sabato 6 luglio 2013

Jung. Prendimi l'anima è un film biografico diretto da Roberto Faenza, ispirato alla figura della psicoanalista russa Sabina Spielrein e al suo rapporto sia terapico che amoroso con Jung.

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Daniele Silvestri "Tutta colpa di Freud"
http://youtu.be/sjFPZ7L3kVs




"Ciò che è percepito come amore si regge sulla convinzione di essere amati".
 Nicolle Kress-Rosen, La passione di Sabina. Freud, Jung e Sabina Spielrein, La Tartaruga edizioni, pag. 36

«[…] non mi è dato di amare senza nessun altro fine se non l’amore stesso, senza bisogno di giustificare il mio comportamento, senza bisogno di promettere nulla.» "Io cerco la persona che sia capace di amare l'altro senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissuaderlo; cerco questa persona DEL FUTURO che sappia realizzare un amore indipendente dai vantaggi o svantaggi sociali, affinché l'amore sia sempre fine a se stesso e non solo il mezzo in vista di uno scopo." 
Carl Gustav Jung a Sabina Spielrein



Prendimi l'anima è un film biografico diretto da Roberto Faenza, ispirato alla figura della psicoanalista russa Sabina Spielrein e al suo rapporto sia terapico che amoroso con Jung. Gli interpreti principali sono Emilia Fox e Iain Glen.



è interessante che Sabina si indirizzi nei suoi dialoghi iniziali al suo Angelo custode...al suo Daimon...





uno dei passi del film che mi ha commosso è stato quando il piccolo bambino autistico dopo i numerosi tentativi della dottoressa ...finalmente apre i pugni per comunicare con la piccola scimmietta ....e qui la profondità del pensiero psicanalitico è incommensurabile ..qui l'anima mundi irrompe sulla scena



http://youtu.be/G5SCmQl4tyg



" Fanciulla, dimmi di nuovo
cosa può crescere senza pioggia?
cosa può ardere per molti anni?
cosa può bramare e piangere senza lacrime? 
Giovane sprovveduto, perché domandare ancora?
E la pietra che può crescere senza pioggia
E lamore che può ardere per molti lunghi anni
Ed é Il cuore che può bramare e piangere senza lacrime...""

Le parole sono in Yddish (o giudeo-tedesco, una lingua germanica parlata dagli ebrei dell'europa orientale), mentre la musica appartiene alla tradizione russa: la stessa balalaika è uno strumento musicale di origini russe.


Un giovane uomo riflette, tutta la notte

sarebbe sbagliato, si domanda, o forse giusto
dovrebbe rivelarle il suo amore, osare scegliere
e lei lo accetterebbe, oppure no?


Tumbala, tumbala, tumbalalaika,
Tumbala, tumbala, tumbalalaika
tumbalalaika, suona balalaika
suona, balalaika, cerchiamo di essere allegri. 


Fanciulla, dimmi di nuovo
cosa può crescere senza pioggia?
cosa può ardere per molti anni?
cosa può bramare e piangere senza lacrime? 


Giovane sprovveduto, perché domandare ancora?
E la pietra che può crescere senza pioggia
E lamore che può ardere per molti lunghi anni
Ed é Il cuore che può bramare e piangere senza lacrime.


http://youtu.be/DaSabC5r1_Q




Le parole sono in Yddish (o giudeo-tedesco, una lingua germanica parlata dagli ebrei dell'europa orientale), mentre la musica appartiene alla tradizione russa: la stessa balalaika è uno strumento musicale di origini russe.


Questo film e questa canzone descrivono l'essenza dell'uomo che si rivela solo ed esclusivamente nell'amare un'altra persona...


vi consiglio per chi è interessato alla vera storia di Sabina il film documentario oppure i libri . 
Ho visto tutto quello che c'era da vedere su di lei e ora sto leggendo Diario di una segreta simmetria di Aldo Carotenuto.http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=951


Un metodo pericoloso: Sabina Spielrein e il femminile rimosso della civiltà/


“Ogni uomo porta in sé la forma intera dell’umana condizione”
Michel de Montaigne [1]


