giovedì 26 luglio 2012

Antonio Tabucchi. Questo è il grande problema di coloro che sentono troppo e capiscono troppo: che potremmo essere tante cose, ma la vita è una sola e ci obbliga a essere solo una cosa, quella che gli altri pensano che noi siamo.

La filosofia sembra che si occupi solo della verità, ma forse dice solo fantasie, e la letteratura sembra che si occupi solo di fantasie, ma forse dice la verità.
Antonio Tabucchi


Che strano, pensaci un pò, mio padre studiava le vite vicinissime col microscopio, mio nonno cercava quelle lontanissime col canocchiale, entrambi con le lenti. Ma la vita si scopre a occhio nudo, né troppo lontana né troppo vicina, ad altezza d'uomo.
Antonio Tabucchi


E niente, sai, davvero niente basta,
nemmeno le ginestre che fioriscono
a maggio per chi sa vederle e che io guardavo senza vedere,
come di solito facciamo tutti, fino a cadere
nella nostalgia dell’irreversibile…
Antonio Tabucchi


Non è mica facile diventare eroi, un millimetro di là e sei un eroe, un millimetro di qua e sei un vigliacco, è un fatto di millimetri, lui era lì, fissava un fiore e il paesaggio di fronte a lui era la sua arena, avrebbe vinto il combattimento o se la sarebbe fatta sotto?.. a volte succede, stai per diventare un eroe e tutto finisce in merda...
Antonio Tabucchi

Un luogo non è mai solo 'quel' luogo.Quel luogo siamo un pò noi.
In qualche modo,senza saperlo ce lo portavamo dentro...e un giorno per caso ci siamo arrivati.
Antonio Tabucchi


Questo è il grande problema di coloro che sentono troppo e capiscono troppo:
che potremmo essere tante cose, ma la vita è una sola e ci obbliga a essere solo una cosa, quella che gli altri pensano che noi siamo.
Antonio Tabucchi

"Credere di essere" uno "che fa parte a sé, staccato dalla incommensurabile pluralità dei propri io, rappresenta un'illusione, peraltro ingenua, di un'unica anima di tradizione cristiana, il dottor Ribot e il dottor Janet vedono la personalità come una confederazione di varie anime, perché noi abbiamo varie anime dentro di noi, nevvero, una confederazione che si pone sotto il controllo di un io egemone. Il dottor Cardoso fece una piccola pausa e poi continuò: quella che viene chiamata la norma, o il nostro essere, o la normalità, è solo un risultato, non una premessa, e dipende dal controllo di un io egemone che si è imposto nella confederazione delle nostre anime; nel caso che sorga un altro io, più forte e più potente, codesto io spodesta l'io egemone e ne prende il posto, passando a dirigere la coorte delle anime, meglio la confederazione, e la preminenza si mantiene fino a quando non viene spodestato a sua volta da un altro io egemone, per un attacco diretto o per una paziente erosione.
Antonio Tabucchi. Sostiene Pereira.

Scriveva Tabucchi nell’Elogio alla letteratura che troverete nel primo capitolo:
«Si scrive perché si ha paura della morte? È possibile. O non si scrive piuttosto perché si ha paura di vivere? Anche questo è possibile. Si scrive perché si ha nostalgia dell’infanzia? Perché il tempo è passato troppo in fretta? Perché il tempo sta passando troppo in fretta e vorremmo fermarlo? Si scrive per rimpianto, perché avremmo voluto fare una certa cosa e non l’abbiamo fatta? Si scrive per rimorso, perché non avremmo dovuto fare quella certa cosa e invece l’abbiamo fatta? Si scrive perché si è qui ma si vorrebbe essere là? Si scrive perché si è andati là ma dopotutto era meglio se restavamo qui? Si scrive perché sarebbe davvero bello poter essere qui dove siamo arrivati e allo stesso tempo essere anche là dove ci trovavamo prima?...».
tratto dal primo capitolo Elogio della letteratura , del saggio di Antonio Tabucchi
«Di tutto resta un poco»


