mercoledì 11 gennaio 2012

Giorgio Caproni. ...Il poeta è un minatore: va giù nelle viscere dell'io e, miracolosamente, torna alla superficie con poche, lucenti, pepite...


Per quanto tu ragioni, c'è sempre un topo - un fiore - a scombinare la logica.
Direi che tutto nel tuo ragionamento è perfetto, se non avessi davanti questo prato di trifoglio. E sarei anche d'accordo con te, se nella mente non mi bruciasse (se non mi bruciasse la mente - con dolcezza) quest'odore di tannino che viene dalla segheria sotto la pioggia: quest'odore di tronchi sbucciati (d'alba e d'alburno), e non ci fosse il fresco delle foglie bagnate come tanti lunghi occhi, e il persistente (ma sempre più sbiadito) blu della notte. 
Giorgio Caproni


Se ne dicono tante
Si dice, anche,
Che la morte è un trapasso
Certo: dal sangue al sasso.
Giorgio Caproni


Vi sono casi in cui accettare la solitudine può significare attingere Dio.
Ma v'è una stoica accettazione più nobile ancora: la solitudine senza Dio. Irrespirabile per i più.
Dura e incolore come un quarzo. Nera e trasparente (e tagliente) come l'ossidiana. L'allegria ch'essa può dare è indicibile. È l'adito - troncata netta ogni speranza - a tutte le libertà possibili. Compresa quella (la serpe che si morde la coda) di credere in Dio, pur sapendo - definitivamente - che Dio non c'è e non esiste.
Giorgio Caproni. Il franco cacciatore


Il poeta è un minatore: va giù nelle viscere dell'io e, miracolosamente, torna alla superficie con poche, lucenti, pepite...
Giorgio Caproni


Giorgio Caproni, Versicoli quasi ecologici.
Non uccidete il mare,
la libellula, il vento.
Non soffocate il lamento
(il canto!) del lamantino.
Il galagone, il pino:
anche di questo è fatto
l’uomo. E chi per profitto vile
fulmina un pesce, un fiume,
non fatelo cavaliere
del lavoro.
L’amore finisce dove finisce l’erba
e l’acqua muore. Dove
sparendo la foresta
e l’aria verde, chi resta
sospira nel sempre più vasto
paese guasto: Come
potrebbe tornare a essere bella,
scomparso l’uomo, la terra.
da “Res Amissa” (1991)


All’interno della lirica “Versicoli quasi ecologici” il poeta Caproni viene messo in evidenza il lato contadino a cui un tempo apparteneva l’essere umano. Lo stesso poeta, nel corso della sua vita, aveva avuto modo di conoscere direttamente (primi decenni del ‘900). In particolare si parla del rapporto tra natura e uomo. L’essere umano è portato allo sfruttamento della natura diventando irrispettoso dei possibili effetti. Per il poeta questo rapporto tra natura e essere umano è stravolto a causa proprio dell’uomo che non riconosce i suoi errori e gli effetti che causa dal proprio agire. Interessante notare come l'ultimo verso possa collegarsi al "dialogo di un folletto e di uno gnomo" dalle "Operette morali" di Giacomo Leopardi nel quale il poeta di Recanati immagina con magistrale ironia cosa ne sarebbe della terra una volta che l'uomo con la sua follia si fosse estinto.

Giorgio Caproni iniziò a scrivere poesie e sonetti mentre frequentava le scuole magistrali inviandoli a varie riviste genovesi. Studiò anche musica, poi dovette rinunciare, e fu per lui una decisione molto sofferta. Nei lavori preparatori della raccolta postuma “Res amissa” alcune poesie furono trascritte direttamente sui righi di uno spartito musicale. Nei suoi versi Caproni parlò di Genova, della madre, del linguaggio e di Livorno: i “Versi livornesi”, ad esempio, sono contenuti nel suo libro forse più popolare, “Il seme del piangere”. Ancora in vita, ricevette numerosi premi e riconoscimenti diventando uno dei maggiori poeti del Novecento italiano.



IL MAESTRO ELEMENTARE GIORGIO CAPRONI
Giorgio Caproni non è stato solo un poeta, è stato anche un maestro elementare straordinario e ironico.

Usava metodi singolari.
Si intratteneva spesso con i ragazzi anche dopo l’orario scolastico,
non era contento finché tutti non avessero capito.

Scriveva poesie con i suoi alunni oppure insegnava le divisioni attraverso una specie di filastrocca.
Chi terminava per primo un problema o una composizione d’italiano, veniva mandato a comperare un quotidiano e i canestrelli: con essi infatti venivano premiati il primo e l’ultimo degli scolari, quasi a sottolineare che ai suoi occhi avevano lo stesso merito.

"Chissà se oggi, in una scuola troppo spesso asservita a farraginose pratiche burocratiche, il maestro elementare Giorgio Caproni avrebbe modo di utilizzare la sua ironica leggerezza - scrive Giuseppe Grattacaso, insegnante e poeta -, così capace di suggerire grandi contenuti, il suo animo di violinista, la profonda umanità di chi crede che la scuola debba servire proprio a tutti per essere migliori, ma soprattutto a chi della scuola sembrerebbe non sapere che farsene..."
http://comune-info.net/2017/06/maestro-elementare-giorgio-caproni/







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