Terremoto, si sa, vuol dire scuotimento della terra, ma anche terrore ha lo stesso significato.
Dal latino terreo, che letteramente significa faccio tremare, terrore e pure l’aggettivo terribile, a mio giudizio, hanno in comune con terremoto la radice terra. Io credo, infatti, che fin dall’antichità ciò che faceva più paura agli uomini, proprio per la sua imprevedibilità e l’impossibilità di porvi rimedio, era il terremoto.
Pensate, ad esempio, agli sconvolgimenti naturali cui dovettero assistere gli esseri umani con la fine dell’ultima glaciazione: inondazioni, slittamenti della crosta terrestre e definitiva separazione dei continenti. La terra, che si muoveva continuamente sotto i piedi dei nostri antenati, era uno spettacolo terribile che li terrorizzava.
Ma fate caso ad altre parole che utilizziamo per descrivere le nostre paure, le nostre angosce.
Di una persona che ha subito un trauma si suole dire che è molto scossa, ovvero che ha subito uno schock (più propriamente choc, attesa l’origine francese della parola) che vuol dire urto violento. E che cos’è il terremoto se non un urto violento, uno spintone del titano Atlante che, svegliandosi da un lungo sonno, involontariamente allungando le braccia per stiracchiarsi, con le sue manone sposta tutto quello che trova attorno a sè. Non lo fa apposta. Poverino lui ci vuole bene, altrimenti non ci terrebbe sul groppone da così tanto tempo.
Noi dobbiamo imparare a prevenire i suoi bruschi risvegli.
Dobbiamo costruire case elastiche che resistano alle mani di Atlante.
I giapponesi come noi sono terrorizzati dai terremoti, ma quando questi finiscono sono tutti vivi e possono permettersi di rimbrottare quel gigante un po’ imbranato invece di maledirlo come se fosse un vile assassino. Oggi, con le macerie negli occhi e nel cuore, non serve dire se e neppure è colpa di, oggi si può dire soltanto mettiamoci in sicurezza, ripariamoci dalle mani di Atlante, FACCIAMOLO!
di Andrea Lupi
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