sabato 25 agosto 2012

Andrea De Carlo. Non è uno scherzo lasciare qualcuno che fa parte della tua vita. È una specie di omicidio interiore, senza sangue in apparenza. Te lo porti dentro, e può tornare fuori in qualsiasi momento, sull’esca solo di un gesto o di una parola


"Non credo che ci siano leggi nei sentimenti", [...] ma è una specie di arco, no? Può essere tondo o basso o stretto e alto come una porta, e magari prima ancora che tu incontri qualcuno hai già dentro di te l'inizio di una curva e lo senti e non capisci cosa sia. Poi ci sei sopra e fino a un certo punto ti sembra di salire soltanto, e ti fermi e sei in alto e ti sembra che possa durare così per sempre e non ti rendi conto che stai già cominciando a scendere verso terra di nuovo".
Andrea De Carlo, Arcodamore

- Cosa ti manca?
- Le sensazioni che non provo.
Le cose che non faccio.
Le persone che non incontro.
Le vite che non ho.
È un mondo dove senza possedere delle cose,
o sognare di possederle, il senso della vita ti svanisce davanti agli occhi.
Andrea De Carlo, Giro di vento


Forse il problema è che lei non è una persona normale:
che è fondamentalmente una disadattata, con la testa piena di idee che non collimano mai con il mondo reale. E il mondo reale se ne accorge, e le manda una bastonata sulla testa appena può, per ricordarle chi è il più forte; oppure cerca di chiuderle qualche muro intorno, di bloccarle la porta quando lei avrebbe l'istinto di scappare fuori a respirare l'aria libera e guardare il cielo.
Andrea De Carlo, L'imperfetta meraviglia.


Non è mai stata una che fa piani a lunghissimo termine, e nemmeno a lungo; nemmeno a medio.
Si è sempre mossa sul breve periodo, con l’idea di lasciare spazio alle cose che succedono quando devono succedere, regolarsi di conseguenza. Ha sempre avuto un atteggiamento abbastanza fatalistico rispetto agli avvenimenti, e una tendenza a non sminuirli né ingigantirli in base a scale di importanza precostituite.
Andrea De Carlo, L'imperfetta meraviglia. Pag. 34


“«Cosa mi volevi chiedere?» Lei sente di nuovo la piccola onda di allarme salirle dentro.
Perché la meraviglia è imperfetta?» Lui la fissa, in attesa. Lei si chiede se dovrebbe cercare una risposta accurata, o cavarsela con una battuta; alla fine parla senza riflettere. «Perché non dura
Lui continua a scrutarla; il suo la; il suo sguardo è sconcertante per come sembra ricettivo, aperto, non compromesso da giudizi acquisiti. «Se ne va. Insieme allo stupore, la curiosità, l’attenzione millimetrica, il divertimento, il piacere, la gioia che conteneva.»
«Prendi un gelato buonissimo.» Lei si rende conto di avere uno sguardo simile al suo, di parlare in un tono simile, per una strana forma di contagio. «Un momento è così deliziosamente freddo, con il più incantevole equilibrio di sofficità e compattezza. Sei così felice di averlo tra le mani, di potertelo gustare. E un momento dopo è finito, basta. Non puoi neanche prenderne un secondo, perché sai benissimo che non sarebbe più la stessa cosa."
Andrea De Carlo, L'imperfetta meraviglia. Pag. 128






Siamo già stati troppo male insieme. 
E non era colpa sua, e forse nemmeno mia, 
forse è solo la vita che deteriora i sentimenti 
e li trasforma in trappola, per quanto uno ci possa stare attento.
Andrea De Carlo, Due di due.


Aveva questo modo di proteggere i suoi sentimenti sotto strati di cinismo e ironia:
a volte ci riusciva così bene da farli languire nell'ombra finché erano perduti.
Andrea De Carlo, Due di due.

A volte mi sembrava di essere a una distanza terribile dalla vita; di riuscire a sentirne solo echi e riverberi lontani: filtrati e adattati, doppiati e interpretati da altri prima di arrivare fino a me. 
A volte mi sembrava di essere in esilio, anche se non sapevo da dove, o da quando.
Andrea De Carlo, Due di due.

