Noi non possiamo oggi prevedere quali forme politiche si preparino per il futuro: ma in un paese di piccola borghesia come l’Italia, e nel quale le ideologie piccolo borghesi sono andate contagiando anche le classi popolari cittadine, purtroppo è probabile che le nuove istituzioni che seguiranno al fascismo, per evoluzione lenta o per opera di violenza, e anche le più estreme e apparentemente rivoluzionarie fra esse, saranno riportate a riaffermare, in modi diversi, quelle ideologie; ricreeranno uno Stato altrettanto, e forse più, lontano dalla vita, idolatrico e astratto, perpetueranno e peggioreranno, sotto nuovi nomi e nuove bandiere, l’eterno fascismo italiano
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
"Noi non siamo cristiani", essi dicono, "Cristo si è fermato a Eboli". Cristiano vuol dire, nel loro linguaggio, uomo: e la frase proverbiale che ho sentito tante volte ripetere, nelle loro bocche non è forse nulla più che l'espressione di uno sconsolato complesso di inferiorità. Noi non siamo cristiani, non siamo uomini, non siamo considerati come uomini, ma bestie, bestie da soma, e ancora meno che le bestie, i fruschi, i frusculicchi, che vivono la loro libera vita diabolica o angelica, perché noi dobbiamo invece subire il mondo dei cristiani, che sono di là dall'orizzonte, e sopportarne il peso e il confronto. Ma la frase ha un senso molto più profondo, che, come sempre, nei modi simbolici, è quello letterale. Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l'anima individuale, né la speranza, né il legame tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia.
Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli
Il titolo dell’opera, già da solo, è esemplare nel comunicare il senso di ciò che vuol dire Carlo Levi. “Cristo si è fermato a Eboli”. Già, e di conseguenza i cristiani arrivano anch’essi fino ad Eboli.Forse solo coloro che hanno origini meridionali sanno che, in Campania come in Puglia e in tutto il meridione, c’è l’abitudine, per la forte religiosità della popolazione, a chiamare gli uomini “cristiani”.Di conseguenza tutto ciò vuol dire che, a sud di Eboli l’uomo non è più uomo, non è più il “cristiano”, è in una posizione addirittura inferiore alle bestie, le quali almeno vivono una vita libera e indipendente da quella dell’uomo civilizzato, mentre questi sventurati sono sfruttati e vessati dagli uomini della città, pagano le tasse, mandano soldati per le guerre, ma in cambio non ricevono niente,la presenza dello Stato è concepita solo in termini burocratici e simbolici. Il degrado dell’Italia meridionale non è soltanto degrado ambientale, fatto di luoghi tristi, cupi e desertici. È piuttosto arretratezza culturale e sociale, e qui si comprende benissimo come i problemi del Mezzogiorno non siano il ritardo nello sviluppo industriale o la cappa asfissiante e insopportabile della criminalità organizzata, questi sono solo gli effetti, le conseguenze; la causa è una sola, la mancanza di civiltà, intesa come coscienza di far parte di un sistema ben integrato e non abbandonato a se stesso come succede per il Sud, non un luogo in cui la presenza dello Stato si faccia sentire solo sotto forma di tasse, imposte, multe, sfratti e contrasto a quella microcriminalità tanto diffusa, ma che consente a tante persone di arrivare alla fine del mese, ma con la sua presenza sociale effettiva, con le scuole, con la sanità e soprattutto con il lavoro. Fino a quando mancheranno questi fattori essenziali, mancherà anche il progresso nel Meridione http://it.scribd.com/doc/105728687/Riassunto-Cristo-si-e-fermato-a-Eboli-di-Carlo-Levihttp://youtu.be/9kL6BR9ttdwCristo si fermato Eboli Arrivo di Carlo Levi in Lucania Film di Francesco Rosi del 1979, girato tra Matera, Craco, Aliano e Grassano. I protagonisti sono: GIAN MARIA VOLONTE'-Carlo Levi; [...] Carlo Levi e la Lucania. Carlo Levi, per la coerenza delle sue idee e l'assoluta unità delle sue diverse attività, è un esempio raro nella vita artistica e culturale del nostro paese. Nacque a Torino il 29 novembre 1902, dove trascorse l'adolescenza e la giovinezza; A SOLI 22 ANNI SI LAUREÒ IN MEDICINA, MA NON ESERCITÒ MAI LA PROFESSIONE PREFERENDO DEDICARSI ALL'ATTIVITÀ ARTISTICA (FU PITTORE E GIORNALISTA OLTRE CHE SCRITTORE) E A QUELLA POLITICA. ta. Il 3 Agosto 1935 Levi giunse in confino a Grassano, la sua prima destinazione fu presso l'albergo Prisco. Il 5 