domenica 15 gennaio 2012

R. Yates. Quando sto con te, ho l’impressione di sapere chi sono.



Quando sto con te, ho l’impressione di sapere chi sono.
Richard Yates


E' una malattia. La gente ha smesso di pensare, di provare emozioni, di interessarsi alle cose; nessuno che si appassioni o creda in qualcosa che non sia la sua piccola, dannata, comoda mediocrità.
Richard Yates, Revolutionary Road



Sul tavolo di Richard Yates, sopra le foto di figlie avute da donne diverse, sopra bottiglie e portacenere e pagine scritte e stracciate e riscritte, è stata appesa per anni questa frase:

«Gli americani sono sempre stati inconsciamente convinti 
che tutte le storie avranno un lieto fine».

Sono parole di Adlai Stevenson, la grande speranza democratica degli anni Cinquanta: candidato due volte alla presidenza e due volte sconfitto da Eisenhower, e infine superato da un concorrente dotato di carisma, gioventù e bellezza, John Fitzgerald Kennedy. La frase che Yates amava, quella su cui meditava scrivendo, è l’uscita di scena di un perdente: uno che avrebbe potuto cambiare le cose, ma non ce l’ha fatta, uno la cui storia non ha avuto nessun lieto fine.
http://www.minimaetmoralia.it/wp/paolo-cognetti-racconta-richard-yates/



 

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