martedì 17 gennaio 2012

Aristofane. Non puoi insegnare al granchio a camminare diritto.


Sostenete quelli che cercano di farvi sentire qualcosa di diverso e conservate i loro pensieri: riponeteli in cassapanca come le mele cotogne, così i vostri panni odoreranno di intelligenza tutto l’anno”
Aristofane, Le Vespe


Non puoi insegnare al granchio a camminare diritto.
Aristofane


Dopo aver inutilmente tentato di convincere gli uomini a cedere loro il potere perché è ormai l'unica cosa che non abbiano ancora provato, un gruppo di donne -attraverso raggiri, inganni e colpi di mano- riesce ad assumere il governo dello Stato. Una volta al potere, promulgano leggi rivoluzionarie in cui il godimento di tutte le proprietà diventa comune sotto la saggia amministrazione femminile. E questo vale anche per i rapporti sessuali: le donne potranno amoreggiare e far figli con chiunque esse desiderino. In quanto agli uomini, per poter accedere a una donna bella, dovranno prima accoppiarsi con una brutta, e nel caso vogliano introdursi nel letto di una giovane, dovranno prima dar prova di saper soddisfare pienamente una donna matura. La depressione maschile incombe... Un bel sogno? Un incubo? Uno scherzo? No, è la trama di "Le donne al parlamento" (Ecclesiazusai), graffiante e utopica commedia del geniale Aristofane, andata in scena per la prima volta ad Atene nel 341 a.C.




Lisistrata, colei che scioglie gli eserciti.
Atene, 411 a.C.
A quale genio, se non ad Aristofane (445 a.C. – 380 d.C.), poteva mai venire in mente una commedia dove si ricorre ad uno sciopero dell’Amore nel tentativo di fermare una guerra.
Sono passati due anni dal fallimento e dalla sconfitta subita dalla democrazia ateniese in Sicilia nel 413. Il partito oligarchico ha sospeso la costituzione democratica e messo lo Stato sotto la tutela di una giunta di trenta probuli, ossia commissari. La guerra del Peloponneso scoppiata nella primavera del 431 a.C. a causa della rivalità crescente tra Atene e Sparta, fu tra le guerre più lunghe e sanguinose, a cui parteciparono quasi tutte le popolazioni greche, portando morte e distruzione, non solo gli uomini ne pagarono tale prezzo, ma anche le donne come madri, mogli, figlie e sorelle dei combattenti. Questo conflitto segnò la fine dell’egemonia ateniese.
In questo clima, mentre il conflitto contro Sparta sembra non trovare tregua, la pungente satira del teatro greco è un’arma potente, idonea a stimolare il pensiero critico degli abitanti della polis. Particolare curioso, ad Atene in quegli anni, la sacerdotessa del tempio di Atena Poliade si chiamava Lisimaca, cioè “Colei che scioglie le guerre”, pressoché identico, nel suo significato, a Lisistrata. Forse proprio questa figura ispirò Aristofane portandolo a scrivere un dramma, che ancora oggi appare illuminante, dove il pacifismo dell’opera è assai evidente, oltre alla forza motrice del sesso, ritenuto dai Greci tanto potente da poter condurre alla soluzione di una guerra.

La vita sociale delle donne libere nell’Atene del V secolo, era fortemente limitata: esse non avevano accesso alle cariche pubbliche, né ad un’istruzione adeguata. I loro compiti principali erano in effetti quello di procreare (funzione estremamente importante in un tempo in cui le guerre con le città nemiche erano molto frequenti) e badare alle questioni domestiche, con o senza l’ausilio di schiavi. Passavano quindi la quasi totalità del loro tempo in casa e non erano mai presenti nei luoghi pubblici ateniesi, come l’agorà e il ginnasio. Non è chiaro, invece, se potessero assistere alle rappresentazioni teatrali. Diversamente per le donne di famiglie meno abbienti che avevano spesso la necessità di trovarsi un lavoro esterno come lavandaie, tessitrici, nutrici, se costituiva senz’altro un aggravio di fatica, poteva però essere un’occasione di maggiori relazioni sociali.
Dunque Lisistrata è pronta a sacrificare il proprio piacere e quello delle sue concittadine pur di convincere gli uomini alla pace duratura.
Riunisce in una assemblea tutte le donne di Atene, e di altre città, tra cui la spartana Lampitò, dicendo di essere finalmente riuscita a trovare un mezzo per porre fine a ciò che provoca loro tanto dolore e tanta solitudine: uno sciopero dell’amore, rifiutarsi dunque ai mariti, finché questi non concludano la pace.

Siamo noi a portare il peso della guerra, più del doppio. Partoriamo i nostri figli e li mandiamo a fare gli opliti. Quando avremmo potuto essere felici e goderci la nostra giovinezza, per colpa della guerra siamo costrette a dormire sole. E lasciamo anche perdere il nostro caso, ma io soffro al pensiero delle ragazze che invecchiano nelle loro camere”.