agosto, due giorni dopo essere arrivato a Grassano, Carlo scrisse alla madre: "il viaggio, malgrado la noia delle manette, è stato assai gradevole, per i luoghi a me ignoti e bellissimi che si traversano [...] Credevo che anche Grassano fosse un paese di montagna, e me lo figuravo tra boschi e salite impervie: invece è in cima a un colle a lentissimo declivio, sì che dall'alto non si apprezza il dislivello, che pure è assai forte, col fondo della valle [...] Le colline sono tutte coltivate a grano; pei campi lavorano le trebbiatrici e passano a cavallo i contadini per recarsi ai campi lontani. Non so ancora come potrò dipingere questo paesaggio così serio e grave, che è esattamente l'opposto della varietà colorata e felice di Alassio [...] E' una esperienza nuova, che non avrei mai fatto altrimenti; mi si rivela un mondo veramente ignoto, lontanissimo da quanto siamo soliti pensare e vedere, con altre abitudini, altri sentimenti e pensieri, altro aspetto delle cose, delle terre, degli alberi, delle case". Traslocato dalla locanda dei Prisco alla casa della famiglia Schiavone in via capo le Grotte al numero 19, Carlo ritrovò il gusto dei pennelli. Scrive alla sorella il 24 agosto: "Mia carissima Luisa, il tempo passa assai piacevole, adesso che mi sono alloggiato nella nuova casa, e mi son messo a dipingere. Ho già fatto due quadri: una natura morta, con peperoni, pannocchie di granturco e limoni, e un'altra, con due teste di pecora spellate e sanguinanti, comprate dal beccaio [...]" (Fondo Carte Famiglia Levi, Busta 22, f. 762). Durante il periodo di confino grassanese dipinse almeno settanta tele. Già il 30 agosto il prefetto di Matera propose al Ministero degli Interni il trasferimento di Levi ad Aliano, un comune più isolato della provincia di Matera; Grassano, vicina ad uno scalo ferroviario della linea Potenza-Taranto, non apparve adatta per un soggiorno di confino, permettendo un più facile arrivo di amici e l'arrivo di posta e bagagli che potevano sfuggire al controllo della censura; inoltre il Levi si era "messo in troppo evidente dimestichezza" con la popolazione locale. Il Ministero dispose il trasferimento di Levi ad Aliano nonostante che il Podestà di Grassano avesse inviato al questore di Matera una richiesta del Levi perché fosse concessa una breve proroga al trasferimento, per ragioni connesse con la sua attività artistica. La richiesta venne rigettata e il 18 settembre Levi si recò ad Aliano dove, escluse alcune brevi parentesi, avrebbe scontato il restante confino. Fu, però, rimesso in libertà l'anno successivo, il 20 maggio 1936, in occasione della proclamazione dell'Impero. Sei giorni più tardi ripartirà da Aliano alla volta di Torino. Morì a Roma il 4 gennaio 1975. Fu sepolto, per suo volere, ad Aliano in Lucania. Tratto da: http://www.lucaniamia.altervista.orgCristo si è fermato a Eboli: E-book:
http://lnx.polocorese.it/phpnuke/upload/ebook/Carlo-Levi-CRISTO-SI-E'-FERMATO-A-EBOLI.pdf
Cristo si è fermato a Eboli è un romanzo autobiografico di Carlo Levi [...] in cui viene raccontata l’esperienza del confino in Lucania per motivi politici subito dall’autore tra il 1935 e il 1936. Il protagonista, giunto nel paesino di Aliano (che nel libro prende il nome di Gagliano), deve confrontarsi con la profonda lontananza della campagna lucana dal mondo moderno e dallo sviluppo culturale e tecnologico della società: il titolo, modellato su un proverbio del luogo, identifica appunto la civiltà con "Cristo", e spiega che quest'ultimo si è fermato ad Eboli, parecchi chilometri più a nord di questo mondo arcaico. Si tratta di un confronto tra un giovane intellettuale, scrittore e pittore, esponente della buona borghesia torinese e coinvolto politicamente nella lotta al fascismo e vittima delle persecuzione del regime (Carlo Levi fa parte del movimento “Giustizia e libertà”, fondato nel 1928 da Carlo Rosselli), e una realtà contadina e rurale legata ancora a tradizioni pagane, superstizioni e stregonerie varie, e succube di una borghesia parassitaria, che vive sulle spalle di gran parte della popolazione locale, priva di qualsiasi strumento di ribellione e riscatto. Gli abitanti di Gagliano colpiscono subito la fantasia dello scrittore, che, mettendo a frutto la sua laurea in medicina, cerca di sollevare le difficili condizioni di vita dei contadini, falciati dalle malattie e dalla malaria. L'attenzione antropologica dell'autore