Ariella Williams
"nei paesi anglofoni, bias è semplicemente l'angolo di percezione individuale associato agli schemi di riferimento che ciascuno si forma in base alla propria evoluzione interiore, personale e sociale. Non è possibile pensare che non esista, in forme più o meno palesi, a determinare i corsi delle vite sia individuali che della massa.
Il marketing lo sa e ne approfitta scandagliando i desideri e le carenze più o meno inconsce della gente che grosso modo seguono percorsi simili, archetipali, istintivi.
I sondaggi sono sempre "biased" perche' appunto sono sempre deficitari, limitati dal fatto che sono mirati a confermare una tesi o un'ipotesi e quindi sono favorevoli agli elementi che lo permettono a scapito delle variazioni sul tema. Come nel caso delle statistiche, possono essere manipolati ad libitum a seconda degli interessi che li interpretano.
In genere, purtroppo, nei sondaggi viene ignorato il gruppo che non si attiene a parametri prevedibili di risposte perche' non rientra nei canoni predisposti e questo già di per sé é un grave travisamento della funzione stessa del sondaggio".
Bias cognitivi: cinque modi veloci per ingannarsi da soli
Bias cognitivi: ne avete mai sentito parlare?
L’edizione inglese di Wikipedia ne pubblica un lungo elenco piuttosto terrorizzante. Molti articoli di svariato contenuto, dal management alla vita di coppia, tirano in ballo i bias cognitivi per spiegare inceppi, cecità, fraintendimenti, comportamenti stupidi e decisioni sbagliate.
L’edizione inglese di Wikipedia ne pubblica un lungo elenco piuttosto terrorizzante. Molti articoli di svariato contenuto, dal management alla vita di coppia, tirano in ballo i bias cognitivi per spiegare inceppi, cecità, fraintendimenti, comportamenti stupidi e decisioni sbagliate.
ERRORI DI GIUDIZIO. Il nome con cui li chiamiamo suona esotico, e potrebbe star bene a un elfo maligno o a una purulenta forma di eruzione della pelle. In realtà, si tratta di una parola inglese derivante dal francese provenzale biais, che significa “obliquo, inclinato” e che a sua volta deriva dal latino e, prima ancora, dal greco epikársios, obliquo.
In origine il termine riguarda il gioco delle bocce (e, immagino, certi tiri storti dalle conseguenze nefaste), ma già nella seconda metà del 1500 acquista un significato più ampio e indica “inclinazione, predisposizione, pregiudizio”.
Insomma, questo articolo è dedicato ai bias cognitivi: automatismi mentali che ci portano a prendere decisioni in fretta e senza fatica. Peccato che si tratti di decisioni sbagliate perché fondate su percezioni errate o deformate, su pregiudizi, su ideologie. Insomma, sono decisioni prese a partire da un errore di giudizio.
In origine il termine riguarda il gioco delle bocce (e, immagino, certi tiri storti dalle conseguenze nefaste), ma già nella seconda metà del 1500 acquista un significato più ampio e indica “inclinazione, predisposizione, pregiudizio”.
Insomma, questo articolo è dedicato ai bias cognitivi: automatismi mentali che ci portano a prendere decisioni in fretta e senza fatica. Peccato che si tratti di decisioni sbagliate perché fondate su percezioni errate o deformate, su pregiudizi, su ideologie. Insomma, sono decisioni prese a partire da un errore di giudizio.
LE EURISTICHE SONO SCORCIATOIE. Ecco, in sintesi, che cosa succede. Tutti noi, per districarci nella complessità del mondo senza analizzare, pesare e valutare ogni dettaglio, ci affidiamo a strategie di pensiero che si chiamano euristiche. Anche questo nome viene dal greco: heurískein vuol dire “trovare, scoprire”.
Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi, e sbrigativi, che ci permettono di farci un’idea di qualsiasi cosa in fretta e senza fatica. Sono euristiche, per esempio, gli stereotipi (su NeU ne abbiamo già parlato). Se volete scoprire in che modo, ogni giorno, ragioniamo per euristiche, date un’occhiata a quest’ottima pagina (e, magari, anche al resto del sito: è interessante).
Le euristiche sono procedimenti mentali intuitivi, e sbrigativi, che ci permettono di farci un’idea di qualsiasi cosa in fretta e senza fatica. Sono euristiche, per esempio, gli stereotipi (su NeU ne abbiamo già parlato). Se volete scoprire in che modo, ogni giorno, ragioniamo per euristiche, date un’occhiata a quest’ottima pagina (e, magari, anche al resto del sito: è interessante).
I BIAS SONO VICOLI CIECHI. Ed eccoci al punto. Se le euristiche sono, diciamo così, scorciatoie incerte ma così comode e rapide che facciamo fatica a rinunciarvi, i bias cognitivi sono euristiche inefficaci, logorate e corrotte: vicoli ciechi nei quali ci addentriamo fino a sbattere contro un muro di nonsenso. Ne scelgo cinque tra quelli che mi sembrano più diffusi e insidiosi e ve li racconto qui sotto.
Bias di conferma (confirmation bias): tendiamo a cercare, a prendere in considerazione e a valorizzare solo notizie, pareri o evidenze che confermano quello di cui già siamo convinti. Soprattutto – molti studi lo dimostrano – ci ostiniamo a ignorare tutte le evidenze che contraddicono le nostre convinzioni, in primo luogo (ma non solo) quelle politiche o religiose. Il bias è connesso con l’hostile media effect.
Non facciamo tutto ciò per cattiveria, ma per motivi di economia mentale: il nostro cervello, per via delle euristiche, preferisce focalizzarsi su quello che già sa. E la nostra identità passa anche per tutto ciò in cui crediamo. Combiniamo questi due fatti, e otteniamo un bias potente.
Tra l’altro: una importante caratteristica delle persone creative è l’apertura mentale. Cioè la capacità di accogliere dati nuovi e di gestire l’incertezza, senza capitombolare nei bias cognitivi.
Non facciamo tutto ciò per cattiveria, ma per motivi di economia mentale: il nostro cervello, per via delle euristiche, preferisce focalizzarsi su quello che già sa. E la nostra identità passa anche per tutto ciò in cui crediamo. Combiniamo questi due fatti, e otteniamo un bias potente.
Tra l’altro: una importante caratteristica delle persone creative è l’apertura mentale. Cioè la capacità di accogliere dati nuovi e di gestire l’incertezza, senza capitombolare nei bias cognitivi.
Illusione di controllo (illusion of control): è la tendenza a sovrastimare la nostra capacità di influenzare gli eventi esterni. È un bias proprio dei manager, dei politici e in generale delle persone che detengono qualche forma di potere, o che casualmente hanno ottenuto un risultato positivo. Il bias è stato individuato da Ellen Langer nel 1975. È connesso con l’overconfidence.
Eccesso di fiducia (overconfidence): è l’eccessiva fiducia nelle nostre valutazioni e nei nostri giudizi. Deriva dal credere che abbiamo informazioni più accurate e complete di quanto non siano realmente. È il bias forse più diffuso e, per molti versi, devastante. Gli investitori troppo fiduciosi nelle proprie capacità combinano guai, gli studenti sovrastimano la loro preparazione, e perfino molti guidatori di auto esagerano nel valutare la propria abilità, con gli effetti che tutti possiamo immaginare. Qui trovate diversi esempi. L’eccesso di fiducia è connesso con il delizioso Effetto Dunning Kruger (più le persone sono incompetenti, meno capiscono di esserlo) e con la sicumera (guardatevi l’elenco delle sciocchezze che sono state pronunciate con la più incrollabile certezza).