Smettila di frequentare il passato, cerca di frequentare il futuro! Hai bisogno di elaborare un lutto, hai bisogno di dire addio alla sua vita passata, hai bisogno di tornare a vivere nell'eternità del presente.
Antonio Tabucchi


Non si é adulti finché non si pensa all'infanzia con nostalgia, anche se é stata un'infanzia di sassi; allora essa appare come un pianeta perso nel tempo, irraggiungibile e ancora presente come una fotografia che ci ritrae, ma da cui siamo usciti irreversibilmente; e ci si accorge che essere adulti é solo avere disimparato a essere bambini.
Antonio Tabucchi, Il piccolo naviglio


La vita non è in ordine alfabetico come credete voi. Appare... un po' qua e un po' là, come meglio crede, sono briciole, il problema è raccoglierle dopo, è un mucchietto di sabbia, e qual è il granello che sostiene l'altro? A volte quello che sta sul cocuzzolo e sembra sorretto da tutto il mucchietto, è proprio lui che tiene insieme tutti gli altri, perché quel mucchietto non ubbidisce alle leggi della fisica, togli il granello che credevi non sorreggesse niente e crolla tutto, la sabbia scivola, si appiattisce e non ti resta altro che farci ghirigori col dito, degli andirivieni, sentieri che non portano da nessuna parte, e dai e dai, stai lì a tracciare andirivieni, ma dove sarà quel benedetto granello che teneva tutto insieme... e poi un giorno il dito si ferma da sé, non ce la fa più a fare ghirigori, sulla sabbia c'è un tracciato strano, un disegno senza logica e senza costrutto, e ti viene un sospetto, che il senso di tutta quella roba lì erano i ghirigori.
Che strano, pensaci un po', mio padre studiava le vite vicinissime col microscopio, mio nonno cercava quelle lontanissime col cannocchiale, entrambi con le lenti. Ma la vita si scopre a occhio nudo, né troppo lontana né troppo vicina, ad altezza d'uomo.
Antonio Tabucchi, Tristano muore


Hai visto com'è diventato il mondo, almeno il nostro?, dico dalla nostra parte, dove viviamo noi... è tutto grasso, oleoso, guardali, quelli che ti dicevo prima, i saccenti, sono pieni di umori che gli circolano sotto l'adipe... trigliceridi, è tutto colesterolo, invece io sono quasi un minerale, lo vedi?...le pietre, non dicono niente... io sono una pietra che parla, un sasso che sta sulla riva di un torrente, che sta lì buono buono e guarda l'acqua e dice, vai vai pure sorla acqua, scorri, scorri, chissà cosa ti credi, io me ne sto qui sulla riva, fermo come un sasso, perchè sono un sasso, fratello sasso."..
Antonio Tabucchi, Tristano muore


Ci sono giorni in cui la bellezza gelosa di questa città sembra svelarsi: nelle giornate terse, per esempio, di vento, quando una brezza che precede il libeccio spazza le strade schioccando come una vela tesa. Allora le case e i campanelli acquistano un nitore troppo reale, dai contorni troppo netti, come una fotografia contrastata, la luce e l'ombra si scontrano con prepotenza, senza coniugarsi, disegnando scacchiere nere e bianche di chiazze d'ombra e di barbagli, di vicoli e di piazzette.
Antonio Tabucchi, Il filo dell'orizzonte


«E ti direi anche che ti aspetto, anche se non si aspetta chi non può tornare».
Antonio Tabucchi, “Si sta facendo sempre più tardi”