Nel 1977, in uno scantinato del Palais Wilson di Ginevra, vecchia sede di un prestigioso Istituto di psicologia, viene ritrovato uno scatolone colmo di documenti. Il ritrovamento è il frutto casuale di un paziente lavoro di ricerca capeggiato dall’analista italiano Aldo Carotenuto. Di cosa si tratta? Lo scatolone contiene FRAMMENTI DI DIARIO E UN CARTEGGIO IMPORTANTE FRA TRE SOGGETTI: IL PADRE DELLA PSICANALISI SIGMUND FREUD, IL SUO DISCEPOLO CARL GUSTAV JUNG, in seguito allontanatosi per fondare una nuova teoria e una certa Sabina Spielrein, psicanalista ed autrice del diario.
Il materiale porta ad emersione particolari finora sconosciuti sulle vicende storico-biografiche dei tre personaggi, vicende che hanno inciso in maniera inequivocabile sugli sviluppi teorici di ognuno di loro. Ciò che viene alla luce turba e sconvolge talmente il mondo intellettuale da stimolare una lunga serie di saggi, opere teatrali e cinematografiche, di cui IL FILM DI CRONENBERG, UN METODO PERICOLOSO, rappresenta solo l’ultima appendice. Insomma, anche figurativamente parlando, SABINA SPIELREIN – DIMENTICATA, RIMOSSA, INCOMPRESA – EMERGE DAL SOTTOSUOLO DELLA CIVILTÀ, DALL’INCONSCIO DELLA STORIA DELLA PSICOLOGIA, SIMBOLEGGIATO COSÌ BENE DALLO SCANTINATO DEL PALAZZO GINEVRINO, PER RIVENDICARE LA SUA VERITÀ.
Sabina Spielrein è il perturbante [2] della storia della psicoanalisi. Il primo dei lavori a lei dedicato è naturalmente il LIBRO DI CAROTENUTO, DIARIO DI UNA SEGRETA SIMMETRIA. SABINA SPIELREIN TRA JUNG E FREUD. USCITO NEL 1980 E presto tradotto in numerose lingue, esso CONTIENE LE LETTERE SCAMBIATE FRA I TRE [3], quanto ritrovato del diario di Sabina Spielrein ed ovviamente la propria visione critica dell’intera vicenda. FONDAMENTALMENTE SU QUESTO TESTO SI BASA IL FILM DI ROBERTO FAENZA PRENDIMI L’ANIMA, USCITO NEL 2002.
MA CHI ERA SABINA SPIELREIN? E LA SUA TESTIMONIANZA PARLA A NOI, UOMINI E DONNE DELLA CIVILTÀ CONTEMPORANEA? A MALINCUORE ELLA RIMANE PER I PIÙ “L’AMANTE DI JUNG”. Aldo Carotenuto riporta, con profondo rammarico, il fatto che la principale preoccupazione del pubblico, ad ogni sua presentazione del libro, fosse se Jung e la Spielrein avessero avuto rapporti sessuali. Intendiamoci: quello a cui si rivolge Carotenuto non era un pubblico generico, egli si rivolge ad intellettuali, principalmente psicologi e psicanalisti. “Dobbiamo domandarci perché gli analisti sembrano ossessionati (corsivo mio) da questo punto che delle volte sembra essere non un problema, ma il problema per eccellenza” [4]. Non è questo il punto, dice Carotenuto. Ed infatti L’EVENTUALITÀ NON AVREBBE AGGIUNTO O TOLTO NULLA, AD UN RAPPORTO CHE DI SICURO AVEVA LA DIMENSIONE TOTALIZZANTE DEI GRANDI AMORI, IN CUI LE DUE PERSONALITÀ ERANO IN UNA SIMBIOSI ANIMICA SORPRENDENTE. Senza contare che da un pubblico di intellettuali ci si aspetta che si indaghi a fondo sulle ripercussioni teoriche che una personalità come Spielrein abbia avuto sui fondatori rispettivamente della psicoanalisi e della psicologia analitica, discipline in cui, lo puntualizzo per il lettore non avvezzo a certi temi, SUSSISTE UN CORTO CIRCUITO ASSENTE IN TUTTE LE ALTRE SCIENZE: IL SOGGETTO E L’OGGETTO DELL’INDAGINE SONO LO STESSO, È L’UOMO CHE INDAGA L’UOMO [5].
IL FILM DI CRONENBERG PRENDE SPUNTO DA UN LIBRO USCITO NEL 1993, A MOST DANGEROUS METHOD, SCRITTO DA JOHN KERR, uno psicologo clinico americano. Christopher Hampton, sceneggiatore di Cronenberg, ne trasse una piece teatrale che il regista canadese volle in seguito portare sul grande schermo. Il testo di Kerr, che appone al titolo una sottile differenza enfatica rispetto al film (“Un metodo molto pericoloso”, tratto da un’espressione di William James), parte dalla scoperta di Carotenuto per avventurarsi in una favolosa opera di contestualizzazione storica del materiale emerso. Già qui si rivela infatti una differenza fondamentale fra il testo ed il film: il lettore sappia che si tratta di due cose profondamente diverse e forse, nella leggera modifica del titolo, Cronenberg intende già manifestarlo.
IL FILM DI CRONENBERG – PER INCISO, NON CERTO UNO DEI SUOI MIGLIORI – PRENDE IL TRIANGOLO JUNG-SPIELREIN-FREUD E LO ISOLA COMPLETAMENTE DAL CONTESTO. I pochi altri personaggi che compaiono nella scena, come la moglie di Jung oppure Otto Gross, che mise seriamente in crisi Jung sulle proprie inclinazioni poligame, sono delle mere tangenti rispetto a quel che interessa della storia.  IL TESTO DI KERR, AL CONTRARIO, È INFATTI CORALE: ESSO ESAMINA TUTTI GLI ATTORI CHE HANNO MOVIMENTATO LE SCENE DI QUEGLI ANNI FATIDICI PER LA STORIA DELLE DOTTRINE PSICOLOGICHE E, OSIAMO DIRE, PER LA STORIA DELLA CIVILTÀ OCCIDENTALE [6]. Il pregio di questo testo risiede nel ricostruire dettagliatamente e scientificamente i fatti di quegli anni, con la resa narrativa di un romanzo.
Una delle scene chiave del film, che manifesta l’intento del regista, è quella in cui FREUD SVIENE DINANZI A JUNG (SECONDO SVENIMENTO, IL PRIMO AVVENNE ALLA VIGILIA DEL VIAGGIO IN AMERICA): qui Cronenberg sceglie di ambientare la scena alla fine di un imprecisato incontro fra studiosi, dove, nell’atto di raccogliere le proprie carte, tutti se ne vanno lasciando soli Freud e Jung a discutere. Potrebbero essere delle macchie indistinte ad andarsene, sarebbe la stessa cosa. Nella realtà si trattò di una riunione molto vivace che si tenne in un hotel di Monaco, dove TUTTI PRESERO LA PAROLA, SOPRATTUTTO IN MERITO ALLA FIGURA EGIZIA DEL FARAONE AMENHOTEP, CHE SECONDO FREUD COVAVA DESIDERI PARRICIDI. FREUD FECE OVVIAMENTE DI TUTTO, NELL’OCCASIONE, PER RIMARCARE L’INGRATITUDINE DEL “FIGLIO ED EREDE” JUNG, SEMPRE PIÙ ORIENTATO VERSO UNA PROPRIA NUOVA TEORIA e i dietro le quinte di questa riunione sono anche più interessanti al riguardo [7]. Alla fine della discussione la tensione sfocia nello svenimento. Una metafora efficace per far capire la dinamica della storia di Sabina Spielrein all’interno di questa coralità, è quella del telaio: dobbiamo immaginare la Spielrein come la navetta che si muove fra le trame e gli orditi, ovvero fra i fili tenuti assieme dal telaio. OGNI TRAMA ED OGNI ORDITO – I SINGOLI PROTAGONISTI – VENGONO ACCURATAMENTE ESAMINATI E SVILUPPATI DA KERR. NON SOLO FREUD E JUNG: BLEULER, FOREL, FLOURNOY, RIKLIN, ABRAHAM E MOLTI ALTRI…TUTTI VENGONO IN QUALCHE MODO SOLCATI DALLA NAVETTA CHE LI ATTRAVERSA E CHE, FINO ALLA FINE DEGLI ANNI ’70, SARÀ RELEGATA NEL BUIO, COSTRINGENDO A LASCIARE UNA MATASSA DI FILI NON DEL TUTTO DECIFRABILE [8].
Moltissimi aspetti potrebbero essere esaminati nella storia (nelle storie) che Sabina Spielrein porta ad emersione. Di questi ne scelgo due, riassumendoli simbolicamente in due parole cariche di significato: SILENZIO E FEMMINILE. “Il silenzio che così a lungo ha atteso la sua storia è emblematico di un silenzio ancora più insidioso che gradualmente ha sorpreso la psicoanalisi durante questo tempo” [9]. “…Sabina, pioniera della psicoanalisi, figura fino a poco tempo fa negata, rimossa o fraintesa…” [10]. Ed è proprio la parola rimossa, evocata da Lella Ravasi Bellocchio nel suo bel libro sulle madri, il termine più appropriato in merito alla figura di Sabina Spielrein, ma soprattutto in merito a quel che essa incarna e simboleggia.