per questa realtà così distante dal suo mondo di provenienza si mescola con la narrazione dei mesi di confino. Levi descrive le figure più emblematiche che incontra (dalla domestica Giulia, che svolge anche la professione di "strega", fino al parroco don Trajella e al "sanaporcelle", a metà strada tra un mago e un veterinario) e fissa anche alcuni caratteri di fondo della cosidetta "questione meridionale". Per il contadino lucano, infatti, lo Stato unitario è un'entità astratta e sconosciuta, spesso visto come un nemico terribile e incomprensibile, che impone la sua presenza e al quale bisogna solo rassegnarsi: [...] Lo Stato è più lontano del cielo, e più maligno, perché sta sempre dall'altra parte. Non importa quali siano le sue formule politiche, la sua struttura, i suoi programmi. I contadini non li capiscono [...] La sola possibile difesa, contro lo Stato e contro la propaganda, è la rassegnazione, la stessa cupa rassegnazione, senza speranza di paradiso, che curva le loro schiene sotto i mali della natura. Se il narratore è attratto dal mondo contadino, egli prova ribrezzo per i pochi rappresentanti della classe borghese, cui imputa le disastrate condizioni di vita del paese. Questi personaggi, spesso collusi col potere fascista, sono descritti in maniera caricaturale, insistendo sulle loro manie comportamentali o sulla loro miseria etica (“gentucola meschina, oziosa, capace solo di risentimenti squallidi e sorretta da una protervia occhiuta”, come spiega Vittorio Spinazzola in Letteratura e popolo borghese, p. 279). Al tempo stesso, il narratore ha modo di osservare con cura il mondo fisico di Gagliano, concentrandosi, con l'occhio del pittore di professione, sia sui tratti fisici dei personaggi popolari, sia sul paesaggio, aspro e selvatico, della campagna lucana (che Levi riproduce in molte sue tele del periodo). Per tutti questi motivi, Cristo si è fermato ad Eboli non è solo un romanzo autobiografico, ma anche un'attenta analisi storico-politica sul Meridione e sulle ragioni della sua cronica arretratezza[...]. Se per Italo Calvino il protagonista “è un uomo impegnato nella storia che viene a trovarsi nel cuore d’un Sud stregonesco, magico[...]” (“Galleria”, 3-6, 1967, pp. 237-40), l'intento di levi è quello di unire narrazione romanzesca e messaggio etico-politico da destinare all'italia appena uscita dalle devastazioni del secondo conflitto mondiale. Significativa è allora la conclusione del romanzo: Levi, sulla strada del ritorno dal confino grazie all'amnistia per il trionfo nella guerra d'Etiopia, riflette sulla sua esperienza come uomo e come cittadino (pp. 219-223): Tutti mi avevano chiesto notizie del mezzogiorno [...] Alcuni vedevano in esso un puro problema economico e tecnico, parlavano di opere pubbliche, di bonifiche, di necessaria industrializzazione, di colonizzazione interna, o si riferivano ai vecchi programmi socialisti, 'rifare l'Italia'. Altri non vi vedevano che una triste eredità storica, una tradizione di borbonica servitù che una democrazia liberale avrebbe un po' per volta eliminato. Altri sentenziavano non essere altro, il problema meridionale, che un caso particolare della oppressione capitalistica, che la dittatura del proletariato avrebbe senz'altro risolto. Altri ancora pensavano a una vera inferiorità di razza, e parlavano del sud come di un peso morto, per l'Italia del Nord[...]. Per tutti, lo Stato avrebbe potuto fare qualcosa, qualcosa di molto utile, benefico, e provvidenziale […] e mi avevano guardato con stupore quando io avevo detto che lo Stato, come essi lo intendevano, era invece l'ostacolo fondamentale a che si facesse qualunque cosa. Non può essere lo Stato, avevo detto, a risolvere la questione meridionale, per la ragione che quello che noi chiamiamo problema meridionale non è altro che il problema dello Stato. http://www.oilproject.org/lezione/personaggi-cristo-si-fermato-eboli-6619.html
Cristo si è fermato a Eboli:
Carlo Levi dopo essere ritornato dal confino in Lucania, trae alcune considerazioni sulla questione meridionale, la funzione dello Stato, il ruolo dei contadini. Con amarezza egli conclude che ogni cambiamento verrà neutralizzato dalla ideologia piccolo borghese predominante, capace di riproporre l'eterno fascismo italiano. Solo la rivoluzione dei contadini potrà creare la libera autodeterminazione dell'individuo in un suo giusto rapporto con lo Stato.
