mettere i fatti del giorno, riposati dal chiasso del napoletano.”
Erri De Luca, Montedidio


Abbiamo amato l’Odissea, Moby Dick, Robinson Crusoe, I viaggi di Simbad e di Conrad.
Siamo stati dalla parte dei corsari e dei rivoluzionari.
Cosa ci fa difetto, per non stare con gli acrobati di oggi, saltatori di fili spinati e di deserti, accatastati in viaggio nelle camere a gas delle stive, in celle frigorifero, in container, legati ai semiassi di autocarri? Cosa ci manca, per un applauso di cuore, per un caffè corretto, al portatore di suo padre in spalla e di suo figlio in braccio, portato via dalle città di Troia, svuotate dalle fiamme? Benedetto il viaggio che vi porta, il mare rosso che vi lascia uscire, l’onore che ci fate bussando alla finestra.
Erri De Luca


Come quando sulle navi borboniche si dava l'ordine: "Facite ammuina" e chi stava a poppa correva a prua e viceversa, chi stava sottocoperta saliva all'aperto e ne scendeva chi già c'era, per dare all'occhio distratto del re l'impressione di pronte manovre.
Erri De Luca,  in alto a sinistra

“Non c’erano più gli uomini come li intendiamo noi, ma uomini come parti di ricambio.”
Erri De Luca, “Tu, mio”

“Capivo che non era il rifiuto di avere un corpo, ma la pazienza di sopportarlo,un carico sull'asino che a volte é esagerato e pure l'uccide,ma fino a quel punto non se ne lamenta”
Erri De Luca, “Tu, mio”


Sei venuto dietro tante facce e io ti ho riconosciuto sempre.
Erri De Luca, “Tu, mio”


«Ci si innamora così, cercando nella persona amata il punto a nessuno rivelato, che è dato in dono solo a chi scruta, ascolta con amore. Ci si innamora da vicino, ma non troppo, ci si innamora da un angolo acuto un poco in disparte in una stanza, presso una tavolata, seduto su un gradino mentre gli altri ballano».
Erri De Luca, “Tu, mio”


“Molto del destino di ciascuno dipende da una domanda, una richiesta che un giorno qualcuno, una persona cara o uno sconosciuto, rivolge: d’improvviso uno riconosce di aspettare da tempo quella interrogazione, forse anche banale ma che in lui risuona come un annuncio, e sa che proverà a rispondere ad essa con tutta la vita.”
Erri De Luca,  “Non ora, non qui”


Si cresce tacendo, chiudendo gli occhi ogni tanto,
si cresce sentendo d'improvviso molta distanza da tutte le persone.
Erri De Luca,  “Non ora, non qui”


Non ora, non qui”. Avevi ragione, molte delle cose che mi sono accadute furono errori di tempo e di luogo, cose da dire: non ora non qui. Però a questo vetro d'autobus, mi accorgo di essere in un'ora e in un posto a me riservato da tempo.
Intorno ferve il movimento. Le porte si sono aperte, la gente sale e scende da tutte le parti urtandosi. Mi tengo vicino al vetro, c'è un trambusto, ma tu e io stiamo fermi.
Vengono il tempo e l'occasione, vengono quando due persone si fermano: allora si incontrano.
Se uno si muove sempre, impone un verso, una direzione al tempo. Ma se uno si ferma, si impunta come un asino in mezzo al sentiero, lasciandosi prendere da una distrazione, allora anche il tempo si ferma e non è più la soma che sagoma la schiena. Se non lo trasporti si versa, si spande intorno come una macchia d'inchiostro che il mio pennino faceva da solo, dritto in equilibrio sulla carta assorbente, per poi cadere vuoto.
Chi si ferma si incontra, anche una mamma giovane e un figlio anziano.
Il tempo fa come le nuvole e i fondi di caffè: cambia le pose, mescola le forme.
Erri De Luca,  “Non ora, non qui”


Ci siamo fraintesi ostinatamente, come per proteggerci da qualcosa.
Custodimmo il non capirsi per una discrezione e un pudore: ora so che questo conserva gli affetti. Fu una rinuncia e una preclusione ottemperata come una norma, sconosciuta alla volontà come un istinto. Fraintendersi fu giusta condizione, capirsi non poteva servirci. Poteva durare in eterno, non mi sarei mai stancato.
Erri de Luca, “Non ora, non qui”