Finestre: ciò di cui abbiamo bisogno, mi disse una volta un vecchio saggio in un paese lontano, la vastità del reale é incomprensibile, per capirlo bisogna rinchiuderlo in un rettangolo, la geometria si oppone al caos, per questo gli uomini hanno inventato le finestre che sono geometriche, e ogni geometria presuppone gli angoli retti. Sarà che la nostra vita é subordinata anch'essa agli angoli retti? Sai, quei difficili itinerari, fatti di segmenti, che tutti noi dobbiamo percorrere semplicemente per arrivare alla nostra fine. Forse, ma se una donna come me ci pensa da una terrazza spalancata sul Mar Egeo, in una sera come questa, capisce che tutto ciò che pensiamo, che viviamo, che abbiamo vissuto, che immaginiamo, che desideriamo, non può essere governato dalle geometrie. E che le finestre sono solo una pavida forma di geometria degli uomini che temono lo sguardo circolare, dove tutto entra senza senso e senza rimedio, come quando Talete guardava le stelle, che non entrano nel riquadro della finestra.
Antonio Tabucchi. Si sta facendo sempre più tardi



ti scrivo da un tempo rotto. Tutto è in frantumi, mia Cara, i frammenti sono volati da una parte all'altra e mi è impossibile raccoglierli se non in questo circolo forzato in cui continuo a girare fino alla nausea e all'idiozia, finché esso non si aprirà in un punto ignoto. Che però non sarà quello di un'altra vita, ma di questa. Perché non è dall'altra parte che ti sto parlando ma da questa, anche se essa appartiene insospettabilmente ad un'orbita diversa dalla tua. Se fosse il contrario sarebbe troppo facile uscirne: basterebbe vivere la vita che ci è concessa come se si vivesse in un'altra dimensione, cosa che pensatori anche sublimi hanno saputo risolvere in maniere artistiche spesso sublimi. No, il problema è assai diverso. E' che l'orbita è allo stesso tempo la stessa e un'altra, io vedo la tua e vi entro quando voglio, senza che tu possa fare lo stesso con la mia. Io ci sono senza che tu abbia bisogno di essere con me, né di saperlo, perché la tua orbita è unica e irripetibile, e invece la mia è sincronica con se stessa, e gira e gira all'infinito. E la beffa, come ti accennavo, consiste proprio in questo, che il momento dell'uscita avverrà solo nel mio Attuale, cioè in quello che io sto essendo senza esserlo: le dimensioni si sono invertite, ciò che era solo ricordo è diventato presente, e ciò che davvero sono o dovrei essere, il mio presunto ora, è diventato virtuale e lo scorgo da lontano come da un cannocchiale rovesciato, aspettando di rientrarvi all'ultimo momento, per quell'istante terminale in cui ci è dato di ripercorrere all'indietro tutta la nostra vita, che invece sono condannato a ripercorrere senza sosta. E in quell'istante concessomi avrò appena il tempo di annaspare nell'aria come un annegato, e poi: buonanotte. Sai, penso che nell'evadere da questo tempo ripetuto, che è una forma di perversa entropia, non si verificherà neppure una piccola esplosione, come quando nell'universo una massa di energia compressa esplode provocando una nuova stella. Altro che quello che affermava il filosofo matto, che si deve aggiungere ancora del caos dentro di noi per poter far nascere una stella danzante. Ma quale stella! Basterà solo un minuscolo foro, e tutta questa energia insensata se ne fuggirà come quando si buca il tubo del gas e... fssss... fssss..., tutto finirà in un attimo, in una modestissima bolla, un residuo, un niente fatto di niente, come una scorreggia del tempo. Perciò ti mando un saluto impossibile, come chi fa vani cenni da una sponda all'altra del fiume sapendo che non ci sono sponde, davvero, credimi, non ci sono sponde, c'è solo il fiume, prima non lo sapevamo, ma c'è solo il fiume, vorrei gridartelo: attenta, guarda che c'è solo il fiume!, ora lo so, che idioti, ci preoccupavamo tanto delle sponde e invece c'era solo il fiume. Ma è troppo tardi, a che serve dirtelo?
Antonio Tabucchi. Si sta facendo sempre più tardi