È come quando pensi a una parola e continui a pensarci finché non è altro che un suono. 
Solo che mi succede con la vita.
Andrea De Carlo, Due di due.


Ti sembra che una persona cambi da un momento all’altro, ma è solo che le hai sovrapposto un’immagine per farla corrispondere a come la vorresti… Ma le informazioni erano già tutte lì dall’inizio perfettamente leggibili se solo avessi voluto leggerle…
Andrea De Carlo, Due di due.

Abbiamo vent'anni, porca miseria, non possiamo continuare a immaginarci cose e accontentarci di tutt'altro solo perché ce l'abbiamo davanti!
Andrea De Carlo, Due di due.

È colpa di questa scuola se questo paese è così vecchio e deteriorato e fuori dal mondo.
Tutti i bastardi che ci governano e dirigono e insegnano sono venuti fuori da qui, sono cresciuti con questo schifo. Fa parte di loro, le citazioni latine e il parlare senza dire niente e la falsificazione sistematica e il doppio e triplo gioco. È incredibile quante cose potremmo imparare, se dedicassimo a interessi vivi il tempo che adesso buttiamo via per memorizzare relitti di dati in questo museo di cadaveri. Potremmo imparare quattro o cinque lingue con la stessa fatica, a dipingere, e a leggere la musica. Potremmo conoscere il mondo, imparare un mestiere.
Andrea de Carlo, Due di due


È che non bisognerebbe mai immaginarsi niente molto in dettaglio, perché l'immaginazione finisce per mangiarsi tutto il terreno su cui una cosa potrebbe succedere.
Andrea de Carlo, Due di due.


Ci facciamo del male in ogni modo possibile, e appena uno dei due accenna ad andarsene l’altro gli corre dietro come un povero masochista, non c’è verso che la cosa si risolva.
Andrea De Carlo, Due di due.


«Lo so come ti senti. E' come essere dietro un vetro, non puoi toccare niente di quello che vedi. Ho passato tre quarti della mia vita chiuso fuori, finché ho capito che l'unico modo è romperlo. E se hai paura di farti male, prova a immaginarti a immaginarti di essere già vecchio e quasi morto, pieno di rimpianti.»
Pag. 24


A volte veniva voglia di fare a pezzi gli oggetti, danneggiare lo scenario visto che il regista e gli attori si erano nascosti.
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 68


 Doveva essere nato allora il suo odio per i materiali e le forme innaturali, le gabbie architettoniche degli elementi. Secondo lui l'origine di quasi tutto l'orrore del mondo era nella civiltà industriale, che aveva brutalizzato lo spazio e distrutto i ritmi e gli equilibri complessi della vita per adattarli a quelli delle macchine.
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 79


Guido diceva che gli sembrava una riproduzione in scala delle lotte interne alla chiesa cristiana:
c'era lo stesso desiderio di monopolizzare l'ortodossia e fare proseliti e combattere gli eretici, emettere scomuniche e organizzare inquisizioni e crociate. Diceva "Questo paese è così spaventosamente cattolico, tutto quello che hanno fatto è stato cambiare i nomi".
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 93

Mi sembrava di essere vissuto solo di parole, in un paese di parole, dove quello che si dice conta molto più di quello che si fa, e adesso ne ero completamente saturo. Volevo costruirmi un'altra vita in base al tatto e all'olfatto e alla vista in un luogo di cui ero contento: usare i miei sensi, non dire più niente.
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 193

Non sono abbastanza distaccato dal mondo, o abbastanza contento. E non ho una famiglia, non ho nessun tipo di equilibrio fisso, non so ancora cosa voglio
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 212

Ogni donna era per Guido una chiave che gli permetteva di entrare in un'altra vita, sperimentarla nei suoi risvolti più intimi invece di immaginarsela dal di fuori. Era sicuro che le donne gli piacessero come persone, e lui evidentemente piaceva a loro, ma doveva essere l'ossessione per le infinite possibilità parallele a rendere senza fine la sua ricerca. Nascondi
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 227