Lisistrata è una donna intelligente, passionaria e determinata a ottenere ciò che desidera, ma più che altro è una figura energica in grado di convincere le sue alleate a combattere una grande e faticosa battaglia.
Dopo le prime rimostranze, Lisistrata riesce a convincere le donne dell’impresa e insieme occupano l’Acropoli per bloccare l’accesso al tesoro (che serve a finanziare la guerra). Grazie alle donne più anziane che riescono a respingere un gruppo furioso e ostinato di vecchi, ma l’astuzia e la fermezza di Lisistrata hanno la meglio. 
Anche gli uomini desiderosissimi di amplessi, sfiniti e “con un grosso peso da portare”, convocano gli ambasciatori e alla fine concordano la pace con Lisistrata. 
La commedia si conclude con una grande festa di riconciliazione.

Tra i temi rappresentati da Aristofane ci sono chiaramente la guerra e la pace, temi questi che si ritrovano in molte delle sue commedie più famose.
Guerra presa questa volta dal punto di vista delle donne, non quindi rappresentata nella sua figura “distruttrice” ma come “privazione” di figli, mariti, della famiglia, della quotidianità, del corso naturale della vita, anche la pace non ha nulla di etico o morale ma solo di ristabilizzare il “modus vivendi”.
Ma la grandezza della commedia si rivela soprattutto nella figura rivoluzionaria della donna e del sesso.
Visto il posto che aveva la figura femminile nel mondo greco, le protagoniste di Lisistrata sono delle mirabili eccezioni letterarie: donne che prendono il comando, che rivendicano il loro ruolo nella società, nella politica, nella famiglia, nell’amministrazione del denaro:

Commissario: E che farete?
Lisistrata: E me lo chiedi? Lo amministreremo noi.
Commissario: Voi amministrerete il denaro?
Lisistrata: Che c’è di strano? Non siamo noi ad amministrare tutto il bilancio di famiglia?

Lisistrata è dunque un’opera di una modernità impressionante. 
Aristofane qui pone le donne sullo stesso piano degli uomini inneggiando all’eguaglianza. È un riscatto di genere, o meglio una vera e propria guerra tra i generi, animata dall’intenzione più nobile: ristabilire la quiete e la tranquillità. Il sesso è il vero punto focale di tutta l’opera, descritto dall’autore con tutta la sua forza e naturalezza, riconosciuto dagli uomini e ancora meglio dalle donne, viste per secoli come figure asessuate.

Le seguaci di Lisistrata, invece, hanno una completa vita sessuale, rivendicando anche lì il proprio ruolo e il proprio piacere. 
L’uomo non può godere se non gode anche la donna”.

La concretezza di questa commedia è la sua vicinanza alla realtà, antica come contemporanea, insita nell’arma che Lisistrata utilizza per vincere la sua battaglia: la libido, il desiderio sessuale

Lisistrata: […] Vi tirano i mariti: ma tu credi che non gli tiriamo? So che passano notti tremende. Belle mie, resistete pazientate ancora un po’ di tempo: che c’è una profezia propizia, se non ci scanniamo. E questa così dice. […] “Se le passere volano via in un solo lotto fuggendo i richiami, lungi dagli augelli finiranno i malanni e il dio degli ombrelli farà un quarantotto…”

Gli uomini dunque sembrano addirittura sminuiti nella parte finale, quando la protagonista pronuncia il suo discorso di riconciliazione, da grande oratrice e i personaggi maschili non fanno altro che ammirare estasiati il corpo della bella Lisistrata.

Addirittura si parla, senza inutili vergogne, dell’uso dell’olisbo, fallo artificiale.

Lisistrata: E non c’è rimasto neanche uno straccio d’amante. E da quando i Milesi ci hanno tradito non si vede più nemmeno l’olisbo lungo otto dita, il nostro sollievo di cuoio […]

Non mancano certamente scene divertenti come quella dove Mirrina finge di assecondare i desideri del marito ma per un motivo o per un altro non arriva mai all’atto, o dove sia gli spartani che gli ateniesi sono costretti ad indossare lunghi mantelli per nascondere la loro natura a dir poco troppo sacrificata, tutto condito con un linguaggio molto colorito ma che rende veramente l’opera di sublime genialità. L’aspetto sorprendete, oltre che il risvolto maggiormente esilarante, è quello di vedere come anche il desiderio femminile sia considerato potente e naturale. Le donne dimostrano così di essere utili allo Stato che, come e al pari degli uomini, hanno il diritto e il dovere di proteggere. 

Le congiuranti dunque hanno raggiunto il loro scopo. L’abilità che le donne quotidianamente sperimentano, ha fatto sì che l’aggrovigliato gomitolo della guerra è stato sciolto, tessendo la trama di una pace duratura, e dunque anche il sacrificio adesso può terminare.

Fonti:
Il teatro greco. Commedie – Guido Paduano Bur Rizzoli
Passi tratti da: Lisistrata Aristofane, Bur Rizzoli

 https://www.inchiostronero.it/filosofia-lisistrata-colei-che-sciolse-gli-eserciti/comment-page-1/




  I sentieri della filosofia

Nessun commento:

Posta un commento

Elenco blog personale