venerdì 14 settembre 2012

Grazia Deledda. Mutiamo tutti, da un giorno all'altro, per lente e inconsapevoli evoluzioni, vinti da quella legge ineluttabile del tempo che oggi finisce di cancellare ciò che ieri aveva scritto nelle misteriose tavole del cuore umano




Ho vissuto coi venti, coi boschi, con le montagne.
Ho mille volte appoggiato la testa ai tronchi degli alberi, alle pietre, alle rocce per ascoltare la voce delle foglie; ciò che dicevano gli uccelli, ciò che raccontava l'acqua corrente; ho ascoltato i canti e le musiche tradizionali e le fiabe e i discorsi del popolo, e così si è formata la mia arte, come una canzone od un motivo che sgorga spontaneo dalle labbra di un poeta primitivo."
Grazia Deledda,
Nobel letteratura nel 1926


Mutiamo tutti, da un giorno all'altro, per lente e inconsapevoli evoluzioni, vinti da quella legge ineluttabile del tempo che oggi finisce di cancellare ciò che ieri aveva scritto nelle misteriose tavole del cuore umano. 
Grazia Deledda,  Versi e prose giovanili


«E le mie padrone? Non s'accorgono?» «Loro? Sono come i santi di legno nelle chiese.
Guardano, ma non vedono: il male non esiste per loro.» 
Grazia Deledda, " Canne al vento"


"La luna saliva davanti a lui, e le voci della sera avvertivano l'uomo che la sua giornata era finita. Era il grido cadenzato del cuculo, il zirlio dei grilli precoci, qualche gemito d'uccello; era il sospiro delle canne e la voce sempre più chiara del fiume: ma era soprattutto un soffio, un ansito misterioso che pareva uscire dalla terra stessa."
Grazia Deledda, Canne al vento, 1913




Ma questo non gli destava più meraviglia; andare lontano, bisognava andare lontano, nelle altre terre, dove ci sono cose più grandi delle nostre.
Ed egli andava.
Chiuse gli occhi e si tirò il panno sulla testa. Ed ecco si trovò di nuovo sul muricciolo del poderetto: le canne mormoravano...
Grazia Deledda, Canne al vento


Siamo spagnoli, africani, fenici, cartaginesi, romani, arabi, pisani, bizantini, piemontesi.
Siamo le ginestre d'oro giallo che spiovono sui sentieri rocciosi come grandi lampade accese.
Siamo la solitudine selvaggia, il silenzio immenso e profondo, lo splendore del cielo, il bianco fiore del cisto. Siamo il regno ininterrotto del lentisco, delle onde che ruscellano i graniti antichi, della rosa canina, del vento, dell'immensità del mare. Siamo una terra antica di lunghi silenzi, di orizzonti ampi e puri, di piante fosche, di montagne bruciate dal sole e dalla vendetta.
Noi siamo sardi."
Grazia Deledda



Grazia Deledda, America e Sardigna
- O limbazu chi ammentas su romanu
durche faeddu de sa patria mea,
tristu comente cantu ‘e filumena
chi in sas rosas si dormit a manzanu,
- cola su mare, e cando in sa fiorida
America nche ses a tottus nara
chi s’isula ‘e Sardigna isettat galu
de esser iscoperta e connoschida…

- O linguaggio che ricordi il romano,
dolce favella de la patria mia,
triste come canto di Filomena
che fra le rose si addormenta in sul mattino,
- varca il mare, e quando ne la fiorita America sei,
di’ a tutti che l’isola di Sardegna
aspetta ancora di essere scoperta e conosciuta.
Grazia Deledda, America e Sardigna
















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