http://youtu.be/yzIn5RFcseY
giuseppe1715 2 anni fa:un paese di piccola borghesia come l'Italia, dove l'ideologia piccolo borghese è andata contagiando anche le classi popolari cittadine!
CRISTO SI È FERMATO A EBOLI (romanzo) Da Wikipedia, l'enciclopedia libera. Cristo si è fermato a Eboli Autore Carlo Levi Cristo si è fermato a Eboli è un ROMANZO AUTOBIOGRAFICO dello scrittore Carlo Levi scritto tra il dicembre del 1943 e il luglio del 1944[...]. Le analogie con la narrativa neorealista Nell'opera di Levi si possono sentire forti analogie con il filone di narrativa neorealista sia per la puntuale documentazione, sia per l'aspetto sociologico che essa presenta. Sotto il regime fascista, negli anni 1935-1936, LO SCRITTORE FU CONDANNATO AL CONFINO IN LUCANIA A CAUSA DELLA SUA ATTIVITÀ ANTIFASCISTA e dovette quindi trascorrere un lungo periodo in Basilicata, ad Aliano (che nel libro viene chiamata Gagliano imitando la pronuncia locale), dove EBBE MODO DI CONOSCERE LA REALTÀ DI QUELLE TERRE E DELLE LORO GENTI. Al ritorno del confino Levi, dopo aver trascorso un lungo periodo in Francia, SCRISSE IL ROMANZO NEL QUALE RIEVOCA IL PERIODO TRASCORSO A GAGLIANO E QUELLO PRECEDENTE A GRASSANO. Lo stesso Levi scrive nella sua prefazione: "Come in un viaggio al principio del tempo, Cristo si è fermato a Eboli racconta la scoperta di una diversa civiltà. È quella dei contadini del Mezzogiorno: fuori della Storia e della Ragione progressiva, antichissima sapienza e paziente dolore. Il libro tuttavia non è un diario; fu scritto molti anni dopo l'esperienza diretta da cui trasse origine, quando le impressioni reali non avevano più la prosastica urgenza del documento". Rocco Scotellaro ha scritto: "Cristo si è fermato a Eboli è il più appassionante e crudele memoriale dei nostri paesi. Arrivato a Gagliano egli viene "scaricato e consegnato al segretario comunale" e, dopo essere stato presentato al segretario comunale e al brigadiere, rimane solo in mezzo alla strada. Per Levi, il primo impatto è molto brusco: una prima occhiata lo convince che i tre anni di confino che avrebbe dovuto trascorrere in quel luogo sarebbero stati molto lunghi e oziosi e l'immagine del paese, così chiuso e sperduto, suggeriscono subito alla sua mente l'idea della morte. Dopo aver osservato il paese egli si avvia verso quello che sarà il suo primo alloggio indirizzato dal segretario, la cui cognata, rimasta vedova, ha in casa sua una camera che affitta ai rari viandanti di passaggio e vive a pochi passi dal municipio. Dalla vedova verrà in seguito a conoscenza di molte cose riguardo al luogo e alla gente che abita il paese. Durante la sua prima passeggiata in paese conosce il podestà don Luigi Magalone detto Luigino, e i due medici del paese, i dottori Gibilisco e Milillo, che, pur esercitando quella professione, non ne sono affatto validi rappresentanti. Non volendo mettersi in competizione con i due "medicaciucci", come venivano definiti in paese Milillo e Gibilisco, Levi si sentirà piuttosto angosciato ogni qualvolta gli verrà richiesta una consulenza medica, perché sente che l'ingenua fiducia di quei contadini che si affidano a lui "chiedeva un ricambio", ed egli poteva contare su una sufficiente preparazione di studi ma non aveva la pratica, e la sua mentalità era molto lontana da quella scientifica "fatta di freddezza e di distacco". Fra le persone che conosce nei giorni successivi ci sono don Giuseppe Trajella, il parroco del paese, ormai rassegnato al deciso odio dei paesani e agli atteggiamenti miscredenti e superstiziosi dei contadini, e donna Caterina Magalone, sorella del podestà. A spezzare la monotonia di quei lunghi giorni sarà l'arrivo di sua sorella Luisa, che lo incoraggia e lo consiglia, portandogli inoltre dei medicinali