venerdì 23 giugno 2017

Dino Buzzati. Un Amore. Nel 1958. qualche anno prima dell'uscita di un'amore, era entrata in vigore in Italia la legge Merlin — dal nome della senatrice socialista ed ex deputato dell'Assemblea costituente, Angelina Merlin — che stabiliva la chiusura delle case di tolleranza e l'introduzione di altri interventi volti a contrastare la prostituzione. La proposta di legge aveva provocato una spaccatura in parlamento e nella società e Dino Buzzati si era schierato tra i contrari alla chiusura delle case di prostituzione, rivendicandone la dignità e insistendo su come ciò comportasse la distruzione di un'essenziale istituzione culturale [...]

Era il simbolo di un mondo plebeo, notturno, gaio, vizioso, scelleratamente intrepido e sicuro di sé che fermentava di insaziabile vita intorno alla noia e alla rispettabilità dei borghesi.
Dino Buzzati. Un Amore



Tutto ciò che ci affascina nel mondo inanimato, i boschi, le pianure, i fiumi, le montagne, i mari, le valli, le steppe, di più, di più, le città, i palazzi, le pietre, di più, il cielo, i tramonti, le tempeste, di più, la neve, di più, la notte, le stelle, il vento, tutte queste cose, di per sé vuote e indifferenti, si caricano di significato umano perché, senza che noi lo sospettiamo, contengono un presentimento d'amore.
Dino Buzzati. Un Amore


«E tu cos’eri per lei?»
«Io le ho voluto bene sul serio.»
«Bene sul serio? Semplicemente te ne eri ammalato, ne avevi bisogno, hai fatto di tutto per averla, in modo bestiale ma l’hai fatto. Ma la consideravi una disgrazia, è vero o no che la consideravi una disgrazia?»
«Era, una disgrazia.»
«E questo lo chiami amore?».
Dino Buzzati, “Un amore”



"Ora si accorge che, per quanto egli cerchi di ribellarsi, il pensiero di lei lo perseguita in ogni istante millimetrico della giornata, ogni cosa persona situazione lettura ricordo lo riconduce fulmineamente a lei attraverso tortuosi e maligni riferimenti. Una specie di arsura interna in corrispondenza della bocca dello stomaco, su su verso lo sterno, una tensione immobile e dolorosa di tutto l’essere, come quando da un momento all’altro può accadere una cosa spaventosa e si resta inarcati allo spasimo, l’angoscia, l’ansia, l’umiliazione, il disperato bisogno, la debolezza, il desiderio, la malattia mescolati tutti insieme a formare un blocco, un patimento totale e compatto. E capire che la faccenda è ridicola, stolta e rovinosa, che è la classica trappola in cui cadono i cafoni di provincia, che chiunque gli avrebbe dato dall’imbecille e che perciò da nessuno può attendersi consolazione, aiuto, o pietà, consolazione e aiuto possono venire unicamente da lei ma lei di lui se ne frega, non per cattiveria o gusto di far soffrire solo che per lei egli non è che un cliente qualsiasi, del resto cosa ne sa Laide che Antonio è innamorato? non le può passare neppure per la mente, un uomo di ambiente così diverso, un uomo di quasi cinquant’anni. E gli altri? la mamma, gli amici? Guai se sapessero. Eppure anche a cinquant’anni si può essere bambini, esattamente deboli smarriti e spaventati come il bambino che si è perso nel buio della selva. L’inquietudine, la sete, la paura, lo sbigottimento, la gelosia, l’impazienza, la disperazione. L’amore!
Prigioniero di un amore falso e sbagliato, il cervello non più suo, c’era entrata la Laide e lo succhiava. In ogni più recondito meandro del cervello in ogni risposta tana e sotterraneo ove lui tentava di nascondersi per avere un momento di respiro, là in fondo trovava sempre lei; che non lo guarda neppure, che non si accorge neppure di lui, che ridacchia a braccetto di un giovanotto, che balla inverecondi balli manipolata in ogni parte del corpo dal partner sudicione e maligno, che si spoglia sotto gli occhi del ragionier Fumaroli conosciuto un minuto prima, maledizione sempre lei, insediata selvaggiamente nel suo cervello, che dal suo cervello guarda gli altri, telefona agli altri, tresca con gli altri fa l’amore con gli altri, entra esce parte sempre in agitazione frenetica per una quantità di sue particolari faccende e traffici misteriosi.
E tutto quello che non era lei, che non riguardava lei, tutto il resto del mondo, il lavoro, l’arte, la famiglia, gli amici, le montagne, le altre donne le migliaia e migliaia di altre donne bellissime, anche molto più belle e sensuali di lei, non gliene fregava più niente, andassero pure alla totale malora, a quella sofferenza insopportabile soltanto lei, Laide, poteva portare rimedio e non occorreva neppure che si lasciasse possedere o fosse specialmente gentile, bastava che fosse con lui, al suo fianco, e gli parlasse e magari controvoglia fosse costretta a tener conto che lui almeno per alcuni minuti esisteva, solo in queste pause brevissime che capitavano di quando in quando e duravano un soffio, soltanto allora lui trovava pace. Quel fuoco all’altezza dello sterno cessava, Antonio tornava a essere se stesso, i suoi interessi di vita e di lavoro riprendeva ad avere un senso, i mondi poetici a cui aveva dedicato la vita ricominciavano a risplendere degli antichi incanti e un sollievo indescrivibile si spandeva in tutto il suo essere. Sapeva, è vero, che tra poco lei se ne sarebbe andata e quasi subito lo avrebbe di nuovo uncinato l’infelicità, sapeva che dopo sarebbe stato ancora peggio, non importa, il senso di liberazione era così totale e meraviglioso che per il momento non pensava ad altro."
Dino Buzzati, “Un amore”




