εγώ, Epicuro
Se vuole e non può è impotente, il che contrasta con la nozione di divinità.
Se può e non vuole è malvagia, e la divinità non può esserlo.
Se non vuole e può, è invidiosa ed impotente.
Se vuole e può (che è la sola cosa conforme alla sua esistenza),
donde viene l’esistenza dei mali e perché non la toglie?
Epicuro. La divinità e l’esistenza dei mali.
Appaiono più logiche le considerazioni semiserie attribuite da Lattanzio a Epicuro:
"O Dio desidera eliminare il male e non può,
o può e non vuole
oppure non ne è capace e non lo desidera,
oppure ne è capace e lo desidera.
Se vuole e non può egli é debole:
e la debolezza è in disaccordo con la natura di Dio,
se può e non vuole è invidioso: il che del pah e contrario a Dio.
Se né vuole e né può è invidioso e debole perciò non è Dio. Se vuole e può farlo, unico caso adeguato a Dio, da dove viene dunque resistenza dei mali? E perché non li elimina?".
Dio vorrebbe evitare il male, ma non ne è capace?
Allora non è onnipotente.
E' capace, ma non vuole farlo?
Allora è malevolo.
E' sia capace che volente di farlo?
Allora non si spiega da dove viene il male.
Non è capace o non è desideroso di farlo?
Allora non c'è motivo di chiamarlo Dio.
Mario Di Rosa
Il problema non è dio ma solo di chi lo ha inventato
risposta:
A tutt'oggi, una delle migliori dimostrazioni sulla contraddittorietà degli attributi divini.
EPICURO:
Il male esiste, quindi di due cose l’una, o Dio ne è a conoscenza o lo ignora:
Dio sa che il male esiste, può? sopprimerlo ma non vuole...un tale Dio sarebbe crudele e perverso, dunque inammissibile.
Dio sa che il male esiste, vuole sopprimerlo ma non può? farlo...un tale Dio sarebbe impotente, dunque inammissibile.
Dio non sa che il male esiste...una tale Dio sarebbe cieco ed ignorante, dunque inammissibile.
Nessuno sceglie un male capendo che è un male, ma ne resta intrappolato se, per sbaglio, lo considera un bene rispetto a un male maggiore.
Epicuro
Nessuno sceglie un male capendo che è un male, ma ne resta intrappolato se, per sbaglio, lo considera un bene rispetto a un male maggiore.
Epicuro
Pierre Hadot, "Esercizi spirituali e filosofia antica"
É vana la parola di un filosofo che non guarisce l'uomo che soffre.
Perché come a nulla vale la medicina se non scaccia la malattia dal corpo,
anche la filosofia a nulla serve se non elimina la sofferenza dalla mente.
(Epicuro)
Lou Marinoff, Le pillole di Aristotele
Per prima cosa, BISOGNA CHE SIA BEN CHIARO CIÒ CHE È AL FONDO DELLE PAROLE, perché sia possibile, facendovi riferimento, esprimere un giudizio sulle opinioni, sui problemi, sulle questioni dubbie, così che tutto non risulti confuso, protraendo all'infinito le nostre discussioni, e LE NOSTRE PAROLE NON SIANO PRIVE DI SENSO: È INFATTI NECESSARIO GUARDARE AL SIGNIFICATO PRIMARIO DI OGNI VOCABOLO, senza che sia richiesta ulteriore spiegazione, se è vero che dobbiamo avere un punto di riferimento per ogni problema o questione dubbia o opinione.
Epicuro
Dobbiamo indirizzare la nostra stima verso un uomo onesto e averlo sempre davanti agli occhi per vivere come se lui ci guardasse, e agire sempre come se ci vedesse.
Epicuro
Non bisogna sciupare quello che si ha con il desiderio delle cose che mancano,
ma riflettere sul fatto che anche ciò che si ha era prima oggetto del desiderio
Epicuro
EPICURO.