Sembra un paradosso per la psicoanalisi, no? Prima di avventurarmi nelle mie speculazioni vorrei richiamare l’attenzione del lettore, soprattutto di quello digiuno di nozioni psicoanalitiche e della contestualizzazione storica in cui esse nacquero, ricordando come LA VICENDA DOCUMENTATA DA KERR E RITRATTA DA CRONENBERG SI SVOLGA ALL’INIZIO DEL XX SECOLO, UN PERIODO IN CUI I RAPPORTI E I COSTUMI FAMILIARI IN SENO ALLA BORGHESIA – IN PRIMIS QUELLI MATRIMONIALI – NON SONO MOLTO DISSIMILI DA QUELLI DESCRITTI POCHI DECENNI PRIMA NEGLI OTTOCENTESCHI ROMANZI DI THOMAS HARDY [11].
Mi piace iniziare la mia RIFLESSIONE SULLA PSICANALISI E IL FEMMINILE prendendo in considerazione non certo le parole di una femminista militante, tutt’altro. Scrive Romano Màdera in relazione a Freud: “La femminilità, insieme all’infantile, all’arcaico, allo psicopatologico, designa il territorio, ancora non bonificato, che si estende oltre le dighe sullo Zuidersee: IL MONDO DELL’INCONSCIO. LA METAFORA SCELTA DA FREUD PER PARLARE DELL’OSCURITÀ CHE LA FEMMINILITÀ OPPONE ALLA RICERCA PSICOANALITICA, IL “CONTINENTE NERO”, condensa, ben al di là di una attenta disamina critica, il pregiudizio che accomuna l’intellettualità euroamericana maschile della prima metà del Novecento” [12]. Riporto inoltre le parole dello stesso John Kerr riguardo all’epoca in cui vivono i tre protagonisti principali, accanto ai lati oscuri, alle ipocrisie, alle falsità: “Era parimenti un mondo di grandezza immaginata, di importanti destini che aspettavano di essere esauditi […] OVUNQUE, DAI CAFFÈ DI VIENNA AI CLUB DEGLI UFFICIALI DELL’ESERCITO DEL KAISER, GLI UOMINI IMMAGINAVANO DI POTER DIVENTARE IL PROSSIMO DARWIN O IL PROSSIMO BISMARCK O IL PROSSIMO NIETZSCHE. nell’avere il suo proprio destino eroico da esaudire, spielrein era figlia del suo tempo. l’unica differenza era che era una donna” [13].
Una ragazza qualunque?
Sabina Spielrein giunge dalla nativa Russia all’ospedale Burgholzli di Zurigo, Svizzera, nell’agosto del 1904. E’ appena diciannovenne, ma È MALATA GIÀ DA DIVERSI ANNI. LA DIAGNOSI DEL MEDICO CHE LA PRENDE IN CURA, CARL GUSTAV JUNG, È DI ISTERIA PSICOTICA. NEL GIUGNO DEL 1905 VIENE DIMESSA, CONTINUANDO LA TERAPIA DA PAZIENTE ESTERNA. VIVE DA SOLA IN UN APPARTAMENTO A ZURIGO, IN SEGUITO ALL’ISCRIZIONE ALLA FACOLTÀ DI MEDICINA. CONSIDERANDO I TEMPI LUNGHI DELLA MALATTIA E LA SUA GRAVITÀ, LA GUARIGIONE È STATA STRAORDINARIAMENTE VELOCE ED EFFICACE: “L’AVVENIMENTO PIÙ SIGNIFICATIVO NELLA GIOVANE VITA DELLA SPIELREIN FU CHE, QUALSIASI COSA FOSSE AVVENUTA NEL CORSO DELLA TERAPIA CON JUNG AL BURGHOLZLI, QUESTA LA GUARÌ [14]”.
LA MALATTIA DI SABINA AFFONDA LE SUE RADICI NELL’ATTEGGIAMENTO PUNITIVO DEL PADRE, IL QUALE USAVA PERCUOTERLE IL SEDERE NUDO (particolare che Jung censurerà nella sua lettera a Freud, dicendo che la ragazza fu traumatizzata nel vedere il fratello percosso). Questo fatto probabilmente ingenera strane fantasie anali nella ragazzina, la quale non può sedersi a tavola senza immaginare i familiari al tavolo con lei nell’atto di defecare. Cerca inoltre, bizzarramente, di stimolare e al contempo bloccare la propria defecazione rannicchiandosi e puntando il tallone sull’ano. In età adolescenziale non riuscirà più a guardare le persone negli occhi e la situazione si aggraverà con l’insorgere di ripetuti atti masturbatori, accompagnati da un pesante senso di colpa.
Ma è degno di nota anche l’ATTEGGIAMENTO PERVERSO DI UNA MADRE ANAFFETTIVA, la quale, per di più, SFOGÒ LA PROPRIA RABBIA VERSO IL MONDO MASCHILE SULLA FIGLIA, ENTRANDO IN COMPETIZIONE CON I SUOI CORTEGGIATORI E VIETANDO, NEL MODO PIÙ ASSOLUTO, QUALSIASI TIPO DI EDUCAZIONE SESSUALE, tanto da intervenire segretamente presso le autorità scolastiche russe per far evitare alla figlia la lezione di biologia sulla riproduzione umana. Sabina arriva quindi, adulta, a non sapere nulla della sessualità e di questo particolare fondamentale, unito al rapporto malsano con la madre, non vi è sorprendentemente alcuna menzione nella diagnosi di Jung, né  nelle sue lettere a Freud.
L’altro dettaglio determinante è che SABINA È UNA RAGAZZA COLTA: NELLA RUSSIA DELL’EPOCA L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE ERA MOLTO PIÙ ALL’AVANGUARDIA DI ALCUNI PAESI EUROPEI, PERMETTENDO ALLE DONNE DI FREQUENTARE IL LICEO (ANZICHÉ ACCONTENTARSI DI UN TUTORE PRIVATO) E DI ISCRIVERSI ALL’UNIVERSITÀ.
Le pazienti del Burgholzli, vengono da famiglie povere o della medio-bassa borghesia, hanno generalmente un’educazione minima. La paziente venuta dalla Russia è quindi molto più acculturata delle coetanee svizzere e, oltre a ciò, rivela fin da subito un’intelligenza e un’intuizione non comuni. Insomma, si capisce subito che SABINA SPIELREIN NON È UNA RAGAZZA QUALUNQUE, TANTO CHE SARÀ LO STESSO JUNG AD INCORAGGIARLA SULLA STRADA DELLA CARRIERA SCIENTIFICA COME PSICOANALISTA. IL GIOVANE JUNG INFATTI PENSA BENE DI COINVOLGERE QUESTA SUA STRAORDINARIA PAZIENTE COME ASSISTENTE NEI SUOI ESPERIMENTI COL REATTIVO VERBALE, IN CUI HA MODO DI VERIFICARE LE TEORIE FREUDIANE.
Dopo la dimissione, Sabina continuerà la terapia con Jung, recandosi settimanalmente nel suo studio: probabilmente è lì che queste due sensibilità straordinarie entreranno in un più PROFONDO RAPPORTO ANIMICO, IN CUI NON È IMPROPRIO NOMINARE LA PAROLA AMORE. IN SABINA SPIELREIN, JUNG RINTRACCIA DUNQUE MOLTE PARTI DI SE STESSO e se, in alcuni suoi passaggi giovanili, si nota un certo atteggiamento e una posa di superiorità maschile verso la mente femminile più facilmente impressionabile, Kerr mette in evidenza quelli che erano i fantasmi di Jung: le fantasie anali della Spielrein diventavano così ben poca cosa rispetto alle fantasie del giovanissimo Jung, in cui Dio defecava spudoratamente sul tetto della cattedrale di Basilea e un enorme fallo compariva all’interno di un’oscura caverna [15].
In entrambi vi è inoltre un forte anelito spirituale assolutamente collegato, non sganciato, alle immagini oscene scatenate dalla loro fantasia ma NATURALMENTE IL RAPPORTO FRA I DUE NASCE SBILANCIATO, ASIMMETRICO [16] : NON BISOGNA DIMENTICARE CHE, PER QUANTO ABBIA AVUTO UN’EVOLUZIONE, È PUR SEMPRE UN RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE, IN CUI IL PRIMO DEVE TENERE SALDAMENTE IN MANO LE REDINI E FAR SÌ CHE L’EMOTIVITÀ E LE DINAMICHE AFFETTIVE DEL PAZIENTE NON TRAVOLGANO ENTRAMBI. LE REDINI SFUGGONO PERÒ DALLE MANI E JUNG DECIDE DI CHIEDERE AIUTO A COLUI CHE HA DESIGNATO COME PADRE E MAESTRO: SIGMUND FREUD.
La mediazione
