Lucio Elio Seiano.
« [...] Il suo corpo era abituato alle fatiche, l'animo pronto a osare; abile nel dissimulare le sue intenzioni e nell'accusare gli altri, adulatore e insieme gonfio di superbia, esibiva contegnosa riservatezza covando una smania irresistibile di afferrare il potere supremo e, a questo scopo, alternava ora prodigalità e fasto, più spesso senso d'iniziativa e accortezza, doti non meno pericolose, se finalizzate alla conquista del potere assoluto».
Tacito, Annales, IV, 1
Tacito, Annales, IV, 1
« [...] CORPVS ILLI LABORVM TOLERANS, ANIMVS AVDAX; SVI OBTEGENS, IN ALIOS, CRIMINATOR; IVXTA ADVKATUI ET SVPERBIA; PALAM COMPOSITVS PVDO, INTVS SVMMA APISCENDI LIBIDO, EIVSQVE CAVSA MODO LARGITIO ET LVXVS, SAEPIVS INDVSRIA AC VIGLIANTIA, HAVD MINVS NOXIAE QVOTIENS PARANDO REGNO FINGVNTVR».
Lucio Elio Seiano (Volsinii, 20 a.C. -19 a.C.– Roma, 18 ottobre 31 d.C.) è stato un militare e politico Romano, ambizioso amico e confidente dell'imperatore Tiberio. Prefetto del pretorio dal 14 d.C. al 31d.C., egli fu il primo a ricoprire questa carica a utilizzarla per ottenere potere e prestigio per sé, rendendola un'influente branca amministrativa dello Stato.
Egli dedicò la sua carriera a una vertiginosa e repentina scalata al potere, togliendo di mezzo tutti gli avversari politici. Dopo che Tiberio si allontanò da Roma, Seiano divenne 'consigliere e ministro di tutti gli affari, ma quando l'imperatore incominciò a sospettare che il suo ministro volesse spodestarlo, lo fece destituire e condannare a morte.
Giovinezza e origini familiari.
EQVES della città di VOLSINII (moderna Bolsena, in Etruria), egli nella prima giovinezza fu al seguito del nipote di Augusto, Gaio Cesare, nella sua missione in Oriente, e divenne un favorito di Apicio, gastronomo, al quale si dice si prostituì. In seguito sposò Apicata, dalla quale ebbe tre figli: Strabone, Capitone Eliano e IVNILLA.
La famiglia di Seiano era costituita da un'illustre parentela: suo padre era infatti Lucio Seio Strabone, prefetto del pretorio sotto Augusto, il quale era figlio di una Terenzia, sorella della moglie di Mecenate. La madre era invece Cosconia Gallita, sorellastra di Quinto Giunio Bleso, cos. suff. nel 10 d.C.
Ascesa (14 d.C. - 23 d.C.).
Carriera come prefetto del pretorio.
Il primo ruolo di spicco occupato da Seiano di cui si abbia notizia fu l'accompagnare Druso minore, figlio di Tiberio, a sedare delle rivolte in Pannonia, in seguito alla salita al trono del nuovo principe.
Poco dopo, il padre lo associò alla prefettura della guardia pretoriana.
Poco dopo, il padre lo associò alla prefettura della guardia pretoriana.
Quando il genitore fu eletto prefetto d'Egitto nel 15 d.C., Seiano, entrato nelle grazie dell'imperatore, rimase prefetto del pretorio unico e fu tra i fautori dell'aumento del potere dei pretoriani, riuniti a Roma in un unico grande accampamento costruito appositamente sul Viminale, alla periferia della città, noto con il nome di CASTRA PRAETORIA attorno al 21 d.C. - 23 d.C.. Seiano vedeva così accrescere immensamente la propria influenza sull'imperatore, trovandosi ora nella condizione di detenere la vera forza militare dell'Italia, dato che aveva a sua disposizione circa 9000 elementi.
Scalata al potere e la morte di Druso Minore.
Grazie al particolare favore di cui godeva presso l'imperatore, Seiano acquisì una graduale influenza nella vita politica Romana. Agli studiosi odierni pare improbabile che tale ascesa al potere fosse mirata alla successione personale al potere, ma che piuttosto volesse diventare il reggente di un giovanissimo erede, come poteva essere Tiberio Gemello. Nel 20 d.C., provò a collegarsi con la famiglia imperiale, promettendo in moglie sua figlia Iunilla al figlio di Claudio, nipote di Tiberio, Druso, il quale però morì di asfissia, facendo sfumare così il progetto. Due anni dopo, si distinse come valido aiuto nel tenere a bada un incendio scoppiato nel Teatro di Pompeo, il che provocò gli elogi di Tiberio, che concesse nel 23 anche il trionfo per il già citato Giunio Bleso, zio di Seiano, trionfatore contro il ribelle Tacfarinas.
