MARIE-MONIQUE ROBIN
Il veleno nel piatto
I RISCHI MORTALI NASCOSTI IN QUELLO CHE MANGIAMO
Introduzione
Sapere è potere
"Questo libro sarà il seguito di "Il mondo secondo Monsanto?"1 è una domanda che mi è stata posta costantemente dal 2008, ogni volta che nel corso di un dibattito o di una conferenza annunciavo che stavo lavorando a un nuovo progetto.
Sì e no, questo libro è e non è il seguito di "Il mondo secondo Monsanto", anche se l'argomento ha evidentemente a che vedere con la mia inchiesta precedente.
In effetti, per i libri e i film -per me le due forme sono legate intimamente- avviene come per le perle di una collana o le tessere di un puzzle: si succedono e si incastrano senza che io ci faccia caso. Nascono e si nutrono di rimbalzo degli interrogativi suscitati dal lavoro anteriore. E finiscono per imporsi come maglie di una stessa catena. In ogni caso, il processo che si instaura è identico: il desiderio di capire, per poi trasmettere al maggior numero possibile di persone le conoscenze accumulate.
Tre domande sul ruolo dell'industria chimica:
Il veleno nel piatto è dunque il frutto di un lungo processo, cominciato nel 2004.
All'epoca ero preoccupata per le minacce che incombevano sulla biodiversità:
in due documentari diffusi da Arte - uno sulla brevettabilità del vivente e l'altro sulla storia del grano2 - avevo raccontato in che modo alcune multinazionali ottengono brevetti illeciti su determinate piante e si impadroniscono del know-how dei paesi dell'emisfero Sud.
Contemporaneamente giravo un reportage in Argentina, che tracciava il bilancio (disastroso) delle coltivazioni di soia transgenica, la famosa Roundup Ready della Monsanto.1
Per questi tre documentari avevo attraversato tutto il pianeta, ponendomi domande sul modello agroindustriale messo a punto all'indomani della Seconda guerra mondiale, il cui scopo era ufficialmente quello di "nutrire il mondo". Avevo constatato che quel modello comportava un'estensione delle monoculture a scapito dell'agricoltura alimentare locale e familiare, provocando una drastica riduzione della biodiversità e costituendo, in definitiva, una minaccia per la sicurezza e la sovranità alimentare dei popoli.
Osservavo inoltre che la famosa "Rivoluzione verde" si accompagna a un impoverimento delle risorse naturali (acqua, qualità dei terreni) e a un inquinamento generalizzato dell'ambiente, a causa dell'uso massiccio di prodotti chimici (pesticidi e concimi di sintesi).
In modo del tutto naturale, questa trilogia mi ha portato a interessarmi alla società americana Monsanto, uno dei grandi promotori e beneficiari della "Rivoluzione verde": innanzitutto perchè è stata (e continua a essere) uno dei principali produttori di pesticidi del Ventesimo secolo; e poi perché è diventata il primo produttore di sementi del mondo e perché si propone di mettere le mani sulla catena alimentare grazie ai semi transgenici brevettati (i famosi Ogm, gli organismi geneticamente modificati).
Non mi stancherò mai di ripetere quanto sia rimasta sbalordita nello scoprire la quantità di menzogne, mistificazioni e tiri mancini di cui è capace l'azienda di Saint Louis (Missouri) per mantenere sul mercato prodotti chimici altamente tossici, senza preoccupaci del loro costo ambientale, sanitario e umano.
A mano a mano che mi inoltravo in questo "thriller dei tempi moderni" - per riprendere l'espressione della sociologa Louise Vandelac, che ha scritto la prefazione all'edizione canadese del Mondo secondo Monsanto - tre domande non cessavano di tormentarmi.
La Monsanto costituisce un'eccezione nella storia industriale, oppure il suo comportamento criminale - so quel che dico - caratterizza la maggior parte dei fabbricanti di prodotti chimici?
E mi chiedo anche: come vengono valutate e regolamentate le circa 100.000 molecole chimiche di sintesi che da mezzo secolo invadono il nostro ambiente e le nostre tavole?
Infine, esiste un legame tra l'esposizione a queste sostanze chimiche e l'enorme aumento di casi di cancro, malattie neurodegenerative, disfunzioni della fertilità, diabete e obesità che si rileva nei paesi "sviluppati", al punto che l'Oms, l'Organizzazione mondiale della sanità, parla di "epidemia"?