Jung chiede aiuto a Freud, ma in maniera alquanto contorta: un po’ confessa e un po’ no, un po’ mente, un po’ omette e lo fa comunque molto tardi (la prima lettera è del 1906, la “quasi confessione” solo nel 1909!). Freud dal canto suo lascia capire che ha intuito la situazione ma cerca di muoversi in maniera diplomatica, suggerendo alla Spielrein di lasciar perdere la faccenda per il bene di tutti: “LE HO SUGGERITO UNA DIGNITOSA LIQUIDAZIONE, PER COSÌ DIRE, ENDOPSICHICA DI TUTTA LA FACCENDA” [17] e soprattutto cerca di assolvere Jung il più possibile, adducendo la responsabilità del problema alle giovani pazienti: “la capacità di queste donne di mettere in moto come stimoli tutte le astuzie psichiche immaginabili, finché non abbiano raggiunto il loro scopo, costituisce uno dei più grandiosi spettacoli della natura” [18].
Insomma, OLTRE ALLA RELEGAZIONE DEL FEMMINILE NELLA SFERA DEL PRIMITIVO, SIAMO ALLA MENTALITÀ DELLA DONNA COME EVA TENTATRICE. In questo frangente, prima della rottura, bisogna ricordarsi che IL RAPPORTO FREUD-JUNG SI PUÒ SCINDERE IN DUE PARTI: UNA PARTE CONTRASSEGNATA DA UNA FORTE CARICA AFFETTIVA, DOVE I DUE SI COMPIACCIONO GENUINAMENTE DEI RUOLI DI PADRE E FIGLIO, E UNA PARTE SCHIETTAMENTE UTILITARISTA.
A Freud, Jung appare come l’erede ideale del suo impero teorico per una miriade di ragioni. Si potrebbe dire brutalmente che Jung gli serva: non è ebreo, come tutti i suoi seguaci viennesi e a Freud serve uno psicanalista “ariano”, che dia una più vasta risonanza alle sue teorie. Jung è, inoltre, geniale. Freud non ha una grande stima dei suoi seguaci viennesi, nello svizzero Jung, giovane, intraprendente e con una formidabile capacità intuitiva, vede dunque una grande speranza e forse, viene ipotizzato, una proiezione di quel che avrebbe voluto essere da giovane.
Da parte sua Jung è all’inizio della sua carriera e Freud gli serve per lanciarsi nel mondo scientifico. Le sue teorie, da subito, destano la sua sincera attenzione tanto da portarlo ad applicarle in ambito clinico sui pazienti del Burgholzli ma Jung, come sottolineano sia Kerr sia Carotenuto, ERA CONSAPEVOLE SIN DALL’INIZIO DELLE PROPRIE DIVERGENZE DAL MAESTRO, SOPRATTUTTO SUL CONCETTO FREUDIANO DI LIBIDO, SPIEGATO COME MERA ENERGIA SESSUALE, COSA CHE JUNG CONSIDERA FORTEMENTE RIDUTTIVA RISPETTO AD ALTRE ISTANZE DELL’ESSERE UMANO, LEGATE AL PROPRIO DESTINO E ESSENZIALMENTE DI NATURA SPIRITUALE.
Un po’ per la sua propria confusione interiore (“Io ero pieno di dubbi!” [19]), UN PO’ PERCHÉ, APPUNTO, FREUD GLI SERVE, JUNG PERSEVERA NEL MANTENERE UN ATTEGGIAMENTO DI VENERAZIONE VERSO IL MAESTRO, A TRATTI QUASI SERVILE: OGNI VOLTA INFATTI CHE FREUD LO REDARGUISCE, EGLI ASSUME UN ATTEGGIAMENTO REMISSIVO, SCUSANDOSI E PREMURANDOSI DI RIBADIRE QUANTO IL RIMPROVERO SIA STATO PER LUI PREZIOSO. UNA DINAMICA, DUNQUE, QUELLA FRA I DUE CHE OSCILLA FRA I CONTENZIOSI PADRE-FIGLIO ED IL MANTENIMENTO DEI RAPPORTI DIPLOMATICI perché ambedue si servono l’uno dell’altro. Logico quindi che un rapporto così non possa essere genuino fino in fondo, schietto. Per quanto forte e viscerale avrà inevitabilmente dei coni d’ombra.
Sabina Spielrein non si pone nessuno di questi problemi, non si lascia raggirare dalle parole dei due psicanalisti che cercano di “liquidare” il suo caso in maniera affrettata e maldestra. Una cosa è certa: né Freud aveva bisogno di uno scandalo riguardante il suo erede designato, né tantomeno Jung aveva bisogno di rovinarsi una carriera appena iniziata.
IL GROSSO ERRORE CHE FANNO FREUD E JUNG È QUELLO DI NON AVER MAI SMESSO DI CONSIDERARE LA SPIELREIN UNA PAZIENTE E DI AVERNE GROSSOLANAMENTE SOTTOVALUTATO LE DOTI INTUITIVE.
Sentiamo un po’ come la Spielrein redarguisce addirittura Freud, ad un certo punto della vicenda: “Ma anche lei è astuto, Professore [...]. Si desidera però evitare un momento sgradevole, no? Neppure il grande ‘Freud’ riesce sempre a rendersi conto delle Sue debolezze” [20]
Non è necessaria una laurea in psicologia per intuire l’effetto dell’ammonimento della studentessa Spielrein, giustamente impertinente e che punta dritto alla verità, su un uomo della statura di Freud: UN UOMO CHE CONSIDERAVA LE DONNE ALLA STREGUA DI UNA DIMENSIONE PRIMITIVA, INFANTILE, NON DEL TUTTO SVILUPPATA. La scossa deve essere arrivata pungente, anche perché si insinuava dritta dritta fra le pieghe di un assordante silenzio fra lui e Jung.
E non sarà l’unica volta in cui Sabina Spielrein si dimostrerà molto più perspicace dei due [21].
La non – conversazione
JOHN KERR, CON UNA EFFICACE ESPRESSIONE, AFFERMA CHE ACCANTO ALLE LETTERE E AL RAPPORTO UFFICIALE, FRA FREUD E JUNG SI SVILUPPÒ NEGLI ANNI UNA NON-CONVERSAZIONE [22].
IL PESO DEL NON-DETTO verrà squisitamente rimosso fino all’estremo, quando si farà strada da sé ed imploderà tragicamente, nel frangente che porterà poi alla definitiva rottura fra i due [23].
Uno dei non-detti riguarda direttamente lo scambio di lettere di cui sopra: SOLO ANNI DOPO FREUD DARÀ QUELLA “RISPOSTA MANCATA” [24], in Osservazioni sull’amore di traslazione del 1914. Qui ammetterà la totale responsabilità dell’analista nel cadere in un eventuale errore, laddove PRIMA, COME SI È VISTO, SPOSTAVA TUTTO SULLA “DIABOLICITÀ DELLA PAZIENTE CHE INDUCE IN TENTAZIONE L’ANALISTA, CERCANDO DI FAR LEVA SUI NODI CONFLITTUALI E IRRISOLTI” [25].
E’ un non-detto che riguarda Jung molto da vicino e che permette a Freud di assolvere il suo erede per tutta la durata del loro idillio. LO ASSOLVE IN QUELLO CHE FU SENZ’ALTRO UN ERRORE UMANO COMMESSO CON SCARSA DESTREZZA, CONFUSO DALL’EMOTIVITÀ, MA PUR SEMPRE UN ERRORE. Chiariamo una volta per tutte: LO SBAGLIO DI JUNG NON FU CERTO QUELLO DI INNAMORARSI DI SABINA SPIELREIN. Per quanto un analista debba evitare il più possibile il coinvolgimento emotivo, è pur un essere umano come tutti gli altri e innamorarsi può succedere. Bisogna inoltre tener presente, come ben puntualizza Carotenuto, che GLI ANALISTI DELL’EPOCA CHE VEDEVA LA PSICOANALISI NEL SUO NASCERE NON ERANO SUFFICIENTEMENTE PREPARATI AD AFFRONTARE QUALCOSA DI COSÌ POTENTE COME IL TRANSFERT E, SOPRATTUTTO, IL CONTRO-TRANSFERT, OVVERO IL COACERVO DI EMOZIONI CHE IL PAZIENTE PROIETTA SUL MEDICO E, SPECULARMENTE, I NODI EMOTIVI IRRISOLTI CHE IL PAZIENTE PUÒ RISVEGLIARE A SUA VOLTA NELL’ANALISTA.
L’errore di Jung fu nel modo in cui gestì questa sua vicenda emotiva, in relazione al mondo esterno. Sono tanti gli episodi, in questo frangente, che ritraggono il giovane JUNG COMPORTARSI DAVVERO IN MANIERA POCO ONOREVOLE. Bisogna ricordarsi che qui stiamo parlando di uno Jung trentenne, molto ambizioso e al contempo emotivamente instabile. POCO DOPO LA ROTTURA CON FREUD E IL DISTACCO DA SABINA SPIELREIN (DUE DELLE PERSONE PIÙ IMPORTANTI DELLA SUA VITA!) AVRÀ UN TRACOLLO PSICOLOGICO CHE LO PORTERÀ AD AFFRONTARE PER PARECCHI ANNI I SUOI FANTASMI INTERIORI, LA COSIDDETTA NEKYA [26].
Ma UN ALTRO CLAMOROSO NON-DETTO RIGUARDA MOLTO DA VICINO FREUD E su questo la comunità scientifica degli psicoterapeuti e degli studiosi ha dimostrato una forte, incredibile resistenza.