Tra i molti ostacoli che, però, si opponevano alle sue ambizioni, c'era Druso minore, che, al contrario del padre, odiava Seiano. Infatti esso era infastidito nel vedere che Tiberio prestasse attenzione ai consigli di un altro uomo quando lui era in vita. L'odio sfociò una volta in una lite, e Druso giunse a colpire Seiano con uno schiaffo, anche se secondo un'altra versione dei fatti sarebbe stato Seiano a colpire il giovane erede, e ciò avrebbe procurato motivo al prefetto di temerlo. Druso, però, morì nel 23 d.C., in seguito a quella che parve a tutti una lunga malattia. Tra le tante ipotesi, c'è quella secondo cui sarebbe stato avvelenato con un veleno dall'effetto lento dalla moglie Claudia Livilla, sorella di Germanico (nipote di Augusto), in combutta con il liberto Ligdo e il medico Eudemo. La donna, infatti, a quanto scrive Tacito, era diventata amante di Seiano ed era stata da lui convinta a commettere l'omicidio.
La persecuzione contro Agrippina e il ritiro di Tiberio a Capri (23 d.C. - 30 d.C.).
L'inizio delle persecuzioni e la richiesta di matrimonio con Livilla.
La morte di Druso portò alla nomina di eredi di Tiberio i figli di Germanico, Nerone e Druso Cesare, i quali fautori, capeggiati dall'energica e irruenta vedova Agrippina maggiore, mal dissimulavano la gioia nel veder rifiorire il ramo del generale, anche durante il solenne funerale di Druso minore.
Seiano approfittò di questa situazione per fomentare gli odi fra Tiberio e il ramo di Germanico al fine di eliminare altri ostacoli per la successione. Facilitarono le sue manovre i pontefici, che nel 24 d.C. accomunarono Nerone e Druso Cesare nell'invocazione agli dei per la salute del principe, il che causò il risentimento di Tiberio, probabilmente fomentato da alcune parole di Seiano, che allertavano il principe dell'ambizione di Agrippina. Inoltre, Seiano si valse dell'aiuto di Giulio Postumo, amante di Mutilla Prisca, confidente di Livia Drusilla, madre di Tiberio e vedova di Augusto. Grazie a questa rete di amicizie, Postumo aveva facile accesso all'orecchio dell'Augusta, e ne approfittò per accusare presso la donna Agrippina di ambizione sfrenata, sfruttando a sua volta la gelosia dell'anziana per il suo potere e titolo. Infine, mandò alcune donne, che si fingessero confidenti di Agrippina e fomentassero la sua ira contro Tiberio con racconti che mettevano in cattiva luce il principe. Queste azioni di disturbo portarono alla condanna di molti amici del defunto comandante, fra i quali Gaio Silio, che aveva sconfitto Sacroviro, il quale aveva fomentato una rivolta in Germania. Silio, incriminato dal console Varrone, che assecondò le manovre di Seiano per degli odi fra suo padre e il padre del generale, preferì suicidarsi prima che la sentenza fosse emessa, mentre la moglie Sosia Galla venne mandata in esilio. Nel 25 d.C., cadde vittima di Seiano lo storico Cremuzio Cordo, che, a quanto pare, aveva commentato negativamente il posizionamento della statua di Seiano nel Teatro di Pompeo, anche se la causa del processo ufficiale fosse il fatto che egli aveva elogiato Bruto e Cassio in una sua opera annalistica.
Seiano approfittò di questa situazione per fomentare gli odi fra Tiberio e il ramo di Germanico al fine di eliminare altri ostacoli per la successione. Facilitarono le sue manovre i pontefici, che nel 24 d.C. accomunarono Nerone e Druso Cesare nell'invocazione agli dei per la salute del principe, il che causò il risentimento di Tiberio, probabilmente fomentato da alcune parole di Seiano, che allertavano il principe dell'ambizione di Agrippina. Inoltre, Seiano si valse dell'aiuto di Giulio Postumo, amante di Mutilla Prisca, confidente di Livia Drusilla, madre di Tiberio e vedova di Augusto. Grazie a questa rete di amicizie, Postumo aveva facile accesso all'orecchio dell'Augusta, e ne approfittò per accusare presso la donna Agrippina di ambizione sfrenata, sfruttando a sua volta la gelosia dell'anziana per il suo potere e titolo. Infine, mandò alcune donne, che si fingessero confidenti di Agrippina e fomentassero la sua ira contro Tiberio con racconti che mettevano in cattiva luce il principe. Queste azioni di disturbo portarono alla condanna di molti amici del defunto comandante, fra i quali Gaio Silio, che aveva sconfitto Sacroviro, il quale aveva fomentato una rivolta in Germania. Silio, incriminato dal console Varrone, che assecondò le manovre di Seiano per degli odi fra suo padre e il padre del generale, preferì suicidarsi prima che la sentenza fosse emessa, mentre la moglie Sosia Galla venne mandata in esilio. Nel 25 d.C., cadde vittima di Seiano lo storico Cremuzio Cordo, che, a quanto pare, aveva commentato negativamente il posizionamento della statua di Seiano nel Teatro di Pompeo, anche se la causa del processo ufficiale fosse il fatto che egli aveva elogiato Bruto e Cassio in una sua opera annalistica.
