giovedì 22 agosto 2013

Nabokov. Benchè si legga con la mente, la sede del piacere artistico è tra le scapole. Quel piccolo brivido che sentiamo lì dietro è certamente la forma più alta di emozione che l'umanità abbia raggiunto sviluppando la pura arte e la pura scienza. veneriamo dunque la spina dorsale e i suoi fremiti. Siamo fieri di essere dei vertebrati, perchè siamo dei vertebrati muniti nella testa di una fiamma divina. Il cervello è solo una continuazione della spina dorsale; lo stoppino corre in realtà per tutta la lunghezza della candela. Se non siamo capaci di godere di questo brivido, se non sappiamo godere della letteratura, rinunciamo a tutto questo e concentriamoci sui fumetti, sulla TV, sui libri-della-settimana. Ma io penso che Dickens si rivelerà più forte

Un pensiero, quando è scritto, è meno opprimente, benché si comporti talvolta come un tumore maligno: lo asporti, lo strappi via, e si sviluppa di nuovo peggio di prima.
Vladimir Nabokov


L'immaginazione, il supremo piacere dell'immortale e dell'immaturo, dovrebbe avere dei limiti, per rendere la vita piena di gioia; non dovremo abusare troppo della gioia.
Vladimir Nabokov


Freud mi sembra rozzo, medioevale: non voglio che un anziano gentiluomo viennese con l'ombrello mi infligga i suoi sogni.
Vladimir Nabokov



Le mie avversioni sono semplici: stupidità, oppressione, crimine, crudeltà, musica leggera.
Vladimir Nabokov


«C’era una volta un uomo che si chiamava Albinus, il quale viveva in Germania, a Berlino. Era ricco, rispettabile, felice; un giorno lasciò la moglie per un'amante giovane; l'amò; non ne fu riamato; e la sua vita finì nel peggiore dei modi».
Vladimir Nabokov, Una risata nel buio


Come per il resto, non sono più colpevole, nell’imitare la “vita reale”,
di quanto la “vita reale” sia responsabile nel plagiarmi.
Vladimir Vladimirovič Nabokov

La vita è una grande sorpresa.
Non vedo perché la morte non potrebbe esserne una anche più grande.
Vladimir Vladimirovič Nabokov


Certe persone – e io sono di quelle – odiano il lieto fine.
Ci sentiamo frodati.
Il dolore è la norma.
Vladimir Vladimirovič Nabokov


La solitudine è il campo da gioco di satana.
Vladimir Vladimirovič Nabokov
Fuoco pallido


Sei l’unica persona con cui posso parlare dell’ombra di una nuvola, della musica di un pensiero.
E di come, quando oggi sono andato a lavorare e ho guardato in faccia un girasole, mi ha sorriso con tutti i suoi semi.
Vladimir Vladimirovič Nabokov


Non lo nascondo: sono così disabituato all'idea della gente – ti prego, capiscimi – così disabituato, che i primi minuti del nostro incontro mi sembravano uno scherzo, un travestimento ingannevole… Ci sono solo alcune cose di cui è difficile parlare: si scuote il loro meraviglioso polline toccandole con le parole… Sì, ho bisogno di te, del mio racconto di fate. Perché tu sei l'unica persona a cui posso parlare del grido di una nuvola, del canto di un pensiero e del fatto che quando oggi sono andato a lavorare e ho visto ogni girasole in faccia, mi hanno sorriso anche loro con i loro semi.
Vladimir Nabokov nella sua prima lettera alla moglie Vera
citato da Stacy Schiff in Véra: Mrs Vladimir Nabokov


Temo che le parole in sé, per loro specifica natura, siano insufficienti a rendere visivamente una somiglianza di questo tipo: le due facce dovrebbero essere ritratte una accanto all'altra ricorrendo a veri colori, non alle parole, allora e solo allora lo spettatore capirebbe il mio punto di vista.
Non c'è scrittore che non nutra il sogno di trasformare chi legge in uno spettatore; c'è mai riuscito qualcuno? I pallidi organismi degli eroi letterari, alimentati sotto il vigile occhio dell'autore, crescono per gradi con la linfa vitale del lettore; perciò la genialità di uno scrittore consiste nel conferire loro la capacità di adattarsi a questo cibo - non molto appetitoso - e di crescere robusti grazie a esso, talvolta per secoli.
Ma al momento non è di metodi letterari che ho bisogno, bensì della schietta, brutale evidenza dell'arte pittorica.
Vladimir Nabokov, Disperazione.