emilia scrive: 26 dicembre 2012 alle 23:17
Articolo interessante. Non mi era piaciuto il riduttivo film di Cronenberg. Ritengo tuttavia che pur nelle contraddizioni Freud si sia lasciato costantemente interrogare dal desiderio femminile non relegandolo al “continente nero” ma individuando in esso la STRUTTURA ANTINOMICA DEL DESIDERIO. A PROPOSITO DEL CASO DI “ANNA O”, FREUD SVELA IN UNA LETTERA DEL 1932 CHE BREUER ABBANDONÒ ANNA SPAVENTATO DAI PROPRI SENTIMENTI NEI SUOI CONFRONTI. E nel caso di Dora Freud ammette di avere sbagliato per analoghi motivi, non tenendo conto del proprio desiderio come analista, importante nello svolgimento della cura. Negare la realtà della controtraslazione sarebbe compiere un’altra grande rimozione che non contribuirebbe all’avvenire della psicanalisi.Per diretta esperienza, devo riconoscere che quello di Sabina Spielrein non è l’unico caso di “femminile rimosso” nella storia della psicanalisi.

___________________________
[1] Michel de Montaigne, Saggi, Adelphi, Milano, 1996, p. 1068.
[2] Si veda Sigmund Freud, Il Perturbante, 1919 ( “Il perturbante è quella sorta di spaventoso che risale a quanto ci è noto da lungo tempo, a ciò che ci è familiare”).
[3]A parte le lettere scritte da Jung, di cui si hanno al momento solo alcuni frammenti per via del veto posto dai discendenti.
[4] A. Carotenuto, Diario di una segreta simmetria. Sabina Spielrein tra Jung e Freud, Astrolabio, Roma, 1980, pag. 34.
[5] Lo scienziato che si occupa per esempio di fisica nucleare o di biologia svolge le sue ricerche in un ambito oggettivo, dove né la sua psiche né la propria sfera emotiva vengono coinvolti.
[6] Basti solo la considerazione apparentemente banale di come alcuni termini come rimozione, complesso di Edipo, inconscio collettivo, siano entrati di fatto nel linguaggio comune.
[7] Per esempio l’episodio apparentemente banale del rimprovero “paterno” che rivolge a Jung, lamentandosi che non gli abbia chiesto notizie sullo stato di salute della madre (si veda J. Kerr, A most dangerous method, Atlantic Books, London, 1993, pagg. 427-428).
[8] Nel 1974 era già stato pubblicato il carteggio fra Freud e Jung, in cui emergeva saltuariamente il nome della Spielrein. Carotenuto intuì l’importanza di questa persona ma in base al materiale in possesso “i conti non tornavano” si veda A. Carotenuto, op. Cit., pag. 40.
[9] J. Kerr, op.cit., pag. 13.
[10] Lella Ravasi Bellocchio, L’amore è un’ombra, Arnoldo Mondadori Editore, Milano, 2012, edizione Kindle.
[11] Si veda un mio articolo su Tess D’Aubervilles, in cui accenno alla naturalità infranta dei rapporti fra i personaggi, in nome delle ipocrisie sociali. Considero il testo suddetto e il suo autore psicanalitici ante litteram. Si veda Dalla carta alla celluloide:“Tess D’Urbervilles” riletto da Roman Polanski, in  www.leniremedios.blogspot.com
[12] R. Màdera, Carl Gustav Jung. Biografia e teoria, Bruno Mondadori Editore, Milano, 1998.
[13] J. Kerr, op. cit, p. 479.
[14] Bruno Bettelheim, Scandalo in famiglia, contenuto in A. Carotenuto, op. cit., p. 29.
[15] Si veda A. Jaffè, a cura di, Ricordi sogni riflessioni, pp. 37, 64 e sg.
[16] “Ora, nella situazione analitica non può esistere, in particolar modo all’inizio, alcuna simmetria” A. Carotenuto, op. cit., p. 101.
[17] Lettere fra Freud e Jung, Boringhieri, Torino, 1974, p. 252.
[18] Ibid., p. 248.
[19] Si veda l’intervista di John Freeman per la tv americana “Face to face”, 1959, video rintracciabile su Youtube.
[20] Lettera di Sabina Spielrein a Freud del 20 giugno 1909, in A. Carotenuto, op. cit., pp. 120 e 242.
[21] In un tentativo imbarazzante di minimizzare la cosa, Jung ad un certo punto dice a Sabina Spielrein un’autentica fesseria: ovvero di aver avuto prima di lei un’infatuazione per la figlia di Freud, spiegando l’affetto verso Sabina come uno spostamento di sentimento verso un’altra giovane ebrea. Sabina pensa invece che la ragazza ebrea a cui si riferisca Jung sia la cugina Helene Preiswerck, la medium su cui basò la sua dissertazione universitaria e verso il quale nutriva una forma di affetto molto vicina all’amore. Tale verità sarà ammessa dallo stesso Jung in una lettera a Freud (si veda A. Carotenuto, op. cit., p. 126-127).
[22] J. Kerr, op. cit., p. 409.
[23] Mi è doveroso precisare che per motivi di spazio non posso qui approfondire la tematica di Sigfrido, figlio che Spielrein avrebbe volute da Jung, ma anche simbolo del loro rapporto nonché del destino di vita di Spielrein.
[24] A. Carotenuto, op. cit., p. 20.
[25] Ibid. p. 121.
[26] Discesa agl’Inferi. Termine mutuato dall’Odissea.





