lunedì 15 giugno 2015

Hirohito. Era il 9 agosto 1945, l'atomica era già deflagrata nel cielo di Hiroshima. Per la prima volta nella storia del Supremo Consiglio un uomo - l'anziano ammiraglio Suzuki - si rivolse all'imperatore Hirohito, sollecitandone il parere. Non si faceva, con un Dio in sembianze di uomo. Pare che alla domanda abbia fatto seguito qualche minuto - minuto, non secondo - di incerto silenzio, misto a stupore. Poi Hirohito si alzò, prese da uno scaffale un libriccino di poesie appartenuto al nonno, cercò una pagina, lesse questi versi: Guardate dunque il cielo voi credete che la sorte di un uomo anche il più potente possa far battere il ciglio a una stella? Non aveva parlato il Dio in terra, aveva parlato un uomo con la sua poesia. Solo quattro versi: e fu in quel momento che finì la guerra.




Nemmeno l'imperatore del Giappone, divinità in terra, nemmeno lui.
Leggo in Indro Montanelli, soltanto un giornalista, testimonianza di una vita resa a Tiziana Abate, la descrizione dell'ultimo Supremo Consiglio di Guerra con cui il Giappone fu chiamato a decidere sulla resa senza condizioni. Era il 9 agosto 1945, l'atomica era già deflagrata nel cielo di Hiroshima. Per la prima volta nella storia del Supremo Consiglio un uomo - l'anziano ammiraglio Suzuki - si rivolse all'imperatore Hirohito, sollecitandone il parere. Non si faceva, con un Dio in sembianze di uomo. Pare che alla domanda abbia fatto seguito qualche minuto - minuto, non secondo - di incerto silenzio, misto a stupore. Poi Hirohito si alzò, prese da uno scaffale un libriccino di poesie appartenuto al nonno, cercò una pagina, lesse questi versi:
Guardate dunque il cielo
voi credete che la sorte di un uomo
anche il più potente
possa far battere il ciglio a una stella?
Non aveva parlato il Dio in terra, aveva parlato un uomo con la sua poesia. Solo quattro versi: e fu in quel momento che finì la guerra.



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