I desideri dei bambini danno ordini al futuro.
Erri De Luca



Questo è quello che io cerco almeno nei libri quando li apro: il pezzetto che è stato scritto per me. Uno scarto, un brusco scarto di intelligenza e sensibilità che mi spiega qualcosa di me.
Cosa che suppongo possedevo già sotto la pelle, ma che non sapevo dire.
 Erri De Luca


Chi si è inflitto il massimo rigore,
la severità peggiore,
di solito è indulgente con gli altri
perché non vuole augurare a nessuno
la persecuzione che si è inflitto da solo
Erri De Luca, estratto da “Eduardo”, pag. 77, Napolide


Amo gli alberi. Sono come noi.
Radici per terra e testa verso il cielo.
Erri De Luca

I gesti del nuoto sono i più simili al volo.
Il mare dà alle braccia quello che l'aria offre alle ali;
il nuotatore galleggia sugli abissi del fondo.
Erri De Luca

Amo il tuo piede nudo sulla sabbia
che tu trasformi in nuvola.
Metterei i mie passi sopra l'orma dei tuoi,
la mossa più nuziale che conosca.
Erri De Luca

Ognuno vuol essere tenuto a mente per una caratteristica.
Non si tratta di desiderio di celebrità, ma del giusto contrario:
bisogno struggente di non essere confuso con nessun altro.
Diavoli custodi, parole di Erri De Luca e disegni di Alessandro Mendini


Le cose migliori dell'amore accadono per caso, si capiscono dopo.
Erri De Luca, Il contrario di uno


Era un’estate di fichi d’India e una catena di baci esauditi.
Non  avevo altro da desiderare oltre l’uscio dei baci.
Più della libertà ho aspettato il minuto bollente in cui quattro labbra sospendono il respiro e si mischiano per gustare se stesse attraverso altre due e si confondono per appartenersi.
I baci non sono anticipo d’altre tenerezze, sono il punto più alto. Dalla loro sommità si può scendere nelle braccia, nelle spinte dei fianchi, ma è trascinamento. Solo i baci sono buoni come le guance del pesce. Noi due avevamo l’esca sulle labbra, abboccavamo insieme.
Erri De Luca, Il contrario di uno (La camicia al muro)


Allora la tua mano è stata la congiunzione e, la particella che sta tra due nomi e li accoppia più di abbracci e baci. La tua mano minuta serrata nella mia inutilmente larga, serrata a serratura chiudeva noi due dentro e tutti gli altri fuori.
Erri De Luca, Il Contrario Di Uno


“Io te vurria vasà – sospira la canzone,
ma prima e più di questo io ti vorrei bastare
come la gola al canto e come il coltello al pane
come la fede al santo io ti vorrei bastare.
E nessun altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun altro odore addormentare,
io ti vorrei bastare.
Io te vurria vasà – insiste la canzone,
ma un po’ meno di questo io ti vorrei mancare,
più del fiato in salita,
più di neve a Natale,
più di benda su ferita,
più di farina e sale.
E nessun altro abbraccio potessi tu cercare
in nessun altro odore addormentare.
Io ti vorrei bastare.”
Erri De Luca


Miriam, sai cos’è la grazia?
Non di preciso, risposi.
Non è un’andatura attraente, non è un portamento
elevato di certe nostre donne bene in mostra.
E’ la forza sovrumana di affrontare il mondo da soli
senza sforzo, sfidarlo a duello tutto intero senza
neanche spettinarsi.
Erri De Luca


Ho imparato la lingua yiddish, parlata da undici milioni di ebrei dell’Europa orientale e ammutolita dalla loro distruzione.
Ha un impianto grammaticale tedesco, è scritta in caratteri ebraici, si legge da destra a sinistra.
Mi procurai una grammatica e un paio di vocabolari in inglese.
Delle lingue che ho avvicinato è quella che ho imparato a leggere più in fretta.
E mi sono trovato a sfogliare una letteratura quasi sconosciuta, pochissimo tradotta.
Lo yiddish assomiglia al mio napoletano, entrambe lingue di molta folla in spazi stretti.
Sono perciò veloci, di parole tronche, adatte a farsi largo tra le grida.
Hanno la stessa quantità di mendicanti e di superstizioni.
Sono competenti in miserie, emigrazioni e teatri.
Usano proverbi simili e irridenti: “È buono impararsi barbiere sulla faccia degli altri”.
Del progresso dicono: “Pure un calcio nel sedere è un passo avanti.”
Erri De Luca, Il torto del soldato


