DOPO SKUOLAdi Daniele Grassucci
Giovanni Floris, “La fabbrica degli ignoranti”.
Quando Giovanni Floris venne al mio liceo (il Newton di Roma) a presentare il suo libro “La fabbrica degli ignoranti”, disse una cosa che mi colpì molto, e cioè che i ragazzi tendono a lamentarsi della scuola e degli insegnanti ma poi affermano: “Io però sono stato fortunato perché ho avuto il tale insegnante o il talaltro, che mi ha fatto appassionare alla materia”. I prof vanno (o andavano) tutti male, meno che i miei. Questo idillio, magari tardivo e recuperato anni dopo la fine della scuola, adesso però è in crisi.
Lo scorso 5 ottobre è stato il World Teacher Day, voluto dalle Nazioni Unite. Un giorno in cui il mondo si interroga sul ruolo degli insegnanti, e noi di Skuola.net proviamo a fare la sintesi di un monitoraggio che da oltre un anno stiamo facendo del rapporto che i ragazzi hanno con i loro docenti: Il quadro – diciamolo subito - non è confortante.
Quando su Twitter si aprì l’hashtag ringraziaundocente, l’indifferenza è stata di massa: i ragazzi hanno stentato a trovare qualcuno da ringraziare. Il 20% di quanti hanno risposto (pochi per la verità) ha affermato di non aver nessuno da ringraziare. Dietro questa distanza ci sono tante cause, una è certamente l’invecchiamento massiccio della classe docente, con una media che sfora i 50 anni, una immissione in ruolo che avviene – in media – a 46 anni, quando le passioni per il lavoro di docenza sono state mortificate da precariato, frequenti cambi di sede e vessazioni burocratiche. Ma questo non spiega tutto. Tant’è che con la Buona Scuola è stata fatta una immissione corposa di nuovi docenti, molti dei quali giovani e, comunque, nell’insieme tutti più giovani della media. Eppure i risultati di un nostro sondaggio su 6 mila studenti, sono stati impietosi: i prof nuovi sono come quelli vecchi, un po’ più giovani in età, ma capaci (nella media e nella percezione degli studenti, si capisce) di scodellare la solita minestra di quelli che li hanno preceduti. Una delusione, insomma.
Il 75% - lamenta la nostra rilevazione – è pretecnologico, non usa gli strumenti digitali, si impappina sulle lavagne elettroniche, su pc e tablet, per non parlare di app. I ragazzi sono molto internazionali, nel senso che su Internet accedono a fonti di informazione globali (per non dire della musica, dei videogiochi, dei social media dove l’inglese domina). I loro docenti, anche quelli nuovi, no: tant’è che l’80% conosce (o conoscerebbe secondo li studenti) solo la lingua insegnata loro dai genitori. Il 76% non sarebbe interessato all’attualità e il 58% avrebbe dimostrato una demotivazione disarmante per la propria professione.
Insomma, distanti quanto mai. Eppure c’è un altro dato che va considerato: al momento dell’esame di maturità, quando i battenti della scuola si lasciano alle spalle, 9 ragazzi su 10 dicono che c’è un prof che non dimenticherà mai.
Per quanto riguarda la mia esperienza, ci sono alcuni professori a cui devo molto: se un ingegnere arriva a fare il giornalista, sicuramente i suoi docenti di italiano lo hanno ben preparato. Per contro ci sono stati alcuni professori che hanno deliberatamente ostacolato il vettore del mio successo professionale, ovvero il sito Skuola.net che con il mio compagno di banco curiamo fin dai tempi delle superiori. Quest’anno peraltro ci siamo presi una bella rivincita sulla mitica Smemoranda, sbertucciandoli in pubblica piazza.
Poiché noi di Skuola non vogliamo mai lamentarci senza indicare una possibile via d’uscita, vorrei concludere con una proposta modesta che tocca però un argomento enorme: il reclutamento dei docenti. Basta con graduatorie infinite, precariati sfibranti, continui cambi di sede. Si entri a scuola solo per concorso e, possibilmente, appena conclusa l’università. Con dei professori che abbiano meno di trent’anni la musica sarebbe tutt’altra.
http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2015/10/09/cercasi-prof-che-facciano-sognare/23285/
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