Nel 25 d.C., Seiano, sotto pressione di Livilla e inebriato dal suo potere crescente, dopo aver ripudiato Apicata, scrisse una lettera a Tiberio, come era costume a quel tempo nelle richieste di matrimonio, chiedendo di poter sposare la vedova di Druso. Tiberio rifiutò, dicendo che il matrimonio fra una donna del ramo imperiale come Livilla e un cavaliere come Seiano sarebbe parso indegno, affermando che la scelta di Augusto di maritare la figlia Giulia con persone non appartenenti al ramo aristocratico come Agrippa, alla quale Seiano aveva fatto riferimento per convincere il principe, fosse dettata dalla necessità; inoltre, Livilla avrebbe male accettato di passare la vecchiaia con Seiano, dopo essere stata moglie del figlio dell'imperatore. Allora Seiano, vistosi rifiutata la proposta, decise di fare pressioni affinché Tiberio lasciasse Roma.
L'allontanamento di Tiberio da Roma.
L'imperatore, intanto, si andava inimicando sempre di più l'irruenta Agrippina e il suo influente partito, anche in seguito al processo contro Clodia Pulcra cugina di Agrippina, accusata dall'ex-pretore Domizio Afro, di adulterio con Furnio e di pratiche magiche mirate all'assassinio del principe.
Agrippina cercò di intercedere per la cugina, e sorprese Tiberio mentre sacrificava ad Augusto. Agrippina asserì, con la sua tipica fierezza, che Tiberio contemporaneamente onorava la memoria del primo imperatore e perseguitava i suoi discendenti. Tiberio rispose, con un verso greco, che lei non poteva capire, dato che non conosceva il peso del regnare. In seguito, a un banchetto da Tiberio, la donna, messa in guardia da alcune persone che Seiano aveva mandato che il principe volesse avvelenarla, passò addirittura una mela che Tiberio gli aveva offerto a un servo perché la assaggiasse. Gli odi aumentarono dopo che Tiberio aveva pure lasciato Agrippina, che chiedeva il permesso di risposarsi col senatore Gaio Asinio Gallo, senza risposta.
Agrippina cercò di intercedere per la cugina, e sorprese Tiberio mentre sacrificava ad Augusto. Agrippina asserì, con la sua tipica fierezza, che Tiberio contemporaneamente onorava la memoria del primo imperatore e perseguitava i suoi discendenti. Tiberio rispose, con un verso greco, che lei non poteva capire, dato che non conosceva il peso del regnare. In seguito, a un banchetto da Tiberio, la donna, messa in guardia da alcune persone che Seiano aveva mandato che il principe volesse avvelenarla, passò addirittura una mela che Tiberio gli aveva offerto a un servo perché la assaggiasse. Gli odi aumentarono dopo che Tiberio aveva pure lasciato Agrippina, che chiedeva il permesso di risposarsi col senatore Gaio Asinio Gallo, senza risposta.
Alla fine, nel 26 d.C., l'imperatore si risolse di partire per la Campania, nella sua villa a Sperlonga, accompagnato da un ristretto gruppo di confidenti quali il cavaliere e filosofo Curzio Attico (che in seguito cadrà per mano di Seiano e Lucio Marino), il giurista Marco Cocceio Nerva e l'astrologo Trasillo di Mende, oltre a Seiano stesso, con la scusa di dedicare un tempio a Giove in Capua ed uno ad Augusto a Nola, ed in seguito a Capri, nel 27 d.C.. I motivi di tale gesto vanno ricercati non solo nelle pressioni di Seiano, come già detto prima, ma anche nella volontà del principe di allontanarsi da una città che reputava pericolosa, nel voler fuggire dalla madre Livia Drusilla, che Tiberio rifiutava di associare a sé nell'esercizio del potere mentre questa gli rinfacciava che era stato grazie a lei che era divenuto imperatore, e nel suo desiderio di nascondere alcune ulcere che gli andavano funestando il viso, dato che Tiberio non tornò a Roma neppure dopo la morte di Seiano. In Campania inoltre avvenne un episodio che accrebbe in Tiberio la fiducia per il suo ministro: mentre era in corso un banchetto nella Spelunca, una grotta della sua villa a Sperlonga, il soffitto tutto d'un tratto crollò, travolgendo molti convitati. Seiano dunque puntò i suoi piedi per terra e fece da scudo per l'imperatore, salvandogli la vita.
L'apogeo di Seiano.
Con Tiberio a Capri, Seiano accrebbe il suo potere in modo smisurato.
Nel 28 d.C. cadde un altro amico di Agrippina, Tizio Sabino, illustre cavaliere.
Per mettere in atto la condanna, Seiano inviò un suo cliente, Latino Laziare, che si fingesse confidente di Sabino, e lo spingesse a criticare il prefetto del pretorio o l'imperatore, mentre tre suoi complici, Porcio Catone, Petilio Rufo e Marco Opsio, origliavano il tutto. Fu stilata una denuncia e inviata a Tiberio, che condannò Sabino, il quale fu trascinato per le vie di Roma verso il patibolo, cercando di urlare, seppur con dei nodi stretti alla gola e alla toga che lo incappucciava, che lui era la vittima sacrificale del nuovo anno a Seiano. Il cane di Sabino, che non aveva mai abbandonato il padrone, quando il cadavere di questi fu gettato nel Tevere, come si usava per i condannati, si gettò in acqua per evitare che affondasse. Dopo l'episodio di Sabino, la città era ormai in stato di costante ansia, e si evitavano colloqui anche fra confidenti.