Dylan Thomas conclude una sua pagina con il verso:
Le mani non versano lacrime (Hands have no tears to flow).
Non possono, è vero, ma quelle giuste sono capaci di asciugarle.
Erri De Luca, L’arte della scrittura

A proposito di mani:
certo ricordi quella poesia di Dylan Thomas  sulla mano che firma il trattato, che ha il potere di raddoppiare il numero dei morti e dimezzare un popolo.
L'ultimo verso dice “Hands have no tears to flow”, le mani non hanno lacrime da scorrere.
E’ vero, ma ci sono mani buone ad asciugare le lacrime: quelle delle madri, quelle dei pagliacci,
quelle di chi sa scrivere poesie
Erri De Luca a Izet Sarajlic, estratto da pag. 26 di Lettere Fraterne

Considero valore ogni forma di vita, 
la neve, la fragola, la mosca
Considero valore il regno minerale, l’assemblea delle stelle.
Considero valore il vino finchè dura il pasto,
un sorriso involontario, la stanchezza di chi non si e’ risparmiato,
due vecchi che si amano.
Considero valore quello che domani non varrà più niente,
e quello che oggi vale ancora poco.
Considero valore tutte le ferite.
Considero valore risparmiare acqua,
riparare un paio di scarpe,
tacere in tempo,
accorrere a un grido,
chiedere permesso prima di sedersi,
provare gratitudine senza ricordarsi di che.
Considero valore sapere in una stanza dov’è il nord,
qual è il nome del vento che sta asciugando il bucato.
Considero valore il viaggio del vagabondo,
la clausura della monaca,
la pazienza del condannato, qualunque colpa sia.
Considero valore l’uso del verbo amare
e l’ipotesi che esista un creatore.
Molti di questi valori non ho conosciuto.
Erri De Luca, Opera sull'acqua e altre poesie · 2002


La morte non è uguale per tutte le cose: ci sono oggetti che cominciano ad invecchiare solo dopo aver attraversato la morte. Un giocattolo invecchia dopo che si è rotto, dopo che è morto.
Erri De Luca

“Per me il tempo
è una clessidra
e io sono la sabbia”
Erri De Luca, il turno di notte lo fanno le stelle


Non sono al tuo fianco, io sono il tuo fianco.
Sei la parte mancante che torna da lontano a combaciare...
Erri De Luca


- E come la riconosco? Sono successi dieci anni, un sacco di tempo
- Guaglio’, il tempo non è un sacco, magari è un bosco.
Se hai conosciuto la foglia, poi riconosci l’albero.
Se l’hai vista negli occhi, la ritroverai.
Pure se è passato un bosco di tempo.
Erri De Luca, Il giorno prima della felicità


“La prima cosa di un povero coi soldi è comprarsi un vestito. Si mette addosso una stoffa buona e si crede un’altra persona. Ma i denari possono fare solo quello, farti sembrare. La Capa vuole sembrare e così inciampa. Quando si chinava sui piedi per prendere la misura delle scarpe, non faceva ridere nessuno. Dicono che i denari non puzzano, invece puzzano e fanno puzzare chi se li mette addosso.”
Erri De Luca, Il giorno prima della felicità


Quando saremo due saremo veglia e sonno,
affonderemo nella stessa polpa
come il dente di latte e il suo secondo,
saremo due come sono le acque, le dolci e le salate,
come i cieli, del giorno e della notte,
due come sono i piedi, gli occhi, i reni,
come i tempi del battito
i colpi del respiro.
Quando saremo due non avremo metà
Saremo un due che non si può dividere con niente.
Quando saremo due, nessuno sarà uno,
uno sarà l’uguale di nessuno
e l’unità consisterà nel due.
Quando saremo due
cambierà nome pure l’universo
diventerà diverso.
Erri De Luca, Due



In te sono stato albume, uovo, pesce,
le ere sconfinate della terra
ho attraversato nella tua placenta,
fuori di te sono contato a giorni.