Fallacia dello scommettitore (gambler’s fallacy): è un errore logico. Consiste nel ritenere che il futuro verificarsi di un evento casuale sia influenzato dal passato verificarsi di un altro evento, altrettanto casuale. Nel gioco della roulette, per esempio, l’idea che “debba” uscire il nero perché il rosso è già uscito. Ma anche: “siccome ieri mi hanno rubato il portafoglio in metropolitana, è impossibile che me lo rubino anche oggi”. E come no?
Punto cieco (bias blind spot): è una specie di meta-bias. O, in altre parole, è la madre, o il padre, di tutti i bias cognitivi: consiste nel ritenere di esserne, per qualche insondabile motivo, più immuni di chiunque altro. Insomma: stiamoci attenti.
Le immagini che illustrano questo articolo sono di Igor Morsky.
Annamaria Testa
http://nuovoeutile.it/bias_cognitivi/
Ammettereste di adorare il diavolo se ve lo chiedessero?
Si chiama “desiderabilità sociale” (o “distorsione idealistica”)
il fattore che frega i sondaggi.
Si tratta di un’interferenza che entra in gioco quando fra le alternative che si pongono all'intervistato alcune siano socialmente più accettabili di altre. Quando una delle alternative è indecente e suscita riprovazione diffusa, mediamente anche l'intervistato ad essa favorevole si dichiarerà contrario, in tal modo mentendo.
L’intervistato sarà, cioè, riluttante a rivelare opinioni ritenute indesiderabili e sarà tentato di dare di sé la migliore immagine possibile, anche se non veritiera. E tanto più la questione è divisiva, tanto più elevata sarà l’incidenza dell’errore statistico.
Un simile fattore viene anche definito bias, termine dall’etimologia incerta, probabilmente derivante dal francese provenzale con il significato di obliquo, inclinato ed usato oggi per indicare il margine di errore in una disciplina scientifica.
Per social desirability bias si intende allora quel fattore distorsivo del campione statistico, causato dalla tendenza degli intervistati a dare risposte socialmente desiderabili, invece di scegliere le risposte che rifletterebbero i loro veri sentimenti.
Il buon sondaggio, per evitare simili distorsioni, dovrebbe giustificare anche la risposta meno accettabile, considerare normale anche il comportamento negativo, equilibrare la desiderabilità delle risposte (“alcuni ritengono che …, altri invece ritengono che”) o rivolgere le domande in terza persona, togliendo l’intervistato da possibili imbarazzi.
In ogni caso, è davvero impossibile eliminare del tutto gli effetti della desiderabilità sociale.
Le cause di ciò?
Su tutte il timore, anche inconscio, del giudizio morale dell’intervistatore e quindi il timore di discredito e riprovazione.
Per Schopenhauer l’onore, inteso come l’opinione che gli altri hanno di noi, era qualcosa che “secondo il giudizio di tutti i tempi e di tutti i Paesi, occupa il primo posto fra i beni terreni, e in modo così saldo che tutt’al più solo la vita stessa può venire posta sul suo medesimo piano”
(Trattato sull’onore, 1828).
E checché se ne dica, l’uomo non è un animale razionale e individualista.
Al contrario, è un animale sociale, definito dalle relazioni con gli altri e legato ai suoi simili.
Lo disse Aristotele nel IV secolo A.C. nella sua “Politica” e lo confermano oggi i più recenti studi in neuroscienze e sociologia.
L’opinione che gli altri hanno di noi è fondamentale. Ed il nostro cervello è fatto per seguire la massa, per adeguarsi all’opinione e al comportamento della maggioranza.
Solo il segreto dell’urna è capace di sciogliere le briglie dell’omologazione sociale.
Questo ci ha ricordato l’America che ha eletto Donald Trump.