Nel 28 d.C. cadde un altro amico di Agrippina, Tizio Sabino, illustre cavaliere.
Per mettere in atto la condanna, Seiano inviò un suo cliente, Latino Laziare, che si fingesse confidente di Sabino, e lo spingesse a criticare il prefetto del pretorio o l'imperatore, mentre tre suoi complici, Porcio Catone, Petilio Rufo e Marco Opsio, origliavano il tutto. Fu stilata una denuncia e inviata a Tiberio, che condannò Sabino, il quale fu trascinato per le vie di Roma verso il patibolo, cercando di urlare, seppur con dei nodi stretti alla gola e alla toga che lo incappucciava, che lui era la vittima sacrificale del nuovo anno a Seiano. Il cane di Sabino, che non aveva mai abbandonato il padrone, quando il cadavere di questi fu gettato nel Tevere, come si usava per i condannati, si gettò in acqua per evitare che affondasse. Dopo l'episodio di Sabino, la città era ormai in stato di costante ansia, e si evitavano colloqui anche fra confidenti.
Nel 29 d.C. morì Livia Drusilla, vera e propria eminenza grigia della casa dei Cesari.
La sua autorità presso Tiberio era l'unica superiore a quella esercitata da parte di Seiano, ma morta l'anziana donna, nulla pose freno alle trame del prefetto. Nel medesimo anno, una lettera giunse da Capri, dove Tiberio accusava Nerone Cesare di comportamenti effeminati e di amori con giovinetti e Agrippina di arroganza. I senatori, tuttavia, su consiglio di Giunio Rustico, incaricato di redigere gli atti dell'assemblea e quindi giudicato il più indicato a interpretare il volere del principe, decisero di non condannare la vedova, dato che l'intento di Tiberio non era chiaro. Inoltre il popolo, che amava la famiglia di Germanico, stava fuori dalla Curia, agitando le immagini dei processati e urlando che la lettera era falsa e che si tramava la rovina di Agrippina all'insaputa di Tiberio.
Questo fatto contribuì solo a rimandare la condanna; infatti Seiano denunciò che Roma era vicino al colpo di stato, mentre Tiberio sollevò il senato da ogni peso nel processo, giudicando i due personalmente. Agrippina fu esiliata all'isola di Ventotene (allora nominata Pandataria), dove rimarrà in esilio fino al 33 d.C., anno della sua morte, dopo aver subito servizie atroci da parte di un centurione che la fustigava. Quanto a Nerone, egli fu esiliato a Ponza, dove nel 31 d.C., poco prima della caduta di Seiano, si suicidò, forse su istigazione di un centurione che gli mostrò degli uncini. Druso, che aveva tradito la madre ed il fratello, non sopravvisse a lungo a tale evento. Nel 30 d.C. anch'egli fu processato sotto accusa di sedizione, e condannato alla reclusione nelle segrete del Palatino, dove morirà di fame nel 33 d.C..
La sua autorità presso Tiberio era l'unica superiore a quella esercitata da parte di Seiano, ma morta l'anziana donna, nulla pose freno alle trame del prefetto. Nel medesimo anno, una lettera giunse da Capri, dove Tiberio accusava Nerone Cesare di comportamenti effeminati e di amori con giovinetti e Agrippina di arroganza. I senatori, tuttavia, su consiglio di Giunio Rustico, incaricato di redigere gli atti dell'assemblea e quindi giudicato il più indicato a interpretare il volere del principe, decisero di non condannare la vedova, dato che l'intento di Tiberio non era chiaro. Inoltre il popolo, che amava la famiglia di Germanico, stava fuori dalla Curia, agitando le immagini dei processati e urlando che la lettera era falsa e che si tramava la rovina di Agrippina all'insaputa di Tiberio.
Questo fatto contribuì solo a rimandare la condanna; infatti Seiano denunciò che Roma era vicino al colpo di stato, mentre Tiberio sollevò il senato da ogni peso nel processo, giudicando i due personalmente. Agrippina fu esiliata all'isola di Ventotene (allora nominata Pandataria), dove rimarrà in esilio fino al 33 d.C., anno della sua morte, dopo aver subito servizie atroci da parte di un centurione che la fustigava. Quanto a Nerone, egli fu esiliato a Ponza, dove nel 31 d.C., poco prima della caduta di Seiano, si suicidò, forse su istigazione di un centurione che gli mostrò degli uncini. Druso, che aveva tradito la madre ed il fratello, non sopravvisse a lungo a tale evento. Nel 30 d.C. anch'egli fu processato sotto accusa di sedizione, e condannato alla reclusione nelle segrete del Palatino, dove morirà di fame nel 33 d.C..
