lunedì 17 ottobre 2016

Jean Amery, "Intellettuale ad Auschwitz". Con la prima percossa il detenuto si rende conto di essere abbandonato a se stesso: essa contiene quindi in nuce tutto ciò che accadrà in seguito. Dopo il primo colpo, la tortura e la morte in cella - eventi dei quali magari sapeva senza tuttavia che questo sapere possedesse vita autentica - sono presentite come possibilità reali, anzi come certezze. Sono autorizzati a darmi un pugno in faccia, avverte la vittima con confusa sorpresa, e con certezza altrettanto indistinta ne deduce: faranno di me ciò che vogliono. Fuori nessuno è informato e nessuno fa nulla per me. Chi volesse correre in mio soccorso, una moglie, una madre, un fratello o un amico, non potrebbe giungere sin qui.

Con la prima percossa il detenuto si rende conto di essere abbandonato a se stesso:                       essa contiene quindi in nuce tutto ciò che accadrà in seguito. 
Dopo il primo colpo, la tortura e la morte in cella - eventi dei quali magari sapeva senza tuttavia che questo sapere possedesse vita autentica - sono presentite come possibilità reali, anzi come certezze. Sono autorizzati a darmi un pugno in faccia, avverte la vittima con confusa sorpresa, e con certezza altrettanto indistinta ne deduce: faranno di me ciò che vogliono. Fuori nessuno è informato e nessuno fa nulla per me. Chi volesse correre in mio soccorso, una moglie, una madre, un fratello o un amico, non potrebbe giungere sin qui.
Jean Amery, "Intellettuale ad Auschwitz"

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