La costante sensazione che i nostri giorni terreni siano solo argent de poche, monetine che tintinnano nel buio delle tasche, e che da qualche parte esista il vero capitale da cui finché siamo vivi dobbiamo saper riscuotere i dividendi in forma di sogni, lacrime di felicità, montagne lontane.
Vladimir Nabokov, Il dono


Il deserto dello scrittoio andrà arato a lungo prima che su di esso fioriscano le prime righe.
Vladimir Nabokov, Il dono



Tutto sguscia via, tutto dipende dal caso.
C'è un gusto stuzzichevole nel chiedersi, guardando al passato:
«Che cosa sarebbe successo se…» sostituendo un avvenimento fortuito a un altro, osservando come, da un attimo grigio e sterile del proprio trantran quotidiano, germogli un evento meravigliosamente roseo, che nella realtà non era riuscito a sbocciare. È un mistero, questo ramificarsi della vita: avvertiamo, a ogni istante trascorso, strade che si dividono, un «quindi» e un «altrimenti», con innumerevoli, vertiginosi zigzag che si biforcano e si triforcano sul fondo oscuro del passato.
Vladimir Nabokov





Al contrario. Le bambine di Carroll rimandano a una perversione mentale. Morbosetta.
Le mie erano perversioni reali, dunque inconfessabili, per quanto agite nel vuoto e nell’inconsistenza. Non come le lolite che a dieci anni vanno a letto con chi capita e non vedono l’ora di raccontarlo alle madri, spesso consenzienti. Detesto quelle lolite e Nabokov che le racconta. Porcheriole da mezzocalzettismo borghese. Mille volte davvero più grande di lui Leopardi (non gliene importava nulla della vera Nerina, bastava lasciarla nel suo altarino)… la mia infanzia. Ecco, la mia infanzia di allora era l’acme del porno. Vertici mai più raggiunti. Una confusione scema e beata. Si può essere confusi e non averne un’idea? Ecco, quella è l’infanzia.
Carmelo Bene, Vita di Carmelo Bene. Bompiani.




Nabokov individua con straordinaria lucidità i motivi per cui si determina la pedofila:
la fissazione della pulsione all'infanzia ,cioè il feticismo dell'infanzia .
Se oggi vogliamo dire qualcosa sull'argomento non possiamo non tener conto di Nabokov.
Che [...] non era pedofilo .
Romanzo che non suscita certo atti pedofili (non si è mai sentito "mi sono ispirato a -Lolita-") ma che al contrario colloca la pedofilia fra le perversioni.
[...] è storia di disperazione e non certo proposta di un modello sociale.






Con la «singolare nitidezza» di qualcosa che si vede dall’altro capo di un telescopio, minuscolo ma provvisto dello smalto allucinatorio di una decalcomania, Nabokov ha lasciato affiorare dalle pagine di questo libro la sua fanciullezza nella «Russia leggendaria» precedente alla rivoluzione, troppo perfetta e troppo felice per non essere condannata a un dileguamento istantaneo e totale, sospingendo poi il ricordo fino all’apparizione dello «splendido fumaiolo» della nave che lo avrebbe condotto in America nel 1940. «Il dettaglio è sempre benvenuto»: questa regola aurea dell’arte di Nabokov forse mai fu applicata da lui stesso con altrettanta determinazione come in Parla, ricordo. Qui l’ebbrezza dei dettagli che scintillano in una prosa furiosamente cesellata diventa il mezzo più sicuro, se non l’unico, per salvare una moltitudine di istanti e di profili altrimenti destinati a essere inghiottiti nel silenzio, fissandoli in parole che si offrono come «miniature traslucide, tascabili paesi delle meraviglie, piccoli mondi perfetti di smorzate sfumature luminescenti». Compiuta l’operazione da stagionato prestigiatore itinerante, Nabokov riarrotola il suo «tappeto magico, così da sovrapporre l’una all’altra parti diverse del disegno». E aggiunge: «E che i visitatori inciampino pure». Cosa che ogni lettore farà, con «un fremito di gratitudine rivolto a chi di dovere – al genio contrappuntistico del destino umano o ai teneri spettri che assecondano un fortunato mortale».