Sempre nel 30 d.C., anche il senatore Asinio Gallo, che in passato aveva ambito alla mano di Agrippina, fu rovinato su istigazione di Tiberio, che lo odiava in quanto aveva sposato l'ormai defunta Vipsania Agrippina, prima e amatissima moglie dell'imperatore dalla quale era stato costretto a divorziare per ragioni politiche. Sembra che Gallo avesse incominciato ad adulare Seiano, o perché nel terrore di Tiberio pensava che Seiano sarebbe stato suo erede, oppure perché voleva che il prefetto diventasse troppo tracotante per l'imperatore stesso e cadesse in rovina. Tiberio non lasciò trasparire nessun sospetto: invitò Gallo a Capri a un banchetto, e nel medesimo giorno inviò una lettera al Senato accusando Gallo di essere geloso dell'amicizia dell'imperatore con Seiano. Il senatore non fu però giusitiziato, per volere dello stesso imperatore, ma fu tenuto in isolamento e sfamato con una quantità e qualità di cibo tale che non gli permettesse né di essere in forze, né di morire. Cadde assieme a lui Siriaco, uomo di grande cultura, che fu giustiziato solo perché era un amico di Gallo. Inoltre, è forse a questo periodo che risale un processo che intentò Seiano contro Fedro, come ci riporta lo scrittore stesso, forse in seguito ad allusioni sgradite che Seiano aveva colto in alcune favole dell'autore. Seiano ebbe nel processo ruolo di testimonio, giudice e accusatore. Alcuni sospettano che il fatto che il secondo libro delle FABVLAE di Fedro contenga solo 8 favole sia dovuto a una confisca da parte di Seiano degli scritti che avevano provocato la sua ira. Infine, Seiano aveva ottenuto da Tiberio il MAIVS IMPERIVM per la provincia di Giudea, e ciò gli permetteva di scegliere i proconsoli che sarebbero stati governatori di quell'area. Fu per tale motivo che Ponzio Pilato fu nominato governatore in Giudea nel 26 d.C.. Seiano era fra l'altro noto per il suo feroce antisemitismo, tant'è che Filone di Alessandria lo considera il secondo più accanito persecutore dei Giudei dopo Caligola e ancor più feroce di Aulo Avilio Flacco, prefetto d'Egitto dal 32 d.C. al 38 d.C..
Caduta e morte (31 d.C.).
Motivi e manovre preliminari di Tiberio.
Attorno al 31 d.C., anno del suo consolato assieme a Tiberio, il potere di Seiano era smisurato, tant'è che si guardava a lui come fosse l'imperatore. Tiberio, dal canto suo, era considerato 'l'imperatore di un isolotto'. Gli onori decretati a Seiano erano immensi: fu stabilito che il suo compleanno fosse osservato come festa pubblica, che fosse inviata un'ambasceria di cittadini diversa da quella dell'imperatore per accoglierlo ogni volta che rientrava a Roma, e sia per lui sia per Tiberio offrivano sacrifici e preghiere.
A questo punto, tuttavia, l'influente personaggio fu destituito e condannato a morte dall'imperatore stesso. I motivi non sono chiari, anche perché la relativa parte negli Annales di Tacito è andata perduta. Secondo Flavio Giuseppe sarebbe stata Antonia minore, madre di Germanico, ad allertare il principe di una congiura che Seiano stava ordendo a Roma, forse a sua volta informata dal cliente di Seiano Satrio Secondo, inviando un dispaccio a Capri tramite il suo liberto Pallante (oppure Cenide secondo Svetonio).
Cassio Dione ci fornisce un'altra versione della caduta di Seiano.
Pare infatti che la volontà di destituire Seiano partisse dall'imperatore stesso, che temeva che il suo prefetto usurpasse la sua autorità di principe a Roma. Per non destare sospetti, dato che Seiano godeva del favore dei pretoriani a Roma, l'imperatore ricoprì Seiano di onori, lo chiamava mio Seiano nelle lettere, permise che venisse fatto console assieme al prefetto ogni cinque anni, lasciò che venissero posizionate delle sedie dorate nei teatri sia per lui sia per Seiano, che venissero innalzate statue di bronzo ovunque in onore del prefetto del pretorio e che il suo nome fosse scritto nei documenti di fianco a quello del suo ministro. Inoltre gli diede in moglie la vedova di Nerone, Giulia Livia.