La chiave del quadro sta nella figura di fondo, è un gioco del rovescio. Forse sei troppo giovane per capire, alla tua età io non avrei capito, non avrei immaginato che la vita fosse come un gioco che giocavo nella mia infanzia a Buenos Aires, Pessoa è un genio perché ha capito che il risvolto delle cose, del reale e dell’Immaginario, la sua poesia è un juego del revés. Una persona è alla stessa finestra della sua infanzia, ma non è più la stessa persona e non è più la stessa finestra, perché il tempo cambia uomini e cose. La vita è un appuntamento, lo so di dire una banalità Monsieur, solo che noi non sappiamo mai il quando, il chi, il come e il dove. Un appuntamento e un viaggio, e poi nel grande viaggio si fanno dei viaggi, sono i nostri piccoli percorsi insignificanti sulla crosta di questo pianeta che a sua volta viaggia, ma verso dove?.....
E’ tutto un rebus. E poi sai com’è la vita, è come una tessitura, tutti i fili si intrecciano, è questo che un giorno vorrei capire, vorrei vedere tutto il disegno.
Antonio Tabucchi. Il gioco del rovescio

"E poi sapete com'è, succede che la parte che uno si assume diventa vera davvero, la vita è così brava a sclerotizzare le cose, e gli atteggiamenti diventano scelte".
Antonio Tabucchi



«Evocare» significa «richiamare alla memoria», è una parola che viene dal latino ex vocare, cioè «chiamare fuori»: ed è noto che la memoria passa attraverso le nostre attività sensoriali. La realtà, che noi percepiamo con i sensi ben prima che venga decifrata ed elaborata dalle nostre capacità intellettualie psicologiche, può ripresentarsi dopo anni grazie ai sensi che a suo tempo la percepirono: la vista, l'udito, il tatto, l'olfatto e il gusto. Evidentemente essa non si ripresenta in quanto «Principio di realtà», bensì attraverso il nostro «vissuto», per utilizzare un termine della psicoanalisi: vale a dire attraverso ciò che la digestione e la trasformazione che il nostro Io individuale ne ha fatto, cioè attraverso la nostra memoria individuale.
Antonio Tabucchi, Autobiografie altrui. Poetiche a posteriori.





Il caro Tabucchi ci rammenta (mirabilmente) che a presiedere a questa condizione di"magico rischiaramento" dell'evocazione, è chiamato il corpo,, le straordinarie e irrepitibil sensazioni che ha magazzinato e che ha saputo, e fermamente voluto, plasmare e organizzare in forma duratura. [...] Noi tutti, nessun escluso, siamo tessitori che lavoriamo sulla trama del nostro breve tempo. E verrà un giorno (sappiamo anche quando) (...) che passando all'altro lato della tela, contempleremo il quadro magnifico e grandioso che avremo tessuto nel tempo del nostro vivere, null'altro vedendo ... che la confusione dei fili aggrovigliati al ...rovescio. Questa mia considerazione nasce da una mia particolare (morbosa ?) esperienza di voler essere sempre presente negli ultimi istanti dell'ultimo sospirare del pensiero ultimo e finale sul letto di morte di molti cari (padre,madre,nonni, amici cari) ho raccolto le loro ultime "testimonianze finali" dalchè, ciò che ho voluto esporVi ...sopra,è il succo delle loro "VERITÀ FINALI"



Le parve di essere quel bambino che all'improvviso si ritrovava con un palloncino floscio tra le mani, qualcuno glielo aveva rubato, ma no, il palloncino c'era ancora, gli avevano soltanto sottratto l'aria che c'era dentro. Era dunque così, il tempo era aria e lei l'aveva lasciata esalare da un forellino minuscolo di cui non si era accorta? Ma dov'era il foro?, non riusciva a vederlo.
Antonio Tabucchi, Il tempo invecchia in fretta



   

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