Ero me stesso, a questo punto; avevo smesso di oscillare alla ricercadi un'immagine o una definizione.
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 242


Gli ho chiesto come andava con Laurie; lui ha detto "Ci facciamo del male in ogni modo possibile, e non appena uno dei due accenna ad andarsene l'altro gli corre dietro come un povero masochista, non c'è verso che la cosa si risolva."
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 251


In tutti questi anni mi ero abituato a girare intorno al punto di vista di Guido come una barchetta intorno a uno scoglio; l'idea che i nostri ruoli si potessero rovesciare mi riempiva di sgomento.
Andrea De Carlo, Due di due. Pag. 251




È questo che cercavo di dirti, non è uno scherzo lasciare qualcuno che fa parte della tua vita.
È una specie di omicidio interiore, senza sangue in apparenza.
Te lo porti dentro, e può tornare fuori in qualsiasi momento, sull’esca solo di un gesto o di una parola. Basta niente, e ti arriva addosso un’intera valanga di frasi e pensieri e abitudini e tempi e umori e luoghi, ti seppellisce nel giro di un secondo. E più omicidi interiori hai, più sei perseguitato, finché è quasi impossibile girarti da qualsiasi parte senza pericolo».
Andrea De Carlo,  Tecniche di seduzione, Pag. 160


Non sapevo quasi niente di lei, né avevo abbastanza elementi su cui costruire nessuna vera aspettativa, ma era proprio questo a interrompere la mia attenzione a metà discorso, riempirmi di un’ansia improvvisa che mi faceva saltare in piedi e andare a guardare fuori dalla prima finestra.
Andrea De Carlo,  Tecniche di seduzione.


“Le donne a volte hanno questa tendenza a intanarsi, l'idea di controllare il terreno le rassicura. Ma poi la loro tana è piena di oggetti ed echi di gesti e di telefonate e di pensieri passati, possono dissolvere in pochi minuti qualsiasi passione.”
Andrea De Carlo,  Tecniche di seduzione.


Andrea De Carlo,  Tecniche di seduzione.
«Mi sembra terribilmente innaturale rinunciare a una persona per averne un’altra.
È come se mi dicessero “Se vuoi un piatto di riso allora devi chiudere per tutta la vita con la pasta”.
È una specie di ricatto inaccettabile, dovuto a una cultura rozza e schematica, che tende a proporre modelli troppo semplici.» «E allora?», gli ho chiesto. Non volevo che divagasse, volevo sentire come aveva risolto le cose con la sua prima moglie. «Allora niente», ha detto lui. «Magari avrei continuato a esserci solo ogni tanto, e ricomparire una volta al mese, ma certo avrei continuato a considerare mia moglie parte del mio equilibrio. Lei forse non se ne rendeva conto, e in ogni caso non le bastava, per fortuna non è mai stata il tipo di donna che resta a casa ad aspettare. È una donna intelligente e ambiziosa quanto me, la pazienza le si è esaurita presto. Così mi ha cacciato di casa, una volta che sono tornato a Roma da Parigi con il mio spirito da Babbo Natale pieno di affetto e di regali ma che purtroppo ha la slitta che lo aspetta davanti a casa e deve andarsene quasi subito. Lei ha preso le mie cose e le ha ficcate in un paio di valigie e mi ha buttato in strada, letteralmente. Ho dovuto trovarmi un albergo. Ed è stata anche brava e coraggiosa, dal suo punto di vista, perché poi si è rimessa insieme una vita, è riuscita a occuparsi di se stessa e del bambino e lo ha fatto bene, con stile. Ma aveva torto. O per lo meno avevamo ragione tutti e due, che è peggio.»
Andrea De Carlo,  Tecniche di seduzione.

«Ti rendi conto che tendiamo sempre a parlare dei politici come se fossero un’armata di occupazione in un territorio innocente? Ma non è così, Roberto, sono stati eletti».
Andrea De Carlo, Tecniche di seduzione.

