"L'anima è lo specchio di un universo indistruttibile".
Leibnitz
"Le sostanze create dipendono da Dio, il quale le produce continuamente con una sorta di emanazione, come noi produciamo i nostri pensieri".
Leibniz
Leibniz
Nulla va considerato come un male assoluto: altrimenti Dio non sarebbe sommamente sapiente per afferrarlo con la mente, oppure non sarebbe sommamente potente per eliminarlo
Gottfried Wilhelm Leibniz
Si deve, quindi, necessariamente credere che la presenza del male produca il bene più grande, altrimenti il male non sarebbe stato permesso.
Gottfried Wilhelm Leibniz
Un po' dura da credere! Nessuno e' mai riuscito a spiegare la presenza del male e la sua forza! Soprattutto quello perpetuato su innocenti!
...è l'alibi dato a Dio dalla sua creatura umana...
l'unica spiegazione alla coesistenza di Dio e del male, spiegazione per nulla convincente!
lettera ai Romani 3,8 : "non si deve fare il male con il fine di ottenere un bene"
Scusa Raffaella, ma credi che Dio, avrebbe permesso che suo figlio andasse a morire in croce, se non fosse vero che dal male nasce il bene? Non l'avrebbe permesso, non credi?
Delle cose che non si conoscono si ha sempre un'opinione migliore
Leibnitz
Amare significa riporre la nostra felicità nella felicità altrui
Leibnitz
È raro trovare uomini di cultura che siano puliti,
poco superbi e abbiano il senso dell'umorismo.
Gottfried Wilhelm von Leibniz
Un universo anarchico.
[...] Leibniz, nella costruzione del suo universo "monadico", mise in luce la capacità singolare di ciascuna delle monadi (unita' reale inestesa, atomo spirituale, centro di forza viva) di rappresentarsi l'universo a proprio modo, come tanti uomini che, disposti in cerchio intorno a una città, la vedono secondo diverse angolazioni prospettiche.
L' "ultimo" Nietzsche, insistendo sulla negazione dell'esistenza di cose o fatti di cui proponeva solo una loro interpretazione circostanziata, riconobbe gli innumerevoli e variabili sensi da attribuire al mondo sulla base delle diverse rappresentazioni prospettiche, senza però tralasciare il ricorso a quei criteri di scelta che inequivocabilmente, nell'ottica della sua "volontà di potenza", venivano risolti nei valori aristocratici degli spiriti dominatori.
Certamente il "prospettivismo", inducendo al rifiuto di conoscenze e valori assoluti, secondo alcune improprie letture, talora viene fatto coincidere con soluzioni di estremo relativismo, per cui la stessa storia del pensiero e della civiltà si espliciterebbe in una miriade infinita di comportamenti e prospettive culturali; ma in un universo anarchico, in cui non esistono punti di riferimento e tendenze assiologiche accreditate, si rischia di precipitare in un nichilismo senza sbocco.
Se risulta pertanto necessario avvalersi sempre e comunque di una visuale prospettica che ci consenta di rinunciare all'arroganza di qualsivoglia sapere "oracolare" e all'imposizione di modelli etici predefiniti, dall'altra, sempre nel rispetto dell' alterità e della diversità, non dimentichiamo il riferimento ai valori fondanti della nostra cultura che hanno visibilmente segnato il cammino della civiltà umana e che ancora oggi conservano in pieno la loro valenza.
PROSPETTIVISMO.
Derivato da "prospettiva", che a sua volta deriva dal latino «prospicio», che significa "guardo"; indica una dottrina, secondo cui il mondo, le cose e gli eventi possono essere analizzati da diversi punti di vista, ognuno dei quali concorre a comprendere meglio la realtà col proprio apporto, nonostante questo apporto sia limitato, relativo, particolare, specifico, ma imprescindibile.
Nietzsche afferma che tutte le intuizioni e le idee nascono da una particolare prospettiva.
Questo significa che esistono molte possibili prospettive, o schemi concettuali, in cui può essere formulato un giudizio.
Leibniz dice che una stessa città, vista da diverse angolature, appare totalmente differente.
