La collettività si fonda su una diminuzione organizzata della personalità,
la comunità sull'aumento e la conferma della personalità nella reciprocità.
la comunità sull'aumento e la conferma della personalità nella reciprocità.
Martin Buber
Lo scopo della relazione è la sua stessa essenza, ovvero il contatto con il TU; poiché attraverso il contatto ogni Tu coglie un alito del Tu, cioè della vita eterna... Nessun uomo è pura persona, nessuno è pura individualità. Ognuno vive nell'Io dal duplice volto.
Martin Buber
In latino "genium" ha la medesima radice di "ingenum", ovvero acutezza di intelletto, a cui si contrappone lo "studium", le capacità acquisite con un impegno lungo e laborioso.
Martin Buber, Confessioni estatiche
"Per chi sta nell'amore, e in esso guarda, gli uomini si liberano dal groviglio dell'ingranaggio; i buoni e i cattivi, i belli e i brutti, l'uno dopo l'altro diventano per lui reali, diventano un tu, cioé un essere liberato, fuori dal comune, unico ed esistente di fronte a lui."
Martin Buber, Dialogo, 1930
Tradurre è Tradire.Lo scopo della relazione è la sua stessa essenza, ovvero il contatto con il TU; poiché attraverso il contatto ogni Tu coglie un alito del Tu, cioè della vita eterna... Nessun uomo è pura persona, nessuno è pura individualità. Ognuno vive nell'Io dal duplice volto.
Martin Buber
In latino "genium" ha la medesima radice di "ingenum", ovvero acutezza di intelletto, a cui si contrappone lo "studium", le capacità acquisite con un impegno lungo e laborioso.
Martin Buber, Confessioni estatiche
"Per chi sta nell'amore, e in esso guarda, gli uomini si liberano dal groviglio dell'ingranaggio; i buoni e i cattivi, i belli e i brutti, l'uno dopo l'altro diventano per lui reali, diventano un tu, cioé un essere liberato, fuori dal comune, unico ed esistente di fronte a lui."
Martin Buber, Dialogo, 1930
Il termine tedesco che Buber predilige non é "Dialog", ma "Zwiesprache": pur corrispondendo, letteralmente, al dia-logo, discorso "tra", esso suona più intimo e personale che "dialog". Non é possibile tradurre questa sfumatura in italiano; il termine che, forse, si avvicina di più a "Zwiesprache", come "interlocuzione", ha infatti assunto un significato diverso.
Buber, Il principio dialogico e altri saggi
"Piuttosto penserei ad un angolo poco appariscente, ma significativo, dell'esistenza: agli sguardi che, nella confusione della strada, si colgono al volo tra due sconosciuti che avanzano con lo stesso passo; tra questi ci sono sguardi che, incontrandosi casualmente, rivelano l'una all'altra due nature dialogiche."
Martin Buber
Per chi sta nell'amore, e in esso guarda, gli uomini si liberano dal groviglio dell'ingranaggio; i buoni e i cattivi, i belli e i brutti, l'uno dopo l'altro diventano per lui reali, diventano un tu, cioè un essere liberato, fuori dal comune, unico ed esistente di fronte a lui.
Martin Buber, Dialogo, 1930
Ognuno di noi è chiuso in una corazza la cui funzione è quella di proteggerci dai segni. Ininterrottamente ci accadono segni, vivere significa essere appellati, occorrerebbe solo essere pronti, percepire. Ma per noi il rischio è troppo alto, tuoni minacciosi sembrano minacciarci di annientamento e, generazione dopo generazione, perfezioniamo un sistema di difesa. Tutta la nostra scienza ci rassicura: "Stai tranquillo, niente è rivolto a te, non si tratta di te, non ti si chiede niente, tutto è silenzioso, questo è, appunto, "il mondo". Ognuno di noi è chiuso in una corazza che presto, per via dell'abitudine, non avvertiamo più.
Martin Buber, Dialogo, 1930
"L’autentico dialogo
e quindi ogni reale compimento della relazione interumana
significa accettazione dell’alterità.