Confesso di non credere nel tempo. Dopo l’uso mi piace ripiegare il mio tappeto magico, così da sovrapporre l’una all’altre parti diverse del disegno. E che i visitatori inciampino pure. E la gioia più grande dell’assenza di tempo - in un paesaggio scelto a caso - viene quando mi trovo tra farfalle rare e piante di cui esse si nutrono. È quella, l’estasi, e dietro l’estasi c’è qualcos’altro difficile da spiegare.
È come un vuoto momentaneo in cui si riversa tutto ciò che mi è caro. La sensazione di essere tutt’uno con sole e pietra. Un fremito di gratitudine rivolto a chi di dovere - al genio contrappuntistico del destino umano o ai teneri spettri che assecondano un fortunato mortale.
Vladimir Nabokov, "Parla, Ricordo", Adelphi Edizioni



Lui non credeva in un Dio autocratico. Credeva, confusamente, in una democrazia di fantasmi. Le anime dei morti, forse, costituivano dei comitati, e questi, in seduta perpetua, presiedevano ai destini dei vivi.
Vladimir Nabokov, "Pnin"



Se al primo esame di guida lo avevano respinto, era stato soprattutto perché aveva intavolato una discussione con l’esaminatore, nell'intempestivo sforzo di dimostrargli quanto fosse umiliante per una creatura razionale sentirsi chiedere di incoraggiare lo sviluppo di un vile riflesso condizionato fermandosi a un semaforo rosso quando intorno non c’era anima viva, né su due piedi né su quattro ruote.
Vladimir Nabokov, "Pnin"


Certe persone – e io sono di quelle – odiano il lieto fine. Ci sentiamo truffati. Il fallimento è la norma. Un destino funesto non dovrebbe incepparsi. La valanga che interrompe la sua avanzata a pochi metri dal villaggio rattrappito dalla paura si comporta in modo non soltanto innaturale, ma anche immorale.”
Vladimir Nabokov, Pnin


Benchè si legga con la mente, la sede del piacere artistico è tra le scapole. Quel piccolo brivido che sentiamo lì dietro è certamente la forma più alta di emozione che l'umanità abbia raggiunto sviluppando la pura arte e la pura scienza. veneriamo dunque la spina dorsale e i suoi fremiti. Siamo fieri di essere dei vertebrati, perchè siamo dei vertebrati muniti nella testa di una fiamma divina. Il cervello è solo una continuazione della spina dorsale; lo stoppino corre in realtà per tutta la lunghezza della candela. Se non siamo capaci di godere di questo brivido, se non sappiamo godere della letteratura, rinunciamo a tutto questo e concentriamoci sui fumetti, sulla TV, sui libri-della-settimana. Ma io penso che Dickens si rivelerà più forte. 
Vladimir Nabokov su Casa Desolata 



«È lui – il buon lettore, l’eccellente lettore – che ha salvato più e più volte l’artista dalla distruzione per mano degli imperatori, dei dittatori, dei preti, dei puritani, dei filistei, dei politici, dei poliziotti, dei direttori delle poste e dei pedanti. Mi si permetta di definire questo ammirevole lettore. Non appartiene a una nazione o a una classe specifica. Non c’è direttore di coscienza o club del libro che possa gestire la sua anima. Il suo modo d’accostarsi a un’opera di narrativa non è determinato da quelle emozioni giovanili che portano il lettore mediocre a identificarsi con questo o quel personaggio e a “saltare le descrizioni”. Il buon lettore, il lettore ammirevole, non s’identifica con il ragazzo o la ragazza del libro, ma con il cervello che quel libro ha pensato e composto.[..] Al lettore ammirevole non interessano le idee generali; ma la visione particolare. Gli piace il romanzo non perché gli permette di inserirsi nel gruppo (per usare un diabolico luogo comune delle scuole avanzate); gli piace perché assorbe e capisce ogni particolare del testo, gode di ciò che l’autore voleva fosse goduto, sorride interiormente e dappertutto, si lascia eccitare dalle magiche immagini del grande falsario, del fantasioso falsario, del prestigiatore, dell’artista. In realtà, di tutti i personaggi creati da un grande artista, i più belli sono i suoi lettori.» 
Vladimir Nabokov, Lezioni di letteratura



Vedevo raramente i miei genitori. Divorziavano e si risposavano e ridivorziavano a un ritmo tale che, se i tutori della mia fortuna fossero stati meno vigili, avrei corso il rischio di finire all'asta e aggiudicato a una coppia di sconosciuti di origine svedese o scozzese con tristi borse sotto gli occhi avidi.
Vladimir Nabokov - Guarda gli arlecchini! pag. 22


Questo libro non s’ha da fare.
Quella volta che un editore disse no a Lolita, di Vladimir Nabokov.
«... Consiglio di seppellirlo sotto una pietra e tenerlo lì per almeno mille anni.»

«Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia.»
È uno degli incipit più famosi della letteratura, eppure non dev’essere per niente piaciuto al primo editore che si è visto recapitare le bozze di un Nabokov ancora sconosciuto ai più.
[...] dopo aver bussato alle porte di diverse case editrici
– le più grandi, come Viking Press, Simon&Schuster, New Directions, Farrar e Doubleday –
capì che non c’era niente da fare.
Qualcuna di loro, gli rispose in questo modo:
«Per gran parte è nauseante, anche per un freudiano illuminato… è una specie di incrocio instabile tra una realtà orribile e una fantasia improbabile. Spesso diventa un sogno a occhi aperti nevrotico e selvaggio… Consiglio di seppellirlo sotto una pietra e tenerlo lì per almeno mille anni
Nabokov propose, dunque, il prezioso manoscritto a una casa editrice francese, specializzata in letteratura erotica, la Olympia Press, che lo pubblicò nel 1955. Fu immediatamente un caso editoriale, e arrivò a essere definito dal «Sunday Times» di Londra come «uno dei migliori romanzi dell’anno». Il resto è storia.
http://www.booktobook.it/libri/la-lettera-di-rifiuto-a-lolita-di-vladimir-nabokov/


Vera e Vladimir Nabokov.
Un carteggio racconta l’appassionato amore dello scrittore russo.
[...] “Lolita”: un romanzo che ha ammaliato le menti, che mette addosso brividi e febbre, pagine che lo stesso Nabokov odiò o amò e che più volte tentò di dare alle fiamme.

[Vera Evseevna] Un grande amore corrisposto a cui Nabokov fu legato teneramente per tutta la sua vita. Dalle lettere del narratore russo traspare un’immensa gratitudine e un grande affetto per sua moglie. In una delle missive, Vladimir scrive:
Come posso spiegarti, mia gioia, mia felicità celeste quanto sono completamente tuo, con tutti i miei ricordi, i miei poemi, i miei impulsi e i miei tremori intimi? O spiegare che non posso richiamare alla mente il più piccolo accidente senza rimpiangere, un così doloroso rimpianto, che non l’abbiamo attraversato insieme?”. [...]
Per Nabokov, Vera fu consigliera, psicologa, moglie, madre, editrice, dattilografa, segretaria e tanto altro ancora.  [...] Vera prese la patente per poter accompagnare il marito in America per qualsiasi occasione, dai convegni alle letture pubbliche, e persino, per andare a caccia di farfalle la domenica. Nabokov non era in grado di proteggersi, così la moglie era solita portarsi dietro una pistola per entrambi.
Lui era il genio indifeso, lei il suo scudo.

Fu lei a impedire che Vladimir bruciasse, come più volte aveva cercato di fare, le bozze e le prime pagine di “Lolita“, forse intuendo il conturbante successo che il romanzo avrebbe avuto. [...]
di Chiara Listo
http://www.ripensandoci.com/vera-slolim-moglie-e-musa-di-nabokov/
 


Sapevo di essermi innamorato di Lolita per sempre; ma sapevo anche che lei non sarebbe stata per sempre Lolita.Il primo gennaio avrebbe compiuto tredici anni.
Entro un paio d’anni avrebbe cessato di essere una ninfetta e si sarebbe trasformata in una ‘ragazza’, e poi, orrore degli orrori, in una college girl.
La parola ‘per sempre’ si riferiva solo alla mia intima passione, a quell’eterna Lolita che si rifletteva nel mio sangue.   
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955, tr. it. G. Arborio Mella, Adelphi, 1993, p. 86