Buzzati – Un amore.
Epopea del romanzo scandalo di un «sogno sbagliato».
A cura di Agnese De Petrillo, Giulia Eusebi, Margherita Macrì
© Oblique Studio 2013

La genesi del romanzo.
[...] Nel 1958. qualche anno prima dell'uscita di un'amore, era entrata in vigore in Italia la legge Merlin — dal nome della senatrice socialista ed ex deputato dell'Assemblea costituente, Angelina Merlin — che stabiliva la chiusura delle case di tolleranza e l'introduzione di altri interventi volti a contrastare la prostituzione. La proposta di legge aveva provocato una spaccatura in parlamento e nella società e Dino Buzzati si era schierato tra i contrari alla chiusura delle case di prostituzione, rivendicandone la dignità e insistendo su come ciò comportasse la distruzione di un'essenziale istituzione culturale:

"Ma c'è un altro aspetto negativo della legge Merlin che non ho visto indicare da alcuno. Essa cioè - e non ho nessuna intenzione di scherzare - ha troncato un filone di civiltà erotica, che, nell'ambito delle case chiuse, veniva trasmesso, con le parole e con l'esempio, di generazione in generazione, alimentando un'arte spesso raffinata, che temo sia ormai disperso per sempre. Cosicché la Merlin può essere paragonata a quell"Erostrato che è leggenda abbia appiccato il fuoco alla grande biblioteca d'Alessandria, distruggendo un immenso capitale di cultura, mai più recuperato".1
1. Dino Buzzati in "Quando l'Italia tollerava", a cura di Gian Carlo Fusco, Neri Pozza 1995.

Buzzati sostiene che sia fondamentale «tenere in alto onore» il mestiere delle prostitute, dal momento che la loro funzione sociale è insostituibile [...]

Ispirato a una vicenda realmente vissuta dall'autore, il quale nel 1959 aveva conosciuto una ballerina di teatro molto più giovane di lui e se ne era invaghito. Un amore ha una matrice autobiografica che è stata confermata dalla moglie di Buzzati, Almerina Antoniazzi, in una recente intervista con Mauro Gaffuri:4

[...] Ispiralo a una vicenda realmente vissuta dall'autore, il quale nel 1959 aveva conosciuto una ballerina di teatro molto più giovane di lui e se ne era invaghitoUn amore ha una matrice autobiografica che è stata confermata dalla moglie di Buzzati, Almerina Antoniazzi, in una recente intervista con Mauro Gaffuri:4
4. Mauro Gaffuri. Dino Buzzati, ì segreti svelati a 40 anni dalla morte, «Oggi», 14 dicembre 2012.

Laide, la protagonista di quel romanzo, fa la ballerina della Scala e si prostituisce in un appartamento tenuto da una signora compiacente. 

Il personaggio è ispirato a una persona reale. Può dire chi era davvero?

No, non posso farne il nome perché ha avuto una figlia che vive a Torino. 
Oggi quella donna è sepolta al cimitero Monumentale. 
Era una giovane ballerina alla Scala. Il padre della bambina, nata nel 1958 dalla loro relazione, era elettricista presso Achille Riboni, il titolare della Union Film, l'agenzia per cui lavoravo come modella.

Ma Dino era riuscito a cancellare quell'amore ossessivo?
Quando la loro relazione finì, capii che era come fosse rinato. 
Eravamo già sposati, ma lui era ancora assillato da una preoccupazione. 
Lui temeva che fosse sua la figlia della ballerina della Scala. Dino non desiderava avere bambini per non opprimerli con i suoi tormenti interiori. Allora feci in modo che madre e figlia facessero un prelievo di sangue. Così poi ho potuto comunicare a Dino, con suo gran sollievo, che quella bambina non era sua.

La storia d'amore con quella donna, però, era davvero archiviata?
Non lo so bene. Ma otto giorni prima della morte di Dino, invitai quella donna in ospedale. 
L'incontro fra loro due è avvenuto in mia assenza, io sono sparita. Poi ho chiesto a Dino se fosse contento di averla rivista. Lui mi rispose: «È come se fosse venuta la mia stiratrice».