Se due uomini si comunicano reciprocamente le loro opinioni totalmente diverse su un oggetto, ciascuno nell'intento di convincere il proprio partner dell’esattezza del proprio modo di vedere, nel senso dell’essere uomo si tratta di vedere se ciascuno intende l’altro qual egli è quindi, con ogni volontà d’influsso, lo accoglie e lo attesta nel suo “questo-essere-uomo”, nel suo “essere-così-costituito”.
Martin Buber
Il rigore e la profondità dell’individuazione umana, l’elementare alterità dell’altro è presa poi non semplicemente come necessario punto di partenza per la conoscenza, ma accettato da soggetto a soggetto. Volontà d’influsso poi non significa volontà o aspirazione di cambiare l’altro, di inculcargli la mia propria “esattezza”, ma aspirazione a lasciar sorgere e sviluppare ciò che è conosciuto come esatto, come giusto, come vero che proprio perciò deve essere installato anche nell'altro e ciò proprio attraverso il mio influsso conformemente alla forma dell’individuazione.
A questa volontà è contrapposta la brama di utilizzazione da cui è posseduto “colui che propaganda” e “che suggerisce” nel suo rapporto con l’uomo come persiste nel suo rapporto alle cose e invero a cose con le quali egli non entrerà mai in relazione, anzi è zelante nel privarle del loro essere distanti e della loro autonomia.
L’umanità e il genere umano divengono in incontri autentici.
Qui l’uomo si apprende non semplicemente limitato dagli uomini, rimandato alla propria finitezza, parzialità, bisogno di integrazione, ma viene esaudito il proprio rapporto alla verità attraverso quello distinto, secondo l’individuazione, dell’altro, distinto per far sorgere e sviluppare un rapporto determinato alla stessa verità. Agli uomini è necessario e a essi concesso di attestarsi reciprocamente in autentici incontri nel loro essere individuale."
Maritn Buber
Uno scolaro domandò a Rabbi:
«Ci è comandato di amare il nostro prossimo come noi stessi. Come posso farlo se egli mi ha fatto un torto?». Il Rabbi rispose: «Devi comprendere queste parole nel loro giusto significato, che è: ama il prossimo tuo come qualcosa che tu stesso sei. Tutte le anime, infatti, sono una cosa sola; e ognuna è una scintilla dell'anima originale, che è insita in tutte le anime allo stesso modo come la tua anima è compenetrata in tutte le tue membra. Può accadere che la tua mano si sbagli e ti colpisca. Ma prenderai tu forse allora un bastone e la castigherai per la sua mancanza di comprensione, accrescendo così il tuo dolore? Lo stesso si applica al tuo prossimo, che con te forma un'anima sola: se egli, per ignoranza, ti fa un torto e tu lo punisci, non fai che colpire te stesso». Ma quello insisteva: «Ma se vedo che un uomo è malvagio al cospetto di Dio, come potrò amarlo?». Gli rispose il Rabbi: «Ignori forse che l'anima primordiale scaturì dall'essenza di Dio e che l'anima di ogni uomo è una parte di lui? E non avrai allora pietà di quell'uomo, vedendo che una delle sue scintille si è smarrita ed è quasi spenta?».
Martin Buber
Luciana Alterini
...grandissimo! Ho intuito attraverso queste parole una grande verità, cioè che attraverso l'altro ci ricomponiamo, noi che siamo frammenti, noi che siamo pezzi scheggiati...
"Piuttosto penserei ad un angolo poco appariscente, ma significativo, dell'esistenza: agli sguardi che, nella confusione della strada, si colgono al volo tra due sconosciuti che avanzano con lo stesso passo; tra questi ci sono sguardi che, incontrandosi casualmente, rivelano l'una all'altra due nature dialogiche."
Martin Buber
Per chi sta nell'amore, e in esso guarda, gli uomini si liberano dal groviglio dell'ingranaggio; i buoni e i cattivi, i belli e i brutti, l'uno dopo l'altro diventano per lui reali, diventano un tu, cioè un essere liberato, fuori dal comune, unico ed esistente di fronte a lui.
