Bernadette Roberts. "L'esperienza è questo, è qui"
"Imparai che, in assenza di movimenti, reazioni, risposte dall’interno, vale a dire dal sé, tutte le esperienze scivolano via come acqua da un sasso. Era come se fossi diventata un osservatore esterno degli aspetti relativi della vita, a cui partecipavo attraverso meccanismi condizionati, mentre partecipavo contemporaneamente all’inesplicabile realtà del fluire della vita, la vita vera. Sembra che, superato il sé, quando dentro non c’è nulla che risponda o s’impossessi dell’esperienza per darle un valore o un significato, la relatività delle nostre esperienze svanisca. Non essendoci nulla rispetto a cui possano relazionarsi, le esperienze perdono il loro aspetto relativo. È per questa ragione che, quando non c’è il sé, sembra che non ci siano neppure esperienze: nessun movimento, emozione, nessuna delle mille risposte di cui il sé è capace. Da questo momento in poi, tutte le esperienze sono di carattere non-relativo, nel senso che l’esperienza è questo, è qui, e non c’è nient’altro al di fuori".
Due precisazioni linguistiche: Bernadette Roberts usa il termine "sé" per indicare l'io psicologico, l'ego, il centro delle griglie interpretative, delle valutazioni, dei giudizi, delle aspettative, ecc. Inoltre, quando ella parla di "relatività" delle esperienze si riferisce al loro rapportarsi all'ego, al loro essere filtrate da esso.
Allora, con il tacere dell'io, l'esperienza viene a costituirsi come elemento di quella "inesplicabile realtà del fluire della vita, la vita vera". Non è più l'io al comando di controllo, ma si è in questo flusso nel quale non c'è più dualità, non c'è più un io che esperisce e l'esperienza stessa, ma una compatta unità in cui l'esperienza si rivela in quell'autentico e originario presentificarsi del qui e ora.
"Imparai che, in assenza di movimenti, reazioni, risposte dall’interno, vale a dire dal sé, tutte le esperienze scivolano via come acqua da un sasso. Era come se fossi diventata un osservatore esterno degli aspetti relativi della vita, a cui partecipavo attraverso meccanismi condizionati, mentre partecipavo contemporaneamente all’inesplicabile realtà del fluire della vita, la vita vera. Sembra che, superato il sé, quando dentro non c’è nulla che risponda o s’impossessi dell’esperienza per darle un valore o un significato, la relatività delle nostre esperienze svanisca. Non essendoci nulla rispetto a cui possano relazionarsi, le esperienze perdono il loro aspetto relativo. È per questa ragione che, quando non c’è il sé, sembra che non ci siano neppure esperienze: nessun movimento, emozione, nessuna delle mille risposte di cui il sé è capace. Da questo momento in poi, tutte le esperienze sono di carattere non-relativo, nel senso che l’esperienza è questo, è qui, e non c’è nient’altro al di fuori".
Due precisazioni linguistiche: Bernadette Roberts usa il termine "sé" per indicare l'io psicologico, l'ego, il centro delle griglie interpretative, delle valutazioni, dei giudizi, delle aspettative, ecc. Inoltre, quando ella parla di "relatività" delle esperienze si riferisce al loro rapportarsi all'ego, al loro essere filtrate da esso.
Allora, con il tacere dell'io, l'esperienza viene a costituirsi come elemento di quella "inesplicabile realtà del fluire della vita, la vita vera". Non è più l'io al comando di controllo, ma si è in questo flusso nel quale non c'è più dualità, non c'è più un io che esperisce e l'esperienza stessa, ma una compatta unità in cui l'esperienza si rivela in quell'autentico e originario presentificarsi del qui e ora.
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