In te sono passato da cellula a scheletro
un milione di volte mi sono ingrandito,
fuori di te l'accrescimento è stato immensamente meno.

Sono sgusciato dalla tua pienezza
senza lasciarti vuota perché il vuoto
l'ho portato con me.

Sono venuto nudo, mi hai coperto
così ho imparato nudità e pudore
il latte e la sua assenza.

Mi hai messo in bocca tutte le parole
a cucchiaini, tranne una: mamma.
Quella l'inventa il figlio sbattendo le due labbra
quella l'insegna il figlio.

Da te ho preso le voci del mio luogo,
le canzoni, le ingiurie, gli scongiuri,
da te ho ascoltato il primo libro
dietro la febbre della scarlattina.

Ti ho dato aiuto a vomitare, a friggere le pizze,
a scrivere una lettera, ad accendere un fuoco,
a finire le parole crociate, ti ho versato il vino
e ho macchiato la tavola,
non ti ho messo un nipote sulle gambe
non ti ho fatto bussare a una prigione
non ancora,
da te ho imparato il lutto e l'ora di finirlo,
a tuo padre somiglio, a tuo fratello,
non sono stato figlio.
Da te ho preso gli occhi chiari
non il loro peso
a te ho nascosto tutto.

Ho promesso di bruciare il tuo corpo
di non darlo alla terra. Ti darò al fuoco
fratello del vulcano che ci orientava il sonno.

Ti spargerò nell'aria dopo l'acquazzone
all'ora dell'arcobaleno
che ti faceva spalancare gli occhi.
Erri De Luca, Mamm'Emilia


Le facce sono scritte. Anche le mani, dico, e le nuvole, il manto delle tigri, la buccia dei fagioli e il salto dei tonni a pelo d’acqua è scrittura. Impariamo alfabeti e non sappiamo leggere gli alberi. Le querce sono romanzi, i pini sono grammatiche, le viti sono salmi, i rampicanti proverbi, gli abeti sono arringhe difensive, i cipressi accuse, il rosmarino è una canzone, l’alloro è una profezia
 Erri De Luca. "Tre Cavalli"


«Ci sono creature assegnate che non riescono a incontrarsi mai e s'aggiustano ad amare un'altra persona per rammendare l'assenza. Sono sagge. Io a vent'anni non conosco gli abbracci e decido di aspettare. Aspetto la creatura assegnata».
Erri De Luca, “Tre cavalli”


Io a vent'anni non conosco gli abbracci e decido di aspettare. Aspetto la creatura assegnata.
Sto vigile, imparo a scorrere le facce di una folla in pochi istanti. Ci sono sistemi che insegnano la lettura veloce dei libri, io imparo a leggere una folla al volo. La setaccio, la scarto tutta, neanche un grano di quelle facce resta nella retina. So sempre che lei non c'è, lei, la assegnata. Non ho un ritratto in testa da far combaciare sopra una faccia, no, l'assegnazione non dipende dagli occhi, anche se non so da cosa. Aspetto d'incontrarla per saperne la figura.
Aspettare. Questo è il mio verbo a venti anni, un infinito asciutto che non sbrodola di ansia, non sbava speranza. Aspetto a vuoto.
Erri De Luca, Tre cavalli