Martin Buber, Dialogo, 1930
Ognuno di noi è chiuso in una corazza la cui funzione è quella di proteggerci dai segni. Ininterrottamente ci accadono segni, vivere significa essere appellati, occorrerebbe solo essere pronti, percepire. Ma per noi il rischio è troppo alto, tuoni minacciosi sembrano minacciarci di annientamento e, generazione dopo generazione, perfezioniamo un sistema di difesa. Tutta la nostra scienza ci rassicura: "Stai tranquillo, niente è rivolto a te, non si tratta di te, non ti si chiede niente, tutto è silenzioso, questo è, appunto, "il mondo". Ognuno di noi è chiuso in una corazza che presto, per via dell'abitudine, non avvertiamo più.
Martin Buber, Dialogo, 1930
"L’autentico dialogo
e quindi ogni reale compimento della relazione interumana
significa accettazione dell’alterità.
Se due uomini si comunicano reciprocamente le loro opinioni totalmente diverse su un oggetto, ciascuno nell'intento di convincere il proprio partner dell’esattezza del proprio modo di vedere, nel senso dell’essere uomo si tratta di vedere se ciascuno intende l’altro qual egli è quindi, con ogni volontà d’influsso, lo accoglie e lo attesta nel suo “questo-essere-uomo”, nel suo “essere-così-costituito”.
Martin Buber
Il rigore e la profondità dell’individuazione umana, l’elementare alterità dell’altro è presa poi non semplicemente come necessario punto di partenza per la conoscenza, ma accettato da soggetto a soggetto. Volontà d’influsso poi non significa volontà o aspirazione di cambiare l’altro, di inculcargli la mia propria “esattezza”, ma aspirazione a lasciar sorgere e sviluppare ciò che è conosciuto come esatto, come giusto, come vero che proprio perciò deve essere installato anche nell'altro e ciò proprio attraverso il mio influsso conformemente alla forma dell’individuazione.
A questa volontà è contrapposta la brama di utilizzazione da cui è posseduto “colui che propaganda” e “che suggerisce” nel suo rapporto con l’uomo come persiste nel suo rapporto alle cose e invero a cose con le quali egli non entrerà mai in relazione, anzi è zelante nel privarle del loro essere distanti e della loro autonomia.
L’umanità e il genere umano divengono in incontri autentici.
Qui l’uomo si apprende non semplicemente limitato dagli uomini, rimandato alla propria finitezza, parzialità, bisogno di integrazione, ma viene esaudito il proprio rapporto alla verità attraverso quello distinto, secondo l’individuazione, dell’altro, distinto per far sorgere e sviluppare un rapporto determinato alla stessa verità. Agli uomini è necessario e a essi concesso di attestarsi reciprocamente in autentici incontri nel loro essere individuale."
Maritn Buber
Uno scolaro domandò a Rabbi:
«Ci è comandato di amare il nostro prossimo come noi stessi. Come posso farlo se egli mi ha fatto un torto?». Il Rabbi rispose: «Devi comprendere queste parole nel loro giusto significato, che è: ama il prossimo tuo come qualcosa che tu stesso sei. Tutte le anime, infatti, sono una cosa sola; e ognuna è una scintilla dell'anima originale, che è insita in tutte le anime allo stesso modo come la tua anima è compenetrata in tutte le tue membra. Può accadere che la tua mano si sbagli e ti colpisca. Ma prenderai tu forse allora un bastone e la castigherai per la sua mancanza di comprensione, accrescendo così il tuo dolore? Lo stesso si applica al tuo prossimo, che con te forma un'anima sola: se egli, per ignoranza, ti fa un torto e tu lo punisci, non fai che colpire te stesso». Ma quello insisteva: «Ma se vedo che un uomo è malvagio al cospetto di Dio, come potrò amarlo?». Gli rispose il Rabbi: «Ignori forse che l'anima primordiale scaturì dall'essenza di Dio e che l'anima di ogni uomo è una parte di lui? E non avrai allora pietà di quell'uomo, vedendo che una delle sue scintille si è smarrita ed è quasi spenta?».
Martin Buber
...grandissimo! Ho intuito attraverso queste parole una grande verità, cioè che attraverso l'altro ci ricomponiamo, noi che siamo frammenti, noi che siamo pezzi scheggiati...
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