giovedì 14 agosto 2014

Deng pose in risalto l'idea che socialismo non significa povertà condivisa. La giustificazione teorica che fornì per consentire l'apertura al mercato capitalistico fu questa: "Pianificazione e forze di mercato non rappresentano l'essenziale differenza che sussiste tra socialismo e capitalismo. Economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché c'è una pianificazione anche nel capitalismo; l'economia di mercato si attua anche nel socialismo. Pianificazione e forze di mercato sono entrambe strumenti di controllo dell'attività economica."



LA VIA CINESE AL SOCIALISMO LANCIATA DA DENG XIAOPING

"Ma come si può esigere di essere poveri sotto il socialismo ed il comunismo? 
Così, per costruire il socialismo è necessario sviluppare le forze produttive
Povertà non è socialismo. Per sostenere il socialismo, un socialismo che sia superiore al capitalismo, rappresenta un imperativo in primo luogo soprattutto eliminare la povertà."
(Deng Xiaoping)

Contadino rivoluzionario, veterano della Rivoluzione fin dai tempi della Lunga Marcia, comandante di mille battaglie contro l'imperialismo giapponese e il nemico di classe del Kuomintang, Deng Xiaoping (22 agosto 1904 – 19 febbraio 1997) ha ricoperto ruoli direttivi nel Partito Comunista Cinese (PCC) a più riprese nel corso dell'era di Mao Tse-tung e ha diretto de facto la Cina dal 1978 al 1992. È stato il pioniere della riforma economica cinese e l'artefice del "socialismo con caratteristiche cinesi", teoria che mirava a giustificare la transizione dall'economia pianificata, a un'economia aperta al mercato, ma comunque supervisionata dallo stato nelle prospettive macroeconomiche. Nel decennio tra gli anni ottanta e novanta, da lui guidati, la Repubblica Popolare Cinese restaurò relazioni strategiche e geopolitiche con l'Urss, abbandonando la Teoria dei Tre Mondi, antisovietica e di ascendenza maoista. Deng fu il cuore della seconda generazione dei leader del partito comunista cinese. Sotto il suo controllo la Cina divenne una delle economie dalla crescita più rapida, senza che il partito perdesse il controllo del paese.

La finalità delle riforme di Deng era riassunta nel programma delle Quattro Modernizzazioni: agricoltura, industria, scienza e tecnologia, apparato militare. Il programma era riassunto così:
"Intendiamo acquisire tecnologia avanzata, scienza e una gestione efficiente. Tutte queste cose non hanno un carattere di classe."

La strategia da usare per conseguire l'obiettivo di una nazione moderna, industriale era l'economia socialista di mercato. Deng argomentò che la Cina si trovava nello stadio base del socialismo e che il dovere del partito era di perfezionarlo facendolo diventare un “socialismo con caratteristiche cinesi”. Questa interpretazione cinese del Marxismo ridusse il ruolo e il peso dell'ideologia nelle decisioni economiche e l'efficacia delle linee di condotta da seguire. Deng pose in risalto l'idea che socialismo non significa povertà condivisa. La giustificazione teorica che fornì per consentire l'apertura al mercato capitalistico fu questa:
"Pianificazione e forze di mercato non rappresentano l'essenziale differenza che sussiste tra socialismo e capitalismo. Economia pianificata non è la definizione di socialismo, perché c'è una pianificazione anche nel capitalismo; l'economia di mercato si attua anche nel socialismo. Pianificazione e forze di mercato sono entrambe strumenti di controllo dell'attività economica."

Deng credeva che nessuna linea di condotta dovesse essere respinta semplicemente per il fatto di non essere aderente a quella tenuta da Mao, e diversamente dai leader più conservatori come Chen Yun, Deng non presentava obiezioni a determinate politiche economiche per la sola ragione che esse erano simili a quelle attuate nelle nazioni capitaliste. A riguardo uno dei suoi motti più famosi era che "la pratica è l'unico criterio di verità".

Le riforme di Deng, infine, includevano l'introduzione di una gestione pianificata e centralizzata della macroeconomia in mano a funzionari tecnicamente competenti, abbandonando il modello di economia collettivista di Mao. Tuttavia, a differenza del modello sovietico, la gestione risultava essere indiretta tramite i meccanismi del mercato.

Deng sostenne l'eredità di Mao, per quanto riguarda il ruolo di primaria importanza della produzione agricola, e incoraggiò una significativa decentralizzazione della gestione delle decisioni nei gruppi: dall'economia rurale e nei singoli nuclei familiari di contadini. A livello locale, per motivare la forza lavoro, dovevano essere impiegati incentivi concreti, piuttosto che appelli politici, incluso il permesso ai contadini di guadagnare entrate extra grazie alla vendita dei prodotti dei propri terreni sul mercato.

Nella generale spinta volta ad ottenere una posizione di mercato, alle municipalità locali e alle province fu consentito di investire nelle industrie che esse stesse consideravano più redditizie, questo spinse gli investimenti verso l'industria leggera. Così, le riforme di Deng fecero sì che la strategia di sviluppo della Cina si spostasse dall'industria pesante all'industria leggera e con una crescita guidata delle esportazioni.

La produzione industriale leggera fu vitale per lo sviluppo di un paese che veniva da un basso capitale di base. Con un breve periodo di gestazione, bassi requisiti di capitale e alti guadagni derivanti dalle esportazioni verso l'estero, i profitti generati dall'industria leggera, poterono essere reinvestiti in una produzione tecnologicamente più avanzata e in ulteriori importanti spese e investimenti.

Tuttavia, in netto contrasto con le riforme simili ma non di così notevole successo attuate in Jugoslavia e in Ungheria, tali investimenti non furono finanziati dal governo. Il capitale investito nell'industria pesante proveniva in gran parte dal sistema bancario e la maggior parte dai depositi dei consumatori. Uno dei primi punti delle riforme di Deng prevedeva di far sì che non si verificasse una ripartizione dei profitti, se non tramite la tassazione o il sistema bancario. Pertanto, la ripartizione nelle industrie di proprietà dello stato avveniva in modo indiretto, rendendole così più o meno indipendenti dall'interferenza del governo. In breve, le riforme di Deng furono la scintilla che mise in moto una rivoluzione industriale in Cina.

Queste riforme rappresentarono una svolta notevole rispetto alle linee di condotta maoiste di un'economia autosufficiente. La Cina decise di accelerare il processo di modernizzazione aumentando il volume di scambi commerciali con l'estero, specialmente tramite l'acquisto di macchinari dal Giappone e dall'Occidente. Con una tale crescita guidata delle esportazioni, la Cina riuscì a portare avanti le Quattro Modernizzazioni, grazie a consistenti fondi stranieri, al mercato, a tecnologie innovative e a esperienze manageriali, che accelerarono il suo sviluppo economico.

Ci sono molti parallelismi tra il socialismo di mercato di Deng, soprattutto nei primi stadi, e la Nuova Politica Economica di Lenin così come con la politica economica di Bukharin, in entrambe le quali era previsto un ruolo per l'impresa privata e mercati basati sul commercio e sulla determinazione dei prezzi di vendita piuttosto che su una pianificazione centrale.



[fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Deng_Xiaoping]

Per ulteriori informazioni e approfondimenti si può iniziare con: http://domenicolosurdo.blogspot.it/2010/07/un-istruttivo-viaggio-in-cina.html
E soprattutto con "La lotta di classe" di Domenico Losurdo.

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