Conoscevo gli adulti, tranne un verbo che loro esageravano a ingrandire: amare.
Mi infastidiva l’uso. In prima media lo studio della grammatica latina l’adoperava per esempio di prima coniugazione, con l’infinito in -are.
Recitavamo tempi e modi dell’amare latino.
Era un dolciume obbligatorio per me indifferente alla pasticceria.
Più di tutto mi irritava l’imperativo: ama.
Al culmine del verbo gli adulti si sposavano, oppure si ammazzavano.
Era responsabilità del verbo amare il matrimonio dei miei genitori. Insieme a mia sorella eravamo un effetto, una delle bizzarre conseguenze della coniugazione. A causa di quel verbo litigavano, stavano zitti a tavola, i bocconi facevano rumore.
Nei libri c’era traffico fitto intorno al verbo amare.
Da lettore lo consideravo un ingrediente delle storie, come ci stava bene un viaggio, un delitto, un’isola, una belva. Gli adulti esageravano con quell’antichità monumentale, ripresa tale e quale dal latino.
L’odio sì, lo capivo, era un contagio di nervi tirati fino al carico di rottura.
La città se lo mangiava l’odio, se lo scambiava col buongiorno di strilli e di coltelli, se lo giocava al lotto. Non era quello di adesso, aizzato contro i pellegrini del Sud, meridionali, zingari, africani.
Era odio di mortificazioni, di calpestati in casa e appestati all’estero.
Quell’odio metteva aceto nelle lacrime.
Intorno a me non lo vedevo e non lo conoscevo il verbo amare.
Erri De Luca, I pesci non chiudono gli occhi


S'incontrano, leggendo, frasi sismiche.
Erri De Luca, I pesci non chiudono gli occhi


Il volersi bene si costruisce. Ma l’amore quello vero, no. L’amore lo senti immediato, non ha tempo. E’ dire “ti sento”. Un contatto di pelle, un abbraccio, un bacio. Mantenersi, il mio verbo preferito, tenersi per mano. Ti può bastare per la vita intera, un attimo, un incontro. Rinunciarvi è folle, sempre e comunque.
Erri De Luca, I pesci non chiudono gli occhi



«Fai come il lanciatore di coltelli, che tira intorno al corpo.
Scrivi di amore senza nominarlo, la precisione sta nell’evitare.
Distraiti dal vocabolo solenne, già abbuffato, punta al bordo, costeggia,
il lanciatore di coltelli tocca da lontano,
l’errore è di raggiungere il bersaglio,
la grazia è di mancarlo».
Erri De Luca, “L’ospite incallito”.



«In ogni specie sono i solitari a tentare esperienze nuove.
Sono una quota sperimentale che va alla deriva.
Dietro di loro la traccia aperta si chiude».
Erri De Luca, Il peso della farfalla


L'uomo aveva assistito a duelli di camosci di altri branchi.
Ammirava la loro lealtà, mai due contro uno.
Lui portava nel fianco il taglio di un coltello traditore,
colpo sferrato da uno del mucchio che lo aveva aggredito.
Gli uomini hanno inventato i minuziosi codici
ma appena c'è occasione si azzannano senza legge.
Erri De Luca, Il peso della farfalla


Quel mattino di novembre si svegliò stanco e seppe che era all'ultima stagione di supremazia. Le sue corna si sarebbero arrese a quelle di un suo figlio più deciso. Ne aveva già dovuto ferire uno al ventre, senza andare a fondo, uno che scalpitava. Uno di loro avrebbe sparso le sue budella al prato e lui sarebbe stato una carcassa sconfitta e svuotata. Non doveva finire così, meglio scomparire, in quello stesso inverno e non farsi trovare.
Non dormiva col branco, neppure nell'autunno della monta. Aveva diversi rifugi notturni, sotto mughi scavati, in grotte sospese sopra rocce friabili dove l'uomo non poteva salire neanche con l'odore. Scendeva al branco in ore diverse, con la nebbia, prima dell'alba, dopo il tramonto. Non dava a nessuno il vantaggio di prevederlo. Al suo arrivo le femmine gli andavano incontro e i giovani maschi piegavano il ginocchio ad abbassarsi.
Quel giorno di novembre il re riconobbe il declino. Il cuore batteva più lento dei duecento colpi al minuto, spinta che dà ossigeno agli slanci in salita e li fa superare in leggerezza. Gli zoccoli del camoscio sono le quattro dita del violinista. Vanno alla cieca e non sbagliano millimetro. Schizzano su strapiombi, giocolieri in salita, acrobati in discesa, sono artisti da circo per la platea delle montagne. Gli zoccoli del camoscio appigliano l'aria. Il callo a cuscinetto fa da silenziatore quando vuole, se no l'unghia divisa in due è nacchera di flamenco. Gli zoccoli del camoscio sono quattro assi in tasca a un baro. Con loro la gravità è una variante al tema, non una legge.
Li poggiò all'alba nella nebbia fìtta, da non vedere a terra e se li trovò incerti. Così aspettò che il cuore spingesse i colpi fin dentro le unghie e il giorno crescesse insieme ai battiti. Non voleva cedere, chinare il suo corno sinistro davanti a un maschio minore, solo più fresco di forze.
Fiutò l'orizzonte per sapere dove mai più tornare, né farsi trovare. Il giorno di sole schietto asciugò presto la nebbia, un ruscello di luce infilava il branco da est che ci si abbeverava sollevando all'aria i musi. Stavano molti metri giù da lui. Dal suo riparo in ombra vide la loro forza, il numero, che tollera le perdite. Non erano coraggiosi, erano molti, valore che dà forza ai più deboli.
Erri De Luca, Il peso della farfalla


