martedì 20 novembre 2012

Edmund Husserl. Guardiamo un pezzo di gesso; chiudiamo ed apriamo gli occhi. Abbiamo così due percezioni. Diciamo allora che VEDIAMO LO STESSO GESSO DUE VOLTE. ABBIAMO QUI CONTENUTI TEMPORALMENTE SEPARATI, AVVERTIAMO BENSÌ UNO STACCO, UNA SEPARAZIONE, FENOMENOLOGICA, TEMPORALE, MA NELL’OGGETTO NON C’È ALCUNA SEPARAZIONE, È SEMPRE LO STESSO: NELL’OGGETTO DURATA, NEL FENOMENO CAMBIAMENTO. Allo stesso modo, POSSIAMO SENTIRE SOGGETTIVAMENTE UNA SUCCESSIONE TEMPORALE LÀ DOVE, OBBIETTIVAMENTE, BISOGNA CONSTATARE UNA COESISTENZA.



Edmund Husserl. Sentire soggettivamente una successione temporale.
IL TEMPO OBBIETTIVO RIENTRA NEL CONTESTO DELL’OGGETTUALITÀ D’ESPERIENZA.
I dati di tempo <sentiti> non sono semplicemente sentiti, ma comportano altresì dei caratteri apprensionali cui competono, a loro volta, certe PRETESE E LEGITTIMAZIONI a commisurare l’un l’altro i tempi e i rapporti di tempo che, in base ai dati sentiti, appaiono, a imporre loro questo o quell’ordine obbiettivo, a SELEZIONARE SECONDO DETERMINATI CRITERI ORDINI REALI E ORDINI APPARENTI. Ciò che allora si costituisce come essere obbiettivamente valido è, in ultima analisi, quell’uno e infinito tempo obbiettivo in cui tutte le cose e gli eventi, i corpi e le loro proprietà fisiche, le anime e i loro stati psichici, hanno i loro posti temporali determinati e determinabili per mezzo di un CRONOMETRO.
Può darsi – ma la cosa in questa sede non ci riguarda – che la base ultima di tali DETERMINAZIONI OBBIETTIVE sia dovuta e constatazioni di differenze e relazioni tra i dati di tempo, o semplicemente a un’immediata adeguazione a tali dati. Ma non c’è dubbio che, per esempio, UN <SIMULTANEAMENTE> SENTITO NON È SIMULTANEITÀ OBBIETTIVA; eguaglianza sentita di distanze fenomenologico-temporali non è eguaglianza obbiettiva di distanze di tempo ecc.; l’assoluto dato di tempo, sentito, non è senz’altro l’esser-vissuto di un tempo obbiettivo (e questo vale anche per il dato assoluto dell’<ora>). Afferrare e afferrare in evidenza un contenuto, così come esso è vissuto, non significa afferrare una obbiettività in senso empirico, una realtà obbiettiva nel senso in cui si parla di cose, eventi, situazioni obbiettive, di posizione obbiettiva nello spazio e nel tempo, di forma spaziale e temporale obbiettivamente reale ecc.
Guardiamo un pezzo di gesso; chiudiamo ed apriamo gli occhi. Abbiamo così due percezioni. Diciamo allora che VEDIAMO LO STESSO GESSO DUE VOLTE. ABBIAMO QUI CONTENUTI TEMPORALMENTE SEPARATI, AVVERTIAMO BENSÌ UNO STACCO, UNA SEPARAZIONE, FENOMENOLOGICA, TEMPORALE, MA NELL’OGGETTO NON C’È ALCUNA SEPARAZIONE, È SEMPRE LO STESSO: NELL’OGGETTO DURATA, NEL FENOMENO CAMBIAMENTO. Allo stesso modo, POSSIAMO SENTIRE SOGGETTIVAMENTE UNA SUCCESSIONE TEMPORALE LÀ DOVE, OBBIETTIVAMENTE, BISOGNA CONSTATARE UNA COESISTENZA. Il contenuto vissuto viene <obbiettivato>, ed ecco che L’OGGETTO È COSTITUITO, NEL MODO DELL’APPRENSIONE, IN BASE AL MATERIALE DEI CONTENUTI VISSUTI. L’oggetto non è però la semplice somma o il complesso di questi <contenuti>, che non vi rientrano affatto, esso è più che un contenuto e, in certo modo, altra cosa. L’OBBIETTIVITÀ APPARTIENE ALL’<ESPERIENZA> E PRECISAMENTE ALL’UNITÀ DELL’ESPERIENZA, a quello che, IN BASE ALLE LEGGI DELL’ESPERIENZA, È IL CONTESTO DELLA NATURA. IN TERMINI FENOMENOLOGICI: NON È NEI CONTENUTI <PRIMARI> CHE SI COSTITUISCE L’OBBIETTIVITÀ, ma nei caratteri apprensionali e nelle legalità d’essenza ad essi inerenti. Sviscerare e comprendere tutto ciò è, appunto, il compito di una FENOMENOLOGIA DELLA CONOSCENZA.”
EDMUND HUSSERL, “Per una fenomenologia interna del tempo”, a cura di Rudolf Boehm, ed. it. a cura di Alfredo Marini, Franco Angeli, Milano 1985 (I ed. 1981), Parte I. ‘Le lezioni sulla coscienza interna del tempo dell'anno 1905’, § 1. ‘Messa fuori causa del tempo obbiettivo’, pp. 46 – 47.