Nel contempo, però, mandava confusi dispacci a Roma, dove ora dichiarava di stare sul punto di morte, ora affermava che stava benissimo e che sarebbe presto tornato nella capitale; ora si congratulava con Seiano, ora lo denunciava, e un'operazione simile eseguiva con i suoi amici. Inoltre aveva bloccato il processo a Lucio Arrunzio, nemico di Seiano, legato in Spagna fra il 21 d.C. e il 31 d.C., e aveva impedito al prefetto di recarsi in Campania per andare a trovare la sua promessa sposa, al tempo malata, dichiarando che lui stava tornando a Roma. Aveva anche rinunciato al consolato, costringendo Seiano a fare lo stesso. Nel contempo aveva innalzato al rango di sacerdoti sia Seiano sia suo figlio assieme all'ultimo figlio maschio di Germanico rimasto, Gaio Cesare, ovvero Caligola; ma aveva pure espresso apprezzamenti per quest'ultimo e dato alcune direttive che lasciassero intendere che sarebbe stato lui suo successore, mentre proibiva i sacrifici in onore di chiunque, e dunque pure quelli a Seiano. Infine lui stesso, quando scrisse una lettera al Senato sulla morte di Nerone, si riferì a Seiano semplicemente col nome. Questi era dunque in costante stato di agitazione per i lunatici atteggiamenti del principe nei suoi confronti, mentre la popolazione incominciò a diffidare da lui, ed evitarlo per strada.
Pare infatti che la volontà di destituire Seiano partisse dall'imperatore stesso, che temeva che il suo prefetto usurpasse la sua autorità di principe a Roma. Per non destare sospetti, dato che Seiano godeva del favore dei pretoriani a Roma, l'imperatore ricoprì Seiano di onori, lo chiamava mio Seiano nelle lettere, permise che venisse fatto console assieme al prefetto ogni cinque anni, lasciò che venissero posizionate delle sedie dorate nei teatri sia per lui sia per Seiano, che venissero innalzate statue di bronzo ovunque in onore del prefetto del pretorio e che il suo nome fosse scritto nei documenti di fianco a quello del suo ministro. Inoltre gli diede in moglie la vedova di Nerone, Giulia Livia.
Nel contempo, però, mandava confusi dispacci a Roma, dove ora dichiarava di stare sul punto di morte, ora affermava che stava benissimo e che sarebbe presto tornato nella capitale; ora si congratulava con Seiano, ora lo denunciava, e un'operazione simile eseguiva con i suoi amici. Inoltre aveva bloccato il processo a Lucio Arrunzio, nemico di Seiano, legato in Spagna fra il 21 d.C. e il 31 d.C., e aveva impedito al prefetto di recarsi in Campania per andare a trovare la sua promessa sposa, al tempo malata, dichiarando che lui stava tornando a Roma. Aveva anche rinunciato al consolato, costringendo Seiano a fare lo stesso. Nel contempo aveva innalzato al rango di sacerdoti sia Seiano sia suo figlio assieme all'ultimo figlio maschio di Germanico rimasto, Gaio Cesare, ovvero Caligola; ma aveva pure espresso apprezzamenti per quest'ultimo e dato alcune direttive che lasciassero intendere che sarebbe stato lui suo successore, mentre proibiva i sacrifici in onore di chiunque, e dunque pure quelli a Seiano. Infine lui stesso, quando scrisse una lettera al Senato sulla morte di Nerone, si riferì a Seiano semplicemente col nome. Questi era dunque in costante stato di agitazione per i lunatici atteggiamenti del principe nei suoi confronti, mentre la popolazione incominciò a diffidare da lui, ed evitarlo per strada.
Sempre secondo Dione, ci furono vari segnali che preannunciarono la caduta di Seiano: ad esempio, durante un sacrificio alla dea Fortuna, molto venerata da Seiano, tant'è che ne custodiva un simulacro in casa (lo stesso appartenuto a Servio Tullio), la statua si girò e rifiutò le libagioni. Inoltre, una volta, chiesti dei presagi agli auguri, si vide dei corvi posare sul tetto di casa sua. Altri eventi si susseguirono: a quanto pare, una volta, il pavimento a casa sua cedette, e una donnola uscì dalle rovine. Pare inoltre che a un suo servo, dopo che lo aveva seguito sul Campidoglio a fare un sacrificio, capitò di scivolare su delle scale, dove si era soliti buttare i condannati a morte, ovvero le Scale Gemonie. Infine, la testa di una sua statua fu vista fumare: rottala per scoprire il motivo del fatto, ne uscì un grosso serpente. Quando si sostituì la testa alla statua, attorno a essa apparve una corda. Seneca ci dice pure che fu vista una palla di fuoco in cielo, come quella veduta dopo la morte di Augusto e di Germanico.
La denuncia.
Il 17 ottobre del 31 d.C., Tiberio, nominato segretamente prefetto del pretorio Macrone, già prefetto delle coorti urbane, inviò a Roma quest'ultimo con l'ordine di accordarsi con Grecinio Lacone, comandante dei VIGILES perché fornisse il supporto della propria milizia, e col nuovo console Publio Memmio Regolo (non l'altro, Lucio Fulcinio Trione, poiché costui era una creatura di Seiano), che in quel momento portava i FASCES, affinché convocasse il Senato nel tempio di Apollo.
Quando Seiano giunse in Senato, venne informato da Macrone che gli era appena stata conferita la potestà tribunizia con una lettera dell'imperatore che sarebbe stata letta davanti all'assemblea. Mentre Seiano prendeva così giubilante il proprio posto, Macrone, rimasto fuori dal tempio, allontanava i pretoriani di guardia, facendoli sostituire dai vigili di Lacone. Dopodiché, consegnata la lettera di Tiberio al console, si recò nei CASTRA PRAETORIA per annunciare la sua nomina a prefetto.