Che la democrazia rimane un esercizio intimo e riservato.
http://www.linkiesta.it/it/blog-post/2016/11/11/il-fattore-che-frega-i-sondaggi-si-chiama-desiderabilita-sociale/24816/
I 12 “bias cognitivi” che ci impediscono di essere razionali
Pubblicato: 15 gennaio 2013 da ive in News & Articoli, Scienze Sociali
Traduzione a cura di Daniel Iversen, Vincenzo Barbato, Davide Gaulli, Veronica Tarozzi
Premessa: Il bias è una forma di distorsione della valutazione causata dal pregiudizio. La mappa mentale d’una persona presenta bias laddove è condizionata da concetti precedenti non necessariamente connessi tra loro da legami logici e validi.
Il bias, contribuendo alla formazione del giudizio, può quindi influenzare un’ideologia, un’opinione, e un comportamento. È probabilmente generato in prevalenza dalle componenti più ancestrali e istintive del cervello.
Il cervello umano è capace di eseguire 10^16 (10 alla sedicesima processi al secondo), il che lo fa essere più potente di qualsiasi computer oggi esistente. Questo però non significa che i nostri cervelli non abbiano delle limitazioni. Una calcolatrice delle più economiche è migliaia di volte meglio di noi in matematica, spesso la memoria non ci assiste, e in più siamo soggetti a biasis cognitivi, quei fastidiosi difetti del nostro modo di pensare che ci fanno prendere decisioni discutibili e giungere a conclusioni errate. Qui abbiamo raccolto una dozzina dei biasis cognitivi più comuni e dannosi che è necessario conoscere (e nel caso correggere).
Prima di iniziare, è importante distinguere tra biasis cognitivi e fallacie logiche.
Una fallacia logica è un errore nell’argomentazione logica (Es: attacco ad hominem, fallacia del piano inclinato, degli argomenti circolari, ricorso alla forza, etc).
Un biasis cognitivo, invece, è una vera carenza o un limite del nostro pensiero: un difetto nel giudizio che deriva da errori della memoria, attribuzione sociale ed errori di calcolo (ad esempio errori statistici o un falso senso di probabilità).
Alcuni psicologi sociali credono che i nostri biasis cognitivi ci aiutino a elaborare le informazioni in modo più efficiente, soprattutto nelle situazioni di pericolo. Eppure, ci portano a commettere gravi errori. Magari siamo inclini a questo tipo di errori, possiamo imparare però ad esserne consapevoli. Qui ci sono alcuni tra i più importanti da tenere in mente.
Ci piace essere d’accordo con persone che sono d’accordo con noi.
Ecco perché visitiamo solo siti web che esprimono le nostre opinioni politiche, e perché usciamo maggiormente con persone che hanno punti di vista e gusti simili a noi. Tendiamo a lasciarci scoraggiare da individui, gruppi o fonti d’informazione che ci fanno sentire a disagio o insicuri riguardo ai nostri punti di vista; questo è ciò che lo psicologo comportamentale B. F. Skinner ha chiamato dissonanza cognitiva. È questa la modalità di comportamento preferenziale che porta al bias di conferma – l’atto, spesso inconscio, di riferimento solo alle prospettive che alimentano i nostri punti di vista preesistenti, e al tempo stesso ignorare o respingere i commenti – non importa quanto validi essi siano – che minacciano la nostra visione del mondo. Paradossalmente Internet ha fatto diventare questa tendenza ancora peggiore.
Ecco perché visitiamo solo siti web che esprimono le nostre opinioni politiche, e perché usciamo maggiormente con persone che hanno punti di vista e gusti simili a noi. Tendiamo a lasciarci scoraggiare da individui, gruppi o fonti d’informazione che ci fanno sentire a disagio o insicuri riguardo ai nostri punti di vista; questo è ciò che lo psicologo comportamentale B. F. Skinner ha chiamato dissonanza cognitiva. È questa la modalità di comportamento preferenziale che porta al bias di conferma – l’atto, spesso inconscio, di riferimento solo alle prospettive che alimentano i nostri punti di vista preesistenti, e al tempo stesso ignorare o respingere i commenti – non importa quanto validi essi siano – che minacciano la nostra visione del mondo. Paradossalmente Internet ha fatto diventare questa tendenza ancora peggiore.