Incipit
Lolita, luce della mia vita, fuoco dei miei lombi. Mio peccato, anima mia. Lo-li-ta: la punta della lingua compie un breve viaggio di tre passi sul palato per andare a bussare, al terzo, contro i denti. Lo-li-ta. Era Lo, null'altro che Lo, al mattino, diritta nella sua statura di un metro e cinquantotto, con un calzino soltanto. Era Lola in pantaloni. Era Dolly a scuola. Era Dolores sulla linea punteggiata dei documenti. Ma nelle mie braccia fu sempre Lolita.
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955
...
Incipit in inglese
Lolita, light of my life, fire of my loins. My sin, my soul. Lo-lee-ta: the tip of the tongue taking a trip of three steps down the palate to tap, at three, on the teeth. Lo. Lee. Ta. She was Lo, plain Lo, in the morning, standing four feet ten in one sock. She was Lola in slacks. She was Dolly at school. She was Dolores on the dotted line. But in my arms she was always Lolita.
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955




Ma quel boschetto di mimose – la caligine delle stelle, il fremito, la vampa, l’ambrosia e il dolore – è rimasto con me, e non ha mai cessato di perseguitarmi. Ci amavamo di un amore prematuro, segnato da quella ferocia che così spesso distrugge le vite degli adulti. Io ero forte, e sopravvissi; ma il veleno rimase nella ferita, e la ferita non si rimarginò più.
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955


[…] e con un tono assolutamente serio e sereno la mia Lolita osservò:
《Sai, quello che è tremendo della morte è che l'uomo è completamente abbandonato a se stesso; e mi resi conto con stupore, mentre le mie ginocchia di automa andavano su e giù, che non sapevo proprio nulla della mente del mio tesoro, e che probabilmente, dietro gli atroci cliché giovanili, c'era in lei un giardino e un crepuscolo, e la cancellata di un palazzo-regioni velate e adorabili a me lucidamente e assolutamente proibite, a me coi miei stracci insozzati da miserabili spasmi; giacché notavo spesso che, vivendo come vivevamo, lei e io, in un mondo di male assoluto, ci coglieva uno strano imbarazzo quando io cercavo di affrontare un argomento di cui avrebbero potuto parlare lei e un'amica più grande, lei e un genitore, lei e un innamorato vero e sano, io e Annabel, Lolita e un sublime Harold Haze, purificato, deificato-un'idea astratta, un quadro, il punteggiato Hopkins o il rapato Baudelaire, Dio o Shakespeare, qualunque argomento genuino.
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955


E mi venne in mente -non a titolo di protesta, nè di simbolo, nè di niente del genere, ma semplicemente come un'esperienza nuova- che avendo disatteso tutte le leggi dell'umanità, tanto valeva disattendere quelle del traffico
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955


Uno dei passi più antifreudiani lo si ritrova in Lolita:
“Devo la mia completa guarigione a una scoperta che feci proprio mentre mi curavano in quella particolare, costosissima clinica: scoprii che prendere in giro gli psichiatri mi procurava un inesauribile, gagliardo godimento. Bastava circuirli con astuzia; non mostrare mai che conosci tutti i trucchi del mestiere; inventare sogni elaboratissimi, puri classici dello stile (che procurano a loro, i cavasogni, incubi dai quali si svegliano urlando); stuzzicarli con false «scene primarie»; e non lasciargli mai intravedere il minimo sprazzo delle tue vere turbe sessuali. Corrompendo un’infermiera ebbi accesso a uno schedario dove scoprii, con spasso supremo, alcune cartelle cliniche in cui venivo definito «potenzialmente omosessuale» e «totalmente impotente».” 
Vladimir Nabokov, Lolita, 1955
http://www.tropismi.it/luciombre-di-vladimir-nabokov/