Questo fatto porta spesso implicitamente a dichiarare che non esiste un modo di vedere il mondo che sia "veritiero".
Ma ciò non significa necessariamente che tutte le prospettive siano egualmente valide.
Il prospettivismo si distingue dal relativismo, perché quest'ultimo è una posizione filosofica che nega l'esistenza di verità assolute, o mette criticamente in discussione la possibilità di giungere a una loro definizione assoluta e definitiva.
Quale problema sei riuscito a vedere in modo multiforme, guardandolo da diversi punti di vista, e hai smesso di avere un'unica opinione su di esso?
Robert Delsol
9. IL RIFIUTO DE "Il migliore dei mondi possibili" DI LEIBNIZ
Se si conducesse il più ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le camere di martirio chirurgiche, attraverso le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, i campi di battaglia e i tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, dove ci si appiatta per nascondersi agli sguardi della fredda curiosità, e da ultimo facendogli ficcar l'occhio nella torre della fame di Ugolino, certamente finirebbe anch'egli con l'intendere di qual sorte sia questo "meilleur des mondes possibles".
Donde ha preso Dante la materia del suo Inferno, se non da questo mondo reale?
E nondimeno n'è venuto un inferno bell'e buono. Quando invece gli toccò di descrivere il cielo e le sue gioie, si trovò davanti a una difficoltà insuperabile: appunto perché il nostro mondo non offre materiale per un'impresa siffatta.
A me l'ottimismo, quando non sia per avventura vuoto cianciar... sembra non solo un pensare assurdo, ma anche iniquo davvero, un amaro scherno dei mali senza nome patiti dall'umanità.
Arthur Schopenhauer
Robert Delsol
9. IL RIFIUTO DE "Il migliore dei mondi possibili" DI LEIBNIZ
Se si conducesse il più ostinato ottimista attraverso gli ospedali, i lazzaretti, le camere di martirio chirurgiche, attraverso le prigioni, le stanze di tortura, i recinti degli schiavi, i campi di battaglia e i tribunali, aprendogli poi tutti i sinistri covi della miseria, dove ci si appiatta per nascondersi agli sguardi della fredda curiosità, e da ultimo facendogli ficcar l'occhio nella torre della fame di Ugolino, certamente finirebbe anch'egli con l'intendere di qual sorte sia questo "meilleur des mondes possibles".
Donde ha preso Dante la materia del suo Inferno, se non da questo mondo reale?
E nondimeno n'è venuto un inferno bell'e buono. Quando invece gli toccò di descrivere il cielo e le sue gioie, si trovò davanti a una difficoltà insuperabile: appunto perché il nostro mondo non offre materiale per un'impresa siffatta.
A me l'ottimismo, quando non sia per avventura vuoto cianciar... sembra non solo un pensare assurdo, ma anche iniquo davvero, un amaro scherno dei mali senza nome patiti dall'umanità.
Arthur Schopenhauer
VOLTAIRE, LEIBNIZ E "Il migliore dei mondi possibili"
Il confronto di Voltaire (e dell’illuminismo) con la tradizione culturale e filosofica è un confronto a tutto campo, che coinvolge i sistemi metafisici, le teorie scientifiche, la teologia, le superstizioni e le credenze popolari. Leibniz è stato un grande filosofo e un grande matematico e logico (e l’argomentazione di Leibniz a sostegno del “migliore dei mondi possibili” è logicamente coerente e rappresenta pertanto un bersaglio di grande valore per la polemica e per l’ironia di Voltaire, che non risparmia dalle critiche nemmeno i filosofi che gli sono piú cari.
Voltaire, Dizionario filosofico, voce “Bene, Tutto è bene”
Leibniz, che era certamente [...] un profondo metafisico, rese al genere umano il servigio di mostrargli che dobbiamo essere tutti molto soddisfatti e che Dio non poteva fare per noi di piú, poiché scelse necessariamente, tra tutti i mondi possibili, quello incontestabilmente migliore.