«E quando una passione si ritira, ogni volta ci sentiamo imbrogliati e presi in giro, ci sembra che la colpa sia tutta dell’altra persona che si è presentata come non era. Così investiamo una quantità enorme di energia a cercare di trasformarla con la forza e con la ragione in quello che ci eravamo immaginati, e quando vediamo che è inutile ci consumiamo in accuse e rimproveri e rinfacciamenti senza fine. Ma sono stati i nostri meccanismi interiori a imbrogliarci, non è colpa di nessuno».
Andrea De Carlo, Tecniche di seduzione.


E non credo si capisse che ne soffrivo:
avevo sviluppato una capacità di assorbire stridori senza reazioni apparenti
Andrea De Carlo


Non riesce a credere a quanto siano infantili i nostri impulsi di base:
inseguire quello che ci viene negato, scappare da quello che ci viene offerto.
Andrea De Carlo

«Aveva una specie di grafomania, anche: scriveva a matita sul legno fibroso del banco dove lo smalto era saltato a penna sui fogli a righe dei quaderni, a pennarello sulla tela militare della sua borsa per i libri. Scriveva rapido con la sua calligrafia inclinata: strofe di canzoni o frasi inventate o lette o sentite citare da qualcuno e sembrava che tutte avessero un riferimento con la nostra situazione.»
Andrea De Carlo


"Una passione si alimenta di quello che non sai di un'altra persona, molto più che di quello che sai.
Se non la conosci e hai qualche buon elemento di partenza ti puoi immaginare qualsiasi cosa. Sovrapponi le tue fantasie alle zone d'ombra, e se ci sono tante zone d'ombra hai ancora più spazio, puoi farci stare dei sogni interi" 
Andrea De Carlo 


Ti rendi conto di quanto ci rinchiudiamo fuori dalla vita, per comodità e per abitudine e per semplice mancanza di occasioni? Di come ci barrichiamo in un angolo, e ci sembra anche di stare bene?
Con i cuscini e le poltrone comode e il whisky di malto e i sonniferi per non pensarci?
E fuori intanto c’è la vita, e al più ci accontentiamo di immaginarcela, o di guardarla filtrata e imitata in un film o in un libro ogni tanto? La sfioriamo solo, e il tempo passa via mentre noi siamo lì barricati nei nostri soggiorni arredati con tanta cura.
Andrea De Carlo


“Non c'erano molte possibilità di non notarla, anche nella densità estrema dell'aria e nel rumore grattato e martellato ai timpani: aveva quest'aria luminosa, questa naturalezza leggera, questo profilo teso e intelligente quando si girava verso qualcuno dei suoi amici per ascoltare o dire qualcosa o sorridere in un modo così non-affatturato da farmi quasi male al cuore. La sua luce speciale sembrava trasmettersi come un fenomeno elettrico alle persone che le stavano intorno, attraversava lo spazio pieno di gente fino a me che la guardavo a occhiate intermittenti dalla parete opposta; e c'erano altri sguardi nella ressa confusa, non facevano che accentuare il mio senso di mancanza e di bisogno, consapevolezza intollerabile dei miei limiti”
Andrea De Carlo, Di noi tre.


Che poi basterebbe avere una specie di autolimitatore di pensieri per stare meglio.
Una specie di autolimitatore di sentimenti. Basterebbe non lasciarsi andare proprio a picco nella vita di un’altra persona, no?
Andrea De Carlo, Di noi tre.



Lo so come ti senti. E’ come essere dietro un vetro, non puoi toccare niente di quello che vedi.
Ho passato tre quarti della mia mia vita chiuso fuori, finchè ho capito che l'unico modo è romperlo.
Andrea De Carlo

L'essere matta e saggia.
Indipendente e bisognosa di protezione.
Infantile e matura.
Una donna di mondo e una zingara profuga.
Un'organizzatrice inarrestabile
e una che sa perdersi nello stare ferma.
Una che si aspetta da me delle cose e che non vuole niente.
Andrea De Carlo, Pura Vita.


Alcuni difetti ci arrivano dai cromosomi dei nostri genitori, altri li assorbi dall'ambiente, altri li sviluppi per conto tuo. Poi ci sono i difetti di compensazione, i difetti di reazione, i difetti di difesa, difetti che sono solo ombre di qualità e difetti che mettono qualsiasi qualità in ombra.
Andrea De Carlo, Pura vita.