Aveva smesso di cacciare stambecchi, era successo questo. Aveva sparato a un esemplare nella nebbia senza accorgersi che era femmina e senza vedere il piccolo vicino. La bestia colpita sul ripido aveva cercato di tenersi aggrappata alla roccia piantando zampe incerte, poi era caduta indietro, un salto in giù di buoni venti metri. Il piccolo senza incertezza era saltato nel vuoto della nebbia dietro la madre, ricadendo in piedi. La madre era rotolata di nuovo e precipitata, un salto anche più grande e il piccolo le era ancora volato dietro. Quando l’uomo raggiunse l’animale ucciso il piccolo era lì, un po’ storto sulle zampe, gli occhi grandi calmi desolati.”
Erri De Luca, Il peso della farfalla



“L’uomo era in là negli anni, gran parte della vita salita a cacciare di frodo le bestie in montagna. Si era ritirato a fare quel mestiere dopo la gioventù passata nella città tra i rivoluzionari, fino allo sbando.”
Erri De Luca, Il peso della farfalla


”Si fermò e guardò col binocolo. Ed era una cosa che non gli era mai capitata di vedere. Mezzo incredulo, un po’ scocciato, eppure affascinato, vide che sbucando dai rami di larice, senza correre, appena scosse da un tremito, le femmine coi loro piccoli tornavano indietro con gli occhi sbarrati, si fermavano un momento accanto al corpo del grosso camoscio e lo guardavano…Tornarono anche i maschi più giovani, quelli che lui aveva cacciato via a cornate nel sedere, e senza curarsi dei rumori circostanti si avvicinavano, uno per uno, come per rendergli omaggio, e anche un vigoroso giovane che aveva resistito alla carica, l’ultimo che aveva buttato fuori, si fermò e lo guardò, abbassando il bel muso, fin quasi a sfiorargli il trofeo [...] “Qui l’uomo vide una cosa che mai era stata vista.Il branco non si disperse in fuga, lentamente fece la mossa opposta. Le femmine prima, poi i maschi, poi i nati in primavera salirono verso di lui, incontro al re abbattuto. Uno per uno chinarono il muso su di lui, senza un pensiero per l’uomo in agguato…Niente era più importante per loro di quel saluto, l’onore al più magnifico camoscio mai esistito”.
Erri De Luca, Il peso della farfalla


”Fu un tuffo al cuore, forte e disperato e quel colpo appena sparato perse il suo valore e la sua precisione e sembrò, all’improvviso, odioso e tirato a caso, e Franco sentì di essere fuori posto, come se si fosse impadronito di un sogno altrui. Tutto quel che non aveva mai visto fu chiaro in quel momento. [...] Niente aveva capito di quel presente che era già perduto. In quel punto finì anche per lui la caccia, non avrebbe sparato ad altre bestie. Il presente è la sola conoscenza che serve. L’uomo non ci sa stare, nel presente”.”.
Erri De Luca, Il peso della farfalla



Intanto non la chiamare gente, sono persone, una per una.
Se la chiami gente non fai caso alle persone
Erri De Luca


"una faccia...una razza" dicono in Grecia. 
Non sempre generalizzare é superficialità, soprattutto quando guardiamo la gente per vedere noi stessi