e alcuni strumenti per poter curare i contadini del luogo. Nella ricerca della solitudine, l'unico luogo che Carlo Levi trova è il cimitero, ubicato poco fuori dal paese. Qui egli è solito sdraiarsi sul fondo di una fossa per contemplare il cielo e lì finisce spesso per addormentarsi, con il suo cane Barone ai suoi piedi. Il cimitero è anche l'unico posto dove il paesaggio rompe la sua monotonia. È qui perciò che Levi prende l'abitudine di dipingere, spesso sorvegliato da un carabiniere mandato dal troppo prudente podestà. Dopo aver soggiornato per venti giorni a casa della vedova, egli si trasferisce ad abitare in una casa che era del precedente parroco di Gagliano, don Rocco Macioppi; in questo luogo Levi si trova a proprio agio, soprattutto grazie al fatto che la casa è situata nella parte esterna del paese, lontano dagli sguardi inquisitori del podestà. Si presenta il problema di trovare una donna per fare le pulizie, prendere l'acqua alla fontana e preparare da mangiare, e a questo proposito Levi dice: «Il problema era più difficile di quanto non credessi: e non perché mancassero donne a Gagliano, che anzi, a decine si sarebbero contese quel lavoro e quel guadagno. Ma io vivevo solo... e nessuna donna poteva perciò entrare, da sola, in casa mia. Lo impediva il costume, antichissimo e assoluto, che è fondamento del rapporto fra i sessi». Donna Caterina gli risolve il problema trovandogli come domestica Giulia, una delle tante "streghe" di Gagliano, ovvero una di quelle donne che avevano avuto molti figli da padri diversi e che praticavano delle specie di "riti magici".[...] Ormai l'inverno è alle porte, le giornate si accorciano e il clima peggiora. Con l'inverno giunge anche il Natale e con questo un fatto increscioso: il parroco, don Trajella, pronuncia la messa natalizia ubriaco, o fingendo di essere tale, simulando inoltre la perdita della predica e il ritrovamento "miracoloso" di una lettera spedita da parte di un contadino partito volontario per la guerra in Abissinia, contenente i saluti per tutto il paese. L'evento non suscita affatto l'approvazione del podestà Magalone, che fa successivamente in modo di cacciare il parroco. Un altro evento che suscita molto interesse nel paese è l'arrivo del sanaporcelle, erede dell'antica tradizione di famiglia di castrare le scrofe, togliendo le ovaie per farle ingrassare ancor di più. Arriva la fine dell'anno: «Così finì, in un momento indeterminabile, l'anno 1935, quest'anno fastidioso, pieno di noia legittima, e cominciò il 1936, identico al precedente, e a tutti quelli che sono venuti prima, e che verranno poi nel loro indifferente corso disumano. Cominciò con un segno funesto, una eclisse di sole» Verso aprile riceve un telegramma che gli annuncia la morte di un parente e la questura lo autorizza a recarsi, ben scortato, per pochi giorni, fino a Torino. Egli vede, in questa occasione, la città con occhi nuovi: guarda con distacco amici e parenti, rendendosi conto che la sua esperienza meridionale lo aveva cambiato profondamente sia nei modi di fare sia interiormente. Al suo ritorno in Lucania lo aspettano alcune novità, tra le quali la scomparsa di Giulia, la sua domestica, a causa della gelosia dell'attuale compagno di lei e l'arrivo del nuovo parroco, sostituto di don Trajella, allontanato a causa degli avvenimenti natalizi. Qualche tempo dopo, in mezzo all'euforia fascista per la conquista dell'Etiopia e al dispiacere dei contadini, Levi riceve la liberazione dal confino con due anni di anticipo e, con la descrizione del suo triste viaggio in treno, termina il romanzo. [...] (Firenze, dicembre 1943 - luglio 1944)http://it.wikipedia.org/wiki/Cristo_si_%C3%A8_fermato_a_Eboli_(romanzo)
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