"[...] è vero che tutti i miei difetti sono integrati, al punto che è difficile riuscire a isolarne uno e affrontarlo da solo."
"Però ci riesci, se vuoi."
"Quello che si può fare è dividerli in due categorie."
"Quali?"
"Difetti innati e difetti acquisiti."
"Vale a dire?"
"La pigrizia per esempio è un difetto innato."
"E un difetto acquisito?"
"Il desiderio di non deludere le aspettative degli altri, per esempio.
Ma in realtà se volessimo tentare una classificazione sistematica dei difetti, due categorie non basterebbero. Ce ne vorrebbero di più."
"Perché?"
"Perché alcuni difetti ti arrivano nei cromosomi dai tuoi genitori e altri li assorbi dall'ambiente, altri li sviluppi per conto tuo. Poi ci sono difetti di compensazione e difetti di reazione, difetti di difesa. Difetti che sono solo ombre di qualità, e difetti che mettono qualsiasi qualità in ombra." "E con le qualità è la stessa cosa?"
"Sì. Uno può ereditare delle qualità che non dipendono affatto da una sua ricerca o da una sua volontà applicata."
"Per esempio?"
"Uno può nascere con uno straordinario talento per la musica, per esempio. O per la danza, non so. Per l'equitazione, per il giardinaggio, per la medicina, per i giochi di carte."
"Per far ridere." "Per insegnare la matematica, per imitare la gente." "Per scalare le montagne."
"Si dice che sono doni, no? Perché in effetti ti arrivano in regalo, senza nessun tuo merito. Altri possono ammazzarsi di studi e di pratica e di attenzione e di intenzioni, e non ci arriveranno mai. Però un dono è una cosa diversa da una qualità."
"Le qualità si possono sviluppare?"
"Credo di sì. In parte, almeno. E' probabile che uno potrebbe diventare una persona infinitamente migliore di come è, se ci si applicasse con abbastanza intensità e costanza. Potrebbe diventare comprensivo e attento e gentile e generoso e affidabile. Un compagno straordinario e un padre meraviglioso e un amico incredibile, uno che contribuisce attivamente a migliorare il mondo."
"E in realtà?"
"Non ne vedo molti, in giro. Ma forse non vado nei posti giusti."
"Tu non hai mai provato a diventare una persona straordinaria?"
"Perché, non lo sono già?"
"Insomma."
"Grazie tante. Comunque ci ho provato, ci ho provato. Ma poi sono sempre arrivati i miei difetti a bloccarmi la strada e ricacciarmi indietro."
"E tu li hai lasciati fare?"
"Sì. Credo di avere sempre avuto un rapporto migliore con i miei difetti che con le mie qualità."
"E quali sarebbero i tuoi difetti ereditati?"
"Be', uno dovrebbe andare un po' indietro nelle generazioni, per essere sicuro. Ma già da quella subito prima riesci a capire qualcosa."
"Per esempio?"
"Per esempio mia madre è irrazionale e istintiva. Ha una forma di resistenza furiosa rispetto agli obblighi. Ha uno spirito di indipendenza che la può rendere del tutto insofferente. Ha un senso estetico affilato come una lama di rasoio, che tende a tradursi in giudizi implacabili sulle persone e su qualunque cosa legga o senta o veda. E' schiva come un animale selvatico."
"E tuo padre?"
"Ha un carattere incalzante e aggressivo. E' sempre proiettato verso qualche genere di sfida con il mondo. E' quasi totalmente privo di senso pratico, tranne per quello che riguarda il suo lavoro. Tende a rimuovere i sentimenti difficili e a razionalizzare tutto per difesa. Ha bisogno di conquistare le persone, di stupirle anche al di là delle loro aspettative."
"E ti hanno passato tutti i loro difetti?"
"Alcuni. Anche alcune delle loro qualità, per fortuna."
"Ma i difetti si sono sommati?"
"In parte sì. In parte si sono annullati tra loro. In parte coesistono nel modo più contraddittorio."
"Per esempio?"
