sabato 9 gennaio 2016

Raffaello. Scuola d'Atene. Platone ed Aristotele, in posizione centrale, al convergere delle linee di fuga, rappresentano i due principali poli di aggregazione delle altre figure. La filosofia è, in primis, un'impresa conoscitiva (conoscenza o meta-conoscenza), ἐπιστήμη, e, in subordine, istanza coordinatrice di valori, φρόνησις, etica: PLATONE reca in mano il TIMEO (che parla del mondo strutturato in caratteri matematici, secondo simmetria, ordine e proporzione) ed indica con un dito il cielo - la patria delle idee trascendenti, la struttura nascosta della realtà - mentre ARISTOTELE regge l'ETICA, stendendo il braccio destro con il palmo della mano verso terra, quasi a voler mantenere il contatto con la natura e "salvare" i fenomeni - quello che ci è più vicino. Ma si noti come egli guardi Platone proprio nell’indicare la sua istanza di fondo: i fenomeni sensibili si “salvano” solo se si comprende il metasensibile.

LA “SCUOLA D’ATENE” (1519)

1. RAFFAELLO, nel celebre affresco della “Stanza della segnatura" in Vaticano, sceglie di raggruppare idealmente filosofi di tutte le scuole di pensiero della Grecia antica, impegnati proprio in ciò che abitualmente fanno: leggere, dialogare, discutere, scrivere, dimostrare, interrogare, ascoltare, riflettere - sullo sfondo di uno splendido edificio classico, rappresentato in perfetta prospettiva, con un'apertura sul cielo luminoso.

2. Platone ed Aristotele, in posizione centrale, al convergere delle linee di fuga, rappresentano i due principali poli di aggregazione delle altre figure. La filosofia è, in primis, un'impresa conoscitiva (conoscenza o meta-conoscenza), ἐπιστήμη, e, in subordine, istanza coordinatrice di valori, φρόνησις, etica: PLATONE reca in mano il TIMEO (che parla del mondo strutturato in caratteri matematici, secondo simmetria, ordine e proporzione) ed indica con un dito il cielo - la patria delle idee trascendenti, la struttura nascosta della realtà - mentre ARISTOTELE regge l'ETICA, stendendo il braccio destro con il palmo della mano verso terra, quasi a voler mantenere il contatto con la natura e "salvare" i fenomeni - quello che ci è più vicino. Ma si noti come egli guardi Platone proprio nell’indicare la sua istanza di fondo: i fenomeni sensibili si “salvano” solo se si comprende il metasensibile.

3. L'Etica, che Aristotele reca in mano, contiene uno dei messaggi morali più significativi dell’antichità. Il bene più elevato che l’uomo desidera raggiungere consiste nella vita felice. Ma questa non si raggiunge mediante i beni materiali, le ricchezze e gli onori, bensì mediante l’ἀρετή, l'attuazione di ciò che è peculiare all’uomo: l’insieme delle virtù etiche del “giusto mezzo”, o “giusta misura", e delle virtù dianoetiche, che consistono nel perfetto realizzarsi delle più elevate capacità dell’anima: la saggezza (φρόνησις), il saper dirigere in modo razionale la vita dell'uomo per il raggiungimento dei fini; la sapienza (σοφία), la conoscenza dei principi supremi mediante l’intelletto riguardo alle cose umane e a quelle divine.

4. Aristotele fonda la filosofia come disciplina rigorosa della razionalità, facendo del λόγος uno strumento di incessante ricerca della verità, da perseguire attraverso l'osservazione dei fenomeni attorno a noi. Mentre Platone dà la preminenza alla matematica e alla geometria, Aristotele afferma il valore della ricerca concreta, dello sguardo rivolto senza distinzioni su ogni aspetto del reale: la conoscenza è parte essenziale della natura umana, a cominciare da quella che produce la vista offertaci dallo scenario del mondo. Il desiderio di comprensione e lo stupore sono fonte di domande continue; nessun aspetto della realtà è indegno di essere indagato:



"In tutte le realtà naturali vi è [infatti] qualcosa di meraviglioso. E come Eraclito, a quanto si racconta, parlò a quegli stranieri che desideravano rendergli visita, ma che una volta arrivati, ristavano vedendo che si scaldava presso la stufa della cucina (li invitò ad entrare senza esitare: "anche qui - disse - vi sono dei"), così occorre affrontare senza disgusto l'indagine su ognuno degli animali, giacché in tutti v'è qualcosa di naturale e di bello".
Aristotele, De partibus animalium, I 5


Ἐν πᾶσι [γὰρ] τοῖς φυσικοῖς ἔνεστί τι θαυμαστόν• καὶ καθάπερ Ἡράκλειτος λέγεται πρὸς τοὺς ξένους εἰπεῖν τοὺς βουλομένους ἐντυχεῖν αὐτῷ, οἳ ἐπειδὴ προσιόντες εἶδον αὐτὸν θερόμενον πρὸς τῷ ἰπνῷ ἔστησαν (ἐκέλευε γὰρ αὐτοὺς εἰσιέναι θαρροῦντας• εἶναι γὰρ καὶ ἐνταῦθα θεούς), οὕτω καὶ πρὸς τὴν ζήτησιν περὶ ἑκάστου τῶν ζῴων προσιέναι δεῖ μὴ δυσωπούμενον ὡς ἐν ἅπασιν ὄντος τινὸς φυσικοῦ καὶ καλοῦ. Arist., Περί Ζώιων Μορίων (De partibus animalium), I 5


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