"PER EPICURO LA FILOSOFIA HA IN PRIMO LUOGO UNA FUNZIONE TERAPEUTICA : “VANA È LA PAROLA DEL FILOSOFO SE NON ALLEVIA QUALCHE SOFFERENZA UMANA”, egli diceva . Una delle metafore da lui preferite per indicare l’obiettivo della vita filosofica é il galhnismo, la QUIETE DEL MARE DOPO LA TEMPESTA, ma QUESTA SITUAZIONE DI QUIETE É MINACCIATA E IMPEDITA DALLE CREDENZE INFONDATE CHE SOVENTE SI GENERANO IN NOI E PROCURANO ANSIE E TIMORI: l’uomo che vive con animo sereno é paragonato a coloro che, al sicuro sulla terraferma , osservano distaccati il mare in tempesta, l’ altrui pericolo. LA FILOSOFIA DEVE DUNQUE LIBERARCI DA QUESTE CREDENZE E CONDURCI IN UN PORTO SICURO SENZA TURBAMENTI. A tale scopo essa deve preliminarmente mostrare che cosa si può realmente conoscere e come lo si può conoscere . La filosofia si articola pertanto in tre parti: dottrina della conoscenza , fisica ed etica. La dottrina epicurea della conoscenza, o canonica , ravvisa il punto di partenza e il criterio, o canone, del conoscere nelle percezioni sensibili, le quali sono prodotte da qualcosa di esterno o interno a noi . LE SENSAZIONI SONO SEMPRE VERE , NON INGANNANO MAI SULLA RAPPRESENTAZIONE SENSIBILE DELL’OGGETTO , MA NON TUTTE SONO EGUALMENTE EVIDENTI. Soltanto quelle evidenti sono testimonianze attendibili sulla realtà oggettiva; le altre, invece, attendono conferma dalle prime. Il ripetersi di rappresentazioni sensibili evidenti e simili tra loro dà luogo ai concetti generali o prolessi, termine che significa letteralmente anticipazioni. Tali concetti (per esempio il concetto di uomo o di cavallo ) consentono , infatti , di conoscere in anticipo, in base alle sensazioni già avute dai singoli oggetti, che cosa li contraddistingue . E così , vedendo un certo oggetto , in base a queste anticipazioni , sarà possibile riconoscerlo e dire : questo oggetto che ora percepisco , presentando un certo insieme di proprietà già conosciute mediante un determinato concetto o anticipazione , é un cavallo o un uomo e così via . L’esperienza si genera , infatti , dalla conservazione nella memoria di tali concetti . L’errore nasce , invece , quando le parole che usiamo significano concetti che non corrispondono all’oggetto , e ciò deriva da quello che l’opinione aggiunge alla sensazione . Ciò può dipendere dall’ambiguità delle parole o dalla confusione tra rappresentazioni evidenti e non evidenti . Le rappresentazioni evidenti sono il canone , o criterio , che consente di testimoniare a favore o contro i giudizi che mediante i concetti ci formiamo sugli oggetti . La conferma meno forte é data dall’assenza di una attestazione contraria : per esempio , la proposizione che gli uomini sono mortali riceve una conferma di questo genere dal fatto che la nostra esperienza non ci attesta alcuna eccezione rispetto ad essa . La percezione e i concetti sono collegabili tra di loro in modo da dar luogo a inferenze , che permettono di risalire da ciò che é chiaro a ciò che non lo é : questo punto é di estrema importanza per costruire i capisaldi della dottrina fisica".
http://iii.magarelli.net/2012/epicuro/
EPICURO CREDEVA CHE L’ATARASSIA FOSSE LA VIA PER RAGGIUNGERE IL PIACERE
(Cit. “non alludiamo ai piaceri dei dissoluti o a quelli dell’ebbrezza, …, ma al non aver dolore nel corpo né turbamento dell’anima”). Partendo da una accurata e oggettiva conoscenza del mondo, e soprattutto dallo studio delle scienze naturali, EGLI MIRA ALLA SEMPLICE ELIMINAZIONE DI TUTTI I POSSIBILI TURBAMENTI. L’uomo epicureo deve limitarsi a provvedere ai propri bisogni naturali (mangiare, dormire), a soddisfare qualunque eventuale desiderio umano non necessario […]. NON C’È MORALE CHE TENGA (se gli dei esistono, sono in una condizione di beatitudine e non si curano delle vicende umane e del nostro comportamento: noi siamo totalmente liberi di vivere come vogliamo!), e NON C’È PAURA A FRENARCI (i dolori non sono che passeggeri, e IL TIMORE PER LA MORTE È ASSOLUTAMENTE INFONDATO, DAL MOMENTO CHE NON LA POSSIAMO PROVARE – QUANDO LEI È ARRIVATA NOI NON CI SIAMO PIÙ).