"Per esempio sono pigro e anche incalzante. Sono schivo e anche seduttivo. Sono fortemente irrazionale e tendo a razionalizzare tutto per difendermi o per capire. La convivenza degli estremi, come diceva Pitagora. A volte mi fa arrivare a cortocircuiti pericolosi."
"Tipo?"
"Tipo conflitti violenti di impulsi."
"Ah."
"Adesso parliamo dei tuoi, di difetti."
"Non ne ho voglia."
"Ma avevamo deciso di fare questo gioco."
"Tu l'hai deciso."
"Sei sleale."
"Guarda! Un negozio gigante di animali!"
 "Non cambiare discorso."
"Fermiamoci a vederlo! Magari hanno anche dei cani! Solo due minuti!"
"Ma l'abbiamo già passato. E ci sono venti macchine dietro. Come faccio a girare?"
"Giri e torni indietro. Dài!"
Lui mette la freccia e blocca il traffico e gira, torna indietro fino al capannone con enormi disegni di cani e gatti e pesci e marchi di cibi in scatola sulla facciata. Lei ha gli occhi che le brillano; dice
"Se c'è un cane me lo prendi?".
"Sei matta? Quale cane?"
"Un cane. Se ce n'è uno carino."
"Non se ne parla neanche."
"Guardiamo prima di dirlo, scusa. Magari c'è un cucciolo stupendo, che piace anche a te."
"Io non ti prendo nessun cane. Diamo solo un'occhiata, altrimenti non entro neanche."
"Va bene. Solo un'occhiata."
Dentro camminano tra scaffali alti colmi di collari e guinzagli e museruole e scatole e sacchi di cibo e ossi di pelle di bufalo e acquari e alghe e ancorine e sirene di plastica e campanelli e topi finti e finti polli e cucce e ciotole, nell'odore di fosfati e gomma e farina acida. Non ci sono cani, gli unici animali vivi sono un paio di gatti persiani e canarini e cocorite in alcune gabbie. Lei è delusa, l'eccitazione di poco prima riassorbita in un'espressione neutra. Tornano fuori e risalgono in macchina senza dire niente, riprendono la strada attraverso il paesaggio costiero ingombro di altri capannoni e gruppi di edifici come onde anomale di cemento e vetro, salite sulla costa dal mare fermo e piatto poco più in là. [...] Ha sempre l'idea di essere su un confine sottile, quando parla con lei: non è mai sicuro di percepire in modo preciso la sua soglia di attenzione. Per esempio quando lei fa di sì con la testa e canticchia una canzoncina inventata a labbra chiuse, e non sembra neanche che i suoni vengano da lei. Eppure non è detto non lo ascolti; è solo la sua abitudine a percepire informazioni su più canali contemporaneamente. Questo lo spinge ad accorciare ogni frase il più possibile, comprimere nel minimo spazio la massima densità di significati. Ma non gli riesce sempre: a volte finisce col dire in modo sintetico cose superficiali, e subito dopo con l'andare a picco con frasi di piombo. A volte invece comunicano in modo puramente istintivo e senza il minimo sforzo, con osservazioni strappate e parole che li fanno ridere, sguardi da ladri, intuizioni simultanee. E' questo che gli piace, del tempo che passa con lei: la sintonia automatica, i circuiti percorsi alla velocità della luce, lo spirito che rimbalza come in uno specchio. [...] I suoi occhi color nocciola hanno una luce e un taglio quasi orientali, il suo sguardo è difficile da decifrare. Dice "Come facevano a non avere neanche un cane, in quel cavolo di magazzino?". Stanno zitti e bevono la loro acqua minerale e aspettano che le loro pizzette siano pronte, nel ronzio dei frigoriferi e delle lampade al neon e negli strappi ravvicinati del traffico appena fuori.
Andrea De Carlo, Pura vita.









A volte certa gente è peggio tenerla attorno, meglio allontanarle, 
si soffre all'inizio ma poi si torna a viver sempre, per fortuna




‎"omicidio interiore".. già




già....con la differenza che nell'omicidio il cadavere si polverizza col tempo..
nell'omicidio interiore resta li, ti blocca, ti perseguita, ti soffoca.













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