- Il Bias del gruppo
In qualche modo simile al bias di conferma, questo bias è una dimostrazione del nostro istinto tribale. E stranamente, gran parte di questo effetto può avere a che fare con l’ossitocina, la cosidetta “molecola dell’amore”. Questo neurotrasmettitore, mentre ci aiuta ad avere legami più stretti con persone del nostro stesso gruppo, svolge la funzione esattamente opposta per quelli all’esterno – ci rende sospettosi, paurosi, e perfino sprezzanti verso gli altri. In definitiva, il bias del gruppo ci induce a sopravvalutare le capacità e il valore del nostro gruppo a scapito di persone che, in realtà, non conosciamo.
- Fallacia di Gambler
La si chiama fallacia, ma è più un problema tecnico del nostro modo di pensare.
Tendiamo a dare particolare importanza agli eventi del passato, credendo che influenzeranno in qualche modo i risultati futuri. L’esempio classico è il lancio della moneta. Dopo aver ottenuto testa, diciamo, per cinque volte consecutive, la nostra tendenza è quella di prevedere un aumento della probabilità che il prossimo lancio sarà croce, che la probabilità sarà certamente a favore delle croci. In realtà però, le probabilità sono ancora 50/50.
Come dicono gli statistici, i risultati in diversi lanci sono statisticamente indipendenti e la probabilità di ogni risultato è sempre del 50%.
In relazione a questo, c’è anche un aspetto positivo del bias, che spesso alimenta il gioco d’azzardo. È quel senso che la nostra sorte infine cambierà e che la fortuna stia per arrivare. Contribuisce anche al malinteso della “mano calda”. Analogamente, si tratta della stessa sensazione che abbiamo quando iniziamo un nuovo rapporto che ci porta a credere che sarà migliore di quello precedente.
- Razionalizzazione post-acquisto
Vi ricordate della volta che avete comprato qualcosa di totalmente inutile, qualcosa di difettoso, o eccessivamente costoso e dopo di che avete ragionato sul vostro acquisto a tal punto che vi siete convinti che dopotutto fosse una grande idea?
Si, questo è il meccanismo di razionalizzazione post-acquisto in azione, una specie di meccanismo incorporato che ci fa sentire meglio dopo aver preso brutte decisioni, specialmente davanti al registratore di cassa.
Conosciuto anche come “Sindrome di Stoccolma dell’acquirente”, è un modo inconscio di giustificare i nostri acquisti, specialmente quelli più costosi. Gli psicologi sociali dicono che deriva dal principio d’impegno, il nostro desiderio psicologico di rimanere coerenti ed evitare uno stato di dissonanza cognitiva.
- Negligenza di probabilità
Pochissimi di noi hanno dei problemi a salire in macchina per andare a fare un giro, molti però hanno provato trepidazione entrando in un aereo e volando a 10.000 metri di quota. Volare, ovviamente, è una attività del tutto innaturale e apparentemente pericolosa. Eppure, quasi tutti sappiamo riconoscere il fatto che la probabilità di morire in un incidente d’auto è significativamente maggiore di essere uccisi in un incidente aereo, il nostro cervello però ci libera da questa logica cristallina (statisticamente abbiamo 1 possibilità su 84 di morire in un incidente automobilistico, rispetto a una possibiità su 5.000 di morire in un incidente aereo, altre fonti indicano addiritutra 1 su 20,000 fonte). È lo stesso fenomeno che ci fa preoccupare di essere uccisi in un atto terroristico, invece che da qualcosa di molto più probabile, come cadere dalle scale o avvelenarsi accidentalmente.
Questo è ciò che lo psicologo sociale Cass Sunstein chiama “negligenza di probabilità”, la nostra incapacità di comprendere correttamente il giusto senso del pericolo e del rischio, che spesso ci porta a sopravvalutare i rischi di attività relativamente innocue, mentre ci fa sottovalutare quelle più pericolose.