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Vladimir Nabokov
Guarda gli arlecchini!
Traduzione di Franca Pece
Biblioteca Adelphi
2012, pp. 293
Letteratura nordamericana
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È il 1974 e il settantenne Vadim Vadimovič, scrittore incluso nella rosa dei candidati al Nobel, ripercorre la propria vita con cruda sincerità. Nato a Pietroburgo in una famiglia aristocratica, vive un'infanzia solitaria e infelice che è all'origine di inquietanti turbe psichiche. Quando scoppia la rivoluzione bolscevica fugge avventurosamente all'estero e ripara in Inghilterra; più tardi, in Francia, ha inizio la sua carriera di letterato, illustrata con esilaranti notazioni. Arrogante e asociale, sbrigativo nei rapporti sentimentali, assillato dalla sensazione che la sua esistenza sia la parodia di quella di un altro, si sposa indotto solo da impulsi erotici, indulge a tradimenti con disinvolte fanciulle, prova torbide attrazioni per adolescenti impuberi, e mentre insegna svogliato in una detestabile università della provincia americana vede acuirsi i suoi disordini mentali. Dovrà arrivare alle soglie della vecchiaia per incontrare la vera eroina del libro, una giovane donna il cui nome resterà segreto – perché solo così si preservano le cose preziose della vita. Sarà lei a dischiudergli il nesso armonico tra amore e arte, tra invenzione e realtà: e la possibilità di trascendere il sé addentrandosi in una dimensione spirituale che ignora ogni confine.
Tutt'altro che segreta è invece la vera identità di Vadim Vadimovič N., il Narratore, che subito si rivela una caricaturale rappresentazione del suo artefice: o meglio, del volgare fraintendimento della sua personalità generato da certa critica, incline a descriverlo come autoreferenziale, ossessionato dai doppi, dai personaggi marionetta che adombrano la mano del burattinaio.
Con gli Arlecchini Nabokov in realtà ci consegna uno dei suoi romanzi più divertenti e beffardi lasciando al lettore il compito di classificarlo: un trattato sull’amore nelle sue diverse declinazioni? Un inedito affresco della vita dei russi émigré? Un criptico manuale sulla percezione dello spazio e del tempo? O forse la sublime irrisione di ogni racconto autobiografico?


9. LETTERATURA
LOLITA
Il romanzo, uno dei più scandalosi della storia, narra la storia di un quarantenne, insegnante di letteratura francese, Humbert Humbert, che decide di trasferirsi nella piccola città di Ramsdale in New England.
Dopo aver affittato una stanza presso la vedova Charlotte Haze, arriva l’incontro (della sua vita) con la figlia dodicenne Dolores (chiamata anche Lo, Lola o Dolly).
Egli si invaghisce perdutamente della ragazzina, che gli ricorda il suo primo amore adolescenziale, purtroppo scomparso prematuramente, la bella Annabelle.
Durante la permanenza di Dolores in un campo estivo, la mamma Charlotte si innamora di Humbert e si dichiara all’uomo. Quest’ultimo decide di convolare a nozze con Charlotte, con il solo scopo di impossessarsi anima e corpo della sua bella figlia Lolita.
La madre viene in seguito a scoprire le vere intenzioni dell’uomo da un suo diario personale e, delusa, lo minaccia di esporlo ad un pubblico scandalo come essere detestabile, abominevole, criminale e bugiardo.
Ma purtroppo Charlotte è colpita da un tragico destino. Mentre si accinge ad attraversare la strada, trovandosi in stato di evidente shock, viene investita e uccisa da un’automobile. Per l’uomo ora la via è completamente libera da ogni ostacolo, per vivere a pieno il suo sentimento morboso nei confronti di Lolita.
Egli va a prendere la ragazza, che si trova in campeggio; successivamente le rivela della morte della mamma e la invita ad accettarlo come suo patrigno e affidatario. Così, per due anni, tiene prigioniera Lolita e la costringe a diventare la sua amante.
Dopo un periodo di prigionia, la bella Lolita viene iscritta a una scuola femminile e successivamente ad una scuola di teatro. Frequenta il commediografo Quilty, che aveva già conosciuto quando questi era stato ospite della casa della madre, che l’aiuterà.
La ragazza è costretta, senza volerlo, a passare da un motel all’altro, in una corsa frenetica, da un capo all’altro degli Stati Uniti, ma è seguita sempre da un uomo misterioso.
Le viene impedito qualsiasi rapporto con il mondo esterno e qualsiasi contatto con ragazzi e altri uomini. L’uomo, inoltre, la paga solo per ottenerne favori sessuali, la ricatta dicendo che se decide di andare a denunciarlo alla polizia, finirà in prigione anche lei.
Lolita si ammala e viene ricoverata. La ragazza fugge con un uomo misterioso dall’ospedale e Humbert non riesce più a rintracciarla. Dopo svariato tempo, il protagonista si arrende ed interrompe la sua assidua ricerca di Lolita che ora è finalmente libera. In seguito Humbert ha un rapporto sentimentale con una donna che si chiama Rita.
Dopo circa un anno, l’uomo riceve una lettera della bella Lolita, ormai diciassettenne, che gli scrive di stare bene, di essere felicemente sposata e in attesa di un figlio e chiede all’uomo di aiutarla a livello economico.
Humbert a questo punto si reca dalla ragazza ma con il solo scopo di farsi rivelare il nome di colui che l’aveva aiutata nella fuga dall’ospedale, e quel nome è Quilty. Quilty aveva cercato di avviare la ragazza alla carriera cinematografica pornografica; ma al rifiuto della ragazza, decide di lasciarla al suo destino.
Infine, fortunatamente la bella Lolita incontra e sposa Dick (Richard), un uomo per bene.
Dopo aver consegnato alla ragazza quattromila dollari, Humbert cerca di convincerla a ritornare con lui, ottenendo però inutili risultati.
In preda allo sconforto e alla disperazione, Humbert va a cercare Quilty, lo riesce a trovare e lo uccide a colpi di rivoltella.
L’uomo viene arrestato con l’accusa di omicidio e dal carcere inizia a scrivere il libro di memorie in onore della ragazza: “Lolita o le confessioni di un maschio bianco vedovo”.
Vladimir Vladimirovič Nabokov