Nel 1960 l'autore scrive in un diario, riferendosi a quella tormentata storia d'amore: 
«L'unica, per salvarmi, è scrivere. Raccontare tutto, far capire il sogno ultimo dell'uomo alla porta della vecchiaia. E nello stesso tempo lei, incarnazione del mondo proibito, falso, romanzesco e favoloso, ai confini del quale era sempre passato con disdegno e oscuro desiderio».3 

Nell'estate dello stesso anno, l'autore conoscerà Almerina durante un servizio fotografico per la Domenica del Corriere della Sera.
In una conversazione con Paolo Monelli del febbraio del 1961, Buzzati rivela alcuni aspetti della sua esperienza privata: «Ci sono individui [...] che maturano tardi, molto avanti con gli anni. Io debbo essere uno di i. Molte cose non le capisco ancora, altre le ho capite quando non mi serviva più di capirle. L'amore per la donna, dico l'amore, non l'andarci a letto, le gelosie, le lacrime di passione, il desiderio di morire o addirittura di uccidersi, il piacere disperato di soffrire per un'ingrata, per un'infedele, tutto questo l'ho scoperto solo in questi tempi. Non saprei dire se son diventato finalmente maturo, o arrivo appena adesso ai veri vent'anni».6
6. Dino Buzzati in Paolo Monelli, Ombre cinesi. Scrittori al girarrosto, Mondadori 1965.

[...] Antonio ama Laide per quello che di lei gli sfugge, per quello che di lei non ha: la freschezza, la giovinezza, la strafottenza, l'innata menzogna, la furbizia. La ragazza invece continua a farsi mantenere ingannandolo e costringendolo a meschine umiliazioni, come fargli recitare la parte di un improbabile zio. Dal canto suo, Antonio si costruisce una rete fittissima di autoinganni per tenersi in vita e solo a tratti sembra rendersi conto di aver perso la testa per una fanciulla che non merita tante attenzioni. Ma subito l'ossessione riprende il sopravvento su ogni logica:

"Erano gli sparsi brandelli di un ritratto che Antonio non riusciva a decifrare. Cose tristi, miserabili, abbiette forse. Pensandoci, non ne usciva che una figura squallida, meschina, aggrappata avidamente alle più povere illusioni dei rotocalchi deteriori. Era buona? Era generosa? Aveva luce? No. Più Antonio ci si consumava col pensiero più Laide risultava un problema disperato. [...] Eppure, in quella svergognata e puntigliosa ragazzina una bellezza risplendeva ch'egli non riusciva a definire per cui era diversa da tutte le altre ragazze come lei, pronte a rispondere al telefono. Le altre, al paragone, erano morte."

[...] la descrizione dettagliata e senza riserve dell’intima fragilità dell’uomo borghese, il maschio di successo che rifiuta il ruolo di guida della famiglia imposto dalla società. Buzzati porta sulla pagina il mondo interiore, fragile e complesso, di un uomo che si scontra con una realtà che lo vuole all’altezza del suo ruolo sociale.

Il sentimento totalizzante assume i contorni di una malattia e lo conduce in un viaggio delirante, un «sogno sbagliato» che lo aliena dagli affetti, dal lavoro e dalle amicizie. La scrittura segue un climax ascendente che va di pari passo con l’evolversi dell’ossessione di Antonio. La sintassi ripetutamente si frantuma, la punteggiatura si dissolve, il tempo si dilata spropositatamente e la lingua accoglie una vasta gamma di espressioni gergali. L’intreccio raggiunge lo svelamento quando Antonio incontra Piera, amica e collega di Laide, la quale illustra particolari, veri o volutamente falsi, piccanti e squallidi della vita della ragazza. Cinica e spietata, Piera smaschera l’ipocrisia dell’amore malato di Antonio:

«E allora: tu l’avresti sposata?». «Ma pensa solo alla vita che ha fatto». «Qui ti volevo, caro il mio signore di buona famiglia. Un borghese, sei, ecco la questione, schifosamente borghese, con la testa piena di pregiudizi borghesi, orgoglioso della tua rispettabilità borghese. Cosa vuoi che se ne facesse la Laide della tua rispettabilità borghese? […] Ma l’hai fatta entrare nella tua vita? L’hai ammessa in casa tua? L’hai fatta conoscere alla tua famiglia? […] Ci considerate di una razza inferiore, voi borghesi, anche se di noi avete bisogno, anche quando ci strisciate ai piedi. E tu lo chiami amore
questo? La posizione sociale, la stima del mondo, la dignità, il prestigio familiare, bella roba, chi ci ha fatto come siamo? Io ci sputo sopra, alla vostra dignità».12

http://www.oblique.it/images/formazione/dispense/casi/buzzati_caso-editoriale_nov13.pdf

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