- Bias dello sguardo selettivo
Si tratta di quell’effetto che avviene quando si iniziano a notare cose a cui prima non facevamo caso, effetto che ci fa quindi assumere erroneamente che accadano più spesso. Un ottimo esempio è quello che succede dopo che si ha appena acquistato una nuova auto e inspiegabilmente si inizia a vedere la stessa macchina praticamente ovunque. Un effetto simile accade anche alle donne in stato di gravidanza che improvvisamente notano un sacco di altre donne incinte intorno a loro. Oppure può accadere con un numero, con una canzone. Non è che queste cose accadono con una frequenza maggiore, il fatto è che noi (per qualche ragione) abbiamo selezionato quella cosa nella nostra mente, e a sua volta, lo notiamo più spesso.
Il problema è che la maggior parte delle persone non lo riconosce come un bias di selezione e crede veramente che queste cose o questi eventi stanno accadendo con una frequenza maggiore, il che può portare a una sensazione molto sconcertante.
Si tratta anche di un bias cognitivo che contribuisce il manifestarsi alla sensazione che la comparsa di alcune cose o eventi magari non sia una coincidenza (anche se magari lo è veramente).
- Bias dello status-quo
Noi esseri umani tendiamo a diventare apprensivi e preoccupati davanti al cambiamento, cosa che spesso ci porta a fare scelte per garantire che le cose rimangano le stesse, o che cambino il meno possibile. Inutile dire che questo ha ramificazioni in tutto, dalla politica all’economia. Ci piace rimanere fedeli alla nostra routine, ai nostri partiti politici e ai nostri piatti o ristoranti preferiti. La parte più dannosa di questo pregiudizio è l’ingiustificata supposizione che una scelta diversa sarà inferiore o farà peggiorare le cose. Il bias dello status-quo può essere riassunto con il detto: “Se non è rotto, non ripararlo”, una massima che alimenta le nostre tendenze conservatrici. E infatti, alcuni commentatori dicono che questo è il motivo per cui gli Stati Uniti non sono stati in grado di attuare la riforma dell’assistenza sanitaria, nonostante il fatto che la maggior parte delle persone sia d’accordo con quell’idea di riforma.
- Bias della negatività
Le persone tendono a prestare maggiore attenzione alle brutte notizie, e questo non solo perché siamo morbosi. I sociologi teorizzano che è a causa della nostra attenzione selettiva e che, potendo scegliere, noi percepiamo le notizie negative come le più importanti e profonde. Inoltre tendiamo a dare maggiore credibilità alle brutte notizie, forse perché siamo sospettosi (o annoiati) a quei proclami che dicono il contrario. In termini di evoluzione, ascoltare una notizia cattiva può essere più vantaggioso che ignorarne una buona (ad esempio, “le tigri dai denti a sciabola fanno schifo” contro” questa bacca è gustosa”). Oggi si corre il rischio di soffermarsi sulla negatività a scapito delle notizie positive. Steven Pinker, nel suo libro “The Better Angels of Our Nature: Why Violence Has Declined” sostiene che il crimine, la violenza e altre ingiustizie siano in costante diminuzione, tuttavia la maggior parte delle persone sostengono che le cose stiano peggiorando: un perfetto esempio di bias della negatività al lavoro.
- Effetto carrozzone o carro del vincitore
Anche se spesso ne siamo inconsapevoli, ci piace seguire il flusso della folla. Quando le masse iniziano a scegliere un vincitore o un favorito, è in quel momento che il nostro cervello individuale inizia a spegnersi ed entrare in una sorta di “pensiero di gruppo” o mentalità da formicaio. Non deve per forza essere una gran folla o i capricci di un’intera nazione, può anche includere gruppi piccoli, come una famiglia o un piccolo gruppo di colleghi. L’effetto carro del vincitore è quello che spesso causa la propagazione di comportamenti, norme sociali, e meme tra gruppi di individui, a prescindere dalle prove o dalle motivazioni a loro sostengno. È per questo che i sondaggi di opinione vengono spesso criticati, in quanto possono orientare di conseguenza le prospettive degli individui. Gran parte di questa tendenza ha a che fare con il nostro recondito desiderio di adattarsi ed essere confomi, come è ampiamente dimostrato dal famoso esperimento di conformità di Asch.
