Dio non c'è. Puoi cavare le viscere a tua sorella, puoi limare il cranio d'una bambina fino a fare spiccinare il cervello, puoi cuocere il tuo migliore amico, cavare le unghie i denti gli occhi il fegato di tuo padre, puoi giacere – se ci riesci – con tutte le tue consanguinee e nemmeno la scriminatura si muoverà a quel lucido, correttissimo, urbanissimo niente che è Iddio.
Giorgio Manganelli, Ti ucciderò, mia capitale, Adelphi, 2011
Giorgio Manganelli, Il piacere di pagare le tasse.
Giorgio Manganelli, Ti ucciderò, mia capitale, Adelphi, 2011
Giorgio Manganelli, Il piacere di pagare le tasse.
Stamane ho pagato le tasse. Come ogni volta, ho avvertito un oscuro, profondo, incomprensibile piacere. Non avete capito male: pagare le tasse mi dà una gradevole, indubitabile eccitazione. Non lo nego: è una faccenda strana. Anomala. Stravagante. Ne ho parlato ad un mio amico psichiatra – ho molti, affettuosi, cauti e solleciti amici psichiatri – che mi ha guardato con un sorriso non privo di tenerezza.
Mi sono chiesto spesso: perché, vecchio idiota, ti fa piacere pagare le tasse? È del tutto chiaro che in questo compiacimento non v’è traccia di esibizionismo civico; non mi offro come modello, come esempio del buon cittadino, virtuoso come un antico spartano. Come tutti gli italiani degni di questo nome, io sono un cittadino mediocre, diciamo pure scadente. So di esserlo, sebbene non sappia dire esattamente in che modo si esprima codesta mediocrità. Lo sono globalmente, come uno è avvocato o padre di famiglia. Segni particolari, nessuno.
Credo che tutti gli italiani si sentano più o meno a questo modo. Se l’inglese è impeccabile, o lo era, se l’americano è espansivo, e il tedesco efficiente, l’italiano è colpevole. L’italiano non si stupisce se qualcuno viene arrestato, mai. Lo trova naturale. Solo silenziosamente si stupisce di non essere lui, l’arrestato. Qualcuno recentemente ha scritto che gli italiani dovrebbero fare tutti qualche mese di carcere. Suppongo che il proponente si considerasse estremamente paradossale. In realtà, interpretava l’inconscio collettivo italiano. Gli italiani, man mano che invecchiano, sempre più si rallegrano e stupiscono di non essere mai stati arrestati. Per l’italiano, il fatto di non essere in galera è semplicemente un segno che da noi lo Stato non funziona. E come potrebbe funzionare, avendo dei cittadini come lui? L’italiano libero è semplicemente un italiano che l’ha fatta franca.
Qualcuno mi dirà: ci stavi parlando delle tasse. È vero: ma non ho cambiato argomento. Personalmente, compiango l’evasore fiscale. Questa figura classica del «cattivo cittadino» evita l’unica forma di riscatto che lo stato gli offre. Se gli va bene, nel momento in cui evade il fisco ribadisce il suo italiano senso di colpa; si sentirà furbo e scadente. Se non gli riesce, sarà punito, e cadrà nella categoria risibile di coloro che non l’hanno fatta franca. Ho usato la parola «riscatto» a proposito: poiché gli italiani si sentono a piede libero, dunque in una condizione precaria e fragile, sanno di essere ricattabili; poiché non amano lo Stato, e lo Stato non li ama, gli sembra naturale che gli venga chiesto un riscatto, come fanno i sequestratori.
Forse questo è il segreto del piacere che mi dà pagare le tasse. Io pago, e lo Stato non mi getta in prigione. Vengo restituito a me stesso. Quando esco dalla banca, corro a prendere l’autobus con passo leggero. Sono un evaso con i documenti in regola. È meraviglioso.
Giorgio Manganelli, Il piacere di pagare le tasse,
Il messaggero 29 maggio 1986, ora in Mammifero italiano, Milano, Adelphi 2007, pp. 93-95
Audiolettura dell'articolo: Il piacere di pagare le tasse
http://www.elapsus.it/home1/index.php/blog/letteratura/audioletture/291-laltro-manganelli
L’italiano medio, scapolo, divorziato o con famiglia, che passi nelle vicinanze di una bandiera italiana, sgargiante nei suoi tre colori, è ammonito di tenere un contegno assolutamente inequivoco; potrà sorridere, ma con rispetto, nei confronti di detta bandiera, e non sguaiatamente, come può accadere di ammiccare ad un compagno di bevute e sconvenienze; gli si consiglia di levarsi il cappello, ma sempre come si usa con i superiori, non, ad esempio, con i condomini; in genere, può eseguire gesti allusivi a trepida devozione, incondizionato assenso, festosità e generico desiderio di morire in modo straziante per la medesima: tanto, egli lo sa, la sua famiglia resterà raccomandata alle cure di quella bandiera, che non dimentica i suoi figli migliori. Questo contegno non esito a giudicare saggio, prudente e, anche se ipocrita, da vero italiano. [...]
E, “amare la Patria”? In primo luogo, la ama veramente tutta?
Ad esempio, posto di fronte a viale Maino, a Milano, direbbe il Noschese
“Sì, io lo amo tutto, numeri pari e dispari”?
Ama anche la periferia nord di Foggia, le latrine di tutti indistintamente i ristoranti e le tavole calde dell'autostrada? Ama i parafulmini, le scritte “Non lordare”, e i gatti che non abbiano attraversato il confine? Se un gatto attraversa il confine per conto proprio, esso infatti cessa di far parte della Patria.
Mammifero italiano, a c. di M. Belpoliti, Adelphi, Milano 2007.
http://www.doppiozero.com/dossier/disunita-italiana/giorgio-manganelli-mammifero-italiano
parlando della domenica:
«è un giorno finito, in cui la vita si arresta, impigrisce come un fiume che si impaluda, un giorno in cui non si può spendere denaro se non in modo collettivo e inutile, in cui è obbligatorio divertirsi e quindi non ci si diverte?.»
Tasse I: «Stamane ho pagato le tasse. Come ogni volta ho avvertito un oscuro, profondo, incomprensibile piacere […] L’italiano è colpevole. L’italiano non si stupisce se qualcuno viene arrestato, mai. Lo trova naturale. Solo silenziosamente si stupisce di non essere lui, l’arrestato […].
«Quando esco dalla banca, co
[…] parlando di un congresso della vecchia DC, dice:
«La sala enorme è semivuota, Gui ha finito di parlare da poco, e le sedie appaiono sfinite; una poltroncina singhiozza in silenzio, consolata da tenere e pensose donne delle pulizie.. […]»
«Vedo una poltrona che si percuote lo schienale con i braccioli: pura disperazione.
Poi una voce femminile, acre e minatoria, domina la sala distratta.
Non mi stupirei che parlasse della fine del mondo. Sembra informata. Meglio uscire»
(curiosando a un’assemblea della DC in Democristiani).rro a prendere l’autobus con passo leggero.
Sono un evaso con i documenti in regola».
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