mercoledì 7 novembre 2012

Benedetto Croce. La maggior parte dei professori hanno definitivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita. Da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il già pensato e doversi rimettere al lavoro. Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell’intelletto

La violenza non è forza ma debolezza, né mai può essere creatrice di cosa alcuna ma soltanto distruttrice. 
Benedetto Croce


La maggior parte dei professori hanno definitivamente corredato il loro cervello come una casa nella quale si conti di passare comodamente tutto il resto della vita. Da ogni minimo accenno di dubbio vi diventano nemici velenosissimi, presi da una folle paura di dover ripensare il già pensato e doversi rimettere al lavoro. Per salvare dalla morte le loro idee preferiscono consacrarsi, essi, alla morte dell’intelletto.
Benedetto Croce


Non abbiamo bisogno di chissà quali grandi cose o chissà quali grandi uomini. 
Abbiamo solo bisogno di più gente onesta.
Benedetto Croce


Strani questi italiani: sono così pignoli che in ogni problema cercano il pelo nell'uovo. E quando l'hanno trovato, gettano l'uovo e si mangiano il pelo.
Benedetto Croce



BORGES. «La poesia è sempre misteriosa, io credo».
SCIASCIA. «Lei, cosa pensa del saggio di Benedetto Croce su Dante?».
BORGES. «Non mi piace. È fra le cose più povere che abbia scritto Croce. A Croce non piaceva Dante, credo, gli piaceva Ariosto. Quando dice, per esempio, che quell'episodio sul ponticello doveva essere soppresso, credo commetta un errore. Mi sono sentito defraudato da quel saggio».
SCIASCIA. «È un saggio piuttosto sciocco, direi. Riduce la "Divina Commedia" a una specie di colabrodo, tutta buchi di non poesia. L'idea di Croce di poesia e non poesia non è un'idea molto sottile».
BORGES. «Questo vuol dire che Croce non capiva molte cose; era una persona molto intelligente, però c'erano cose che non capiva, anzi che non sentiva».
SCIASCIA. «Era un grand'uomo ottuso».
BORGES. «Non so, forse lui come italiano del sud sentiva meno...».
SCIASCIA. «Anch'io sono un italiano del sud però... Croce, come critico, non so cosa abbia capito; non ha capito Pirandello, non ha capito De Roberto, Dante lo ha ridotto a un colabrodo, Manzoni non andava; di Mallarmé pure non ha capito un gran che».
BORGES. «Però è simpatico Croce come persona, un grande...».
SCIASCIA. «Sì, è un grand'uomo. Per me era un grande storico locale, soprattutto come storico di Napoli è straordinario. Ma nella critica letteraria ha fatto più danni che la grandine».
BORGES. «Io però salvo lo stile di Croce. L’accento di Croce, la lezione di Croce, l’intonazione di Croce, la cadenza. Personalmente com’era? Lo ha conosciuto?».
SCIASCIA. «No, mai».
Leonardo Sciascia e Jorge Luis Borges all'Excelsior.






 

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