“ Die objektive Zeit gehört in den Zusammenhang der Erfahrungsgegenständlichkeit. Die <empfundenen> Temporaldaten sind nicht bloß empfunden, sie sind auch mit Auffassungscharakteren behaftet, und zu diesen wiederum gehören gewisse Forderungen und Berechtigungen, die auf Grund der empfundenen Daten erscheinenden Zeiten und Zeitverhältnisse aneinander zu messen, so und so in objektive Ordnungen zu bringen, so und so scheinbar in wirkliche Ordnungen zu fondern. Was sich da als objektiv gültiges Sein konstituiert, ist schließlich die eine und endliche objektive Zeit, in welcher alle Dinge und Ereignisse, Körper mit ihren physischen Beschaffenheiten, Seelen mit ihren seelischen Zuständen ihre bestimmten Zeitstellen haben, die durch Chronometer bestimmbar find.
Es mag sein - hier haben wir darüber nicht zu urteilen – daß diese objektiven Bestimmungen letztlich ihren Anhalt besitzen an Konstatierungen von Unterscheiden und Verhältnissen der Temporaldaten oder in unmittelbarer
Adäquation an diese Temporaldaten selbst. Aber ohne weiteres ist z. B. Empfundenes <Zugleich> nicht objektive Gleichzeitigkeit, empfundene Gleichheit von phänomenologisch-temporalen Abständen nicht objektive Gleichheit von Zeitabständen usw., das empfundene absolute Zeitdatum nicht ohne weiteres Erlebtsein objektiver Zeit (auch für das absolute Datum des Jetzt gilt das). Erfassen und zwar evident Erfassen eines Inhalts, so wie er erlebt ist, das heißt noch nicht, eine Objektivität im eimpirischen Sinne erfassen, eine objektive Wirklichkeit in dem Sinne, in welchem von objektiven Dingen, Ereignissen, Verhältnissen, von objektiver Raumlage und Zeitlage, von objektiv wirklicher Raumgestalt und Zeitgestalt usw. Die Rede ist.
Blicken wir auf ein Stück Kreide hin; wir schließen und öffnen die Augen. Dann haben wir zwei Wahrnehmungen. Wir sagen dabei: wir sehen dieselbe Kreide zweimal. Wir haben dabei zeitlich getrennte Inhalte, wir erschauen auch ein phänomenologisches zeitliches Auseinander, eine Trennung, aber am Gegenstand ist keine Trennung, er ist derselbe: im Gegenstand Dauer, im Phänomen Wechsel. So können wir auch subjektiv ein zeitliches Nacheinander empfinden, wo objektiv eine Koexistenz festzustellen ist. Der erlebte Inhalt wir <objektiviert>, und nun ist das Objekt aus dem Material der erlebten Inhalte in der Weise der Auffassung konstituiert.
Der Gegenstand ist aber nicht bloß die Summe oder Komplexion dieser <Inhalte>, die in ihn garnicht eingehen, er ist mehr als Inhalt und anderes. Die Objektivität gehört zur <Erfahrung> und zwar zur Einheit der Erfahrung, zum erfahrungsgesetzlichen Zusammenhang der Natur. Phänomenologische gesprochen: die Objektivität konstituiert sich eben nicht in den <primären> Inhalten, sondern in den Auffassungscharakteren und in den zu dem Wesen dieser Charaktere gehörigen Gesetzmäßigkeiten. Das voll zu durchschauen und zum klaren Verständnis zu bringen, ist eben Erkenntnisphänomenologie.”
EDMUND HUSSERL, “Vorlesungen zur Phänomenologie des inneren Zeitbewußtfeins”, herausgegeben von Martin Heidegger, Sonderdruck aus: ‘Jahrbuch für Philosophie und phänomenologische Forschung’, Bd. IX
Herausgegeben von E. Husserl, Niemeyer Verlag, Halle 1928 (S. 367 – 490), Erster Teil ‘Die Vorlesungen über das innere Zeitbewußt. Sein aus dem Jahre 1905, § 1. ‘Hausschaltung der objektiven Zeit’, S. 371 – 373.

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