Sabina Spielrein Rostov (Russia) 1885 - 1942
SABINA SPIELREIN FU UNA GIOVANE PAZIENTE E ALLIEVA DI GUSTAV JUNG, che da un profondo personale percorso di auto-guarigione, costruì la propria riflessione teorica e la professione psicoterapeutica. Fu medico psichiatra e musicologa. «L’estensione e la forza attiva dell’inconscio sono differenti nei singoli individui. Non si può dire quale sia più “alto” o più “profondo”, se il subconscio o l’inconscio. Sono delle istanze differenti, anche opposte in un certo senso. Per l’attività professionale non importa tanto la classificazione, quanto la comprensione intuitiva del malato perché LA PSICOTERAPIA PRATICA È UN’ARTE DI GUARIGIONE»
da Lettere a Jung, in A. Carotenuto, Diario di una segreta simmetria, Astrolabio-Ubaldini, p. 207
«il mondo va così, perciò è difficile trovare la propria strada nella vita pratica partendo dai sogni, tranne che nelle creazioni musicali»
Lettere a Jung, in A. Carotenuto, cit, p. 221
Figlia di un commerciante ebreo e di una medico odontoiatra che rinuncia al suo lavoro per dedicarsi alla famiglia (avendo cinque figli, tre maschi e due femmine) Sabina si ammala di nevrosi durante l’adolescenza, in seguito alla morte della sua sorella minore, Emilia, di soli quattro anni. Nell’agosto 1904 viene ricoverata per “isteria psicotica” nella clinica psichiatrica Burghölzli di Zurigo, ove rimane per quasi un anno. Essendo molto benestante, la famiglia sceglie questa clinica perché allora considerata tra le migliori in Europa e una delle poche a fare uso di “TERAPIE BASATE SULLA PAROLA”. In essa opera l’ancora trentenne CARL GUSTAV JUNG, CHE SI DEDICA CON GRANDE DEDIZIONE A QUESTA SUA GIOVANE PAZIENTE AIUTANDOLA AD EMERGERE, NEL GIRO DI SOLI OTTO MESI, DAL SUO PROFONDO STATO DI MALESSERE PSICOTICO CON SCHIZOFRENIA ED ANORESSIA. Tra i due si stabilisce uno scambio emozionale molto intenso e Sabina, con la sua ampia intelligenza, cattura tutto l’interesse del giovane medico lasciando un segno profondo nella sua vita e nella storia della psicologia analitica.
Ritrovata una nuova spinta vitale SABINA DECIDE DI DEDICARSI ALLO STUDIO DELL’ESSERE UMANO. Si iscrive all’Università di Zurigo, dove si laurea in medicina e specializza in psichiatria, nel 1911, scrivendo una tesi originale su IL CONTENUTO PSICOLOGICO DI UN CASO DI SCHIZOFRENIA, LA PRIMA TESI AD AVERE PER ARGOMENTO QUESTA MALATTIA. Nello stesso anno la tesi viene pubblicata sullo Jahrbuch e SABINA DIVIENE COMPONENTE DELLA SOCIETÀ DI PSICOANALISI DI VIENNA. NEL SAGGIO AL DI LÀ DEL PRINCIPIO DI PIACERE DEL 1920, FREUD L’AVREBBE CITATA AFFERMANDO CHE «UNA PARTE NOTEVOLE DI QUESTE SPECULAZIONI È STATA ANTICIPATA DA SABINA SPIELREIN, in un lavoro ricco di contenuto e di idee che purtroppo non mi è del tutto chiaro. Essa definisce l'elemento sadico della pulsione sessuale come “distruttivo”» (Boringhieri 1975, p.88).
Dopo la sua guarigione Sabina Spielrein e Jung (che era già sposato) hanno una storia d’amore che dura sette anni. La rottura arriva quando Jung si rifiuta di mettere al mondo, realmente non solo simbolicamente, Sigfrido, il desiderato figlio “ideale”, unione della razza semitica e ariana, che avrebbe dovuto incarnare l’immagine dell’eroe solare e la cui idea era nata dalla condivisa passione dei due amanti per Wagner. Dopo la loro rottura, Jung e Spielrein intraprendono una interessante corrispondenza epistolare di tipo esclusivamente professionale (Sabina studia e traduce le opere di Jung) che dura fino al 1919.
Nel 1909 Sabina, che allora lavorava come assistente presso la stessa clinica di Zurigo in cui si era curata, aveva intanto incontrato anche Freud, con il quale rimane in corrispondenza professionale fino al 1923. IN UNA DELLE PRIME LETTERE LA GIOVANE DONNA COSÌ GLI SCRIVE A PROPOSITO DELLA RELAZIONE TRA LEI E JUNG: «IL DR. JUNG QUATTRO ANNI E MEZZO FA ERA IL MIO MEDICO, POI DIVENNE UN AMICO E IN SEGUITO “POETA”, CIOÈ AMANTE. ALLA FINE MI CONQUISTÒ E TUTTO ANDÒ COME DI SOLITO ACCADE NELLA “POESIA”. Egli predicava la poligamia, sua moglie sarebbe stata d’accordo etc. etc., ma mia madre ricevette una lettera anonima, scritta in ottimo tedesco, nella quale si diceva di salvare sua figlia che avrebbe potuto essere rovinata dal Dr Jung» (Lettere a Freud, in A. Carotenuto, cit, p. 233). Dalle lettere di Freud emerge come questi considerasse Sabina una collega molto competente: «Raymond de Saussurre potrebbe essere l’unica persona competente dopo di lei» (p.281), le scrive tra l’altro.
PRIMA DI RIVOLGERE «I SUOI SFORZI PER UN’ATTIVITÀ PEDAGOGICA», COME FREUD LE CONSIGLIAVA, SABINA SENTE IL BISOGNO DI COMPIERE UN’ULTERIORE TAPPA DELLA SUA EVOLUZIONE PERSONALE TROVANDO UN LUOGO DOVE «ABBANDONARMI COMPLETAMENTE». E DECIDE DI TROVARLO NELL’ESPRESSIONE ARTISTICA: TORNA AD OCCUPARSI DI MUSICA, ANCHE SUONANDO E COMPONENDO PERSONALMENTE. In una lettera del 1909 Sabina rivelava a Freud: «È STATO WAGNER A PORTARMI NELL’ANIMA IL DEMONIO CON TERRIBILE CHIAREZZA. VOGLIO FARE A MENO DELLE METAFORE, PERCHÉ FORSE LEI RIDERÀ DELLA ESUBERANZA DEI MIEI SENTIMENTI. IL MONDO INTERO ERA PER ME COME UNA MELODIA: CANTAVA LA TERRA, CANTAVA IL LAGO, CANTAVANO GLI ALBERI, RAMO PER RAMO»
Lettere a Freud, in A. Carotenuto, cit, p. 245.
Nelle lettere “professionali” tra lei e Jung (in cui questi veniva appellato “caro Dottore”) SABINA APPROFONDISCE LA SUA RIFLESSIONE TEORICA ED ANCHE ELABORA IL DISTACCO DALLA SUA ILLUSIONE AMOROSA PER LUI. In una lettera del gennaio del 1918 gli scrive: «anche il subconscio può sbagliare. Il subconscio è vittima della suggestione, cioè può essere indotto a cercare la soluzione del problema in una forma “più elevata” o “più bassa”. COSÌ IL MIO PENSIERO E IL MIO SENTIMENTO SUBCONSCI ERANO TANTO INFLUENZATI DA LEI CHE CERCAVO LA SOLUZIONE DEL PROBLEMA DI SIGFRIDO SOTTO FORMA DI BAMBINO REALE. […] Questo atteggiamento subconscio può essere mutato nello stesso individuo in seguito all’elaborazione conscia o all’influenza suggestiva. COSÌ ALLA FINE LEI HA UCCISO IL SIGFRIDO “REALE”, COME LEI STESSO MI HA DETTO (è la prova che anche lei ne aveva uno “reale”), CIOÈ LO HA IMMOLATO IN FAVORE DI QUELLO SUBLIMATO. IO INVECE NEI MIEI SOGNI HO UCCISO L’UOMO CHE DOVEVA DIVENTARE IL PADRE DI SIGFRIDO, E POI NELLA REALTÀ NE HO TROVATO UN ALTRO.»
Lettere a Jung, in A. Carotenuto, cit, p. 215-216