Non essere sicuro di apprendere il passato dalle labbra del presente.
Non fidarti neanche del mediatore più onesto. Ricorda che ciò che ti vien detto ha sempre un triplice aspetto: riceve una certa forma da chi racconta, è rimodellato da chi ascolta ed è occultato a entrambi dal morto di cui si narra la storia.
Vladimir Vladimirovič Nabokov, La vera vita di Sebastiano Knight


Non posso fare a meno di pensare che nell'amore ci sia qualcosa di essenzialmente sbagliato.
Tra amici si litiga o ci si perde di vista, e anche tra parenti stretti, ma non c’è questo spasimo, questo pathos, questa fatalità che sta attaccata all'amore. L’amicizia non ha mai l’aspetto della condanna. Perché dunque l’amore è così misteriosamente esclusivo? Si possono avere mille amici, ma si deve amare una sola persona.
Vladimir Vladimirovič Nabokov, La vera vita di Sebastiano Knight




Sebastian Knight, un geniale scrittore nato a Pietroburgo nel 1899 ed educato in Inghilterra, muore in giovane età lasciando alcuni romanzi, una serie di racconti e un fratellastro, V., che decide di scriverne la «vera vita» ritornando nei luoghi frequentati dal defunto e rintracciandone le donne e gli amici. Ma V. è uno Sherlock Holmes maldestro e impacciato, le piste s’incrociano e si sovrappongono, i personaggi si sdoppiano, sfuggono, talvolta muoiono mentre la ricerca è in corso, e il libro di V. diventa un romanzo senza fine la cui forma aberrante sarebbe questa: «un autore scrive un libro su di un autore che vorrebbe scrivere un libro su di un autore il quale, incidentalmente, ha avuto in animo di scrivere una biografia fittizia; di questo autore praticamente non si hanno notizie che non siano ingannevoli o tautologiche, ed anzi l’unica vera “notizia” è che Sebastian, scrittore, ha scritto dei libri» (Giorgio Manganelli).
Ma è questo un romanzo o il romanzo di una biografia che è anche autobiografia? Vladimir Nabokov, nato a Pietroburgo nel 1899, si definiva «uno scrittore americano cresciuto in Russia, educato in Inghilterra, imbevuto della cultura dell’Europa occidentale», e di questo «scrittore americano» dalle innumerevoli sfaccettature La vera vita di Sebastian Knight si può considerare l’atto di nascita e il passaporto. È un atto di nascita perché dopo i romanzi e i racconti in lingua russa è il primo libro scritto direttamente in inglese (fu composto a Parigi nel 1938, perlopiù nella stanza da bagno di un minuscolo appartamento, e pubblicato in America nel 1941 da New Directions, la casa editrice diretta dal poeta James Laughlin); ed è un passaporto per l’emigrazione da una letteratura a un’altra, nella quale Nabokov trasferisce e arricchisce il suo armamentario di scrittore-scacchista e scrittore-entomologo, i suoi giochi verbali e numerologici, le invenzioni e i colpi di scena di una regia partecipe e insieme impietosa, non di rado perversa, sempre imprevedibile.



 

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