Saper distinguere le personeusare il pensiero induttivo in modo errato oltre a far danno agli altri fa male anche a se stessi. Esempio di pensiero induttivo: Se nella mia vita ho incontrato solo cigni bianchi sono portato a pensare che esistono solo cigni bianchi, ma se incontro un solo cigno nero tutte le mie convinzioni sono sbagliate. Molte persone fanno costantemente un uso improprio del pensiero induttivo vedendo solo le cose in modo negativo quindi si creano in testa questi cigni bianchi anche se di fronte gli capitano quelli neriallontanandosi completamente dalla realtà dei fatti per poi ricadere nei soliti errori. In questo caso non si chiama più pensiero induttivo ma bensì pensiero prevenuto (stereotipo) offrendo una generalizzazione inappropriata ed errata. Questo oltre a superare i limiti del pensiero induttivo inoltre è rigido e chi lo possiede (in maniera prevalente) tende a consolidare le acquisizioni già disponibili senza la capacità di esplorare una revisione delle proprie convinzioni.






«Cerco nei libri la lettera, anche solo la frase che è stata scritta per me e che perciò sottolineo, ricopio, estraggo e porto via. Non mi basta che il libro sia avvincente, celebrato, né che sia un classico: se non sono anch’io un pezzo dell’idiota di Dostoevskij, la mia lettura è vana. Perché il libro, anche il sacro, appartiene a chi lo legge e non per il diritto ottenuto con l’acquisto. Perché ogni lettore pretende che in un rotolo di libro ci sia qualcosa scritto su di lui».
Erri de Luca, “Alzaia”.


Aveva forse ascoltato la frase del Talmud che insegna: "I cardini reggono la porta e le prove reggono l'uomo". Se sarai capace di accogliere le tribolazioni e di sopportarle, accettandole come prove della tua resistenza e consistenza, allora quelle pene si trasformeranno in cardini e ti reggeranno. E' bello sapere che sulle prove affrontate, ognuno di noi finisce per appoggiarsi con tutto il peso, per essere pesato. Esse valgono per noi come i cardini che reggono la porta.
Erri de Luca, Alzaia


Il nostro udito moderno si è fatto carezzare dall'alta precisione degli impianti stereo, stordire dalle amplificazioni delle sale da ballo e dai rumori meccanici più assordanti mai percepiti prima da orecchio umano.
Il silenzio oggi è solo un disturbo dell'udito.
Dio avrebbe grandi difficoltà a procurarsi ascolto, se volesse, ma non vuole.
Ha già lasciato la sua voce scritta nel libro che si chiama Bibba. Li con un pò di fortuna e una vertigine di silenzio, dentro di sé più che intorno, ognuno può ascoltare il frammento che gli illumini il giorno.
Erri de Luca, Alzaia


Durante una passeggiata con un amico, il pittore Paul Cézanne disse: “Un artista deve fare la sua opera come un mandorlo fa i suoi fiori, come una lumaca la sua bava.” Il suo massimo sforzo doveva sembrare all’esterno la cosa pìù naturale. Passava i suoi tocchi di pennello da destra a sinistra, era così concentrato sul colore che gli sembrava di avere gli occhi inchiodati: “Non posso strapparli di lì. Sono così incollati nel punto in cui guardo che mi sembra che stiano sanguinando”. Non ebbe maestri. Da vecchio i bambini gli tiravano sassi dietro. Fu un uomo robusto. Gli piaceva questa frase dell’E’mile di Rousseau: “Bisogna che il corpo abbia vigore per obbedire all’anima”. In età anziana, a un critico che gli esprimeva entusiasmo davanti ai suoi quadri, prese la mano con aria grave e disse: “Sono un semplice, non mi si devono fare dei complimenti, mentire per educazione”. Il critico rispose che quello era il suo pensiero e gli spiaceva di averlo detto male. Allora, certo della sincerità Cézanne pianse. Morì dopo essersi esposto a un temporale in campagna, per dipingerla. Ci sono opere che hanno bisogno di costringere a queste vite. Rilke scrisse di lui: ” Il grigio non esisteva come colore, lui scavava sotto e scopriva il violetto o il blu, il rosso o il verde”. Si possa anche noi essere un poco artisti per raschiare il grigio ed estrarne il giacimento di colori.
Erri De Luca, Alzaia 