Sabina si è intanto trasferita a Vienna, dove nel 1912 sposa Pavel Scheftel, un medico russo di origini ebraiche come lei. Dalla loro unione nascono nel 1913 Renate (il cui nome, come scrive a Jung, significa “rinata” e che è, per lei, la figlia reale che avrebbe ricompensato la non nascita di Sigfrido) ed Eva nel 1924.
Nei primi anni Venti Sabina si trasferisce a Mosca. Quando nel 1924 Stalin dichiara la psicoanalisi fuori legge, Sabina continua a praticarla in privato illegalmente. In questi anni fonda “l'Asilo Bianco” insieme a Vera Schmidt (Starokonstantinov 1889 - Mosca 1937), una delle figure principali nel movimento psicanalitico russo. L’ASILO BIANCO È UN OSPEDALE PSICHIATRICO, MA ANCHE UN LUOGO DI FORMAZIONE, CARATTERIZZATO DAL FATTO DI AVERE MOBILI E PARETI DIPINTE DI BIANCO E DI MIRARE A VOLERE EDUCARE I BAMBINI A ESSERE LIBERI. In esso Sabina e Vera sperimentano, con un certo successo, metodi pedagogici derivati dalla loro approfondita conoscenza della psicoanalisi.
Accusato di praticare principi educativi contrari alla dottrina del partito, l’Asilo Bianco viene chiuso dalle autorità sovietiche, nonostante pare che Stalin vi avesse iscritto anche il proprio figlio Vasily.
Nel 1937 muore sia l’amica e collega Vera sia uno dei fratelli di Sabina, Isaac Spielrein, psicologo sovietico e pioniere della psicologia del lavoro, che viene deportato e ucciso. Anche il marito, poco dopo, muore a causa delle “purghe” staliniane. Nel 1941, durante l’occupazione tedesca, Sabina, torna a vivere a Rostov sul Don e, quando i tedeschi arrivano anche qui, sembra che si sia rifiuta di fuggire, non credendo possibile (lei che aveva sognato l’unione tra semiti e ariani nel figlio ideale di lei e Jung!) il genocidio nazista contro gli ebrei. MUORE NELL’AGOSTO DEL 1942 NELLA SINAGOGA DI ROSTOV, DOVE I NAZISTI FUCILANO SOMMARIAMENTE TUTTA LA POPOLAZIONE EBREA DEL PAESE. INSIEME A LEI ERANO LE SUE DUE GIOVANISSIME FIGLIE.
Sabina Spielrein è stata autrice attenta e acuta sia di lavori molto specialistici e dettagliati che di molta scrittura privata: diari e lettere. Dai suoi scritti emerge un percorso esistenziale che ha il coraggio di non trascurare niente della complessa e articolata vita della psiche. Scrittura privata e riflessione teorica sono per lei strumenti di incessante trasformazione e crescita di consapevolezza, e sono rivolti alla RICERCA DI CIÒ A CUI PIÙ LEI AMBISCE: UNA SANA E ARMONIOSA UNITÀ TRA MONDO “ISTINTUALE” E REALTÀ.
Le immagini dei sogni e le contraddizioni della sua anima sono materia di continua analisi personale, che “emerge” nel diario, viene “discussa” nelle lettere e si sviluppa in un discorso teorico che guarda senza reticenze alla pluralità e ambivalenza della vita. SABINA RITIENE CHE I DESIDERI RIMOSSI, CONSIDERATI “IMMORALI E INSOPPORTABILI DALLA COSCIENZA” TALVOLTA AFFIORANO SOTTO FORMA DI SOGNI: «SOLTANTO GRAZIE AI SIMBOLI DEL SOGNO HO CONCESSO IL DIRITTO DI ESISTENZA A DELLE ESIGENZE DEL MIO ESSERE A LUNGO REPRESSE». E scopre anche che: «dall’altro lato, se analizziamo nella direzione opposta, TROVIAMO NEL CONSCIO SECONDARIO (SUBCONSCIO) TUTTI I PROBLEMI PROFONDAMENTE ETICI, I PROBLEMI DI ORIENTAMENTO E TUTTA LA SAGGEZZA ATAVICA, DELLA QUALE NON CI RENDIAMO CONTO PERCHÉ IL NOSTRO CONSCIO È SOLO UNA PARTICELLA PICCOLISSIMA DI QUESTO ENORME SISTEMA COORDINATO, LA PARTICELLA CHE CI È NECESSARIA IN OGNI MOMENTO PER ADATTARCI AL PRESENTE. E COS’È IL PRESENTE?»
Lettere a Jung, in A. Carotenuto, cit, p. 202.