Pubblicato il marzo 31, 2012 da ippaso
Per mio conto io non so concepire che cosa sia il bene, se prescindo dai piaceri del gusto, dai piaceri dell'amore, dai piaceri dell' udito, da quelli che derivano dalle belle immagini percepite dagli occhi e in generale da tutti i piaceri che gli uomini hanno dai sensi. Non è vero che solo la gioia della mente è un bene, giacchè la mente si rallegra nella speranza dei piaceri sensibili nel cui godimento la natura umana può liberarsi dal dolore.
Epicuro
Spesso Epicuro è stato accusato di EMPIETÀ, per via della promiscuità del giardino-scuola nel quale insegnava (erano ammessi perfino schiavi e donne!) e per via del suo PENSIERO LIBERTINO (come spiegato, invitava a soddisfare qualunque desiderio, non esistendo una morale divina). Allo stesso tempo altri pensatori ne han sottolineato lo stile di vita molto parco (sulla barra destra del blog ho una citazione di Epicuro molto eloquente: “Mandami un pentolino di formaggio, perché io possa far baldoria quando ne ho voglia”). Nietzsche immaginava la scuola epicurea come “Un giardino, fichi, piccoli formaggi e insieme tre o quattro buoni amici”. Insomma, L’EPICUREO È UN UOMO PRIVO DI FRENI MORALI E PSICOLOGICI, teoricamente molto aperto alle esperienze più sfrenate, ma IN PRATICA MOLTO TRANQUILLO E MISURATO. EVITA OGNI FASTIDIO O COMPLICAZIONE, SCANSA LE SITUAZIONI CHE POSSAN CAUSARGLI QUALCHE NOIA o anche solo farlo oscillare dal suo centro gravitazionale, NON SI INTROMETTE NELLE FACCENDE PUBBLICHE (POLITICA E EPICUREISMO NON SONO CONCILIABILI), non si pone obiettivi sociali e non vive al ritmo della comunità. A proposito di questa apparente contraddizione tra teoria e pratica, ho apprezzato molto il professore che scrisse che “Epicuro era un libertino non dedito al libertinaggio”.
Ad oggi gli epicurei sono esseri essenzialmente rari e schivi, o comunque difficili da riconoscere. LA NOSTRA SOCIETÀ SI BASA MOLTO SULLA CONDIVISIONE DEL PIANO MORALE E SOCIALE E SULLA COSTRUZIONE DI OBIETTIVI BORGHESI (il pezzo di carta, la famiglia, il posto fisso e magari una lenta scalata più per anzianità che per meriti, un appartamento o meglio ancora una villetta a schiera, …). Ecco, in questa attuale situazione, potete capire come l’epicureo viva ai margini, convinto che tutto ciò porti all’insicurezza e a una infelicità sfrenata.
Termino il post con le parole di chiusura della lettera che Epicuro scrisse a Meneceo:
Medita dunque queste cose e quelle dello stesso genere giorno e notte, in te stesso e con chi è simile a te, e non avrai mai turbamento né nel sonno, né da sveglio, ma vivrai come un dio fra gli uomini: perché in nulla è simile a un mortale un uomo che viva fra beni immortali".
http://palealvento.wordpress.com/2012/03/31/%CE%B5%CE%B3%CF%8E-epicuro/
Epicuro; scrive: "Pensa alla morte." Oppure, se così il senso è più chiaro: "È COSA EGREGIA IMPARARE A MORIRE." FORSE RITIENI SUPERFLUO IMPARARE UNA COSA DI CUI DOBBIAMO SERVIRCI UNA VOLTA SOLA. Proprio per questo motivo si deve pensare alla morte: bisogna sempre imparare ciò che non possiamo esser certi di conoscere bene. "Pensa alla morte": chi dice queste parole ci esorta a RIFLETTERE SULLA LIBERTÀ. Chi ha imparato a morire, ha disimparato a essere schiavo: è superiore a ogni umana potenza o, almeno, ne è al di fuori. CHE GLI IMPORTA DEL CARCERE, DELLE GUARDIE, DELLE CATENE? HA SEMPRE LA PORTA APERTA. UNA SOLA È LA CATENA CHE CI VINCOLA, L'AMORE PER LA VITA: non dobbiamo soffocarlo, ma ridurlo, così che, SE LE CIRCOSTANZE LO RICHIEDONO, NIENTE CI TRATTENGA, né ci impedisca di essere pronti a compiere subito un passo che presto o tardi bisogna compiere.
Seneca
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