lunedì 2 marzo 2015

Tatuaggio. Stigmae. Nell’antica Roma i tatuaggi “STIGMAE” erano associati alle classi marginali, la nobiltà romana non portava tatuaggi e nessun nobile romano se ne sarebbe mai praticato uno.



IL TATUAGGIO PER I ROMANI
Nell’antica Roma i tatuaggi “STIGMAE” erano associati alle classi marginali, la nobiltà romana non portava tatuaggi e nessun nobile romano se ne sarebbe mai praticato uno.
I tatuaggi erano largamente usati dai barbari, prima con l'unico scopo di contrassegnare le tribù, anche per riconoscere alleati o nemici, e poi per incutere paura in battaglia.
In particolare vennero usati molto tra i Pitti, i Britanni, i Traci e gli Alamanni, sembra che non solo
distinguessero le tribù ma vi si aggiungessero decorazioni per significare il valore in guerra. 

I Celti adoravano come divinità anche animali quali il toro, il cinghiale, il gatto, gli uccelli e i pesci e in segno di devozione se ne tracciavano i simboli sulla pelle

I Britanni, il cui nome deriva da "brith" (dipingere) non portavano altre vesti che dei mantelli fatti con peli di bestie selvagge e si facevano sul corpo incisioni di varie forme e figure che riempite con un succo di colore scuro, davano loro una tinta indelebile tendente al bluastro. Gli Alamanni si tatuavano in nero e rosso, e aggiungevano le pitture.

A Roma i primi a farsi tatuare volontariamente furono i soldati, per una specie di giuramento scritto con i propri commilitoni. Spesso infatti il tatuaggio riguardava l'essere "civis romanus", sintetizzato con l'S.P.Q.R con cui si indicava il senato e il popolo di Roma, o il nome della legione, o il comandante della legione o, in seguito, l'imperatore. Ciò determinò l’uso di tatuaggi aggiuntivi, soprattutto ad opera dei veterani; infatti, non era infrequente che un veterano aggiungesse il nome di una seconda legione, o addirittura il nome di una battaglia molto gloriosa cui aveva partecipato.

Tra i simboli principali nell’immaginario dell’antica Roma abbiamo il lupo, la balena, il cane, l’avvoltoio e la fenice, nonché la famosa sigla S.P.Q.R., che appare ancora adesso sullo stemma della città. Il tatuaggio si effettuava specie sugli omeri, sulle braccia, sulle gambe, ma soprattutto sui ginocchi che essendo mobili davano l'idea di belve in movimento.

In realtà l’identificativo del legionario era costituito da un “signaculum”, una specie di pendaglio che simboleggiava l'appartenenza all'esercito, (l'equivalente piastrina militare dei soldati odierni) cosa che gli garantiva una quasi totale immunità e fu invece solo nel tardo impero che il tatuaggio divenne obbligatorio per i soldati perché, non essendo cancellabile, diventava un mezzo per scoraggiare la diserzione. Un militare trovato lontano dal suo reparto senza licenza veniva condannato a morte come disertore.

Alcune fonti raccontano che inizialmente i tatuaggi vennero eseguiti solo su schiavi, gladiatori e criminali, prima ancora di appartenere ai soldati, ma in realtà sembra vero esattamente il contrario: molti schiavi erano guerrieri fatti prigionieri, per cui spesso già tatuati, l'uso di tatuare gli schiavi non era usuale, anche perché molti degli schiavi venivano liberati dai loro padroni per riconoscenza o per interesse, ne fa prova l'editto di Augusto che, vista l'enorme quantità di schiavi liberati che popolavano Roma, proibiva la liberazione di questi prima dei 5 anni di proprietà da parte dello stesso padrone.
Era infatti più redditizio affittare una bottega ad uno schiavo liberato che avrebbe fatto al massimo i suoi interessi che non tenerci lo schiavo come commesso, di certo in tal modo meno incentivato a far andare al meglio il commercio.

Tuttavia Plinio e Svetonio riferiscono di schiavi romani che, in caso di fuga,venivano marchiati con le iniziali del proprio padrone o, nel caso fossero stati sorpresi a rubare, erano marchiati a fuoco sulla fronte. Non era comunque la norma tanto è vero che di solito si usavano i collari di ferro col nome e l'indirizzo del padrone, ma solo per gli schiavi più ribelli.

Il tatuaggio degli antichi romani era un po' come quello dei tempi nostri, i marinai si tatuavano sentendosi uniti dalla pericolosa avventura di solcare i mari, così i legionari si sentirono una comunità a parte che rischiava la vita in guerra.

Sembra che i gladiatori sfoggiassero tatuaggi molto apprezzati dal pubblico e dalle matrone.
Rispetto al colore sembra che i Romani usassero esclusivamente il nero, ottenuto infiltrando carbone disciolto sotto la pelle. C'è notizia anche di una tinta rossiccia (Plinio il Vecchio) ricavata forse dallo zafferano, ma non è notizia certa sul materiale impiegato.

L'imperatore Costantino (325 d.C. circa) stabilì che gli schiavi condannati a combattere come gladiatori o a lavorare nelle miniere potevano essere tatuati sulle gambe o sulle braccia, ma non in volto, poiché questo, creato ad immagine e somiglianza di Dio, doveva mantenersi integro.

Nel 787, Papa Adriano I, proibì l'uso dei tatuaggi a causa della loro associazione al Paganesimo ma, nonostante le proibizioni, sembra che anche durante le crociate, molti combattenti si fecero tatuare la croce cristiana per fede e protezione.



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