Fonti, risorse bibliografiche, siti
Sabine Spielrein, Comprensione della schizofrenia e altri scritti, Napoli, Liguori 1986
Aldo Carotenuto, Diario di una segreta simmetria, Astrolabio-Ubaldini 1980
Kress-Rosen Nicole, La passione di Sabina. Freud, Jung e Sabina Spielrein, Milano, La Tartaruga 1997
Luciano Mecacci, Casa Rjabu_inskij e l’Asilo psicoanalitico di Mosca negli anni Venti, «Psicologia Contemporanea», maggio-giugno 1998
F. Molfino, Sabina Spielrein, la paziente, in Psicoanalisi al femminile, a cura di Silvia Vegetti Finzi, Roma-Bari, Laterza 1992
Prendimi l’anima, (film), regia di Roberto Faenza, Arcanafiction, 2003
Oggi voglio essere felice. Sabina Spielrein, Jung, Freud, opera teatrale di Maria Inversi, 1999
My name was Sabina Spielrein, (documentario), di Elizabeth Martòn

Giovanna Providenti
È autrice di La porta è aperta. Vita di Goliarda Sapienza (premio Calvino 2009, Villaggio Maori Edizioni, 2010). Si è laureata in lettere e filosofia a Milano e dottorata in Dottrine politiche e questione femminile all'Università Roma Tre. Ha collaborato per anni al mensile «Noidonne» e al master in gender studies di Roma. Oggi si occupa di processi di cura, di scienze della salute e di cultura della nonviolenza. Ha pubblicato racconti e numerosi saggi in riviste e libri e curato due volumi: La nonviolenza delle donne (Lef, 2006) e Spostando mattoni a mani nude. Per pensare le differenze (Franco Angeli, 2003).
Di Giovanna Providenti
http://www.enciclopediadelledonne.it/index.php?azione=pagina&id=951


Nel 1980 Aldo Carotenuto pubblicò un libro tanto interessante quanto importante: DIARIO DI UNA SEGRETA SIMMETRIA. SABINA SPIELREIN TRA JUNG E FREUD. Degli ultimi due si è detto tanto, i loro nomi sono ormai noti sia agli esperti che ai profani di psicanalisi. Mi piacerebbe invece spendere qualche parola per l’unica donna in questione, Sabina Spielrein. Il libro di Carotenuto, nella versione in italiano, presenta il diario di Sabina e lettere spedite a Jung e Freud. La versione tedesca, invece, contiene anche le lettere che Jung spedì alla Spielrein. A quasi trent’anni di distanza, questo libro non ha smesso di suscitare curiosità e interesse negli studiosi, come nel pubblico comune e nel mondo dello spettacolo. Esso ha infatti rivelato, per la prima volta, UN EPISODIO SIGNIFICATIVO DELLA STORIA DELLA PSICANALISI, UN EPISODIO CHE È AL TEMPO STESSO UNA COMPLESSA VICENDA UMANA IN CUI SI INTRECCIANO UNA GUARIGIONE ANALITICA, L’ESPLOSIONE DI UN AMORE IMPOSSIBILE e la nascita di grandi idee del nostro tempo.
Sabina Spielrein nacque a Rostov sul Don (Russia) nel 1885, figlia di un ricco mercante ebreo. DURANTE L’ADOLESCENZA RICEVETTE LA DIAGNOSI DI “ISTERIA PSICOTICA” A SEGUITO DI GRAVI PROBLEMI COME ALLUCINAZIONI, ECCESSI DI RISO, URLA E PIANTO E, INFINE, DI DEPRESSIONE. Ricoverata nella clinica psichiatrica di Zurigo, il Burghölzli, PER QUASI UN ANNO, FU SOTTOPOSTA A TRATTAMENTO PSICANALITICO DAL DOTTOR JUNG. LA PSICANALISI ERA ALLORA AGLI INIZI E NÉ JUNG NÉ SABINA CONOSCEVANO BENE LA TESI DEL TRANSFERT E DEL CONTROTRANSFERT. SABINA GUARISCE E SI RIAPPROPRIA DI SÉ GRAZIE ALLA PAROLA, MA QUELLO CHE EMERGE DALLE LETTERE È L’AMORE INTENSO IN CUI I DUE, PAZIENTE E ANALISTA, SI RITROVANO IMPRIGIONATI, INCAPACI DI GESTIRE, CAPIRE, INCANALARE. GRAZIE ANCHE AI CONSIGLI DI FREUD, JUNG TRONCA DOPO SETTE ANNI LA SUA RELAZIONE SCONVENIENTE CON SABINA (ALL’EPOCA JUNG ERA GIÀ SPOSATO). Ritorniamo alla Spielrein. Per molti anni la sua figura è rimasta nell’ombra e solo negli ultimi anni i riflettori si sono accesi sulla storia di questa piccola grande donna. DOPO ESSERE GUARITA E DOPO AVER ATTRAVERSATO LA BURRASCA E LA SOFFERENZA DI UN AMORE IMPOSSIBILE, SABINA NEL 1911 SI LAUREA IN MEDICINA CON UNA TESI SU UN CASO DI SCHIZOFRENIA. Nello stesso anno diviene membro della Società di Psicoanalisi di Vienna, dove si trasferisce. Nel 1912 sposa il medico Pavel Scheftel, da cui ha due figlie, Renate ed Eva. Dieci anni più tardi la coppia tornò in Russia, per stabilirsi a Rostov sul Don. NELLA SUA CITTÀ NATALE, LA SPIELREIN FONDÒ UN OSPEDALE PSICHIATRICO PER BAMBINI, L’ASILO BIANCO. L’asilo bianco rappresenta un esperimento ambizioso in cui Sabina non smise mai di credere: IN ESSO I BAMBINI VENIVANO FATTI CRESCERE IN ASSOLUTA LIBERTÀ, PER AIUTARLI A DIVENTARE UOMINI VERAMENTE LIBERI. Il sogno dell’asilo bianco fu però interrotto durante gli anni della dittatura di Stalin; IL REGIME FECE CHIUDERE L’ASILO E BANDÌ LA PSICOANALISI, inoltre non risparmiò la famiglia di Sabina: due suoi fratelli furono deportati ed uccisi. A Sabina il destino non riservò una fine migliore: morì, nel 1942, fucilata dai nazisti in una sinagoga, insieme alle sue figlie e ad un altro centinaio di ebrei. L’opera di Sabina ha fortemente influenzato il pensiero di Freud e di Jung. IN  AL DI LÀ DEL PRINCIPIO DEL PIACERE FREUD CITA LA SPIELREIN (lo fa una sola volta in tutta la sua opera) SPIEGANDO CHE NEL SUO RICCO E INTENSO LAVORO, CHE SFORTUNATAMENTE NON MI È DEL TUTTO CHIARO, SABINA SPIELREIN AVEVA ANTICIPATO UNA CONSIDEREVOLE PARTE DELLE SUE MEDITAZIONI ED AVEVA ANCHE NOTATO UNA COMPONENTE SADICA DELLA PULSIONE SESSUALE COME UNA “PULSIONE DISTRUTTIVA”. INOLTRE, LA SUA RELAZIONE CON JUNG EBBE CONSEGUENZE SULLO SVILUPPO DEL CONCETTO DI CONTROTRANSFERT E SULL’ELABORAZIONE DEL CONCETTO DI PULSIONE DI MORTE FORMULATO DALLO STESSO FREUD.
La storia professionale e umana di Sabina è stata raccontata in numerosi libri e ha trovato posto anche in LAVORI TEATRALI COME SABINA (1988) DI SNOO WILSON E THE TALKING CURE ( 2003 ) DI C. HAMPTON.
Discreto successo ha ottenuto nel 2002 il regista Roberto Faenza e il suo film “Prendimi l’anima”, con Emilia Fox nei panni di Sabina e Iain Glen in quelli del dottor Jung.
A breve uscirà un nuovo film ispirato alla storia di Sabina, girato da David Cronenberg con Keira Knightley nei panni della psicanalista russa.
E’ interessante notare come negli ultimi anni –finalmente- le storie di donne importanti, come Sabina, hanno ritrovato nuova luce e soprattutto posto accanto a quello dei grandi uomini di sempre.
In una semplice frase di Sabina possiamo racchiudere la sua vita, la sua sofferenza e il suo lavoro:
QUANDO MORIRÒ VOGLIO ESSERE SEPPELLITA SOTTO UNA QUERCIA, E VOGLIO CHE QUALCUNO SCRIVA: “ANCHE LEI ERA UN ESSERE UMANO.”

http://www.letteratu.it/2011/03/la-storia-di-una-donna-sabina-spielrein/




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