“Che ne sarà allora del peccato originale?” gli fu obiettato. “Ne faremo quel che potremo”, rispondevano Leibniz e i suoi amici. Ma, in pubblico, egli scriveva che anche il peccato originale fa parte di necessità del migliore dei mondi possibili.
Come! Essere cacciati da un luogo di delizie, dove si sarebbe potuti vivere sempre se non si fosse mangiata una mela; generare nella miseria dei figli infelici, destinati a soffrire ogni male e a farlo soffrire agli altri; subire tutte le malattie, provare tutte le afflizioni, morire nel dolore e, come rinfresco, venir bruciati per l’eternità: tutto questo era proprio la sorte migliore? Per noi, non è certo una sorte molto buona; in che può esser tale per Dio?
Leibniz si rendeva conto che non si poteva risponder nulla: ragion per cui scrisse grossi libri di cui lui stesso non capiva un bel niente. Negare che esista il male potrà esser detto per scherzo da un Lucullo, mentre, in ottima salute, se ne sta a tavola con gli amici e l’amante nel salone di Apollo. Ma basta che egli si affacci alla finestra, e vedrà degl’infelici; o che gli venga la febbre, e sarà tale lui stesso [...].
Il sistema del “Tutto è bene” rappresenta l’autore dell’universa natura come un re potente e malefico il quale non si dà nessun pensiero che quattro o cinquecentomila uomini debban perire e gli altri trascinare la loro vita nella penuria e nelle lagrime purché egli possa venire a capo dei suoi disegni.
Nonché consolarci, la teoria del migliore dei mondi possibili è disperante per i filosofi che l’accolgono. Il problema del bene e del male resta, per coloro che cercano in buona fede di chiarirlo, un caos insondabile; per coloro che amano disputare è un gioco intellettuale: sono dei forzati che giocano con le loro catene. Quanto alle persone del volgo, che non pensano, esse sono abbastanza simili a quei pesci che vengon fatti passare da un fiume in un vivaio: non sospettano di trovarsi là soltanto per esser mangiati in quaresima. Cosí noi, con le nostre sole forze, nulla sappiamo intorno alle cause del nostro destino. Mettiamo dunque alla fine di quasi tutti i capitoli della nostra metafisica le due lettere dei giudici romani, quando non riuscivano a intendere una causa: N. L., “non liquet”, la cosa non è chiara.
(E. Chiari, Voltaire e il concetto di filosofia nel pensiero moderno, G. D’Anna, Messina-Firenze, 1981, pagg. 384-385)
http://www.filosofico.net/Antologia_file/AntologiaV/VOLTAIRE_%20LEIBNIZ%20E%20IL%20MIGLIORE%20.htm
LO SPAZIO ALTRO NON È CHE L'ORDINE DELLE COSE CHE COESISTONO NELLO STESSO TEMPO, ossia qualcosa che nasce dalla relazione delle cose fra loro. Non è, dunque, una entità o proprietà ontologica delle cose, ma una risultanza del rapporto che noi cogliamo fra le cose. Pertanto, è fenomeno bene fundatum, perché si basa su effettive relazioni fra le cose; ma È FENOMENO PERCHÉ NON È DI PER SÉ ENTE REALE. In conclusione: LO SPAZIO È UN MODO DI APPARIRE SOGGETTIVO DELLE COSE, pur con fondamento oggettivo (le relazioni fra le cose). ANALOGHE CONCLUSIONI VALGONO, MUTATIS MUTANDIS PER IL TEMPO.
Gottfried Wilhelm von Leibniz
Leibniz fu anche il primo a rendersi conto di quella che chiamava 'la vivida' ovvero l'accellerazione esponenziale della velocità che sarà poi dimostrata da Emilie Duchatelet, ovvero il superamento della concezione newtoniana secondo la quale l’energia di un oggetto, poteva essere stimata per la massa, il tempo e la velocità in quanto quest'ultima va calcolata al quadrato. Ci vorrà Einstein, con la sua famosa formula Energia uguale alla massa per la velocità della luce al quadrato a dare giustizia a Leibiiniz e la Duchatelet!
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