Per rispondere alle domande, in questa nuova inchiesta ho deciso dì dedicarmi soltanto alle sostanze chimiche che entrano in contatto con la catena alimentare, dal campo del contadino (pesticidi) al piatto del consumatore (additivi e plastiche alimentari).
Questo libro dunque non affronterà le onde elettromagnetiche, né i cellulari, né l'inquinamento nucleare, ma si occuperà esclusivamente delle molecole cii sintesi cui siamo esposti nel nostro ambiente o nella nostra alimentazione - il nostro "pane quotidiano" diventalo prevalentemente il nostro "veleno quotidiano".
Sapendo che l'argomento si presta a molte polemiche (e questo non sorprende se si considerano tutti gli aspetti economici collegati) ho scelto di procedere metodicamente, partendo dall'aspetto più "semplice" e dal meno contestabile - e cioè le intossicazioni, prima acute e poi croniche, degli agricoltori esposti direttamente ai pesticidi - per arrivare progressivamente al più complesso - gli effetti di piccole dosi di residui di prodotti chimici che noi tutti abbiamo in corpo.
[...] "Il diavolo sia nei dettagli"
Il veleno nel piatto è infine il frutto di un convincimento che vorrei tosse condiviso:
dobbiamo riappropriarci del contenuto dei nostri piatti, riprendere in mano ciò che mangiamo perché la si smetta di propinarci piccole dosi di veleno che non presentano in cambio alcun vantaggio. Come mi ha spiegato Erik Millstone, docente universitario britannico, nel sistema attuale "i rischi pesano sui consumatori, mentre le imprese ricevono i benefici".
Per poter criticare le (numerose) falle del "sistema" ed esigere che venga rivisto da cima a fondo bisogna però capire come funziona.
Devo ammettere che non è stato facile decifrare i meccanismi che presiedono all'elaborazione delle norme regolamentanti l'esposizione a ciò che il gergo edulcorato degli esperti chiama i "rischi chimici".
Ricostruire l'origine della lamosa Dga - la "dose giornaliera accettabile" o "ammissibile" - dei veleni cui noi tutti siamo esposti, e stato un vero e proprio rompicapo.
Ho persino il sospetto che la complessità del sistema di valutazione e normativa dei veleni chimici, che funziona sempre a porte chiuse e nella massima segretezza, sia anche un modo per assicurarne la perpetuazione.
Chi va infatti a mettere il naso nella storia della Dga, o dei "limiti massimi di residui"?
E se, per caso, un giornalista o un consumatore troppo curioso osano fare domande, la risposta delle agenzie per la regolamentazione generalmente è:
"Grosso modo funziona. Sapete, è molto complicato, fidatevi di noi, sappiamo quello che facciamo...".
Il problema è che non ci può essere un grosso modo quando si tratta di dati tossicologici la cui posta in gioco e la salute dei consumatori, compresa quella delle generazioni future. Per questo motivo, convinta invece che "il diavolo stia nei dettagli", ho deciso di prendere il partito opposto.
Spero dunque che il lettore mi perdonerà se a volte posso sembrare eccessivamente incline alla precisione o alle spiegazioni, alla molteplicità delle note e dei riferimenti. Ma il mio obiettivo è che ciascuno possa diventare, se lo desidera, l'esperto cui rivolgersi. O comunque che ciascuno disponga di argomenti rigorosi che gli permettano di agire quanto può, e addirittura di influire sulle regole del gioco che governano la nostra salute. Perché sapere è potere...
"Prima o poi. i rischi legati alla modernità colpiscono anche quelli che li determinano o ne traggono vantaggio."
ULRICH BECK, LA SOCIETÀ DEI. RISCHIO
https://books.google.it/books?id=cexQiKkbvHwC&pg=PA130&lpg=PA130&dq=societ%C3%A0+americana+1600&source=bl&ots=x3AfQ8Ur9-&sig=_tWRwcbRAPgOO9qcsC0BXmfvogY&hl=it&sa=X&ved=0ahUKEwiJ09Tog8jUAhXsDsAKHRVYB74Q6AEIWDAJ#v=onepage&q&f=false
* Le note cui rimandino i numeri sono disponibili online sul sito
http://www.feltri-nellieditore.it/extra/il-veleno-nel-piatto
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