Nella lettera, molto lunga e vaga, Tiberio trattava vari argomenti, di tanto in tanto intesseva le lodi di Seiano, a volte gli muoveva qualche critica, poi, verso la fine, improvvisamente l'imperatore accusava il prefetto di tradimento, ordinandone la destituzione e l'arresto, assieme a quella di due senatori a lui legati. Regolo, a questo punto, ordinò a Seiano di alzarsi e venire da lui, ma il prefetto, non abituato a prendere ordini, se lo fece ripetere tre volte, prima di andare dal console. Dopodiché, Regolo domandò a un senatore se approvasse l'arresto del prefetto e, alla sua risposta positiva, Seiano fu scortato al Carcere Mamertino, Lungo il tragitto il popolo lo ricoprì di insulti e fu anche picchiato da alcuni. Il pretoriano vide anche le sue stesse statue essere ridotte in pezzi dalla folla inferocita. Quelle stesse statue furono in seguito fuse e trasformate in catene, orci e pitali.
Conseguenze.
Quella sera, vedendo che i Pretoriani non avevano reagito all'arresto di Seiano, il Senato si riunì nel tempio della Concordia per giudicare Seiano con processo sommario, al termine del quale l'ex-prefetto venne condannato a morte e colpito da DAMNATIO MEMORIAE.
Seiano venne giustiziato per strangolamento nella notte tra il 17 e il 18 ottobre e il popolo fece scempio del suo corpo prima di gettarlo nel Tevere. I suoi amici e parenti vennero tutti processati e molti vennero condannati a morte in una ferocissima repressione. I figli stessi di Seiano furono condannati a morte. Iunilla, in particolare, essendo ancora vergine, non avrebbe potuto subire la pena capitale; per questo si dice che, per ovviare a questo ostacolo, ella fu stuprata sul patibolo da un centurione. L'ex-moglie Apicata, vedendo i cadaveri dei figli gettati sulle Gemonie, si suicidò dopo aver rivelato in una lettera a Tiberio le colpe di Seiano e di Livilla (in seguito confermate da Ligdo ed Eudemo, sotto tortura), che, anche se secondo alcuni non fu condannata a morte dal principe per il rispetto che portava questo per sua madre, fu probabilmente rinchiusa in una stanza da Antonia stessa e lì fatta morire di fame. L'imperatore invece premiava i pretoriani e le truppe in Siria, i primi per non essere stati complici di Seiano, le seconde per non aver messo l'immagine di Seiano fra le loro insegne. Il Senato, infine, ordinava feste perpetue e l'innalzamento di una statua alla Libertà con la seguente dedica:
«Alla salute del perpetuo Augusto e alla Libertà del popolo Romano, per la Provvidenza di Tiberio Cesare, figlio di Augusto, per l'eternità della gloria di Roma, [essendo stato] eliminato il pericolosissimo nemico».
(Dedica del Senato a Tiberio.)
(Dedica del Senato a Tiberio.)
«SALVTI PERPETVAE AVGVSTAE LIBERTATIQVE POPVLI ROMANI PROVIDENTIA TI. CAESARIS AVGVSTI NATI AD AETERNITATEM ROMANI NOMINIS, SVBLATO HOSTE PERNICIOSISSIMO»
Storiografia
Fonti
La principale fonte su Seiano è Tacito, che concentra molta attenzione sul prefetto e sulle sue manovre delittuose nel corso del libro IV degli ANNALES, anche se la parte relativa alla caduta di Seiano è andata perduta. Anche Svetonio ce ne parla, nella sua Vita di Tiberio contenuta nel suo DE VITA CESARVM, in maniera però assai più sommaria e molto meno dettagliata rispetto a Tacito, dato che l'attenzione è più concentrata su Tiberio stesso. Altra fonte importante su Seiano è Cassio Dione, che ce ne parla nei libri LVII e LVIII della sua Historia Romana. L'importanza di Dione sta anche nel fatto che ci permette di integrare Tacito, dato che parla in maniera estesa e dettagliata della caduta di Seiano. Anche Velleio Patercolo, contemporaneo del prefetto, ce ne parla verso la fine della sua imponente opera HISTORIAE ROMANAE AD M. VINICIVM LIBRI DVO.
Fonti secondarie sono rintracciabili in Seneca, che menziona Seiano nelle Naturales Quaestiones e nella CONSOLATIO AD MARCIAM . Anche Fedro, che era incappato nell'ira del prefetto, ne parla brevemente nel prologo del libro III delle sue Fabulae. Il MAIVS IMPERIVM sulla Giudea che Seiano detenne per un certo periodo ha spinto alcuni scrittori ebrei ad includerlo nei loro scritti, primi fra tutti Flavio Giuseppe nelle sue ANTIQVITATES IVDAICAE e Filone di Alessandria nel suo IN FLACCVM . Infine, è menzionato nelle SATVRAE di Giovenale.
Giudizio storico.