(Cézanne) Morì dopo essersi esposto a un temporale in campagna, per dipingerla.
Ci sono opere che hanno bisogno di costringere a queste vite. Rilke scrisse di lui:
“Il grigio non esisteva come colore, lui scavava sotto e scopriva il violetto o il blu, il rosso o il verde”. Si possa anche noi essere un poco artisti per raschiare il grigio ed estrarne il giacimento di colori
Erri De Luca



C'era una generosità civile nella scuola pubblica, gratuita, che permetteva a uno come me di imparare. Ci ero cresciuto dentro e non mi accorgevo dello sforzo di una società per mettere in pratica il compito. L'istruzione dava importanza a noi poveri. I ricchi si sarebbero istruiti comunque. La scuola dava peso a chi non ne aveva, faceva uguaglianza. Non aboliva la miseria, però tra le sue mura permetteva il pari. Il dispari cominciava fuori
Erri De Luca


Io credo, non perché vedo, ma perché sono stato visto.
L’amore vede, perciò tace;
tace anche se stesso parlando d’altro.
Non l’amante apprende l’amore, ma l’amato,
colui che accetta di essere trasfigurato agli occhi
di un'altra persona.
Erri De Luca.



Dice una leggenda che un angelo cancella al neonato il ricordo di quello che ha saputo in grembo. C’è da svuotare il sacco prima di nascere. I bambini dentro la placenta sanno tutto il passato, le lingue, le avventure, pericoli e mestieri. Il loro scheletro è diventato pesce, rettile, uccello prima di fermarsi all’ultima stazione. Lo sforzo di espulsione dal corpo della madre serve a dimenticare. La rottura delle acque apre il varco che subito dietro si richiude, dopo il tuffo nel vuoto. Così è il mondo per chi viene da un grembo. Il salto nell’asciutto produce azzeramento di tutta la sapienza accumulata nel sacco di placenta. Si attecchisce meglio dimenticando da dove si proviene. A lui spiaceva dolorosamente non ricordare com’era stato al centro del corpo di una madre, tra le ossa del bacino, le vertebre, sotto il dondolo del respiro e i passi sulle scale del battito del cuore. Che perdita passare da sputo a carne umana, risalire le epoche del corpo e giunto al culmine, sull’orlo della soglia, dimenticare tutto.
Erri De Luca


Il sentimento rivoluzionario per eccellenza è la vergogna.
La vergogna è un sentimento politico molto forte. Anche la collera, ma questa ha la miccia corta, puòavere grande intensità ma dura poco, svanisce presto. La vergogna invece ti tormenta, ti si appiccica addosso e a un certo punto non ne puoi più.  E' questo sentimento che porta alla ribellione e alla ricerca di risposte alternative.
Erri De Luca


ELOGIO DEI PIEDI.
Perché reggono l'intero peso.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.

Il gioco: bambini saltano la corda
Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.

Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.

Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.
Perché sanno tenersi su appoggi e appigli minimi.
Perché sanno correre sugli scogli e neanche i cavalli lo sanno fare.
Perché portano via.

Perché sono la parte più prigioniera di un corpo incarcerato. E chi esce dopo molti anni deve imparare di nuovo a camminare in linea retta.
Perché sanno saltare, e non è colpa loro se più in alto nello scheletro non ci sono ali.
Perché sanno piantarsi nel mezzo delle strade come muli e fare una siepe davanti al cancello di una fabbrica.

Perché sanno giocare con la palla e sanno nuotare.
Perché per qualche popolo pratico erano unità di misura.
Perché quelli di donna facevano friggere i versi di Pushkin.

Perché gli antichi li amavano e per prima cura di ospitalità li lavavano al viandante.
Perché sanno pregare dondolandosi davanti a un muro o ripiegati indietro da un inginocchiatoio.
Perché mai capirò come fanno a correre contando su un appoggio solo.

Perché sono allegri e sanno ballare il meraviglioso tango, il croccante tip-tap, la ruffiana tarantella.
Perché non sanno accusare e non impugnano armi.
Perché sono stati crocefissi.

Perché anche quando si vorrebbe assestarli nel sedere di qualcuno, viene scrupolo che il bersaglio non meriti l'appoggio.
Perché, come le capre, amano il sale.
Perché non hanno fretta di nascere, però poi quando arriva il punto di morire scalciano in nome del corpo contro la morte.
Erri De Luca








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