- Bias di proiezione
Come individui intrappolati nelle nostre menti 24 ore su 24, è spesso difficile proiettarci oltre i limiti della nostra conoscenza e delle nostre preferenze. Tendiamo a ritenere che la maggior parte delle persone pensi proprio come noi, anche se potrebbe non essercene un motivo. Questa carenza cognitiva spesso porta a un effetto ad esso correlato conosciuto come il bias del falso consenso dove tendiamo a credere che le persone non solo la pensano come noi, ma che sono anche d’accordo con noi. È un bias dove sopravvalutiamo quanto siamo normali e tipici, e supponiamo che esista un consenso su questioni dove in realtà magari non ce n’è nessuno. Inoltre, può anche creare l’effetto in cui i membri di gruppi radicali o di frangia suppongono che all’esterno molte persone la pensino come loro, quando in realtà non è cosi. Oppure la fiducia esagerata che si ha quando si predice il vincitore delle elezioni o in una gara sportiva.
- Bias del momento corrente
Come esseri umani abbiamo molta difficoltà a immaginarci nel futuro e cambiare i nostri comportamenti e aspettetive di conseguenza. La maggior parte di noi preferisce provare piacere nel presente, nel momento attuale, lasciano il dolore al dopo. Questo è un bias che è di particolare interessere per gli economisti (cioè la nostra riluttanza a non spendere troppo e risparmiare) e per gli operatori sanitari. Infatti, uno studio del 1998 ha dimostrato che, quando si effettua delle scelte alimentari per la settimana successiva, il 74 % dei partecipanti ha scelto frutta. Ma quando la scelta di cibo era per il giorno corrente, il 70 % delle persone ha scelto cioccolata.
- Effetto ancora o ancoraggio
Anche conosciuto come trappola della relatività, questa è la tendenza che abbiamo a confrontare solo un insieme limitato di elementi. Viene chiamato effetto di ancoraggio perché si tende a fissarsi su un valore o su un numero che a sua volta viene paragonato a tutto il resto. L’esempio classico è un oggetto in vendita in un negozio: tendiamo a osserare (e valutare) la differenza di prezzo, ma non il prezzo complessivo nel suo insieme. Ecco perché molti menu nei ristoranti offrono piatti molto costosi, mentre includono anche quelli a prezzi (apparentemente) più ragionevoli. È anche per via di questo che, quando ci viene data una scelta, abbiamo la tendenza a scegliere l’opzione di mezzo, non troppo costosa e non troppo a buon mercato.
Dopo aver constatato come il cervello sia un sistema biologico poderoso è bene studiare tutti i difetti cognitivi che renderebbero meno efficiente l’uso che ne facciamo, che ci impediscono di pensare in maniera razionale, pensate agli effetti che essi hanno su noi e sugli altri (amici, parenti e colleghi), abbiamo tradotto questo articolo perché riteniamo giusto migliorarci costantemente e riflettendo attentamente prima di fare una scelta, potremmo cadere in uno dei biasis qui descritti.
Commento finale:
Dopo aver constatato come il cervello sia un sistema biologico poderoso è bene studiare tutti i difetti cognitivi che renderebbero meno efficiente l’uso che ne facciamo, che ci impediscono di pensare in maniera razionale, pensate agli effetti che essi hanno su noi e sugli altri (amici, parenti e colleghi), abbiamo tradotto questo articolo perché riteniamo giusto migliorarci costantemente e riflettendo attentamente prima di fare una scelta, potremmo cadere in uno dei biasis qui descritti.
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