Nella storiografia antica, Seiano è sempre stato considerato come una figura negativa.
Tacito lo considera colui che istigò Tiberio al male, Svetonio invece ce ne parla come un mero strumento del principe, al quale gli forniva le situazioni per commettere i suoi crimini. Unico storico che lo elogia è Velleio Patercolo, che fu contemporaneo del prefetto. Le motivazione dell'atteggiamento di Patercolo nei confronti di Seiano va ricercata, secondo Henry Dodwell (1641-1711), in un'amicizia fra lo storico e il prefetto nella cui caduta, come afferma Dodwell, Patercolo fu probabilmente coinvolto.
Tacito lo considera colui che istigò Tiberio al male, Svetonio invece ce ne parla come un mero strumento del principe, al quale gli forniva le situazioni per commettere i suoi crimini. Unico storico che lo elogia è Velleio Patercolo, che fu contemporaneo del prefetto. Le motivazione dell'atteggiamento di Patercolo nei confronti di Seiano va ricercata, secondo Henry Dodwell (1641-1711), in un'amicizia fra lo storico e il prefetto nella cui caduta, come afferma Dodwell, Patercolo fu probabilmente coinvolto.
Questo è la descrizione di Seiano contenuta nella sua opera
HISTORIAE ROMANAE AD M. VINICIVM LIBRI DVO:
HISTORIAE ROMANAE AD M. VINICIVM LIBRI DVO:
« Non raramente gli uomini eminenti si servirono di grandi complici per amministrare la loro sorte, come i due Scipioni si servirono dei due Lelii,che furono uguali a loro in tutte le cose, come il divino Augusto si servì di Agrippa e dopo di lui di Statilio Tauro, ai quali la nobiltà recente della famiglia non impedì assolutamente di essere portati a molteplici consolati, trionfi e numerosi sacerdozi. E infatti grandi impegni cercano molti aiutanti, ed è interesse dello stato che spicchi per dignità ciò che è necessario alla sua utilità e che l'utilità sia difesa dal prestigio. Con questi esempii Tiberio Cesare ha considerato e considera come suo assistente straordinario dei principali impegni in ogni situazione Elio Seiano, nato da padre eminente nell'ordine equestre, che ha vincoli di parentela per parte di madre con famiglie illustri, antiche e insigni per onorificenze, che ha fratelli, cugini e uno zio consolari, egli stesso molto capace di laboriosità e fiducia, di costituzione del corpo pari al vigore dell'animo, uomo di piacevolissima austerità, di antica affabilità, nell'agire molto simile a chi è estraneo agli affari pubblici, che non pretende nulla per sé e che raggiunge ogni cosa, sempre stimatore di sé stesso al di sotto delle sue capacità nelle valutazioni con gli altri, quieto nel volto e nella vita, infaticabile nell'animo».
Velleio Patercolo, HISTORIAE ROMANA AD M. VINICIVM LIBRI DVO.
«RARO EMINENTES VIRI NON MAGNIS ADIVTORIBS AD GVBERNANDAM FORTVNAM SVAM VSI SVNT, VT DVO SCIPIONES DVOBVS LAELIIS, QVOS PER OMNIA AEQVAVERVNT SIBI, VT DIVVS AVGVSTVS M. AGRIPPA ET PROXIME AB EO STATILIO TAVRO, QVIBVS NOVITAS FAMILIAE HAVD OBSTIT QVOMINVS AD MVLTIPLICES CONSVLATVS TRIVMPHOSQVE ET COMPLVRA EVEHERENTVR SACERDOTIA. ETINIM MAGNA NEGOTIA MAGNS ADIVTORIBS EGENT – NEQVE IN PARVA PAVCITAS MINISTERIA DEFICIT -, INTERESTQVE REI PVBLICE QVOD VSV NECESSARIVM EST DIGNITATE EMINERE VTILITATEMQVE AVTORITATE MVNIRI. SVB HIS EXEPLIS, TI CAESAR SEIANVM AELIVM, PRINCIPE EQVESTRIS ORDINIS PATRE NATVM, MATERNO VERO GENERE CLARISSIMAS VETESQVE ET INSIGNES HONORIBVS COMPLEXVM FAMILIAS, HABENTEM CONVSLARES FRATRES, CONSOBRINOS, AVVNCVLVM, IPSVM VEO LABORIS AC FIDEI CAPACISSIMVM, SVFFICIENE ETIAM VIGORI ANIMI COMAGE CORPORIS, SINGVLAREM PRINCIPALIVM ONERVM ADIVTOREM IN OMNIA HABIT ATQVE HABET, VIRVM SEVRITATIS, LAETISSIMAE, HILARITATIS PRISCAE, ACTV OTIOSIS SIMILLIVM, NIHIL SIBI VINDICATEM EOSQVE ADSEQVEENTEM OMNIA, SEMPERQVE INFRA ALIORVM AESTIMATIONES SE METIENTEM VVLTV VITAQVE TRANQVILLVM, ANIMO EXSOMNEM».
Antonio Pisanelli a amanti della storia romana
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